Soffio

di MarchesaVanzetta
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A Camilla

La sveglia suonò fastidiosa e Vittoria fu costretta ad uscire dal suo bozzolo di caldo piumino per zittire quell’ingegno infernale. Allungò il braccio e la scaraventò inavvertitamente a terra, facendola miracolosamente tacere.
Si risistemò sotto il piumino e stava per addormentarsi quando suonò anche la sveglia che aveva puntato sul cellulare. Sapendone il valore la spense con attenzione e se lo portò nel letto.
Era sdraiata nel letto, con la guancia destra sul cuscino, e stava per crollare di nuovo, vinta dal torpore del mattino, quando sentì qualcosa soffiarle nell’orecchio sinistro. Scattò e si ritrovò seduta, terrorizzata.
Accese la luce e si guardò intorno, ma non vide niente e nessuno: era sola in camera. Cos’era stato, allora? Un fantasma? Un alieno? Insomma, era nella vita reale, non in un libro! si rimproverò, scartando quelle ipotesi così idiote.
Con la luce sempre accesa si rimise comoda e cercò di capire cosa potesse essere stato. In meno di due minuti si era già dimenticata della sua ricerca e si era abbandonata a dolorosi ricordi.
Ricordi che sapevano di risate, felicità e vento.
Ricordi di Lui, il mai dimenticato ragazzo che l’aveva piantata così, da un giorno all’altro, senza troppe spiegazioni. Il ragazzo che le soffiava nelle orecchie quando era assorta nei suoi pensieri o persa dentro un libro, perché era rimasto un po’ bambino.
Scosse la testa e, risoluta, si decise ad alzarsi: andò in bagno e lavò il viso con acqua gelida, allontanando lo spettro di Angelo e il suo umore che ne scaturiva.
Forse in fondo era davvero un fantasma, si disse, un fantasma triste e malinconico.




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