sailor moon
Due bambini si stavano rincorrendo al parco, i loro volti infantili
sprizzavano gioia e innocenza. La bambina aveva nove anni, era bionda
con due strani codini in testa e aveva due splendidi occhi azzurri che
stavano lanciando sguardi esasperati ma allo stesso tempo divertiti da
quella sfida. Sfida che come al solito aveva accolta con entusiasmo pur
sapendo che non sarebbe riuscita a vincerla, ma lei si metteva sempre
d’impegno appena lui la provocava. Ormai era un gioco che
continuava da anni, fin dal loro primo incontro quando lui sfrontato le
aveva chiesto se aveva il coraggio di lasciare in mutande la loro
maestra dell'asilo e lei punta nell'orgoglio aveva
strattonato così tanto la gonna della maestra da lacerarla
del tutto. Non si era nemmeno dimostrata pentita mentre la maestra si
lamentava della sua maleducazione e la metteva in punizione, anzi aveva
scambiato un sorrisino d'intesa con quello strano bambino che
era appena entrato nella sua vita. Quello era stato il loro primo
incontro e l'inizio di una grande amicizia tra risate e sfide
continue. Adesso si trovava proprio nel mezzo di una di queste mentre
malediceva mentalmente se stessa per non essere mai riuscita a
resistere alle sue provocazioni e malediceva lui perchè
sapeva il suo punto debole e lo sfruttava senza ritegno.
“Quando lo prendo, se lo prendo,giuro che lo
uccido!” pensò mentre rincorreva ansimando il suo
migliore amico, un ragazzetto di dodici anni che in quel momento
sembrava un velocista delle olimpiadi e la prendeva in giro voltandosi
ogni tanto verso di lei, sempre continuando a correre, facendole
linguacce e chiamandola testolina buffa. Lei odiava quel soprannome,
soltanto lui lo usava e nonostante le proprie ire come conseguenza
ormai c'era abituata così come ai loro finti
battibecchi provocatori. Non riusciva a farne a meno, per questo
lasciava fare quell'impertinente. Incrociando gi occhi del
bambino si sentì felice e protetta, un dolce calore si
diffuse nel suo cuore facendola arrossire e sorrise di rimando. Sapeva
di essersi presa una cotta per lui qualche anno prima e sperava che lui
non se ne fosse accorto, ma non era un'illusa e lui non uno
stupido. C'erano momenti in cui si perdeva in quelle pozze
blu che aveva a posto degli occhi e sentiva di potergli leggere dentro
così come sapeva di essere un libro aperto per lui. In
quelle occasioni aveva la sensazione che lui ricambiava anche solo una
minima parte dell'affetto che provava, ma in un lampo tutto
sfumava e lui iniziava a stuzzicarla come di routine. Improvvisamente,
persa com'era tra i suoi pensieri, inciampò contro
un sasso e cadde per terra graffiandosi un ginocchio. Il bruciore era
così intenso che non riuscì a non piangere. Il
bambino si bloccò sentendola piangere e corse verso di lei
con aria preoccupata inginocchiandolesi di fianco. Le
controllò il ginocchio sanguinante e, strappandosi una
striscia di tessuto dalla maglietta bianca che portava, lo
fasciò arrestando il sangue della ferita. Appena ebbe finito
le sorrise dolcemente e le accarezzò una guancia cercando di
infonderle un pò di coraggio. Gli faceva sempre un brutto
effetto vederla in lacrime, avrebbe fatto di tutto affinchè
questo non succedesse mai e si era fatto la promessa di difenderla
sempre. Ovunque e in ogni modo. La bambina smise di piangere cercando
di trattenere gli ultimi singhiozzi e gli si buttò tra le
braccia per farsi consolare dalla caduta. Sorridendo, il bambino con i
capelli corvini la prese in braccio portandola a casa come un cavaliere
servente. Così lei lo definiva e lui lo sarebbe sempre stato.
“Marzio mi prometti una cosa?” chiese la bimba
stringendosi di più al suo petto.
“Cosa Bunny?” la guardò incuriosito.
“Promettimi che non mi lascerai mai sola!” lo
supplicò la bambina fissandolo con uno sguardo da cucciolo
indifeso facendogli tenerezza.
“Te lo prometto testolina buffa.” le sorride
dolcemente stringendola ancora di più a sè.
“E mi prometti che…”
“Adesso non ti allargare, una promessa alla volta!”
sbuffa con ironia facendola arrabbiare.
“Uffa! Sei il solito!” borbotta mettendogli il muso
evitando di guardarlo.
“E tu una bambina petulante!”
“Sbruffone! Mettimi subito giù!”
urlò; battendogli i pugni contro il torace cercando di
divincolarsi dal suo abbraccio.
“E come vuoi arrivare fino a casa? Strisciando per
terra?” la prende in giro senza mollarla un attimo e
tenendola saldamente.
“Sempre meglio che starti accanto pallone
gonfiato!” gli fa la linguaccia infuriata.
“Anch'io ti voglio bene principessa.” le
sorride dolcemente guardando davanti a sè facendola rimanere
per un attimo spiazzata.
“Grazie cavaliere.” gli sorride di rimando
chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare da quell'abbraccio
protettivo.
Marzio continuò a camminare in silenzio fino a raggiungere
una schiera di case. Iniziò a rallentare il passo appena
vide una donna dai lunghi capelli blu che mostrava preoccupazione in
volto e che quando li scorse sulla strada corse loro incontro con le
mani giunte al petto in una sorta di preghiera. I bambini percepirono
subito qualcosa di strano in quell'atteggiamento alquanto
strano della donna. Un uomo con i capelli scuri e gli occhiali fini
raggiunse la donna da dietro e le mise un braccio intorno alle spalle
cercando di confortarla. Il bambino fu colpito da quel gesto e mise
subito giù Bunny che si aggrappò al suo braccio
per rimanere in piedi.
“Finalmente siete tornati! Siete in ritardo e ci avete fatto
preoccupare!” esclamò la donna in tono ansioso.
“Scusa mamma.” mormorò la bambina
chinando il capo mortificata.
“Bunny cosa ti è successo?” le chiese
l'uomo inginocchiandosi di fronte a lei.
“Il solito impiastro! Ha inciampato su un sasso ed
è caduta come una pera cotta!” spiegò
brevemente Marzio per smorzare quell'atmosfera cupa.
“Infame traditore!”
“Sarà meglio disinfettare quel ginocchio, ma
prima…Marzio è successo un incidente. Si tratta
di tua madre.” Mormorò la donna con le lacrime
agli occhi cercando di trattenersi.
“Mia madre?! Cos'è successo?”
si agitò il bambino incredulo.
“Stava attraversando la strada quando un uomo l'ha
investita. Aveva bevuto parecchio. Mi dispiace Marzio.”
“Come sta?” domandò il bambino
sbiancando, a mala pena si accorse della vicinanza di Bunny che
intrecciò le loro mani insieme per infondergli coraggio con
la sua presenza.
“E' ancora in ospedale in prognosi riservata,
l'hanno operata qualche ora fa; non sappiamo
altro.”
“Voglio andare da lei!” tuonò sentendosi
male.
“Subito, vi aspettavamo solo per questo. Andiamo!”
annuisce la donna mentre il marito aveva acceso il motore
dell'auto e li attendeva impaziente.
Il viaggio fino in ospedale fu angoscioso e silenzioso, nessuno
parlò per molto tempo. Soltanto il rumore della strada e,
successivamente, quello dell'ospedale ruppero quel silenzio
assordante. Per tutto il tempo la bambina non mollò la presa
della mano dell'amico, per nulla al mondo lo avrebbe fatto.
Lui c'era sempre stato per lei e adesso le toccava ricambiare
il favore perchè stava male per lui. Marzio imperterrito,
nonostante il parere contrario dei medici, si era posizionato al
capezzale della madre dove rimase li per ore a vegliarla sapendo di non
poter fare niente per lei e questo senso di impotenza lo faceva
imbestialire. Provava rabbia per se stesso per non esserle stato
accanto nel momento del bisogno, rabbia per sua madre per non essere
stata attenta, rabbia per Bunny dalla quale non riusciva a stare
lontano e ciò lo spiazzava e lo distraeva allo stesso modo,
ma soprattutto rabbia per suo padre che li aveva piantati trasferendosi
in America per rifarsi una nuova vita. Si impose di non piangere, sua
madre non doveva vederlo in quello stato quando avrebbe riaperto gli
occhi, perchè lei lo avrebbe fatto da un momento
all'altro. Ne era sicuro. Le ore passavano ma questa
convinzione non cedeva a sfumare nella sua mente finchè
all'improvviso sentì un suono assordante provenire
da una delle macchine attaccate a sua madre. Successe tutto in un
attimo. Un'equipe di medici si precipitò nella
stanza iniziando a toccare la donna sul letto e diversi macchinari li
vicino, con movimenti frenetici cercarono di salvare quella vita.
Marzio sentì delle braccia circondarlo con forza per
trascinarlo fuori da quella stanza, il bambino cercò di
divincolarsi disperato urlando il suo dolore. Stava diventando isterico
e quasi non si accorse di una testolina bionda che si era tuffata tra
le sue braccia in lacrime per trattenerlo. In qualche modo il tepore di
quel piccolo corpo riuscì lentamente a calmarlo, a fargli
sperare che tutto sarebbe passato. La stessa sensazione strana ma allo
stesso modo familiare lo travolse come un treno in corsa; ogni volta
era così quando se la ritrovava tra le braccia, non riusciva
a staccarsi da lei e l'istinto di proteggerla e tenerla
sempre vicino spesso gli confondeva la mente come una vecchia litania
di un tempo lontano, quasi sopito, che aspettava di essere di nuovo
cantata. Strani pensieri gli affollavano la mente e tutto a causa di
quella dolce biondina che gli stava dimostrando il suo affetto. La
strinse di più a sè con fare disperato affondando
il viso tra i suoi
capelli e aspirandone il profumo. Sapeva di vaniglia. Non seppe per
quanto tempo rimasero li abbracciati, sembravano passati anni o secoli
ma nessuno dei due ci fece caso finchè un dottore non
uscì dalla stanza della donna togliendosi la mascherina con
aria sconfitta e contrita. E allora entrambi seppero che tutto sarebbe
cambiato nel giro dei pochi secondi che ci vollero al dottore per dare
la spiacevole notizia.
Passarono due giorni dalla morte della signora Chiba, giorni in cui il
silenzio era interrotto solo da improvvisi scoppi di lacrime. Marzio
non parlava più con nessuno e si era barricato dietro una
cortina di falsa quiete che spiazzava tutti i membri di casa Tsukino in
particolar modo di Bunny che soffriva nel veder ridotto in quello stato
il suo migliore amico senza riuscire a farlo reagire in alcun modo.
Ormai era tutto deciso e in meno di un'ora Marzio sarebbe
salito nella macchina del signor Tsukino per raggiungere
l'aeroporto e da li fare scalo in America dove sarebbe andato
a prenderlo suo padre. Non c'èra alcuna
possibilità che potesse rimanere insieme a loro e lui non
rendeva di certo le cose facili rimanendo in quello stato catatonico.
Il saluto fu una delle situazioni più strazianti alla quale
la bambina aveva assistito: sua madre era disperata, ormai lo
considerava come un figlio, e continuava a piangere mentre il padre
cercava di confortarla. Bunny gli si buttò tra le braccia ma
rimase male quando non sentì quell'abbraccio
ricambiato, fece un passo indietro guardandolo negli occhi e si accorse
che lui evitava il suo sguardo. Rimasta ferita, si alzò
sulla punta dei piedi per dargli un bacio sulla fronte e
indietreggiò raggiungendo sua madre. L'ultima
immagine del suo migliore amico fu attraverso il finestrino
dellauto mentre la macchina partiva allontanandosi sempre di
più. Sentiva di aver perso una parte del suo cuore e disse
addio all'infanzia, ormai era finita.
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