La lezione della
professoressa Cooman era appena terminata e gli studenti si avviarono
verso l’esterno della Torre, scendendo i gradini della lunga scala a
spirale a gruppi di due e tre persone.
Hermione odiava quella materia. La riteneva del tutto inutile.
Sapere di essere libera da quella che per lei era una vera e propria
tortura la rincuorò.
Sibilla Cooman aveva anticipato la fine della lezione quella mattina. La
Professoressa Sprite la attendeva per un lavoro da svolgere.
Cosa avessero mai da dirsi due professoresse di discipline tanto
opposte, nessuno lo sapeva.
Per la Granger, però, l’importante era che l’ora di Divinazione fosse
terminata. Poteva dedicarsi completamente a Rune Antiche! Materia di
sicuro più congeniale alla saccente Grifondoro.
Ed era proprio alla ricerca del rotolo di pergamena sul quale aveva
lavorato l’intera notte, quando si accorse di non averlo più nella sacca
di stoffa che portava con sé.
L’aveva dimenticato nell’aula della Cooman. Fu costretta a salire
nuovamente le scale.
Infiniti gradini la separavano dall’entrata della stanza.
Quando finalmente riuscì a raggiungerla e a recuperare il rotolo di
pergamena, Hermione si concesse qualche minuto di riposo dopo
l’estenuante corsa su per la scalinata e si sedette su una poltroncina
imbottita e rivestita di un tessuto liscio dalle tonalità arancio.
Era sola. Ecco perché quando la porta dell’aula sbatté violentemente
chiudendosi alle sue spalle, la ragazza sussultò.
Voltandosi, Hermione vide che non c’era nessuno alla porta.
I
tendaggi alle finestre, però, ondeggiavano lentamente. Qualcuno si stava
nascondendo da lei.
Poggiò i libri e la borsa su un tavolino circolare e si alzò in piedi.
Una mano, in automatico, andò alla ricerca della bacchetta nella tasca
sinistra della toga.
-
Non vorrai mica farmi del male? – chiese una voce, subito seguita da una
dolce risata.
Hermione ripose la bacchetta in tasca. Non avrebbe torto neanche un
capello ad Harry Potter.
Il ragazzo si avvicinò a lei lentamente, mentre le labbra disegnavano un
sorriso luminoso incorniciato in una bocca morbida.
-
Qualcosa mi dice che sei stato tu a prendere questo dalla mia borsa e a
nasconderlo.
La perspicacia di Hermione. Le bastavano pochi indizi per capire il può
contorto dei piani.
Anche se di realmente contorto, quello scherzo, aveva ben poco.
-
Te la sei presa? – chiese Harry, ma conosceva bene la risposta – Non ti
fa piacere essere qui? Con me.
E
conosceva la risposta anche a quella domanda.
La ragazza sorrise chiudendo gli occhi. Quando li riaprì Harry era lì, a
pochi centimetri dal suo viso.
Lui respirava il profumo della pelle di lei. E viceversa.
-
Nell’Aula di Divinazione!? – domandò Hermione, constatando che non vi
era alcun piano d’appoggio abbastanza comodo.
Ma Harry non le rispose. La cinse con le braccia e la trascinò
lentamente verso una montagna di cuscini colorati poco lontani, senza
distogliere lo sguardo e tenendolo fisso su di lei.
Si distesero leggeri abbandonandosi sulla morbida superficie imbottita
adagiata sul pavimento.
Le baciò il collo candido e un formicolio dietro l’orecchio le fece il
solletico, facendola ridere.
-
Sei sleale – sussurrò lei mentre inclinava la testa all’indietro – Avevi
detto che la prossima volta l’avremmo fatto su un letto vero e io ti ho
creduto.
Le labbra di lui si muovevano delicatamente su e giù, baciando la pelle
del collo, delle mandibole, delle guance.
E
non le sfiorava la bocca. Doveva restare in attesa per quello.
-
Scusa – disse poi Harry, mentre cercava di liberarsi dalla
fastidiosissima toga che aveva indosso – sono occupato al momento. Ne
riparliamo un’altra volta.
Hermione rise ancora – Quanto ti odio quando fai così!
Finalmente riuscì a sfilarsi la toga e il maglione. Ora poteva
concentrarsi su di lei.
Peccato che la ragazza l’avesse già preceduto. Indossava sola la camicia
bianca di cotone e per giunta aveva anche sfilato alcuni bottoni dalle
asole.
Non furono necessarie altre parole.
Ognuno dei due sapeva esattamente cosa fare per compiacere l’altro.
Era tutto così perfetto.
Così armonioso.
Non l’aveva ancora baciata, però. Aspettava che fosse lei a trascinarlo
verso il suo viso e a implorargli con lo sguardo di possedere le sue
labbra. E così fu.
Fece scivolare le mani tra i suoi capelli così morbidi e profumati, lo
spinse via dal ventre e lo condusse verso di sé.
I
loro occhi si incontrarono in un connubio di colori meravigliosi. Una
livrea dalle tonalità verdi e bronzee.
Con lo sguardo sembrò dirgli “Baciami, come mi piace essere baciata”. E
lui sapeva che per Hermione non c’era bacio più bello che quello sulle
labbra.
L’aveva baciata ovunque, ma quando le loro labbra si univano e le loro
bocce danzavano insieme, qualcosa sembrava scoppiare nel cuore di
entrambi.
Come al solito, gli occhiali tondi di Harry creavano non pochi problemi.
Hermione glieli sfilava ogni volta gettandoli via senza curarsi di
romperli. Glieli avrebbe riparati con il classico incantesimo. Il loro
incantesimo. Quello di sempre.
E
finalmente, l’attesa dilaniante fu ampiamente ripagata.
La baciò come non aveva mai fatto. Le aveva morso il labbro inferiore e
poi l’aveva strofinato accanto al suo per alleviarle il leggero dolore.
Hermione si sporse verso Harry, esercitando una lieve pressione alla
base del suo collo per farlo aderire meglio al proprio viso.
Un sapore dolce le invase la lingua. Sapeva che era la stessa cosa anche
per lui.
Perfettamente incastonati, come un diamante su un anello di grande
valore.
Sagomati l’uno sulla fisicità dell’altra con precisione.
Non c’erano altre labbra più buone delle sue. Hermione voleva solo
quelle.
E
come sempre, tutto iniziava dal bacio. Quel bacio capace di cancellare
qualsiasi ostacolo, di spazzare via anche il più grande dubbio su cosa
fosse giusto o sbagliato.
Quel bacio che avevano scoperto una sera, mentre erano da soli in una
camera della Tana e Ron era nell’altra stanza ad aiutare la famiglia ad
addobbare la casa per Natale.
Hermione stava con Ron da circa un anno.
Eppure baciava Harry e faceva l’amore con lui da più di tre mesi.
Sbagliavano, indubbiamente si stavano comportando male nei confronti
dell’amico.
Ma era qualcosa che non riuscivano a trattenere.
Si amavano da tempo, ma tutto sembrava condurre ad un solo finale: che
Hermione e Ron formassero una coppia felice.
Lo dicevano tutti che un giorno si sarebbero messi insieme, che Ron
avrebbe finalmente trovato il coraggio di dire ad Hermione che la amava
e lei, a questa dichiarazione, avrebbe risposto baciandolo davanti a
tutti, rivelando dei sentimenti che tentava di tenere nascosti nel
profondo del suo cuore.
Durante quegli anni, gli indizi sparsi in giro dai due facevano
presupporre che sarebbe andata proprio così.
E
a pensarci bene, la realtà non si discostò di molto dalla fantasia.
Con l’unica, piccola ma al tempo stesso grande, differenza che Hermione
non amava Ron.
Lei amava Harry ed era questi il suo grande segreto.
L’abitudine di vederla accostata alla figura di Ronald Weasley confuse
entrambi.
Come se fosse giusto così.
E
invece, per Harry ed Hermione non lo era per niente.
Se ne rendevano conto quando stavano insieme. Quando facevano l’amore e
si perdevano l’uno nell’altra.
Quando pensavano che l’unica cosa che avrebbe potuto dividerli era la
morte.
E
quando si convincevano che neanche lei sarebbe stata capace di farlo.
Hermione era così delicata che Harry aveva sempre paura di farle del
male quando iniziava ad impossessarsi della sua anima e del suo corpo,
stringendola a sé per non farla scappare.
-
Non vado da nessuna parte – gli ripeteva spesso e lo fece anche quella
volta – Sono qui – ansimò prendendogli il viso tra le mani.
Harry aveva paura che il fantasma di Ron, la sua presenza all’interno
della vita di Hermione, potesse allontanarla da quello che avevano
quando stavano insieme.
Quando lui entrava in lei e prendeva posto nel suo cuore, dolcemente.
Con amore.
No, non poteva rinunciare a quelle sensazioni, a quelle emozioni. Non
poteva rinunciare a lei.
Doveva essere soltanto sua.
Ed Hermione inventava sempre una scusa per non fare l’amore con Ron.
Aveva deciso di dirgli tutto, ma fino a quel momento non poteva
ingannarlo anche mentre lui cercava di averla.
Quello non poteva farlo.
Lei non gli apparteneva più. Era di Harry adesso e forse lo era sempre
stata.
Hermione lasciò che anche in quell’occasione lui si impadronisse del suo
corpo e dei suoi pensieri.
Sfiorava la pelle della sua schiena mentre lo vedeva muoversi delicato
su di lei.
Sentivano entrambi di essere diventati un tutt’uno. Lo avvertirono
insieme.
E
come sempre, Harry scivolava dolcemente al suo fianco riprendendo fiato
insieme a lei, aspettando che lei poggiasse il viso sul suo petto per
poterle accarezzare i capelli.
Non dormivano mai, dopo.
Parlavano, piuttosto. Si perdevano in grandi discorsi senza capo né
coda.
Discorsi che nascevano così, per caso. Senza una logica ben precisa.
La settimana prima ad esempio, guardando un fiore che era sbocciato nei
pressi della Foresta Proibita, avevano parlato a lungo del significato
delle piante.
Nell’Aula di Divinazione, invece, l’argomento che saltò fuori fu il
futuro.
Il loro, naturalmente.
-
Mi piacerebbe abitare in una villetta – disse Hermione, mentre
intrecciava le proprie dita con quelle del ragazzo – e sul retro, deve
esserci un enorme giardino.
-
Avrai la villetta e il giardino.
-
Mi piacerebbe dedicarmi ai miei studi, mentre mi diletto in cucina a
preparare piatti per la prima volta in vita mia.
-
Avrai la migliore cucina del mondo. E una splendida libreria per i tuoi
pesanti volumi di studio.
Gli sorrise – E poi… mi piacerebbe avere un marito, un bellissimo marito
dai capelli corvini e gli occhi verde smeraldo. Un marito che quando mi
bacia sa esattamente come farlo, che quando fa l’amore con me riesce ad
essere dolce e deciso allo stesso tempo. Un marito che tutte le altre mi
invidino e che mi dica ogni giorno che sono l’amore della sua vita.
Ci fu un breve silenzio, stavolta. Harry si chinò verso di lei per
guardarla negli occhi.
Le sorrise di rimando e le accarezzò una guancia – E’ presto adesso per
pensarci, ma… avrai anche questo, te lo prometto. Sei soltanto mia e di
nessun altro. Ucciderei se qualcuno provasse a portarti via da me.
La baciò ancora.
Era qualcosa che non riusciva a controllare.
Se le labbra di Hermione erano abbastanza vicine da poter essere
toccate, doveva averle.
-
E Ron? – chiese la ragazza poco dopo – Voglio dirgli tutto.
-
Sicura che vuoi essere tu a dirglielo?
-
Sì, Harry. Sono io che devo farlo. E lo farò oggi.
Il ragazzo non replicò la sua scelta.
Sarebbe stato libero di tenerle la mano davanti a tutti e di baciarla
sul capo di Quidditch dopo una vittoria.
Avrebbe potuto stendersi con lei sul divano della Sala Comune e vederla
leggere un libro noiosissimo con tanta attenzione, accarezzandole i
capelli per farle compagnia.
Se Ron fosse venuto a conoscenza del loro segreto, sarebbero stati
liberi.
Lui ne avrebbe sofferto, ma poi sarebbe andato avanti.
Le cose tra lui ed Hermione non stavano andando più bene come una volta.
Se mai fossero andate per il verso giusto.
Si rivestirono senza fretta ed Harry avrebbe voluto spogliarla ancora
mentre la osservava alle prese con la lampo della gonna.
Stava quasi per farci un pensiero e in quel momento qualcuno provò ad
aprire la porta agitando la maniglia su e giù.
Avevano stregato la serratura, ma ci sarebbe voluto poco prima che
qualcuno usasse Alohomora.
Dovevano sbrigarsi.
-
Forza Hermione! – la incitò Harry, allacciandole le scarpe in tutta
fretta.
-
Ci sono – disse lei sistemandosi i capelli e raccogliendo le proprie
cose – La cravatta, Harry!
Il ragazzo si voltò alle proprie spalle e la raccolse. La avvolse
intorno al collo distrattamente e la annodò in un modo che mai si era
visto prima.
Proprio in quel momento la porta si aprì e la professoressa Cooman entrò
nell’aula.
-
Che disordine! – esclamò vedendo cuscini sparsi ovunque e sedie spostate
qua e là.
Harry ed Hermione sgattaiolarono fuori uscendo dal loro momentaneo
nascondiglio e ridendo della distrazione della professoressa di
Divinazione, continuavano a baciarsi scendendo le scale e appoggiandosi
al muro circostante.
Arrivati in fondo, si staccarono l’uno dall’altra e tornarono a
comportasi come due semplici amici.
Erano tremendamente in ritardo per la lezione di Trasfigurazione.
Il nodo alla cravatta di Harry gli procurava non poco fastidio, ma
avrebbe avuto tutto il tempo per rimetterla a posto.
E
poi, annodata in quel modo, ricordava al ragazzo perché non avesse
provveduto a fare un nodo più decente.
Gli ricordava del perché non avesse avuto abbastanza tempo.
Di conseguenza, gli ricordava Hermione.
Tutto ormai gli procurava una qualche scusa per pensare a lei. |