No.
Non sono e non sarò mai in grado di affrontare il
reverse!AU. Non in
una oneshot e non per il p0rnfest, soprattutto. *sbatte la testa
contro il muro*
La
colpa della creazione di questa cazz@!@ è da attribuirsi
tutta alla
cara Hellstrom,
che mi lancia sfide impossibili su cui io sbatto il
grugno. E pensare che il fest dovrebbe essere un periodo in cui la
parola trama diventa tabù .___.
Comunque,
la oneshot (pur essendo stata scritta per il p0rnfest) è
molto più
dialogico/introspettiva che p0rn. Forse perché le PWP non le
so
proprio scrivere, mavabbé. Ho utilizzato il prompt
"Hero!Loki Laufeyson/Villain!Tony Stark, The road I walk is paved in
gold / To glorify my platinum soul / I am the closest thing to God / So
worship me and never stop (Dont't Stop by Innerpartysystem)".
Dubito
che piacerà a qualcuno, ma se anche siete arrivati a
leggere
fin qui vi invito a cliccare sul bannerino a sinistra e immergervi
nello sbrilluccicante mondo del p0rnfest, dove Thranduil intrattiene
liaisons con quadrupedi dal soffice pelo e festività
umanizzate si
divertono tutteinsiemeappassionatamente.
See
you soon,
Roby
Se
questa storia fosse decente la dedicherei a Hellstrom,
ma
visto che fa schifo la dedico a tutti gli haters dell'Ironfrost (che
spero siano pochi).
The
Closest Thing to God
The
road I walk is paved in gold,
To
glorify my
platinum soul
I
am the closest
thing to God
So
worship me and
never stop
«Ha
fatto saltare in aria un intero grattacielo».
Le
parole di Hawkeye si perdono nella polvere, nelle lame di luce dorata
che si fanno strada fino alla superficie irregolare di quella che una
volta era una strada. Ci sono pezzi di asfalto ovunque, spruzzi
d'acqua che provengono da tubature divelte e brandelli di corpi
umani; la puzza di gas è sottile, ma in costante aumento, e
Loki
spera soltanto che qualche condotto fallato non causi l'ennesima
detonazione.
«Quanta
gente c'era dentro?» Chiede, nessuna sfumatura particolare
nel tono
di voce. Thor ha la faccia di qualcuno che vorrebbe sfogarsi urlando
e piangendo ma non può farlo, un ammasso di dolore cocente
ai
margini del suo campo visivo. È
sempre
stato così ‒
ridicolmente
debole,
secondo lui, ma i midgardiani tendono ad apprezzare la sua
emotività
ben più della freddezza di Loki.
Umani.
Fragili, effimeri, si spezzano come steli di un fiore tra le dita di
un bambino e tirano avanti nelle loro misere esistenze sotto la
spinta di passioni che non sono in grado di dominare. Forse
è colpa
di quelle stesse passioni, insite nella loro natura, se i Midgardiani
sono capaci di simili atrocità ‒
guidati
dalla superbia, dall'ingordigia, Loki li ha visti ammazzarsi tra loro
in innumerevoli guerre, nel corso dei secoli.
«Maledetto
Stark». Steve Rogers ha perso l'elmo da qualche parte, e sta
in
piedi con lo scudo in una mano e una cappello da signora nell'altra.
Sulla tesa ci sono tracce di sangue, e il nastro che un tempo lo
adornava è quasi del tutto carbonizzato; adora indulgere nel
proprio
dolore, il soldato dal cuore di bambino, ma non avrebbe dovuto
comunque raccoglierlo. Il coinvolgimento personale, in casi come
questi, non serve a nulla.
Tony
Stark riderebbe di una cosa del genere. Loki l'ha incontrato
pochissime volte ‒ il
bastardo invia quasi sempre armature da guerra corazzate al suo
posto, e quando si mostra sul serio è sempre protetto da
scudi di
energia impenetrabili persino per gli incantesimi più
potenti ‒
e
ricorda occhi
scuri e intelligenti, un viso bello per i canoni midgardiani, e una
maledetta risata sarcastica, di superiorità, che gli fa
ribollire il
sangue nelle vene ogni volta che ci pensa. Non è altro che
un
insetto, un battito di ciglia nelle ere che il Dio degli Inganni ha
percorso l'una dopo l'altra, eppure è stato in grado di
tenere i
Vendicatori in scacco per mesi e ha distrutto innumerevoli vite
innocenti senza che potessero fare nulla per fermarlo.
Avrebbero
dovuto prevederlo, pensa Loki, ma i Midgardiani
sono sciocchi.
Hanno
lasciato che Tony Stark, il proprietario della più grande
industria
bellica del mondo, sviluppasse nuove tecnologie ad altissimo
potenziale offensivo e le tenesse per sé. Poi, quand'era
ormai
troppo tardi, hanno cercato di eliminarlo senza nemmeno tentare una
mediazione e l'hanno trasformato in un reietto, in una macchina da
guerra piena di risentimento.
La
colpa di tutto questo, secondo il Dio della Menzogna, è
anche loro.
________
La
Stark Tower galleggia tra le nuvole come un castello incantato, priva
di peso.
Monolito
di metallo lucido come uno specchio, riflette i raggi del sole
calante e brilla, più fulgida delle pietre preziose che
adornano i
portali della reggia di Asgard; Loki, ammirato, contempla quella
struttura dalla bellezza perfetta ‒ e
deve ammettere, punto nell'orgoglio, che si tratta del parto della
mente di un genio.
Per
trovarla ha seguito i barbagli quasi impercettibili di energia che
sono rimasti tra le macerie dell'edificio esploso; Stark
probabilmente non lo immagina nemmeno, ma il fatto di utilizzare un
reattore unico al mondo lo rende facile preda della magia di Loki,
capace di risalire alla fonte di qualsiasi potere con la
facilità
con cui un bambino percorre all'indietro una pista già
battuta. Il
Dio, poggiando i piedi su uno dei tanti parapetti che circondano la
torre, si chiede come mai la roccaforte di Stark non sia protetta da
scudi di energia e sospetta una trappola, ma non può
fermarsi: i
Vendicatori non si sono mai fidati troppo di lui, visto il suo
carattere schivo, e quest'assenza prolungata desterà
sicuramente
qualche sospetto.
Non
è mai stato adatto a far parte di un gruppo, e a quanto pare
nemmeno
il suo nemico deve apprezzare così tanto la compagnia altrui.
Può
percepire la presenza di Stark, unico umano all'interno di un
castello abitato da macchine; si è costruito il suo piccolo
reame di
automi e intelligenze artificiali, il palazzo tra le nuvole che ogni
bambino vorrebbe e che, Loki suppone, si sta lentamente trasformando
nella sua prigione. Potrebbe forse distruggere questa torre con la
sua magia in un battito di ciglia, ma si rende conto in un moto di
nervosismo che non vuole.
Desidera
appagare la sua curiosità, prima.
Un
lampo verde avvolge il suo corpo, e nell'intervallo infinitesimale di
un brandello di secondo si ritrova in una sala ampia, quasi
interamente circondata da finestre, con il pavimento di acciaio
rossastro e l'arredamento di una lussuosa casa midgardiana.
Lui
se
ne sta in un angolo,
semisdraiato su un divano, con un bicchiere colmo di liquore in una
mano. Loki coglie un lampo di sorpresa nei suoi occhi, immediatamente
sostituito dall'espressione strafottente che Tony Stark non si scolla
mai dalla faccia, e sorride con aria melliflua, allargando le
braccia.
«Un
nido magnifico, umano». La sua voce risuona più
alta di come
vorrebbe, nel silenzio innaturale. Stark alza il bicchiere verso di
lui e sorride a sua volta, e nel suo sguardo non c'è ombra
di paura.
«Un'entrata
in scena magnifica, dio. Se fossi in te rivedrei l'idea dei lampi
verdi, fanno un po' troppo Ghostbusters... ah, ma
tu
probabilmente non sai nemmeno di cosa sto parlando. Vuoi un
drink?»
«Non
sei spaventato...» osserva Loki, misurando la stanza a grandi
passi
«... o sorpreso. Sapevi che sarei arrivato?»
Stark
annuisce: «Ho costruito sensori in grado di tracciare la tua
magia e
anche qualche marchingegno capace di combatterla. I radar ti hanno
individuato non appena sei comparso in un raggio di due chilometri
dalla torre». Ridacchia, come se trovarsi davanti ad una
divinità
appartenente alla fazione nemica non lo scomponga minimamente
«D'altra parte, se non fosse stato per quei sensori non avrei
avuto
modo di disattivare gli scudi di energia e tu saresti già fritto,
Dio dell'Inganno».
«Assurdo».
Sputa Loki «Non mi avresti mai permesso di entrare qui
dentro, e non
potresti comunque uccidermi con le tue ridicole armi
midgardiane».
«Prima
affermazione del tutto sbagliata. Per quanto riguarda la seconda
potremmo fare qualche tentativo, ma dubito che tu sia qui per
combattere. Dove hai lasciato quel delizioso... elmo con le
corna?» Ride ancora più forte
«Ad Asgard dovete avere un'idea
di estetica davvero bizzarra».
Ignorando
l'insolenza dell'umano ‒ cosa
che gli costa una notevole dose di autocontrollo ‒
Loki
avanza fino a
trovarsi davanti al divano su cui è seduto. Osserva il suo
corpo,
che è notevolmente meno imponente del suo, e la luce candida
che
filtra attraverso la maglietta; basterebbe allungare una mano e
impadronirsi di quella luce per liberare il mondo da una piaga
pericolosa e maligna, ma ‒ ancora
una volta ‒ il
dio non si muove.
«Allora
perché hai lasciato che arrivassi fin qui?»
«Perché
volevo parlarti». Stark scola il
contenuto del bicchiere in
un unico sorso e si tira in piedi con un movimento davvero poco
fluido; deve aver bevuto qualcos'altro, e Loki sa di avere davanti un
avversario vulnerabile come non lo è mai stato. Eppure,
qualcosa
nello sguardo scuro dell'umano lo frena.
«E
tu ottieni sempre quello che vuoi, non è
così?» Nella sua voce c'è
una venatura di ironia che non si sforza di nascondere. Umani
incontinenti, le loro ridicole pretese travalicano le scarse forze
con cui tentano di accontentarle.
«La
maggior parte delle volte». Chiosa Stark, avvicinandosi al
dio senza
nessun timore; è più basso di tutta la testa, ma
tracotante quanto
basta per guardarlo negli occhi «E di solito preferisco
evitare che
gli altri abbiano la possibilità di dire no.
Quindi‒»
«E
se io me ne andassi adesso, Stark? Non ti darei il tempo di
fermarmi».
«Non
credo proprio. Questa torre risponde ai miei comandi cerebrali,
Loki... ho impiegato mesi per impiantarmi nel cervello i chip
necessari, ma adesso mi basta desiderarlo
perché gli scudi si
riattivino attorno alla fortezza. Non ci si smaterializza all'interno
di Hogwarts».
Il
sorrisetto che si allarga sul viso di Stark gli fa venire voglia di
spezzargli la schiena a mani nude, ma Loki sa perfettamente di
trovarsi davanti ad un nemico che non può e non deve
sottovalutare ‒
cosa
che peraltro ha
già fatto, anche se il suo istinto gli dice che per
ora
non c'è nulla da temere. Se l'umano avesse voluto ucciderlo
ci
avrebbe già provato, lo conosce abbastanza da capirlo.
«Solitamente
riveli a tutti i tuoi nemici le tue strategie?»
«Oh,
no». Il sorriso divenne ammiccante «Soltanto a
te».
C'è
qualcosa in questa situazione che non gli piace per niente, a partire
dal modo tutt'altro che razionale con cui il suo cervello interpreta
il ghigno dell'umano. Di fronte alla sua spavalderia Loki dovrebbe
sentirsi offeso, disgustato, e invece c'è un fondo di ammirazione
nel marasma di sentimenti e pensieri che ha preso possesso della sua
mente. Ha avuto a che fare con molti Midgardiani, ma nessuno la cui
intelligenza fosse così acuta da spingerlo ad avviare una
comunicazione.
E
non è forse per questo che si è spinto fin qui
senza dirlo agli
altri Vendicatori?
«Cosa
vuoi da me, Stark?»
«Voglio
farti una proposta». Tony Stark si allontana, avvicinandosi
alle
vetrate. Guarda il panorama, la distesa di nuvole e spaccati di terra
lontana, e nel frattempo giocherella con il bicchiere vuoto.
«Ultimamente
mi è capitato di entrare per
sbaglio
in qualche database protetto dello S.H.I.E.L.D.» continua
«uno di
quelli dove vengono stipati i fascicoli top-secret sui dipendenti e i
loro trascorsi. Volevo qualche informazione sul ridicolo gruppetto di
supereroi di cui fai parte ‒ non
che per me rappresentiate un problema, ma mi piacerebbe capire perché
qualcuno dovrebbe andarsene in giro con una calzamaglia a stelle e
strisce ‒ e
ho letto parecchie cose interessanti».
Loki
si irrigidisce.
«C'è
una cosa che mi ha colpito più delle altre. Tutti i supereroi»
dice quella parola come se fosse qualcosa di infantile, o ridicolo
«militanti nei Vendicatori hanno un motivo ben preciso per
fare
quello che fanno. Steve Rogers è un idealista che si
sacrificherebbe
per salvare la vita di chiunque, Bruce Banner
probabilmente
vede nel progetto Avengers una possibilità di riscatto per
tutti i
disastri che Hulk ha provocato, Natasha Romanov e Clint Burton sono
mercenari prezzolati dello S.H.I.E.L.D. e Thor ama i Midgardiani... o
forse dovrei dire le Midgardiane, vista la
relazione
pseudo-sentimentale che intrattiene con quella... Jane Foster? Si
chiama Jane Foster, vero?»
«Quale
sarebbe il nocciolo della questione, umano?» Sussurra Loki,
che
crede di aver già capito dove l'altro vuole andare a parare.
«Che
tu non ce l'hai, un motivo. Da quel poco che ho capito a casa non sei
esattamente il beniamino del tuo popolo per via dei tuoi poteri,
quindi hai deciso di venire qui sulla Terra in cerca di cosa,
esattamente? Gli esseri umani non ti amano, e tu lo sai. Per quanto
tu possa aiutarli e combattere per loro, in te vedranno soltanto
l'alieno schivo e dotato di poteri magici spaventosi che potrebbe
ucciderli tutti schioccando le dita. Non ti sforzi nemmeno di
attirarti la loro simpatia, come fa tuo fratello».
Loki
potrebbe ribattere molte cose. Che odia Asgard con tutto se stesso,
il regno e il popolo di rozzi ignoranti che l'hanno additato da
sempre come il figlio di un mostro; che suo padre ha sempre preferito
Thor e che lui voleva soltanto dimostrare di essere all'altezza di un
fratello tanto perfetto, quando è sceso sulla Terra per
affiancarlo
nella sua missione di aiuto ai Midgardiani. Ha passato la sua intera
esistenza alla ricerca di un posto da riconoscere come proprio, e non
è mai riuscito a trovarlo.
Ovunque,
ha consumato i propri poteri per il bene comune ricevendo indietro
solo disprezzo.
Ma
non sono cose da dire al nemico, e Loki si limita ad alzare le spalle
come se le affermazioni di Stark non avessero scavato un solco
profondissimo nella sua coscienza antica di secoli.
«Quindi?
Sentiamo la tua proposta». Non sa nemmeno lui se è
genuinamente
interessato oppure no. Dev'essere la prima volta in tutta la sua vita
che un mortale lo mette tanto in difficoltà.
«Passa
dalla mia parte, Loki. Sei troppo intelligente per mettere le tue
abilità al servizio di quell'imbecille di Nick Fury, e lo
S.H.I.E.L.D. non ti ricompenserà mai come dovrebbe. Siamo
più
simili di quanto non credi».
Il
Dio della Menzogna increspa le labbra in un ghigno, perché
non si
aspettava tanta schiettezza da una serpe come Stark. Eppure quello
che ha detto è vero, per certi versi anche condivisibile, e
quella
somiglianza di cui parla Loki la sente sottopelle, che brucia e
sfrigola in un'elettricità impossibile tra due creature
tanto
diverse.
Per
un attimo è quasi tentato di accettare. Poi,
però, il viso severo
di suo padre e quello di Thor offuscano il riflesso del Sole sul
metallo della Stark Tower, e Loki sa che, in un modo o nell'altro,
non riuscirà mai a liberarsi della loro influenza.
Scuote
la testa, piano.
«No.
Per quanto tu sia un umano decisamente interessante,
non
tradirò la mia fazione per correre dietro al tuo sciocco
ideale di
potere».
Stark
non sembra particolarmente impensierito dal diniego, perché
si
avvicina di nuovo ‒ anche
più giulivo di prima, sembrerebbe ‒
e
lo guarda dritto negli occhi, sfacciato.
«In
questo caso c'è la proposta numero due».
E
Loki si aspetterebbe di tutto ‒ minacce
di morte, tentativi di omicidio, vuote lusinghe ‒
tranne
quello che
effettivamente succede.
Stark
lascia la presa sul bicchiere con noncuranza, e il rumore del vetro
che si infrange contro l'acciaio è
al
tempo stesso
sgradevole e deliziosamente musicale; poi, l'umano si spinge
repentino verso il dio e, senza alcuna esitazione, preme le labbra
contro le sue.
Questo
è
ciò
che
i Midgardiani
chiamano “bacio”.
E
Loki, che a stento prova affetto verso la propria famiglia, si trova
congelato in uno stato di completa indecisione quando Stark comincia
a muoversi ‒ ed
è
davvero
un folle,
quest'uomo, perché
un
gesto del genere non
si spiega altrimenti.
Dopo
qualche istante, il dio si rende conto che effettivamente la
sensazione delle labbra di Stark sulle proprie è
tutto
meno che
sgradevole, e che assecondare una cosa del genere non equivarrebbe a
tradire i suoi compagni. Ha affermato chiaramente di non volersi
alleare con lui, per il resto può
prendersi
tutte le
libertà
che
vuole.
Dubita
che Fury avrebbe mai il coraggio di espellerlo dalla squadra, se
anche scoprisse qualcosa.
«Tu
sei completamente pazzo, Stark».
Mormora, allontanandosi di pochi millimetri, prima di aggredire la
bocca dell'umano con una fame che credeva di non aver mai posseduto.
Per secoli ha guardato con scherno le passioni alterne di suo
fratello per le belle donne di Asgard, senza mai capire cosa fosse
quel fuoco
di cui Thor amava riempire i propri discorsi, ma adesso, con la
lingua che si intreccia a quella di un altra persona e il rimbombo
del fragile cuore midgardiano nelle orecchie e sotto le dita che
accarezzano la gola di Stark, si sente invaso da una sensazione di
calore prepotente e atavica, quasi spaventosa.
Dovrebbe sottrarsi a questo stato che ottenebra la mente, ma più
lo
esplora e più
se
ne sente
risucchiato, e senza alcuna possibilità
di
scampo.
«Non
sono pazzo».
Dice Stark, il cui respiro si è
fatto
improvvisamente
più
accelerato
«Semplicemente,
mi sono sempre chiesto come fosse fare sesso con un dio».
«Direi
che questa è
una
richiesta a cui si
può
trovare
una risposta
immediata».
Loki emette una breve risata priva di allegria, spingendo il nemico
verso il divano e lasciando che ci cada sopra «Sempre
se la tua etica è
tanto
debole da
permetterti di fare una cosa simile».
«Il
bue che dà
del
cornuto all'asino».
Rimbecca l'umano, e all'improvviso non è
più
il
genio capace di
progettare bombe dall'enorme potenziale distruttivo, ma solo un
Midgardiano come tanti per cui il Dio dell'Inganno, assurdamente,
sente di provare empatia.
«Credi
di essere il solo a scavare nel passato dei propri nemici?»
Sgancia
la fibbia che tiene chiusa l'armatura di cuoio, e quella scivola a
terra con un tonfo «So perché sei arrivato fin
qui. So di quella
volta che hai cercato di salvare dei ragazzini idioti che giocavano a
fare gli eroi ed è andata distrutta un'intera
città».
«Sono
stato accusato di omicidio volontario». Stark si sfila la
maglietta.
Il reattore arc brilla come una stella bianca, e Loki percepisce la
potenza della sua energia sotto forma di brividi sottili sulla pelle.
«L'opinione
pubblica ti detestava, hanno cercato di catturarti e rinchiuderti in
carcere. A quel punto, tu... hai dato loro quello che volevano, no?
Hai fornito una motivazione valida per tutte quelle accuse».
La
sensazione strana è che, se le cose fossero andate in modo
diverso,
forse ora potrebbe esserci Loki al posto di Stark. Il dio capisce fin
troppo bene quanto odio possa generare la consapevolezza di essere
invisi al mondo intero, e come possa germogliare facilmente la
vendetta in un'anima distrutta dalla paura.
In
un attimo i loro vestiti sono a terra, la pelle eburnea e perfetta di
Loki contro quella arrossata dell'umano. Con curiosità quasi
scientifica l'alieno accarezza quel corpo tanto diverso dal suo,
robusto e coriaceo pur nella sua debolezza quasi bambinesca: potrebbe
distruggerlo con una parola sussurrata a mezza voce, ma al momento
tutto quello che riesce a pensare è che gli occhi di Stark
sono
insospettabilmente belli sotto lo schermo delle ciglia scure, e che
il modo in cui lo morde e affonda le mani nella sua carne è
abbastanza sfrontato da divertirlo.
E
anche quando il Loki si prende da lui il piacere che gli spetta,
affondando nella sua carne senza alcuna delicatezza, l'espressione
sul viso di Tony comunica solo la soddisfazione di aver piegato un
dio alla propria volontà, anche se poi è stato
costretto a pagarne
lo scotto.
La
fierezza di un martire nel corpo di un assassino.
«Sono
la cosa più vicina a Dio». Mormora, nell'istante
stesso in cui
viene rapito dall'orgasmo.
________
Settimane
dopo, in battaglia, Loki respinge a colpi di scettro e incantesimi
un'orda di macchine umanoidi che minacciano di distruggere il centro
di New York. Guardando quegli automi, costruiti a perfetta imitazione
di un organismo umano, il dio sorride e pensa all'Uomo dal Cuore di
Ferro, al re solitario che comanda l'esercito di bambole dall'alto
della torre volante.
Si
chiede quanto tempo occorrerà prima che Tony Stark soccomba
al
desiderio di autodistruzione.
The
road I walk is
paved in gold
To
glorify my
platinum soul
I'll
buy my way to
talk to god
So
he can live with
what I'm not
|