shooting stars
Shooting Stars
Una notte, non riuscendo a prendere sonno, Jack si era alzato dal letto
ed era andato nella libreria del TARDIS in cerca di qualcosa da
leggere: mentre cercava fra gli infiniti scaffali qualcosa che potesse
scaldare la sua nottata - chissà se il Dottore aveva anche una
sezione di romanzi erotici, si era chiesto - ben presto si era accorto
di non essere solo in quella stanza. Seduto su una poltrona, il suo
amico Signore del Tempo se ne stava con un bicchiere di brandy in mano
e lo sguardo fisso sulle fiamme che ardevano nel caminetto di fronte a
lui. L'uomo gli si era avvicinato e, poggiando una mano sulla
spalla dell'altro, aveva richiamato la sua attenzione: «Tutto ok,
Dottore?», gli aveva chiesto, preoccupato.
Il gallifreyano lo aveva guardato
con occhi lucidi poi, versandogli un bicchiere di liquore, lo aveva
invitato a sedersi vicino a lui. «È tutto a posto Jack,
tutto come al solito...», gli aveva infine risposto, senza
riuscire davvero a convincere l'altro.
Era infine calato il silenzio fra
di loro: l'unico rumore udibile era il crepitio della legna che
bruciava nel camino. Il Dottore aveva preso il suo viso fra le mani:
«Ci sono notti come questa, nelle quali le stelle sono
troppo splendenti ed i minuti sembrano durare anni... È proprio
in notti come queste che i loro volti tornano nella mia mente...
», aveva quasi sussurrato con voce commossa .
«Di chi sono quei volti, Dottore?», gli aveva chiesto Jack, sinceramente preoccupato.
«Delle persone che hanno
viaggiato con me, dei miei compagni, sento le loro voci, ripenso alle
avventure che abbiamo vissuto insieme e la mia solitudine sembra ancora
più grande, sembra quasi dilaniarmi il petto», aveva
replicato l'altro.
Era da poco tempo che il Dottore
aveva dovuto rinunciare alla compagnia di Donna, cancellando dalla sua
mente ogni ricordo di lui e del tempo passato insieme, ed il peso del
senso di colpa doveva essere tale da far vacillare anche un essere come
lui, aveva riflettuto Jack, prima di provare a confortarlo con qualche
parola, ben conscio che qualunque cosa avrebbe detto o fatto non
avrebbe potuto comunque alleviare il dolore che il Signore del Tempo
provava dentro di sè.
«Quando si vive così a
lungo, Jack, si intreccia la propria esistenza con quella di tante
persone, ognuna unica nel suo genere, e anche se non si dovrebbe, si
finisce con l'affezionarsi a loro, ad amarli e considerarli come una
parte di se stessi... poi però il loro se ne vanno, sempre, e si
portano via una parte del mio animo... È da novecento anni che
devo fronteggiare una perdita dopo l'altra e a volte mi capita di
maledire la mia stessa natura di Signore del Tempo!», questo gli
aveva detto il Dottore le lacrime agli occhi.
Quelle parole erano tornate alla
mente di Jack e solo in quel momento lui aveva finalmente compreso
quanto dolorosamente vere esse fossero: aveva perso Ianto, il suo amato
Ianto, e per il bene dell'intero pianeta aveva dovuto sacrificare
Steven, il suo unico nipote, guadagnandosi il disprezzo eterno di sua
figlia Alice. Gwen aveva cercato di convincerlo che lui non aveva
colpa, che non avrebbe potuto fare diversamente, sia lei che Rhys gli
avevano chiesto di rimanere, ma a lui adesso quel pianeta stava davvero
stretto: troppi ricordi dolorosi lo legavano ad esso, troppi sensi di
colpa... era decisamente arrivato il momento di cambiare aria, almeno
per un po', vedere nuovi posti, scoprire nuove realtà e fare
nuovi incontri. Aveva abbracciato gli ultimi due amici che gli erano
rimasti ed aveva digitato le coordinate sul suo manipolatore del
vortice temporale: se avesse incontrato di nuovo il Dottore gli avrebbe
chiesto se, nonostante tutto, non ne valesse la pena di affezionarsi a
quegli individui che attraversavano le loro lunghe, lunghissime
esistenze con la velocità di una stella cadente, e proprio come
queste ultime permettevano loro di continuare a gioire e sperare nel
futuro.
Scritta per la sesta sfida della Staffetta in Piscina della LJ community Piscina di Prompt con il prompt: Torchwood, Jack Harkness, Sacrifici.
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