Il suono della pioggia
Le persone che camminavano per la via, in quella tiepida sera di
maggio, erano troppo impegnate a pensare ai loro affari per accorgersi
del meraviglioso tramonto che stava colorando il fiume. Il cielo era cremisi,
scarlatto e rubino, e il sole al tramonto lanciava i suoi dardi rosso
acceso sull'acqua, che rispondeva scintillando e brillando di rosso e
di oro.
Chi avesse alzato
anche solo per un momento lo sguardo verso il cielo, si sarebbe accorto
di una ragazzina vestita di verde che fissava il cielo appoggiata alla
balaustra del balcone della sua stanza. A soli pochi metri dalla gente
che correva e si affaccendava, troppo presa per guardarsi intorno, lei
invece era immobile, con gli occhi verso il cielo e la mente presa da
chissà quali pensieri. Bionda, esile e delicata, con
il naso accarezzato da piccole efelidi, indossava un vestito di velluto
verde decisamente fuori moda, e un paio di stivali di camoscio.
Erano giorni che Emer
non usciva.
La pioggia torrenziale
che aveva imperversato in quell'ultima settimana l'aveva costretta
nella sua stanza. Certo il suo stato di salute non l'aveva aiutata, ma
Emer non ne poteva più di stare chiusa in quella casa che la
soffocava.
Il profumo dei fiori
saliva verso di lei dalla bottega all'angolo e Emer respirò
a fondo quel profumo così buono e così familiare.
Emer amava
profondamente i fiori, e quando era bambina amava stare nella bottega
di Enya: lei e Rowen andavano su e giù con i fiori da
mettere nei vasi, portavano le ciotole al lavabo per riempirle d'acqua,
raccoglievano la terra caduta... era uno dei loro passatempi preferiti.
Enya, per quanto anziana, era piena di vita, e amava avere le due
bambine attorno a lei. Non le erano di grande aiuto, ma le facevano di
certo molta compagnia. E un'anziana donna sola, di compagnia ne ha
bisogno.
Emer scosse la testa,
cercando di concentrarsi sul mondo che viveva intorno a lei, invece che
su uno che non esisteva più. Si sentiva terribilmente sola,
in quel periodo, e riusciva a trovare conforto solo ritornando alla sua
infanzia felice. Il
problema era che ogni volta che tornava alla realtà si
sentiva ancora più sola.
Oltre al delicato
profumo dei fiori, dalla strada salivano anche le voci della folla, le
discussioni dei commercianti, le risate dei bambini. Quando era
più piccola, scendeva spesso in strada a giocare con i figli
delle famiglie del vicinato. L'argine del fiume era il loro
posto preferito: andavano a caccia di sassolini strani, di monete
arrugginite, di piccoli tesori che poi portavano a casa come dei premi
di inestimabile valore.
Le note di un violino
iniziarono improvvisamente ad allargarsi nell'aria, ed Emer
sussultò.
Quella canzone la
conosceva così bene... Rowen era una violinista
straordinaria ed Emer era una bravissima cantante. Quante volte si
erano ritrovate a cantare e suonare insieme le ballate che preferivano,
le antiche canzoni gaeliche che i loro nonni avevano insegnato loro, le
dolci canzoni che le loro mamme cantavano per farle addormentare! Quella che echeggiava
nell'aria era una delle loro melodie preferite... ma anche se era una
canzone vivace, in quel momento sembrava quasi un requiem.
Le dolci
note del violino accompagnavano il lento cammino delle nuvole nel
cielo. Tinte di scarlatto e oro, veleggiavano da un confine all'altro
della volta celeste senza accennare a fermarsi. Il sole, scomparso quasi del
tutto dietro l'orizzonte, stava affogando lentamente nel rosso liquido
del fiume, lanciando i suoi ultimi raggi, come se volesse chiamare
aiuto un'ultima volta, con un ultimo, disperato grido.
Chi avesse alzato gli
occhi verso di lei in quel momento, l'avrebbe vista chiudere gli occhi
mentre stringeva le mani l'una nell'altra in un convulso gesto di
tristezza.
Il violino continuava
a cantare, i fiumi spandevano il loro profumo, la gente chiacchierava
imperterrita camminando per la via... eppure il suo cuore si stringeva
come mai prima d'allora.
Doveva essere Ryan, a
suonare.
Il suono del violino
di Rowen era inconfondibile: quelle corde consumate dall'archetto non
potevano dare altre note se non quelle che avevano accompagnato la sua
voce tante volte. E
poi solo Ryan conosceva quanto quella canzone fosse importante per
loro. Lui,
che le conosceva fin da quando erano bambine.
Emer si
ritrovò a sorridere, suo malgrado. Il piccolo, scalmanato
Ryan, che tirava le loro trecce quando erano piccole e che adesso si
preparava a partire per cercare fortuna lontano da lì. E così, anche Ryan
se ne andava.
- Emer! Bambina mia,
ma cosa fai lì fuori? - Esclamò una voce roca e
affettuosa alle sue spalle.
- Sto bene, tata, non
fa freddo. - Rispose la ragazza.
- Tesoro, lo sai che
non devi raffreddarti. Forza, vieni dentro! - Replicò la
donna, tirandola in casa e chiudendo la finestra.
Emer si
ritrovò di nuovo sul divano davanti al fuoco, con lo scialle
sulle spalle e una tazza di latte fumante in mano.
- Tua madre si
arrabbierebbe molto se ti ammalassi di nuovo. -
- Non mi ammalo, tata.
- Disse Emer, con poca convinzione.
- Dio solo sa quanto
tua madre sia fragile, ci manca solo che le tue condizioni peggiorino.
Sei così cagionevole, Emer. Non mi stupisco di tutte le
attenzioni che i tuoi genitori ti rivolgono. - Rispose la tata.
Emer
sospirò.
Già,
cagionevole di salute... Emer non era più stata la stessa,
dopo quell'incidente maledetto.
La tazza rovente tra
le dita rischiò di finire in frantumi, stretta tra le sue
dita.
Come ogni volta che
ripensava a quella sera, Emer si sentiva impazzire dalla rabbia e dal
dolore.
- Oh, bambina. - Disse
la tata, sedendosi vicino a lei e tirando il suo corpo minuto contro il
proprio.
Emer chiuse gli occhi,
ma non pianse. Aveva versato abbastanza lacrime.
- Emer! -
Chiamò una bambina, rientrando in casa con i capelli rossi
tutti spettinati.
- Sheridan, guarda
come ti sei conciata! - La rimproverò la tata.
- Abbiamo fatto una
gara di corsa lungo il fiume! - Esclamò la bambina, cercando
di lasciare meno fango possibile sul tappeto mentre si avvicinava al
fuoco.
- Tu che cosa? -
Esclamarono in coro Emer e la tata.
Sheridan le
fissò con un'aria così profondamente colpevole
che le due si addolcirono subito.
- Forza, andiamo a
sistemarci per cena. I tuoi genitori non sarebbero affatto contenti di
vederti così conciata! - Disse la tata, alzandosi e
prendendo la bambina per mano.
Emer rimase davanti al
fuoco.
Alzò gli
occhi verso il cielo, ormai passato da un infuocato tramonto a una sera
buia.
La canzone del violino
era attutita dalla finestra chiusa, ma a quanto pare Ryan non aveva
intenzione di smettere di suonare. Probabilmente anche lui voleva
tenere Rowen stretta il più possibile, prima di andarsene.
Emer guardò
fuori, dove il fiume scorreva pigramente.
Le pozzanghere
lasciate dall'acquazzone dei giorni precedenti riflettevano il cielo
cupo come tanti pezzetti di specchio.
Emer tossì
piano. La tata aveva ragione, non doveva prendere troppo freddo.
Si alzò
lentamente in piedi e tornò alla finestra, appoggiandosi al
vetro.
Erano passato poco
più di un anno, ma il ricordo di quella sera di primavera
era ancora impresso nella sua mente.
Lei e Rowen avevano da
poco compiuto dodici anni e la primavera era scesa su Cork. Le giornate
si stavano allungando e i fiori nel negozio di Enya si erano
moltiplicati. Un pomeriggio Rowen ed Emer erano sulla via a giocare:
passavano molto tempo fuori con i loro coetanei, si divertivano a
rincorrersi e a nascondersi qua e là. Aveva piovuto molto, nei
giorni precedenti e un po' dappertutto grosse pozzanghere si erano
allargate sulla strada. Una fitta pioggerellina, sottile e insistente,
scivolava lenta sulle case, sulle botteghe e sulle strade della
città. Anche se pioveva, i bambini si divertivano a
rincorrersi, sguazzando sulla strada coperta di fango e schizzandosi
allegramente. Ryan, Rowen ed Emer erano insieme al resto dei monelli
della città e correvano divertiti. Qualcuno aveva proposto
di andare al fiume: di certo la piena causata dagli
acquazzoni degli ultimi giorni aveva aumentato la portata del Lee e
avrebbero potuto trovare qualcosa di interessante sugli argini. Mentre
continuava a piovigginare, il gruppo di ragazzini si era diretto al
fiume e si erano messi a giocare lungo l'argine.
La sponda era
scivolosa e l'erba non era ancora cresciuta sul bordo del terrapieno
che teneva le acque del fiume lontano dalle case. La pioggia diventava
lentamente più forte, il buio scendeva sempre più
velocemente, ma i ragazzi non se ne accorgevano. Emer e Rowen cercavano
sassi colorati nella penombra della sera, scostandosi i capelli bagnati
dal viso. La canzone della pioggia che tamburellava sull'acqua del
fiume, sui tetti delle case e sul lastricato della strada era un
piacevole sottofondo alle loro chiacchiere e risate.
Tutto era accaduto
così velocemente che Emer faceva fatica a ricostruire tutti
i particolari della scena: all'improvviso Rowen era scivolata
sul fango e aveva tentato invano di aggrapparsi alla sponda fangosa e
umida. Emer le aveva preso la mano per aiutarla con l'unico risultato
di finire anche lei trascinata via dal fango e dall'acqua. Il gelo del
fiume Lee le aveva impedito di pensare e di parlare, finché
non si era ritrovata nel suo letto, a casa, con i visi della madre, del
padre e della tata fissi su di lei, con gli occhi pieni di angoscia.
Emer tornò
a fissare il cielo viola che si fondeva con il rosso carminio del fiume.
Il tuffo nel fiume
gelato le aveva provate. Erano state chiuse in casa a lungo, riempite
di rimedi atigianali e di medicinali, non avevano lasciato il letto per
settimane.. e anche quando sembravano guarite, era bastato loro un
soffio d'aria appena più fredda per chiuderle di nuovo in
casa.
Giusto qualche
settimana prima erano uscite insieme per la prima volta da mesi. Si
erano infagottate in scialli, giacche e sciarpe ed erano andate a fare
una passeggiata lungo il centro della città.
Quando aveva iniziato a piovere si erano rifugiate al negozio di Enya,
ma ben presto erano tornate a casa, anche se sotto una pioggia leggera.
Erano così
felici di essersi ritrovate, di aver ricominciato ad uscire insieme,
che non sentivano nemmeno la sottile carezza della pioggia sul viso.
Rowen sembrava stanca, ma continuava a dire che stava bene e che aveva
sentito la mancanza della sua migliore amica come mai prima di allora.
Si erano accordate per
vedersi la sera successiva per uno dei loro incontri musicali, ma Rowen
non era andata. Emer l'aveva attesa per tutta la sera e per buona parte
del giorno successivo, ma era stata un'attesa vana.
Tre giorni dopo Ryan
era andato a casa loro e aveva messo tra le mani di Emer il violino di
Rowen.
Fuori pioveva ancora e
quella volta era una pioggia così scrosciante e violenta che
Emer si era illusa per un momento che potesse coprire le parole di Ryan.
Ma Ryan aveva parlato
con voce ferma e sicura: Rowen se n'era andata e presto anche lui
sarebbe partito. Emer aveva rifiutato quella notizia e il violino di
Rowen con tutta la sua forza, tanto che Ryan si era arreso ed era
tornato indietro, portando il suo dono con sé.
Da quel momento, Emer
aveva amato e odiato la pioggia.
Sperava
sempre che non arrivasse mai, perché ogni volta che sentiva
il suo canto d'acqua e aria impazziva di dolore al pensiero dei ricordi
silenziosi che portava con sé. Ma d'altra parte, sperava
sempre che arrivasse e trepidava ogni volta che il cielo si
rannuvolava. La pioggia le riportava Rowen in mente, la faceva sentire
più vicino alla sua amica perduta. E in quel momento Emer
pensò che avrebbe dovuto accettare quel dono, quel violino
che con la sua struggente melodia portava con sé tanti
ricordi. In
una sera come quella, mentre anche il sole aveva deciso di morire
lasciandosi scivolare nel fiume, mentre le note del violino e il
profumo dei fiori riempivano l'aria, il ricordo di Rowen si faceva
largo nel suo cuore e avrebbe voluto qualcosa di lei da poter
abbracciare.
E Emer sapeva che ogni
volta che il cielo avrebbe lasciato scorrere la pioggia, avrebbe potuto
piangere senza sentirsi poi così sola.
Ho scritto questa storia per
un contest basato su una poesia di Baudelaire.
Sono sempre stata innamorata di violini e Irlanda, quindi quando si
parla di musica e tramonti
non riesco ad ambientarli nelle colline irlandesi.
Credo di essere arrivata seconda o terza, a quel contest... ma non
ricordo e non mi importa.
Spero che la storia - pur moooolto triste - vi sia piaciuta.
Grazie di aver letto!
Flora
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