Highschool
never ends
Capitolo 1 ~ I say a little prayer (for me)
Era
iniziata come una mattinata
tranquilla, quella di Nicole Henderson: si era svegliata, si era
lavata, aveva
fatto colazione e nutrito il fedele Flagello, suo felino amico fin dai
tempi
d’oro dell’infanzia, e aveva salutato i suoi. Era
quindi uscita, aveva placcato
e fatto una ramanzina al recalcitrante ragazzino del giornale che si
ostinava a
lanciare il periodico dritto nel cespuglio di rose della madre,
rischiando di
decapitare un paio di innocenti corolle ogni giorno. Era salita in
macchina,
aveva insultato almeno tre automobilisti (pochi, per i suoi standard)
lungo il
tragitto e aveva litigato con due tipe di sedici anni appena patentate
che
avevano tentato di fregarle il suo parcheggio preferito davanti alla
scuola
(povere illuse, non sapevano che piuttosto di cederglielo avrebbe
incendiato davanti
a testimoni la loro vettura seduta stante). Fischiettando, aveva salito
le
gradinate del liceo, urlato contro un paio di primini che si erano
seduti
ostruendo il passaggio e si era diretta con tutta calma agli
armadietti,
trovando già ad aspettarla Tess, la sua migliore amica.
«Chi
hai ucciso stamattina?», le
domandò la ragazza, che conosceva Nicole come le proprie
tasche.
«Purtroppo
nessuno, avevo
lasciato il lanciafiamme a casa», le rispose noncurante, con
lo sguardo
corrucciato: come al solito, il suo armadietto si era incastrato e,
nonostante
la combinazione fosse esatta, si ostinava a non aprirsi. Gli
rifilò una
gomitata e l’anta metallica si aprì con un cigolio
spaventato.
«Prima
o poi finirai con il
romperlo…», sospirò Tess.
«Meglio,
almeno saranno costretti
ad aggiustarlo», ringhiò Nicole, afferrando il
tomo di biologia e il
block-notes blu delle materie scientifiche.
«O
te lo faranno ripagare»,
suggerì Tess, con più realismo.
«Oh
be’, posso sempre inventarmi
che uno di quei caproni di football ci sia andato a sbattere contro
scambiandolo per una cheerleader…»
Tess
ridacchiò e si avviarono
insieme verso la classe della prima ora.
«Voglio
morire», esalò Lexie, la
guancia schiacciata contro la copertina del libro.
«Forza,
forza», bisbigliò
Florence, dandole dei colpi di incoraggiamento sulla schiena. Purtroppo
Lexie
tendeva ad essere melodrammatica, e durante le ore della signorina
Milligan non
faceva che lamentarsi e brontolare per tutto il tempo, come una vecchia
pentola
a pressione.
«Si
può sapere dov’è finita Will?
Di solito è in classe venti minuti prima della prima
campanella, devo ancora
ricontrollare i miei esercizi…»
Proprio
in quel momento entrò,
dietro due loro compagne di corso, la sopracitata ragazza,
l’aria truce e il
fiatone. Lexie si raddrizzò immediatamente e, le mani
giunte, la accolse con
un:
«Willow,
tesoro, luce della mia
vita!»
«Smettila
di citare Shining a
caso ed eccoti qua gli esercizi», sibilò Will,
sedendosi tra le due e
consegnando il prezioso scritto a Lex, che diede un urletto di gioia e
si
affrettò ad aprire il libro sulla pagina da controllare,
prima di affondarci il
naso con aria concentrata.
«Tutto
bene?», azzardò a
domandare Florrie, con aria preoccupata. Will la guardò come
per chiederle se
fosse scema, e anche Lex le rifilò
un’occhiataccia. Flor deglutì nervosamente:
dimenticava sempre che c’erano momenti in cui bisognava
persino di respirare
troppo rumorosamente con Will presente.
«Che
è successo, cara?», domandò Lex
per riparare l’errore commesso, tornando poi a controllare le
file di crocette
e correggendone un paio mordicchiandosi un labbro e maledicendo tra
sé e sé
quella stupida materia.
«Ho
litigato con uno di quegli
scimmioni di hockey che mi ha bloccata nel corridoio per chiedermi di
uscire, ho
avuto l’istinto di dargli un calcio ma fortunatamente mi sono
trattenuta. Non
mi mollava più!»
«Perché
fortunatamente? Io
l’avrei fatto», intervenne di nuovo Lexie,
perplessa. Will si girò a guardarla scuotendo
la testa.
«Non
ci tengo ad avere una nota
in condotta, sai?»
«Non
è colpa mia se vuoi
mantenerti la media dell’eccellenza. Ti divertiresti molto di
più a stare nella
fascia sotto insieme a noi comuni mortali».
«Ricopia
quegli esercizi e taci».
Florrie
ridacchiò ed alzò gli
occhi, incrociando quelli di una sua compagna del club di disegno. La
salutò
con un sorriso che l’altra ricambiò, e la
fissò sedersi nella fila di lato,
quella appena dietro la loro. Nicole le era simpatica, anche se non
aveva avuto
ancora modo di conoscerla bene. Al club era sempre accompagnata da una
strana
ragazza mora con la frangia, che disegnava in maniera decisamente eccentrica (aveva una passione per il
nudo) e sembrava controllare tutto e tutti dal suo angolo della classe,
motivo
per cui Florrie non si era mai avvicinata a più di due metri
da quella strana coppia,
timorosa dello sguardo che le veniva rifilato ogni volta che provava a
rivolger
loro la parola. Aveva il forte sospetto che quella ragazza sapesse
esercitare
un controllo mentale sui suoi vicini, e stava meditando se andare in
giro con
una calotta metallica in testa come protezione fosse ammesso dal
regolamento
scolastico.
«Grazie
mille, Will, al solito», disse
Lexie, riconsegnando il libro a Will nell’esatto momento in
cui la
professoressa faceva il suo ingresso in aula, facendo gemere di
sconforto la
prima.
«Non
riesco a reggere due ore con
lei, non ce la faccio…»
«Non
ricominciare, stai zitta e
segui», la riprese Will, che era già entrata in
modalità studentessa modello,
matita in mano e occhi fissi sulla lavagna come quelli di
un’aquila su un
leprotto indifeso.
«Non
fare l’acida solo perché la
tua mattinata è iniziata male», rispose Lex con
leggerezza, lo sguardo già
perso dopo le prime due frasi di spiegazione. Ben presto
rinunciò a seguire e
tirò fuori invece il suo quaderno azzurro dove le amiche
sapevano che si
divertiva ad inventare storielle e racconti. Will si
accigliò ma non commentò, finché,
dopo mezz’ora, si volse verso Florrie per chiederle di
ripeterle il nome di un
elemento che non aveva capito e la trovò a disegnare
scoiattoli sugli spazi
bianchi delle pagine.
Trattenne
l’ondata di irritazione
che la investì e tornò a concentrarsi sulla
professoressa, lamentandosi tra sé
e sé della negligenza delle sue amiche, che la faceva
soffrire come se fossero
figlie sue.
«Voglio
morire», esalò Lexie, la
guancia schiacciata contro la cattedra dell’aula di musica.
«Di
nuovo?», domandò indifferente
Will, che stava sistemando i nuovi spartiti sulle sedie che sarebbero
state
occupate dai componenti del glee club della scuola. Lex
sollevò pigramente una
palpebra e si fissò sulla figura dell’amica: Will
era davvero una bella
ragazza, alta (un paio di centimetri più di lei, purtroppo),
mora, dall’aspetto
piacente che recava in sé i segni di un’antica
ascendenza ispanica o comunque
mediterranea. A dispetto delle apparenze, aveva una voce alta ma
bianca, soave,
quasi angelica. Lex ridacchiò ripensando a quanti
pretendenti dell’amica
pensassero che fosse davvero così delicata come sembrava.
Lei invece era un po’
il suo opposto: bionda, occhi azzurri, più magra ma non
scheletrica e con poco
seno, colpa della genetica materna. Erano amiche dai tempi delle medie,
ormai
si conoscevano così bene che Lex aveva il permesso di
prendere in giro Will, e
Will le passava i suoi compiti senza protestare troppo, come invece
faceva con
chiunque altro.
«Sono
stanca, ho sonno, non
possono mettere le prove subito dopo pranzo, io devo ricaricarmi dalla
dura
mattinata…»
«Due
ore di biologia che non hai
seguito, due di letteratura inglese che adori e una di storia la chiami
mattinata pesante?»
L’osservazione
fece ridacchiare
Rue, una loro compagna del secondo anno, che era appena entrata nella
grande e
assolata sala.
«Tu
non ridere, novellina», la
rimproverò Lex, cosa che fece solamente allargare il sorriso
della più piccola.
Lex brontolava tanto e minacciava sempre chiunque, ma alla fine era un
po’ come
il Brontolo di Biancaneve, quella che sgridava quando qualcuno faceva
un
pasticcio ma poi era la prima a offrirsi di aiutare per mettere tutto a
posto.
«Come
mai gli altri non sono già
qui? Non dovevamo fare una prova generale oggi?»
Will
scrollò le spalle e Lex
borbottò qualcosa sulla puntualità del gruppo,
prima di cominciare a rovistare
nel cassetto della scrivania, accigliandosi praticamente subito.
«Will,
non trovo più la scaletta
delle canzoni, l’avevo lasciata qui ma non
c’è più…»
Willow
e Rue si scambiarono una
lunga occhiata, mentre la ragazza si alzava in piedi e si aggirava per
l’aula
nervosamente. Lexie era una persona vivace, leale, decisamente
irritabile; le
volevano bene, ma nessuna delle due avrebbe voluto essere lì
in quel momento,
non per farle quella comunicazione.
«Lex,
il professore non te l’ha
detto? Alla fine ha scelto quella proposta da Bridget, lei ha
così insistito…»
La
ragazza si bloccò, voltandosi
con calma.
«Mi
stai dicendo che quella troia
platinata l’ha convinto? Mi rifiuto di presentarmi con un
brano dei Backstreet
Boys, quella si è fumata il cervello! Mi rifiuto di perdere
per colpa sua!»
«Cosa
vuoi farle, bloccarla e
urlarle contro tutto il tuo astio finché non
implorerà piangendo il tuo
perdono?», le domandò retoricamente Will,
maledicendosi quando vide lo
scintillio maligno negli occhi dell’amica.
«Sarebbe
comunque un’alternativa
migliore dello interpretare pateticamente Incomplete come se stessimo
subendo
una lavanda gastrica sul momento».
«Lex,
conosci il prof, sai che
cambia idea ogni dieci minuti… La prossima settimana se ne
sarà già dimenticato»,
tentò di farla ragionare Rue.
«Le
regionali sono fra un mese!»,
strillò Lexie, pronta a fare fuoco e fiamme pur di vedere
confermati i suoi
piani. Afferrò l’enorme borsa rossa che portava
sempre con sé e uscì di corsa,
diretta verso la sala professori, ignorando bellamente un inserviente
che le
strepitava dietro qualcosa sul fatto che fosse vietato correre lungo i
corridoi.
Lei mal sopportava Bridget: la trovava insopportabile e tediosa, ma
purtroppo
era anche furba come una volpe, dote che mal si accompagnava alla sua
stupidità, giacché la rendeva in grado di
provocare il massimo dei danni (anche
a sé stessa) in un battito di ciglia. Si scansò
per non investire in pieno un
primino spaesato, ma così facendo finì addosso
una ragazza del suo stesso anno.
Si accorse che questa stava per inveirle contro ma si bloccò
e arrossì quando
si accorse che era lei. Era una sua compagna di un qualche corso, le
sembrava
di ricordare, ma con la sua pessima memoria fisionomica non avrebbe
saputo
proprio chi.
«Ehm,
scusami…?»
«Nicole!»,
rispose l’altra
immediatamente. «Siamo nella stessa classe di biologia,
letteratura inglese e
matematica!»
«Perdonami,
non sono per niente
brava nel ricordarmi le persone con cui parlo! Ci rivediamo,
ciao!»
Lexie
si voltò e tornò a correre,
rischiando un effetto domino non indifferente con delle ragazzine che
uscivano
dalla classe di spagnolo e che le urlarono qualcosa. Nicole era rimasta
imbambolata a fissarla andare via, finché Tess, testimone
della scena, non le
si affiancò chiedendole come stesse.
«Non
lo so… Mi sento te. Ci siamo
parlate, è una giornata stupenda! Non si ricorda neanche
come mi chiamo, il
mondo fa schifo!».
Tess
ridacchiò.
«Siamo
a metà del terzo anno,
magari per l’ultimo si ricorderà che frequentate
la stessa scuola…»
«Grazie
per l’incoraggiamento. Ti
voglio bene anch’io».
Tess
rise di nuovo e si sistemò
una lunga ciocca di capelli mossi dietro l’orecchio. Era da
qualche mese che
aveva notato che la sua migliore amica fissava con un po’
troppo interesse Lexie
Howard, tanto da farle perdere ogni tanto il filo del discorso del
professor
Coleman, docente di matematica, cosa che faceva disperare Tess. Nicole
si
metteva sempre nella fila laterale dietro quella dell’oggetto
del suo desiderio
e sì, seguiva la spiegazione, ma non così
maniacalmente come al solito. Tess,
che di matematica aveva più problemi dell’amica,
era prostrata nello sconforto
per non poter confrontare gli appunti, cosa che le avrebbe agevolato
l’apprendimento.
La
storia era iniziata verso
gennaio, ma solo a marzo Nicole era stata costretta ad ammettere che la
ragazza
che non si separava mai dalle sue amiche le interessava a tal punto da
convincerla a volerla conoscere meglio. Tess, più
pragmatica, le aveva detto
che era cotta come una pera, ed insieme avevano pensato a come fare per
stringere
amicizia, ma si erano subito rese conto che non era così
facile come sembrava:
viveva in simbiosi con altre tre ragazze, che si alternavano a seconda
dei
corsi, e nonostante l’apparente socievolezza ed
espansività si vedeva che le
dava molto fastidio essere abbordata da persone con cui non aveva un
rapporto
confidenziale. Frequentava solo due club, quello di coro coreografato e
quello
di letteratura (supervisionato dalla loro stessa docente di letteratura
inglese), e in un moto di follia Nicole aveva pensato di partecipare a
quello
di letteratura, ma gli orari coincidevano con il corso di nuoto, e se
avesse
mollato la coach l’avrebbe squartata viva e buttata in una
piscina ricolma
d’aceto e sale. Il glee club era da escludere a prescindere,
nonostante le
insistenze di Tess, che pensava che l’amica stesse
esagerando; ma Nicole aveva
il terrore di rendersi ridicola davanti all’oggetto del suo
desiderio, perciò
non ci avrebbe neanche provato.
Non
avesse già iniziato spagnolo,
avrebbe addirittura potuto pensare di passare alla classe di francese
per lei,
ma la chance era stata già bruciata. In mensa occupava
sempre un tavolo da
quattro oppure una tavolata con i compagni dei club, cosa che faceva
aumentare
la sua disperazione: sembrava proprio non esistesse alcuna via
d’uscita.
«Domani
sera che si fa? Cinema?»,
chiese Nicole, avviandosi verso la piscina dove sarebbero iniziati a
breve gli
allenamenti giornalieri. Era talmente abbattuta che non si accorse
dell’occhiataccia di Tess.
«Hai
già dimenticato che devi
accompagnarmi alla festa a casa di Timothy?»
«No,
Tess, sei tu che ti sei
messa in testa che io sarei venuta: sai che non ho mai acconsentito.
Odio quel
genere di feste».
Tess
si accigliò e la bloccò
prima che potesse varcare il portellone anti-incendio che conduceva
alle
vasche.
«Tu
mi accompagnerai».
«No».
«Sei
la mia migliore amica!»
«Non
siamo gemelle siamesi, puoi
andarci da sola!», ribatté Nicole, che cominciava
ad irritarsi. Tess però doveva
assolutamente avere il suo supporto perché alla festa ci
sarebbe stato il
ragazzo che stalkerava da settimane. Le serviva un palo in caso di
necessità!
«E
se ti dicessi che ci sarà
anche Lexie?»
Gongolò
interiormente nel vedere l’altra
tentennare e mordersi un labbro. Certo, Nicole odiava le feste, ma
quando
avrebbe trovato un’occasione migliore per tentare di
avvicinarsi senza sembrare
una maniaca?
«Non
ne puoi essere certa. Te lo
stai inventando solo per costringermi ad accompagnarti».
Tess
la fissò negli occhi e
sfoggiò le sue migliori doti da attrice consumata.
«Ho
i miei informatori, puoi
fidarti di me».
Nicole
la studiò per qualche
istante, prima di arrendersi e decretare la propria sconfitta. Tess
esultò e la
spedì dentro gli spogliatoi, prima di tornare nel corridoio
a rimuginare da
sola.
Pregò
intensamente nella vita
sociale di Lexie Howard: quella era una delle feste più
popolari dell’anno,
impossibile che non ci fossero tutti i ragazzi del terzo. Se fosse
mancata ci
avrebbe pensato lei stessa a far passare la tremenda cotta di Nicole.
Sempre se
fosse sopravvissuta all’ira della stessa, nel caso Lexie non
si fosse
presentata.
“Speriamo
bene… Ci tengo ad
arrivare ai miei diciott’anni”.
La
sera, a letto, Florrie
ripensava alla giornata. Aveva dovuto cedere alle pressioni di Tia,
Willow e
Lexie perché non mancasse alla “festa evento
dell’anno”, così l’avevano
chiamata. Lei avrebbe preferito di gran lunga rimanere a casa a
poltrire, ma
ovviamente serviva un’autista sobrio per il ritorno e avevano
scelto lei.
Grandioso. Si girò nervosamente nel letto, non riuscendo a
trovare una
posizione comoda. Lexie aveva biascicato qualcosa
sull’implicazione di un
qualche ragazzo nella serata, ma lei non aveva voluto indagare oltre:
quando
era passata a prendere lei e Will per tornare a casa aveva avuto
l’onore di
assistere al finale di una scenata in grande stile da parte
dell’amica verso
una poverina che singhiozzava disperata in un angolo. Will le aveva
accennato
qualcosa sul fatto che Lexie tendeva come sempre a prendere un po’ troppo alla lettera i
suoi
suggerimenti, ma poi le due si erano messe a parlare di cose del glee
club e
Florrie aveva perso il filo del discorso.
Sarebbe
andata con loro, sperando
solo che evitassero di cacciarsi in qualche guaio o in qualche rissa
con dei
compagni ubriachi. Con Lexie di mezzo purtroppo non si poteva mai dire.
A C.
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