Filastrocca sulla forca

di Duca di Curadore
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Anche se appeso al chiodo,
a testa in giù odo chino,
la dolci parole del boia,
che un po m'annoia forse,
poco originale nel monito,
d'una fine pena capitale,
per passanti male avvisati
così invasati di spettacolo,
che nel trabicolo della forca,
trovan di sorta giovamento,
nel momento del ruzzolare
di quella capocchia mia
su una cesta di pannocchia,
per man del nero cappuccio 
che il becero scherzo ignora,
un lascito ed omaggio mio
a suo assaggio nel pasto,
un bello stronzo in ciotola,
per una colazione di gran conto,
e a quel cornuto del giudice,
nel soffice suo letto la trovi,
e alla sua moglie chieda ora,
mentre qui lama non doglie,
e un gigno rimane su testa e viso,
l'ombra del riso quando la cesta raccoglie.




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