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SPOILER GIGANTI DI "HARRY POTTER
AND THE DEATHLY HALLOWS", ANCHE NELLE NOTE DI INIZIO FIC.
Note:
Ho appena finito di leggere il Settimo Libro. E, bene, non mi dilungherò in
commenti, perché non è questa la sede, ma voglio precisare che la Rowling mi ha
fatta incazzare. Al di là di tutto, quello che proprio non ho potuto reggere è
stata la morte di Fred e, soprattutto, la superficialità con cui è stata
trattata. La Rowling non ha pensato a George, non ha pensato a cosa voglia dire
veder morire il proprio gemello, non ci ha pensato affatto. Tra l’altro, la
morte di Fred non aveva un particolare significato e questo mi lascia pensare
che sia stata una scelta casuale, un decidere a quale Weasley sarebbe toccata.
Beh, non
mi sta bene, affatto. Nemmeno sapere di Remus mi ha fatto così male e questo
vuol dire tanto.
Ora,
nemmeno io, sostanzialmente, so cosa vuol dire veder morire il proprio gemello.
Ma avevo il dolore di George che mi saltellava davanti e ho provato, e ripeto
provato, senza l’arroganza di sapere, a scrivere qualcosa.
E The
Bitter End (sì, Placebo, omonima canzone) è quello che ne è venuto
fuori.
The
Bitter End
Every step we
take that's synchronized
Every broken bone
Reminds me of the second time
That I followed you home
You shower me with lullabies
As you're walking away
See you at the bitter end
The Bitter End
– Placebo
È quando
arriva il silenzio, che tutto si fa più difficile.
La
battaglia era rumore, il funerale era parole, era gente, era un modo per
distrarsi e non guardarsi intorno. Preferiresti tornare a combattere, essere
ferito, morire, piuttosto che affrontare questo.
Non hai
mai vissuto nel silenzio, tu, più di chiunque altro Weasley. Non hai mai saputo
l’atroce significato della parola solitudine, mai avvertito la pronuncia
scivolosa e amara della frase: “sono solo”. Non tu, non George Weasley.
Tu avevi Fred.
E ora il
soffitto sembra abbassarsi su di te ad ogni boccata d’aria. L’ossigeno raschia
le vie respiratorie come se fosse polvere di piombo e ti chiedi perché non
smetti, allora, perché non smetti semplicemente di respirare?
Sarebbe
tutto così facile e il soffitto smetterebbe di ondeggiare, in questa camera
così vuota.
Il letto
sembra essere fatto di marmo, duro sotto la tua schiena; i vestiti, il completo
nero elegante che ancora indossi, sembrano fasciarti il corpo come un ammasso di
catene. Pesanti, forse utili per restare attaccato al suolo, invece di librarti
in aria sollevato dal silenzio.
Si è
rivelato così minaccioso, questo silenzio sconosciuto. Nemmeno i tuoi pensieri
riescono a romperlo. Non una parola, nella tua mente, non uno straccio di
ricordo, di proposta, di immagine lieta o triste che sia. Tutto è immobile,
grigio, e persino spostare leggermente il braccio sembra uno sforzo
inimmaginabile.
Allora
resti fermo, sul letto, a guardare il soffitto.
Chiedendoti perché è dovuto succedere a voi, perché hai dovuto perdere proprio
lui. Chiedendoti come farai, adesso, come farai, eh? La stanza in cui ci
sono ancora i suoi vestiti, il vostro appartamento sopra il negozio, il
negozio. Come potrai gestire tutto senza di lui? Come potrai vivere
senza di lui?
Quando la
prima lacrima si affaccia e scorre sulla tua guancia, pensi che anche il tuo
cuore stia scivolando via con lei. Piccoli pezzetti di cuore, di amore,
infestano le tue lacrime e le rendono rosse come il sangue.
Chiudi
gli occhi, li riapri, un’altra goccia di dolore.
Ti volti
su un fianco ed è come se un pugno si abbattesse sul tuo stomaco, facendolo
esplodere, quando ti rendi conto di cosa stai guardando.
Uno
specchio. E il tuo viso riflesso dentro di esso, il tuo viso che è il suo
viso.
Il dolore
esplode come una bomba; un miscuglio di sensazioni inscindibili l’una dall’altra
si riversano dentro di te e finalmente hai la forza di alzarti, di raggiungere
il dannato specchio, di staccarlo dalla parete e schiantarlo al suolo.
Milioni
di frammenti argentati volano nell’aria, affilati e pericolosi. Ma tu, senza
paura, senza nemmeno tentare di schermarti il volto, guardi questo incantevole
spettacolo come rapito.
Uno
specchio infranto, la tua immagine distrutta. E la consapevolezza che non avrai
più un volto, degli occhi, dei capelli, delle labbra, un cuore, perché non
potrai più guardare Fred, toccare Fred, baciare Fred, amare Fred.
Fred è
morto. E tu, scivolando sul pavimento e raccogliendo le gambe al petto, mentre
ogni centimetro del tuo corpo è scosso dagli spasmi del pianto, ti chiedi ancora
Come farai?
Come farai?
Come farai?
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