A Moko, che
è una persona malvagia ed estremamente pervertita.
A Michela, che dubita
troppo di se stessa senza alcuna ragione.
A colei che un giorno mi
dichiarerà il suo amore -
e allora altro che
‘Harry ti presento Sally’<3
LOL
A lei che sclera, ma
è anche timida e insicura.
A lei che comunque la
ritrovo sempre.
A mia sorella,
a te.
Ti voglio bene!
And
then I’ll change - Dove ho visto
te.
31/12/2014
23:59
Dicevano che il 2014
avrebbe portato qualche cambiamento, e in effetti così era
stato: si trovava alle sue spalle, dormiva nel suo letto.
E ad Hinata sarebbe
bastato attendere per sapere.
58
secondi.
Un turbinio di luci
colorate, i botti sordi dei fuochi d’artificio... ne avrebbe
saggiato la concretezza.
La concretezza di un
qualcosa che aveva inseguito tanto a lungo da non comprendere
più chiaramente la forza nei propri passi, di scomparso e
riapparso a intermittenza, come i segnali di certi aerei nel cielo
notturno.
E a te che ci stai
sopra non sembra neanche di essere lì.
Di esserci.
Meno due - le mani
che poggiano contro il vetro della finestra.
Meno uno - la
perdita di un battito.
“Aspetti
l’anno nuovo?”, una voce assonnata, un accenno di
sorriso.
Hinata si volta, con
quella che le sembra essere la lentezza più lenta di questo
mondo - e non è nemmeno troppo sicura che un concetto del
genere sia pensabile, ma tutto è pensabile e forse tutto
è possibile, considerando la persona che le si trova accanto.
“Hm”
annuisce, sorridendo di rimando.
“Aspetto con
te”.
E in
quell’istante è un’esplosione di suoni,
di urla e colori, uno scambio repentino di auguri credendoci
fermamente, anche solo per quel secondo in cui ci si stringono le mani,
e Hinata si è persa tutto ma non importa, no davvero.
Ha lui a stringere la
sua, di mano, il suo mento a sfiorarle leggermente una spalla.
“Buon anno,
Hinata”.
E capisce che quelle
risposte non c’era neanche bisogno di cercarle.
31/12/2011
Fireworks.
New York è
una città che brilla.
Ha sempre brillato di
luce propria, anche a riflettori spenti, persino di giorno.
E Hinata si sente
fuori luogo perché lei non brilla affatto, nemmeno un
pochino.
E’
l’ultimo fuoco d’artificio all’arrivo del
Capodanno, quello che quando esplode neanche più stai
guardando verso il cielo e se sei abbastanza vicino nelle narici ti
resta soltanto puzza di zolfo: Hinata non crede negli anni venturi.
Anche se ha 18 anni,
anche se a breve finisce la scuola, comincia
l’università.
E dovrebbe cambiare
qualcosa ma non cambierà, non l’ha mai fatto -
sulla soglia di casa volge lo sguardo al cielo e non riesce a vedere le
stelle... odia quella città.
“Hinata,
andiamo?”
Neji la chiama
dall’interno di una limousine, un piede a tamburellare
spazientito nel vuoto e lo sguardo comunque dolce.
Hinata corre, per un
momento non pensando più a niente, e soltanto quando chiude
la portiera dietro di sé col rischio di strappare il lungo
vestito acquamarina se ne rende conto: quella notte non
c’è vento.
La casa di Sasuke Uchiha è immensa.
Milioni di stanze in
cui perdersi, milioni di angoli a cui svoltare e non ritrovare
più alcun viso familiare e, soprattutto... milioni di
persone.
Hinata si sente
mancare.
Vorrebbe stringere la
manica di Neji e implorarlo con quella stretta di riportarla indietro,
magari al momento in cui aveva accettato di seguirlo alla festa di
“un amico”, ma sarebbe inutile e del resto lei non
ha più tre anni: “Resisti”
- si ripete - “tra
qualche ora finirà”.
Sasuke li fissa come
se non li stesse davvero guardando, come parenti molesti la cui
presenza hai dovuto digerire a fatica, e mentre li saluti e li preghi
di accomodarsi senti i residui del pranzo andarti di traverso.
“Fate come
vi pare, se rompete qualcosa ripagate e non sono responsabile di quello
che potrebbe succedervi al piano superiore se vi sbronzate e vi
concedete al primo che capita”.
Neji
era un esperto nello scegliere gli amici.
E mentre Sasuke si
allontana senza più il benché minimo segnale di
considerazione, Hinata realizza che, sì, la cosa migliore
sarebbe sprofondare.
Ormai ha deciso.
Avrebbe voluto lottare
fino alla fine, dimostrare per una volta a se stessa di essere forte,
ma l’aria si era decisamente fatta irrespirabile.
Tre tizi avevano
più volte provato a toccarle il culo, una ragazza
evidentemente ubriaca le aveva gettato le braccia al collo, proclamando
il suo intento di ‘ficcarle la lingua in gola’, e
uno per poco non le aveva vomitato sulle scarpe: quando si dice una
serata sì.
Verranno a prenderla
poco dopo mezzanotte, ha avvisato Neji inviandogli un messaggio - a cui
il cugino non ha ancora risposto. E Hinata sorriderebbe
all’immagine di lui ubriaco fradicio, che tenta di palpare
qualcuna o viene palpato, magari da un uomo, e magari neanche gli
dispiace, se non fosse troppo presa dal desiderio di andarsene.
Qualche
minuto. Ancora qualche minuto.
Fuori è un
mondo di silenzi e di solitudine, la gente lo rifugge preferendo il
calore dell’interno, ma Hinata a quel freddo è
abituata da secoli, se lo sente scorrere dentro fin da quando ha
memoria: quella veranda è la sua salvezza.
Avrà freddo
anche stanotte, guardando i fuochi esplodere nel cielo,
sentirà odore di bruciato e avvertirà la cenere
di quello che è stato posarsi sul terreno, senza che vi
nasca alcuna piccola fenice:
Nulla
cambia. TU non cambi.
“Hey, tutto
bene?”
Non ora, non di nuovo.
Manca
così poco...
“Hey, dico a
te! Guarda che se stai qui congelerai”.
Hinata si volta,
rassegnata: l’ennesimo tentativo di approccio,
l’ennesima fuga con una scusa.
Ma
adesso dove sarebbe andata?
“Io...”
“Oh, ma...
è bellissimo!”
Il primo scoppio, lo
spettacolo è iniziato: mezzanotte.
2012.
“Tutte
queste luci mettono allegria, fanno venire voglia di alzarsi e rivivere
la giornata al doppio dell’intensità. Non
trovi?”
Adesso il ragazzo le
si trova accanto, un’espressione entusiasta stampata in
volto: i capelli biondi un po’ scompigliati, gli occhi blu
che la fissano curiosi, attenti...
“I-io”,
uno strano calore si fa strada sulle sue gote, tra i suoi polpastrelli
“a dire il vero non mi piacciono molto, ecco. Sono... sempre
gli stessi”.
Perfetto.
Davvero perfetto,
Hinata, stringi amicizia come si deve.
Hai preso tutto da tuo
cugino.
“Hmmm, in
effetti”, prorompe lui, “non hai tutti i torti.
Però, come posso dire?”
Le solleva una mano
davanti al viso.
“I riflessi
sulla tua pelle cambiano continuamente. E lo stesso” il volto
a due centimetri dal suo “vale per i tuoi occhi”.
Hinata arrossisce di
botto, quel ragazzo è davvero troppo vicino.
E brilla.
Non sa di cosa ma,
come quella città, anche lui brilla.
Solo che stavolta non
si sente a disagio, le sembra di stare esattamente dove dovrebbe
essere: al centro di tutto e di niente. Di una serie infinita di
possibilità che si biforcano in altrettante strade da
percorrere, al suo più piccolo passo.
Per la prima volta
dopo tanto tempo, vuole muoversi.
Eppure non proferisce
parola da un po’, è come pietrificata, e lui
sembra essersene accorto perché all’improvviso si
scosta, portando una mano dietro la nuca e ridendo imbarazzato:
“Ah, ahah,
perdonami. Ti sarò sembrato un idiota, vero? Uscirmene con
certe frasi senza senso così, di botto...”
Hinata avverte
qualcosa salirle dalle viscere, è come se qualcuno stesse
rispondendo per lei:
“Affatto”.
La mano smette di
muoversi freneticamente sul collo, gli occhi di lui si sgranano, i
lineamenti a poco a poco si fanno più sereni...
“Beh,
grazie”, sorride.
“Ma non mi
pare di essermi presentato! Io sono Naruto, Uzumaki Naruto.
Tu?”
“Hinata.
Hinata Hyuu-”
“Naruto!”
Come
non detto.
Una ragazza dai
capelli rosa gli fa cenno con la mano, gli intima di sbrigarsi:
“Dentro ci sono fiumi di spumante, e” tentenna
“temo che Sasuke stia per fare a botte con
qualcuno”.
“Merda”,
esclama Naruto, “arrivo! Sistemo una cosa e sono subito da
te! Piantagrane di un Uchiha...”
“Hinata”,
afferma, poco prima di correre via, “conoscerti è
stato un piacere. All’anno prossimo, magari”.
“Hm”,
annuisce lei.
“E magari...
magari ci ritroviamo qua e ci sfidiamo a individuare le sfumature sulla
pelle dell’altro, neh? Ci conto!”
“Ci conto
anch’io”, ma la voce di Hinata è flebile
e Naruto forse è già troppo lontano.
Un colpo di clacson,
Hinata volge ancora uno sguardo verso l’alto:
l’ultimo fuoco.
Ma niente sembra
essere bruciato.
E come una rivelazione
si rende conto che, da qualche attimo a questa parte, al freddo non ha
neanche minimamente pensato.
NdA: Che dire.
E’ un regalo
per Mokochan, ma credo proprio me lo tirerà addosso.
Non
c’è neanche bisogno che io stia qui a spiegare il
perché, no.
Il testo è
già di per sé abbastanza eloquente *sorriso
tirato*
Perché di
base io Naruto e Hinata li amo, ma poi a scriverci su ashldgahdfbdshjkfksdksf.
Ci avete capito
qualcosa?
Appunto.
E poi questa
“sarebbe” una long e, davvero, pfff, certo.
Che io e le long
andiamo proprio a braccetto.
E, non so,
l’avrò detto che mi pesa il culo?
E che qui si
è in periodo d’esami, ergo ‘c’eravamo
abbastanza amati’, poi mi sono rinchiusa nel
tinello di famiglia e a parte la gobba e le diottrie in meno quando
sono uscita Grande Puffo era presidente del consiglio, ecco.
Ma magari.
Ad ogni modo il
concetto di fondo è: ci saranno altri capitoli
[sì, ahivoi, temo altri due], ma non si puote apprendere
quando codeste favelle vedranno la luce del sole.
Più non
dimandate.
E, boh, di nuovo
tantissimi auguri, sister, spero di non averti scombussolato lo stomaco
proprio il giorno del tuo compleanno.
Strafogati di torta,
fallo anche per me!
A tutti coloro che
passeranno di qua e si asterranno dal lancio di pesche non ancora
mature [fanno più male dei pomodori, poi fate voi. Io farei
di peggio e andrei sui cocomeri], ma anche a tutti coloro che non si
asterranno: grazie.
Se non uccide
fortifica - se.
Ora mi dileguo.
Ammaccabanane!
|