Seconda classificata al contest “RED.
Music & Color
Contest” di khika liz
*******
La paura di star
bene
Avevo
lottato per averti come forse non ho mai lottato in vita mia.
Ti avevo
conquistato passo dopo passo, in una miriade di modi, che tu di certo
non
potevi capire appieno, e poi finalmente ce l’avevo fatta.
Dopo anni di agonia e
lacrime salate, consumate con la fronte rivolta verso il muro, tu mi
avevi
accettato. Ed eri mio, straordinariamente mio.
Se ripenso
al tuo viso mi vengono in mente milioni di frammenti di te e di me, o
anche di
te soltanto. Dio, quanto eri bello. Ti guardavo da lontano a scuola,
con le
mani bene affondate nelle tasche,
in
modo che nessuno vedesse come tremavano,
quando passavi. E tu non sapevi nemmeno che esistessi.
Se non fosse
stato per quella festa a casa di Julie Prepter dove, per
l’appunto, io non ero
nemmeno stato invitato, non ti avrei mai conosciuto. O almeno tu non
avresti
mai conosciuto me, non che ti importasse, ovvio, ma saremmo stati
divisi.
Eri ubriaco
fradicio, quando entrai in quel
bagno. Ti vidi piegato in due contro il water a rimettere anche
l’anima e, in
un primo momento stavo andando via, perché tu mi mettevi
addosso agitazione e
non potevo restare, ma poi tu mi fermasti, con la tua voce strozzata,
chiedendomi di aiutarti. Mi facesti tenerezza,
sai?: tu, il mago della scuola, pieno di amici e pretendenti, solo in
quel
fetido bagno, con la testa dentro la tazza del cesso, ad implorare me,
lo
sfigato dell’ultima classe a sinistra. Dov’erano i
tuoi amati amici in quel
momento? A scopare forse, o a farsi di canne.
Non riuscii
ad ignorarti, come di certo avresti fatto tu, e mi inginocchiai accanto
a te,
aiutandoti a portare indietro i capelli e bagnandoti il viso di tanto
in tanto.
Avevi appena finito di vomitare, quando ti mettesti a sedere, poggiando
la
schiena contro il gabinetto, e prendesti una sigaretta, accendendola.
Io ti
fissai rapito, perché eri talmente bello con quella dannata
maglietta nera, che
ti sarei saltato addosso senza pormi particolari problemi, solo che tu
eri
troppo etero e troppo forte, per accettare una cosa del genere. Mi
avresti
spinto via e saresti corso lontano da me, ne ero certo.
Ti voltasti
a guardarmi, sorridendomi. Io risposi poco convinto, prima di abbassare
gli
occhi. Non volevo mi vedessi arrossire e tu forse lo avevi capito,
perché distogliesti
lo sguardo un attimo dopo, aspirando da quella sigaretta, il cui odore
mi
impestava le narici.
-Non sei uno
di molte parole, eh?- chiedesti, poggiando la nuca alla tazza e
fissando il
tetto.
-No, non
direi.- risposi con poca convinzione, anche perché avevi
ancora quel sorrisetto
sghembo sul viso e mi facevi girare la testa.
-Che scuola
frequenti?- chiedesti ancora, senza guardarmi.
-La tua..-
risposi in un soffio.
Alzasti immediatamente
lo sguardo su di me, sorridendo.
-Ma davvero?
Non ti ho mai visto in giro.- ti voltasti del tutto in mia direzione,
incrociando malamente le gambe tra loro.
Annuì prima
di voltarmi dall’altro lato. La situazione era parecchio
imbarazzante, anche
perché non avevamo molto da dirci e, per di più,
la tua presenza non mi aiutava
a star bene, anzi peggiorava enormemente la situazione.
-Strano che
non ti abbia notato, con questi magnifici occhi che hai.- aspirasti
ancora,
senza smettere di fissarmi.
Dischiusi
leggermente la bocca, cercando di prendere aria.
Non era
possibile che tu avessi detto una cosa del genere, eri ubriaco, cercai
di
ricordarlo a me stesso in tutti i modo possibili, ma il suono di quel
complimento aleggiò potente nella mia mente.
-G..grazie.-
balbettai, abbassando nuovamente lo sguardo.
Tu mi
fissasti interdetto, prima di avvicinare una mano alla mia e di
accarezzarla
con un solo dito.
Guardai la
mia mano e poi la tua, pensando che non poteva star accadendo davvero,
dovevo essere io
l’ubriaco: mi stavo
immaginando tutto, perché, davvero, era inverosimile.
Sorridesti,
come se potessi sentire i miei pensieri, senza smettere di accarezzarmi.
-Ci sto
provando con te, se non dovesse esserti chiaro.- sussurrasti,
percorrendo con
lo stesso dito tutto il braccio e facendomi tremare.
Quelle
parole non mi permisero di mettere bene a fuoco le immagini per diversi
secondi
e poi le tue dita che solleticavano la mia pelle non aiutavano di certo.
Deglutii
senza rispondere e tu sorridesti, ancora, avvicinandoti e poggiando una
tua
gamba sopra le mie.
-Come ti
chiami?- eravamo a pochi centimetri, i nostri petti di sfioravano e le
tue mani
cingevano il mio bacino.
-Alexander.-
risposi in un soffio, cercando di respirare normalmente e di mettere a
tacere
il tremore.
Ti
avvicinasti ancora, facendo scontrare i nostri nasi. Sentii chiaramente
il tuo
alito puzzare d’alcol, ciò mi fece pensare che
fossi ancora ubriaco, che avrei
dovuto respingerti, per evitare di soffrire come un cane nei giorni
successivi,
ma non ebbi questa forza. Ti stavi offrendo a me come mai avrei potuto
immaginare, non ti avrei mai rifiutato, nemmeno per tutto
l’oro del mondo.
Probabilmente l’indomani non avresti ricordato nulla, la tua
indifferenza nei
miei confronti non si sarebbe affievolita e la mia sofferenza sarebbe
accresciuta, ma in quel momento non potevo pensare a tutto questo,
perché tu
eri lì, bellissimo, e mi stavi considerando: mi volevi,
volevi fossi tuo.
-Alexander,-
ripetesti ed era strano, perché detto da te il mio nome
sembrò diverso. –mi
piace.- sorridesti, avvicinando una mano al mio viso. Prendesti ad
accarezzarmi
una guancia con un tocco talmente caldo e delicato, che mi costrinse a
chiudere
gli occhi.
-Sei proprio
bello.- soffiasti, contro le mie labbra. Io le dischiusi senza aprire
gli
occhi. Arrossii nuovamente, ma non abbassai il viso, perché
farlo sarebbe
significato interrompere quelle carezze; stetti fermo, aspettando un
tuo gesto.
-Mi chiamo
George.- dicesti ed io aprii
piano gli
occhi.
-Lo so.-
risposi, sorridendo.
Inclinasti
la testa per guardarmi meglio.
-Avevi una
cotta per me?- scherzasti, portando entrambe le mani al mio collo e
avvicinando
ancor di più i nostri visi. Le nostre fronti si scontrarono,
come i nostri
respiri. Cercai di controllare il mio, ma proprio non ci riuscivo;
prendesti ad
accarezzare la mia nuca, intrecciando le mani ai miei capelli con poca
delicatezza.
Ti
avvicinasti lentamente alle mie labbra e, non appena le sfiorasti con
le tue,
chiusi gli occhi. Erano così morbide e calde..
Fui io a baciarti
la seconda volta, portando una mano al tuo collo, per tentare di
annullare
ancor di più le distanze. Ci baciammo per poco, la tua
lingua accarezzò la mia
con una lentezza estenuante, le tue labbra si aprivano e socchiudevano
,
strisciando meravigliosamente contro le mie. Il tuo profumo si
mischiò con
quello delle sigaretta, abbandonata, ancora accesa, vicino alla mia
caviglia.
Mettesti
fine a quel contatto, mi guardasti con degli occhi carichi di non
saprei ben
dire cosa e sorridesti.
-Ma dove
cazzo sei stato per tutto questo tempo?- scherzasti, poggiando le tue
labbra
sulla mie, in un bacio veloce e casto.
A guardarti da lontano.
Sorrisi,
abbassando lo sguardo.
Mi
osservasti per diverso tempo, prima di alzarti deciso. Non barcollasti
nemmeno,
forse non eri così tanto ubriaco, ma non ci sperai.
-Vieni,
voglio portarti in un posto.- mi tendesti una mano ed io
l’afferrai senza
remore.
Uscimmo
quasi di corsa da casa della Prepter e
mi portasti nel pub più vicino.
È stata di
certo la notte più bella della mia vita, non
dimenticherò mai come,
stringendomi i fianchi, mi facesti ballare tutta la sera; non
dimenticherò il
tuo respiro sul collo, né i tuoi baci veloci a fior di
labbra; non dimenticherò
come, non appena cominciammo a ballare noi, tutto il locale si
animò, fin
quando in pista c’era talmente poco posto da non potersi
muovere; e non
dimenticherò nemmeno quella frase, sussurrata nel mio
orecchio, mentre
accarezzavi con una mano la mia schiena, baciandomi di tanto in tanto
il lobo.
-Voglio fare
l’amore con te.-
Quante
emozioni vorticanti e confuse si sparsero per la mia mente in
quell’istante,
quanti pensieri poco casti, quanti desideri..
L’avevi
detto davvero, non lo avevo sognato;
in
quel pub in fondo alla strada, mi ci avevi portato realmente; avevi
afferrato
la mia mano, lo sapevo; avevamo ballato tutta la notte l’uno
stretto all’altro,
non era una delle mie solite fantasie; avevamo impresso negli altri la
voglia
di fare lo stesso, era vero.
Era tutto
vero, reale, anche quella frase lo era.
E per un
attimo dimenticai che
tu fossi ubriaco,
dimenticai le farfalle nello stomaco , che non mi avevano abbandonato
nemmeno
per un attimo, dimenticai tutto. Vidi solo i tuoi occhi, magnifici,
sorridenti,
colmi delle mie stesse emozioni, e rimasi zitto, stretto a te, con il
sorriso
in volto e il vuoto nella mente, a guardarti, cercando di imprimere
bene nella
memoria quel momento.
Così
passammo la nostra notte più bella, l’unica notte
in cui non ti importò che
qualcuno ci vedesse.
Stemmo
insieme per sei mesi dopo quella notte, perché no, non eri
poi così tanto
ubriaco e, la mattina seguente, quando ci svegliammo nudi e abbracciati
nel tuo
letto, tu non scappasti via come temevo, anzi mi stringesti
maggiormente,
baciandomi ovunque.
Il primo
mese fu bello, l’idea che facessimo tutto di nascosto era
quasi eccitante, ma poi
i tuoi “amici” cominciarono a rompere,
perché non stavi con una ragazza da
troppo tempo, ed era impensabile che il bello della scuola non scopasse
da
quattro settimane con un donna. Allora eri costretto ad andare in giro
a
rimorchiare di tanto in tanto, ed io ero costretto a guardarti da
lontano, con
le mani affondate nelle tasche, non per il tremore, bensì
per la rabbia, per
nascondere i pugni chiusi, ogni volta che una ragazza rideva ad una tua
battuta, perché sapevo bene che te la saresti portata a
letto.
E iniziò uno
dei periodi peggiori della mia vita, il periodo più buio, in
cui tutto appariva
ai miei occhi velato di nero, come se questo strano colore viscerale e
ammaliante, assorbisse tutta la vita che mi trovavo dentro,
masticandola e
rigettandolo ancora più scura. Appresi che forse esisteva un
colore più scuro
del nero, un male più profondo di quello fisico.
Ti odiavo,
perché volevi me, ma non eri in grado di affrontare tutto
quello che stare con
me sarebbe significato; ti odiavo, perché mi tradivi, senza
nemmeno volerlo; ti
odiavo, perché, nonostante tutto, non riuscivo a lasciarti.
E quando, in
lacrime, mi chiedevi scusa per tutto, baciandomi dolcemente, io non
riuscivo a
dirti di no, non riuscivo a mandati via, perché mi stavo
innamorando di te ed
era, di certo, la cosa più sbagliata che potessi fare.
Mi regalasti
un anello un giorno, era grigio, con dei ghirigori neri che a me
sembravano
tanto del fuoco.
-Così,
quando avrai dei dubbi, saprai che ti penso sempre.- dicesti, prima di
mettermelo al dito.
Facemmo
l’amore quella notte. Nonostante tu avessi un appuntamento
con una
ragazza, rimanesti
con me a baciarmi e
coccolarmi, e l’anello divenne importante. Il nero non
sembrò più tanto
terrificante, dal momento in cui quell’anello cinse il mio
anulare, anzi, esso
infondeva in me una strana calma, illusoria forse, ma io non ero in
grado di
accorgermene, perché in quell’anello, in quel
nero, c’eri tu.
Il quarto
mese fu un inferno, tanto che ero certo di volerti lasciare,
perché proprio non
ce la facevo più.
Le ragazze
aumentavano sempre
di più, andavi ogni
sera ad una festa e non eri mai in grado di dire di no. Io soffrivo,
come mai
in vita mia e piangevo giorno e notte, talmente tanto che ormai
grugnivo solo,
probabilmente non avevo nemmeno più
lacrime da consumare.
Cercavo
sempre di non farmi vedere da te, poi però un giorno
successe.
Ti sapevo ad
una festa e, immaginando cosa avresti fatto, cominciai a piangere, nel
mio
solito angolino.
Inaspettatamente
tornasti prima, con un busta del ristorante cinese in mano. Mi
guardasti
sconvolto, prima di gettare tutto a terra e correre da me.
-Che è successo?-
mi chiedesti, accarezzandomi i capelli.
Scossi la
testa, asciugandomi il viso e voltandomi dal lato opposto.
Mi
stringesti tra le braccia e io non potei fare a meno di affondare il
viso nel
tuo petto.
-Ero triste,
perché non c’eri.- sussurrai, chiudendo gli occhi.
Prendesti il
mio viso tra le mani, costringendomi ad alzarlo e a guardarti bene in
viso.
Sorridesti,
e mi posasti un piccolo bacio sulla punta del naso.
-Volevo
farti una sorpresa, avevo comprato cibo cinese, ma adesso è
tutto per terra.- scherzasti.
Io sorrisi,
poggiando lievemente le mie labbra sulle tue. Tu mi baciasti,
accarezzando
delicatamente la mia bocca e solleticandomi il palato con la lingua.
Rabbrividii per qual bacio e, a ricordarlo, rabbrividisco ancora.
-Ti amo,
Als.- soffiasti contro le mie labbra.
Strinsi
forte i tuoi avambracci.
-Ti amo,
anche io.- risposi, baciandoti ancora.
Quella fu
forse l’emozione più grande della mia vita:
sentirti pronunciare quelle due
parole rivolte a me.
Il sesto
mese, fu forse il migliore, il più tranquillo.
Non mi
tradivi più con nessuno, dicevi ai tuoi amici di aver
scopato con quella o
quell’altra, senza che fosse vero, tanto loro si fidavano di
te.
Ed io ero al
settimo cielo, perché ti avevo solo per me.
Smisi di
piangere, ma non era ancora felice, volevo che tutti sapessero di noi,
volevo
conoscere i tuoi genitori e farti incontrare i miei, volevo che
passeggiassimo
per le strade mano nella mano, volevo poterti baciare ogni volta che ne
avessi
voglia. Ma tu avevi troppa paura e reprimevi tutto.
Fin quando
un giorno, senza dirmi nulla, lo dicesti ai tuoi. Fu una sorpresa
enorme per
me, non seppi mai come la presero, ma immaginai bene, visto che quello
stesso
Natale, quando andammo a casa loro, mi accolsero gentilmente e mi
sorpresi
ancora di più quando tua zia Sammy ci chiese di baciarci,
perché voleva
scattarci una foto. Allora capii che ti avessero accettato e che
l’avessero fatto
anche con me.
Ti portai a
conoscere i miei il giorno dopo e ti vidi felice. Mio padre ti
tartassò di
domande riguardo cosa volessi fare in futuro, ma tu non ti
innervosisti, anzi,
rispondesti a tutto con molta cortesia. Mia madre ti baciò
una miriade di
volte, e tu sorridevi sempre imbarazzato, ma mi stringevi la mano e io
stavo
bene, perché tu stavi bene.
La notte di
quel 25 dicembre facemmo l’amore, a casa dei miei, nel mio
lettino che non
usavo da anni, con mamma e papà nella stanza accanto, e fu
bellissimo.
-Als..- mi
chiamasti, quando stavamo per addormentarci.
-Mh.-
risposi ad occhi chiusi.
-Sono
felice.- sussurrasti, contro il mio capo, prima di posarmi un bacio sui
capelli.
Sorrisi
lievemente, prima di addormentarmi tra le tue braccia.
Poi venne la
volta degli amici, i miei lo sapevano già, dovevi solo
conoscerli ed andò tutto
bene. Con i tuoi non fu lo stesso, la maggior parte fecero finta di
accettare
il tutto, prima di escluderti a poco a poco, con me nessuno di loro
parlò mai,
solo Lucas. Per lui non cambiò nulla: era gentile con me e
poi non si voltava
dal lato opposto quando ci baciavamo, anzi, sorrideva imbarazzato.
-Ubriacarmi
è stata la cosa migliore che avessi potuto fare quella
sera.- dicesti una
notte, mentre guardavamo la tv.
-Se non
l’avessi fatto, non ti avrei mai conosciuto.- continuasti.
Risi,
baciandoti.
-Ma l’hai
fatto, e adesso eccoci qui.- ti baciai ancora.
Tu portasti
una mano al mio viso, accarezzandolo con il pollice.
Tornasti
improvvisamente serio, scrutando il mio sguardo.
-Non
lasciarmi mai, ok?- chiedesti, con un filo di voce.
Scossi la
testa lievemente, poggiando nuovamente le mie labbra sulle tue.
-Non ti
lascio.- dissi contro la tua bocca.
Sorridesti,
alzandoti di scatto e tirandomi per un braccio.
-Ma che
fai?- ti chiesi, ridendo e inciampando tra i cartoni della pizza.
Stringesti
le braccia ai miei fianchi e io le portai al tuo collo.
-Voglio
ballare con te.- sussurrasti, posandomi un bacio vicino alle labbra.
-Come quella
notte?- chiesi, stringendoti.
-Come quella
notte.- rispondesti, sorridendo.
Poggiai le
mie braccia sul tuo collo, unendo le mani tra loro, la mie dita
andarono in un
movimento involontario a sfiorare quell’anello, quella
promessa. E il nero
tornò, ma non appariva più ai miei occhi come un
colore confuso e oscillante
tra il bene ed il male, sembrò perfetto, lineare, senza la
minima sbavatura.
Il nero eri
tu e artigliavi il mio cuore e la mia mente con lo stesso soffio
spaventoso
delle ombre che non si riescono a vedere al buio e che acquistano forme
peggiori di quelle che hanno in realtà, ma accarezzavi la
mia anima come il buio,
che, fingendosi cattivo, fonde tutti in se stesso, lasciandosi amare in
silenzio.
Tu eri il
mio buio, impersonificavi il nero, ma eri splendente come la migliore
delle
gioie nascoste sotto tumuli di polvere.
Beh, salve a
tutti!
La storia è
stata scritta per un contest, come ho specificato sopra, a cui, con mia
grande
sorpresa, lo ammetto, si è classificata seconda!
È il primo contest a cui
partecipo, quindi posso dire di essere fiera del risultato. :)
Vorrei specificare
alcune cose: il contest, come presuppone il titolo, richiedeva
l’uso di una
citazione, tratta da una canzone che non ho scelto io, ed un colore,
rispettante gli stessi parametri.
La citazione
era “È stata la notte migliore, non
dimenticherò mai come abbiamo mosso l’intero
posto” o qualcosa di simile! Ed il colore il nero.
Bene, dopo
questo sproloquio, spero che la lettura sia stata gradevole e la storia
abbastanza coinvolgente, se desiderate farmi felice, facendomi
conoscere la
vostra opinione in merito, ve ne sarei molto grata. :)
Grazie mille
e alla prossima!
Di seguito
la valutazione del giudice:
Seconda
qualificata:
Titolo:
La paura di star bene
Autrice:
Cloe901
Punteggio
Totale: 51.6/53
Valutazione:
Grammatica:
10/10
La grammatica è praticamente perfetta, i miei complimenti.
Ho apprezzato moltissimo
anche il tempo passato, rende tutto così maledettamente
dolce e perfetto!
Stile
e lessico: 8/8
Anche qui, perfetto, davvero. Uno stile scorrevole ed un lessico molto
appropriato.
Canzone:
4.6/5
La canzone è presente, non hai riportato la frase esatta, ma
era possibile
individuarla facilmente, molto bene.
Colore:
5/5
Mi è piaciuto moltissimo il fatto che il colore non si
riferisse solo ad un
oggetto, ma anche ad una persona, quasi all’aura di quella
persona, una trovata
ottima, a mio parere!
Originalità
e credibilità della trama: 7/8
Qui l’unica cosa che mi ha lasciata perplessa è
come facessero a vivere già
assieme, senza aver detto nulla ai genitori. Cioè, Als si
è trasferito dal suo
ragazzo, così, e ai genitori che gli ha detto? Questo mi
lascia perplessa xD
Gradimento
personale: 9/9
Comunque la storia mi è piaciuta davvero davvero un sacco,
coinvolgente al
punto giusto, ti fa male il cuore quando Als piange e quando vede il
suo
ragazzo che deve scopare con le altre. Però le emozioni che
mi hai trasmesso
sono assolutamente perfette.
Caratterizzazione
dei personaggi: 8/8
Entrambi i personaggi sono caratterizzati molto bene, si riesce a
capire come
sono anche grazie al comportamento degli altri nei loro confronti e
alle loro
reazioni. Un ottimo lavoro!
Totale:
51.6/53
|