Avrò cura di te

di Bale
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Il telefono continuava a squillare. Il suo suono rimbombava prepotente lungo il corridoio, fino ad arrivare al bagno.

Jessica era immersa nella vasca, ma alla fine decise di indossare in fretta il suo accappatoio color lavanda per andare a rispondere.

Chi poteva chiamarla a quell’ora? E soprattutto perché insisteva così tanto?

Attraversò il corridoio saltellando a piedi nudi, poi finalmente giunse in soggiorno e afferrò il telefono staccandolo dalla sua base.

-Pronto?-

Il suo tono era decisamente infastidito, come se volesse far sentire in colpa la persona che, dall’altro capo del telefono, aveva interrotto il suo bagno rilassante.

-Dottoressa?-

La voce sembrava familiare, ma Jessica non riuscì a capire immediatamente a chi appartenesse.

-Sì?-   rispose confusa, stringendo gli occhi come per concentrarsi meglio.

-Sono Harold Finch-

Il suo cuore saltò qualche battito. Una sensazione di gelo invase il suo stomaco.

Doveva per forza essere successo qualcosa. Qualcosa di brutto

Non vedeva né sentiva John dal giorno in cui l’aveva baciata e, di conseguenza, non aveva avuto rapporti neanche con il suo buffo socio.

-Cosa è successo?-   disse stringendo la cornetta tanto da farsi diventare bianche le nocche della mano destra.

-Gli hanno sparato-

Finch fu schietto e diretto. Non usò mezzi termini, non perse tempo in inutili convenevoli.

-Sta bene-    aggiunse subito dopo.

Jessica riprese a respirare, ma sgranò gli occhi così tanto da sentirli quasi uscire dalle orbite.

-Sta bene? Gli hanno sparato?-    farfugliò, cercando di dare un senso a quella storia.

-Sì, lo hanno colpito allo stomaco. Ha bisogno di un medico-

Jessica era immobile.

Si sentiva incredibilmente stupida, mentre stava lì, inerme, al centro esatto del suo soggiorno.

Una piccola pozza d’acqua si era formata ai suoi piedi, inzuppando l’azzurra moquette.

Le mancava il respiro, sentì le gambe cedere al suo esile peso.

-Dottoressa, la prego. Abbiamo bisogno di aiuto-   la implorò Finch, riportandola alla realtà.

Lei esitò ancora qualche istante.

Aveva già curato John, qualche mese prima.

Lo aveva fatto stendere sul suo letto e gli aveva medicato una brutta ferita.

Poteva farcela. Sì, ce l’avrebbe fatta anche questa volta.

-Lo porti da me-   disse infine, in tono quasi glaciale.

-Bene, saremo lì tra qualche minuto-





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