Avrò cura di te

di Bale
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Finch temette di svenire quando vide Jessica infilare la pinzetta, sterilizzata con il disinfettante, all’interno della coscia di John.

In pochi istanti estrasse il proiettile e lo lasciò cadere con aria trionfante nel bicchiere di vetro appoggiato sul comodino.

John si mosse leggermente e prese a lamentarsi.

Jessica si tolse un guanto e gli appoggiò il palmo sulla fronte.

-Ha la febbre alta-   sentenziò senza guardare Harold negli occhi.

Rimase per un attimo ferma, con la mano sulla fronte di John e con gli occhi fissi sul suo viso contratto dal dolore.

-Se la caverà?-

Finalmente Finch pose la domanda tanto temuta. Gli uscì spontanea, tanto che per qualche secondo si guardò in giro come se fosse stato qualcun altro a parlare.

Jessica si voltò e posò lo sguardo su di lui.

La sua fronte era imperlata di sudore, la sua camicia sporca di sangue. Era realmente e concretamente preoccupato.

-Nell’ultimo cassetto di quel mobile-   disse facendo cenno con la testa   -c’è un beauty verde acqua. Lo prenda e lo porti qui-

Harold aprì la bocca come per controbattere. Jessica non aveva risposto alla sua domanda.

-La prego-   implorò vedendo che non reagiva   -Deve fidarsi di me-

Lui lasciò andare le spalle di John e scese giù dal letto. Andò verso il mobile che gli era stato indicato e recuperò il piccolo beauty.

-Cosa c’è qui dentro?-   chiese tastandolo per individuarne il contenuto.

-Lo apra-   ordinò lei, lasciando finalmente la fronte di John.

Si rinfilò in fretta il guanto e riprese a tamponare il sangue.

Finch aprì il beauty e sgranò gli occhi inorridito.

-Devo ricucirlo-   si giustificò lei.

-Ma…-   tentò di obiettare lui.

-E’ stato lei a dire che non possiamo portarlo in ospedale-

-Sì, ma…-

Finch si sentiva la bocca asciutta, il cuore gelido.

-Prenda un ago e del filo-   ordinò lei con espressione glaciale   -Si fidi di me-

-Che colore preferisce?-   provò a sdrammatizzare lui, recuperando un ago e pungendosi un dito.

-Il nero andrà benissimo-

Harold le porse tutto ciò che aveva richiesto, poi tornò a sedersi sul letto sentendosi venire meno.

-Le fa impressione?-   chiese lei iniziando a cucire come se nulla fosse.

-A dire il vero…credo che vomiterò-

-Allora non guardi-   rispose lei, leggermente divertita   -Però deve aiutarmi a fermare il sangue. Mentre lo ricucio deve tenere premuta la ferita sul ventre. Lo faccia con questo asciugamano. Può voltarsi dall’altra parte se vuole-

Ancora una volta, Harold eseguì senza capire.

Appoggiò una mano senza sapere esattamente dove.

Voltò la testa e scorse, per puro caso, una fotografia di John.

SI trovava in un cassetto, quello che lui aveva lasciato aperto dopo aver recuperato il beauty con ago e filo.

Nella foto, John, sorrideva. Harold si augurò di vederlo tornare presto a farlo.

-Fatto-    esclamò lei trionfante, portandolo a voltarsi.

Lui evitò con cura di posare lo sguardo sulla ferita cucita.

-Bene, ora dobbiamo fare lo stesso con il ventre. Deve tenerlo fermo dalle spalle. Io estrarrò il proiettile-

Finch obbedì e posò nuovamente le mani sulle spalle del suo socio.

La sua pelle era ardente.

-Ha la febbre alta-   disse, come se lei non se ne fosse già accorta poco prima.

-Chiudiamo questa ferita, poi penseremo al resto-

Jessica faticò molto di più per trovare il proiettile nel ventre. Si era frantumato e lei dovette estrarlo tutto, un pezzettino alla volta.

John prese a lamentarsi e a muoversi.

-Deve tenerlo fermo. Ho quasi finito-   urlò Jessica.

Sembrava quasi che si stesse facendo prendere dal panico.

Harold lo spinse giù con forza, guardandolo lamentarsi e contorcersi. Stava per piangere, lo sentiva.

-Gli stiamo salvando la vita, signor Finch-   disse lei leggendogli nel pensiero, cercando di rassicurare anche se stessa.

Lui annuì.

Finì di estrarre il proiettile, poi ricucì anche la seconda ferita.

-Ora deve procurarmi delle garze o dei cerotti-   disse riprendendo fiato.

Lui scese dal letto con un balzo goffo.

-Nell’armadietto dei medicinali. Prenda tutto ciò che trova-   gli urlò dietro, mentre lui imboccava il corridoio.

Tornò pochi istanti dopo con varie scatole tra le braccia e l’aria preoccupata.

-Sorrida, signor Finch. Ce l’abbiamo fatta-   disse lei, con un sorriso leggermente forzato.

Completò la medicazione in silenzio, poi si tolse i guanti e gli toccò di nuovo la fronte.

-La febbre è molto alta. Ha bisogno di antibiotici-    sentenziò.

Finch la guardò stralunato.

-Li prescriva a nome mio e andrò a comprarli-

Lei ci pensò su qualche istante, ma non c’era molto da pensare. Non avevano altra scelta.

-Bene-   disse allontanandosi da John   -Vado a preparare la ricetta-

Harold rimase per la prima volta da solo con il suo socio, con il suo amico.

Una lacrima gli rigò il volto, mentre si chinava per osservarlo meglio.

Il peggio non sembrava affatto passato.

John si lamentava e contorceva.

All’improvviso aprì gli occhi e lo vide.

-Finch….-   sussurrò subito prima di riaddormentarsi.

Jessica ritornò un istante dopo con le ricette strette nella mano destra.

-Ecco qui-    disse porgendogliele   -C’è una farmacia proprio dietro l’angolo. Dovrebbe essere aperta-

Harold annuì e sparì nel buio del corridoio.

Una volta udita la porta che si richiudeva, Jessica si gettò sul pavimento e scoppiò in lacrime.





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