Ebbe sì, dopo mesi e mesi torno a pubblicare qualcosa su Naruto!
Ero in preda alla nostalgia, molto probabilmente, quando ho
scritto questa one-shot (non so dirlo nemmeno io!).
Buona lettura!
Al
di là della collina.
“ Cosa vedi al di là della collina?”
“ Niente.”
Al di là della collina
non c’è nulla.
“ Cosa vedi al di là della collina?”
“ Niente.”
Al di là della collina
non c’è nulla. Solo terra bruciata.
“ Cosa vedi al di là della collina?”
“ Niente.”
Al di là della collina
non c’è nulla. Solo terra bruciata. Solo una montagna dagli strani contorni.
“ Cosa vedi al di là della collina?”
“ Niente.”
Al di là della collina
non c’è nulla. Solo terra bruciata. Solo una montagna dagli strani contorni.
Al di là della collina
c’è solo il suo passato. C’è solo il nulla.
Asuka osserva l’orizzonte
fin dove il suo occhio arriva. Oggi ha compiuto sedici anni, e ha voluto
tornare in quel luogo in cui la nonna l’ha portata tante volte – dodici per la
precisione: una volta all’anno fin quando non si è spenta!
C’è la tristezza nel suo
sguardo, che si mescola in esso assieme al profondo affetto che ancor oggi la
lega a quella vecchietta da cui ha ereditato gli occhi, verdi come le fronde
degli alberi secolari – “come le foglie del paese in cui sono nata.”, era
solita dire la nonna. In verità si somigliano molto, loro due. Ha potuto
constatarlo da una vecchia foto trovata quasi per caso. Gli stessi occhi,
identici per forma e colore; lo stesso incarnato latteo, soave e delicato; le
stesse labbra, sottili e rosee. Solo i capelli, nel suo aspetto, non
assomigliano a quelli della nonna: Asuka li ha di un biondo splendente, quasi accecante,
mentre la vecchia donna li aveva di uno strano rosa confetto che con lo
scorrere del tempo è diventato argenteo. Ed era bella, la nonna, con il volto
incorniciato da quei leggeri fili color della luna.
Sorrideva sempre,
sempre. Ma solo ora la ragazza si accorge di quanto malinconico fosse quel
sorriso.
Pallido fantasma di ciò ch’è stato e
non può più essere.
La mamma le ha sempre
detto che non ha mai visto un sorriso diverso sul volto di quella donna.
“ Il sorriso della
nonna è perso nel suo passato. E non tornerà.”
Così le diceva quand’era
piccola. E lei ci leggeva la tristezza in quello stiramento delle labbra. Solo ora
si accorge di quanto si sbagliava: non era tristezza – non è mai stata
tristezza! – ma malinconia, nostalgia. Era rimorso, rimpianto. Era dolore!
Ciò ch’è perso che rimanga perso
nelle pieghe del tempo.
E la nonna aveva perso
tutto. Ormai, mentre gli anni continuavano a passare impietosi, non era altro
che un riflesso sfocato, pallida imitazione esteriore di chi era stata in un’epoca
troppo lontana. Un’epoca ormai soltanto leggenda.
“…
Non
torneranno indietro. Non torneranno a me. E io questo lo so.
Quel
giorno ogni cosa si è conclusa. In quel giorno Konoha ha pagato con il proprio
sangue, ha pagato il medesimo prezzo che aveva richiesto in tributo per poter
sopravvivere nella pace. Ma quale pace è quella che si costruisce versando il
sangue di altri? Quale pace può nascere da una richiesta fatta ad un ragazzo –
un ragazzo! Quattordici anni! – a cui si chiede di sterminare il sangue del suo
sangue?”
Così ha scritto la
nonna in quel libro che ora Asuka tiene in mano. Quel libro che riporta la
realtà dei fatti così come sono andati, che getta luce su eventi che da sempre
sono avvolti in una fitta cortina fumogena. Quel libro che altro non è che una
testimonianza, il racconto dell’unica Sopravvissuta.
“…
Sono
una Sopravvissuta, non un’Eroina. Non mi sono salvata perché ho lottato
strenuamente. Non mi sono salvata perché ho fatto qualcosa, ma perché non ho
fatto ciò che dovevo fare.
Sarei
dovuta rimanere lì mentre Konoha cadeva, mentre bruciava avvolta dalle fiamme
dello stesso Demone che anni prima aveva cercato la sua distruzione. Sarei dovuta
rimanere lì mentre il sangue del Traditore Sasuke Uchiha si spargeva nella
piazza, versato da coloro che lo avevano portato in quella direzione. Sarei dovuta
rimanere lì mentre l’Eroe Naruto Uzumaki piangeva lacrime di sangue e lava,
perdendo il controllo, liberando la forza che portava in sé.
Sarei
dovuta rimanere, ma sono fuggita!”
La nonna si è sempre
considerata una codarda, questo Asuka lo sa. Eppure non si sente di condannarla
per questo: se quella “fuga” non vi fosse stata lei non sarebbe qui, adesso. Sa
perfettamente che è per questo motivo che ora lei vive. Lo deve a sua nonna,
Sakura, e all’amore di suo nonno. Quel nonno che non ha mai conosciuto, se non
attraverso qualche debole racconto.
“…
Avrei
voluto rimanere. Avrei voluto fermare Naruto e vedere ancora il suo sorriso. Avrei
voluto urlare la verità, farmi portavoce del dolore del quale Konoha si era
fatta inconsapevole genitrice. Avrei voluto…
Non
me l’hai permesso, Naruto. “ Devi proteggere chi cresce in te!”, mi hai detto.
Ho
appoggiato le mani sul mio ventre piatto che entro breve sarebbe cresciuto. Ho pensato
a quel figlio che non mi ero aspettata, a quell’amore in cui non credevo che mi
aveva rapita – non ho mai creduto in noi, Naruto, eppure mi sono lasciata andare
a te. E ti ho amato!
“
Vattene! Fuggi da qui! Fallo per lui!” Mi hai detto a fatica, digrignando i
denti, mentre la razionalità scompariva e lasciava posto alla cieca furia.
Sono
fuggita davvero, lasciando che la Volpe s’impadronisse di te. Sono fuggita
mentre null’altro che il dolore per la perdita del tuo migliore amico – di tuo
fratello! – e delle crudeltà di Konoha rimanevano in te. Non sentivi altro che
quel dolore sordo e distruttivo. Non sentivi più nemmeno l’amore che mi avevi
sempre riservato.”
Fa fatica a
comprendere i sentimenti descritti, Asuka. Non riesce davvero a concepire un
dolore così straziante, né un amore così forte e delicato al tempo stesso. Eppure
è certa che la nonna amasse il nonno.
“ Lo amavo. Lo amavo
nella maniera più assoluta. Lui era il mio sole, quello ch’era riuscito a
scacciare le ombre del mio cuore. Ero ciò di cui avevo bisogno. L’unico mio
rammarico è essermene accorta troppo tardi.”
Diceva così, la nonna,
quando le chiedeva di parlarle del nonno. Soffriva, e anche lei che all’epoca era
una bambina lo capiva. Forse per questo la nonna non parlava mai di sé, ne di
quello ch’era stato il suo passato. Si trincerava nel silenzio, chiudendo gli
occhi e assottigliando le labbra. Ma ogni volta Asuka riusciva comunque a
vederlo: c’era un lampo negli occhi verdi della nonna, ogni qualvolta che ciò
ch’era stato tornava a farle visita.
“
…
C’è
stato il passato com’è giusto che sia. C’è stato ed ora è volato via, è stato
trasportato lontano come le foglie del mio Villaggio.
Konoha
non esiste più. I suoi Ninja non esistono più. Ma la sua memoria non andrà
persa. Le frasi che ho scritto, le parole che hanno macchiato questa carta d’inchiostro
nero, saranno quella memoria. Non permetterò che ogni cosa cada nell’oblio. La storia
sarà insegnante.
Vorrei
che il dolore che abbiamo patito e fatto patire sia ricordato. Le tragedie, i
peccati, i tributi… Tutto ciò che ha segnato la nostra storia rimanga
indelebile, come indelebili saranno per sempre i sentimenti che si sono incisi
nel mio cuore giorno dopo giorno.”
“ Cosa stai scrivendo,
nonna?”
“ La storia passata,
mia piccola Asuka.”
“ E perché la scrivi?”
“ Per non dimenticare. Perché non vada persa.”
“ E non te la ricordi?
Non puoi raccontarla a qualcuno che la ricordi per te?”
“ Memoria e voce sono
strumenti labili e inaffidabili, bambina mia: prima o poi cambieranno la
realtà, distorcendola. La carta manterrà la verità tale. E in questo modo si
tramanderà.”
“ Ma io non voglio
dover studiare la storia. È noiosa!”
La nonna aveva riso di
questa sua infantile esclamazione. Solo ora comprende quanto quel libro sarà
utile.
Osserva il nulla
davanti a sé, Asuka, e per la prima volta non vede il vuoto. C’è una florida
città, davanti ai suoi occhi, e in quella che sembra solo una montagna dagli
strani contorni vede cinque volti di pietra, appartenuti un tempo a coloro che
hanno fatto la stori. C’è Konoha, davanti al suo sguardo. La stessa Konoha che
viveva nei ricordi della nonna.
“ Era un mondo così diverso
da questo.” Sussurra la ragazza senza staccare lo sguardo. “ E così diversa eri
tu, nonna. Avrei voluto conoscerti all’epoca, vedere in azione la tua forza
leggendaria così come leggendarie erano le persone che camminavano al tuo
fianco.”
Sì, perché i nomi di
Sakura Haruno, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha e di tanti altri sono oggi
Leggenda. Ma nonostante questo nessuno ha mai saputo che dietro a quella
vecchietta che amava salire su quella collina e osservare il nulla c’era uno
dei Ninja della nuova Triade Leggendaria. Si è sempre tenuta riservata, la
nonna, cambiando il suo cognome e raccontando una falsa verità sul suo passato.
Solo quel libro da lei stessa scritto, ora, è la prova di chi lei fosse in
realtà.
“ Pubblicherò ciò che
hai scritto, nonna. Lo farò perché è giusto che si sappia come sono veramente
andate le cose.”
Ha compreso, Asuka,
che questo è il suo compito, ciò che la nonna le ha lasciato da fare. In fondo,
il suo nome, significa “il profumo del futuro”. E lei è il futuro. Il futuro
per cui Sakura ha abbandonato Konoha, quel giorno, invece di cadere insieme a
lei. Il futuro che racconterà il passato, rendendo forse giustizia a fantasmi
che ancora aleggiano cercando la pace. Il futuro che ognuno, a Konoha, aveva
insegnato a proteggere.
L’immagine che le è
veleggiata davanti scompare, e Asuka capisce che è il momento. Deve andarsene. Deve
tornare. Abbassa le palpebre – gli occhi di Sakura scompaiono! – e si volta
incamminandosi verso il luogo dal quale proviene.
Non lo sa, Asuka,
perché non l’ha visto. Ma là, in mezzo alla terra bruciata, c’è qualcuno. Nel centro
esatto di Konoha – quella Konoha che ha smesso di esistere! – c’è una figura.
Occhi gemelli a quelli
della sedicenne si chiudono piano, mentre un dolce sorriso increspa un paio di
labbra così simili alle sue. Non c’è più nostalgia o rimpianto in quel sorriso.
Finalmente è tornato ad essere il sorriso che fu.
Eccola qui! Ora
tocca a voi!
Me lo lasciate un commentino per farmi sapere che ne pensate??
ByeBye