Buonanotte
Where there is a flame
Someone’s
bound to get burned
But
just because it burns
Doesn’t
mean you’re gonna die
You’ve
gotta get up and try.
Durante la guerra non
c’è distinzione fra notte e giorno.
Gli urli, le
esplosioni, i morti e i turni di guardia non conoscono tregua.
Tutto è concesso e
niente viene risparmiato, morire all’alba o al tramonto non fa nessuna
differenza.
Ino ormai si era
abituata a dormire poche ore per volta e con il rumore nelle orecchie, come un
bisbiglio continuo che le faceva ricordare non solo di essere viva, ma anche che
forse non lo sarebbe stata ancora a lungo.
A volte i rumori e le
urla erano talmente forti che non riusciva più ad addormentarsi. Rimaneva ad
occhi chiusi, faceva riposare il corpo, si tranquillizzava per un momento e poi
ripartiva, dando il cambio a qualcun altro.
Ma quella notte dove
tutto era finito, dove il fuoco aveva bruciato l’ultimo filo d’erba e i morti
potevano finalmente essere pianti e sepolti, dove il silenzio finalmente era
arrivato portando con sé solo disperazione, Ino continuava a non
dormire.
Immersa nel suo sacco a
pelo, sotto il cielo stellato, sentiva solo il freddo della notte, sentiva la
terra umida e dura sotto di sé, il respiro pesante di Choji alla sua
sinistra.
Sentiva in lontananza
un grillo che ignaro continuava il suo canto.
Avvolta nell’oscurità e
con il cuore pesante, Ino si sentiva sola. Dopo giorni di lotta e di guerra
finalmente aveva trovato il tempo per fermarsi, pensare ed elaborare la perdita
di suo padre.
Il dolore era già
passato, ma quello che la faceva tremare e piangere erano i suoi ricordi con
lui, le litigate e i sorrisi, i momenti belli e anche quelli brutti; aveva perso
il suo mentore, la sua guida, l’unico eroe della sua
vita.
Diverse volte avevano
parlato fra loro di quando Ino avrebbe messo su famiglia e gli avrebbe regalato
dei nipotini; Inoichi si ostinava sempre a dire che le avrebbe volute tutte
femmine, tutte bellissime e uguali a sua figlia, con grandi occhi azzurri e un
sorriso contagioso. Ino non era d’accordo, avrebbe voluto un maschietto, ma in
quelle circostanze non poteva fare a meno di sorridere e immaginare suo padre,
più vecchio ma sempre forte, insieme a sua madre circondati da tanti nipoti che
gli correvano intorno.
Adesso tutto quello
sarebbe rimasto un sogno, un ricordo malinconico che l’avrebbe accompagnata per
sempre; vedeva solo sua madre, anziana e vedova, accudire la famiglia in
solitudine.
Ancora la donna non lo
sapeva, non aveva avuto modo di contattarla; al mattino Ino avrebbe dovuto
cercarla e portarle quella dolorosa notizia.
«Smettila di
singhiozzare, non mi stai facendo dormire» bisbigliò una voce alla sua
destra.
Ino si coprì il viso
con le mani, singhiozzando ancora più forte perché proprio non riusciva a
trattenersi.
Shikamaru sospirò,
allungando un braccio verso di lei e accarezzandole leggermente la fronte.
«Dovresti riposare.
Avrai tutto il tempo domani per piangere, solo per questa notte vedi di darti
pace» le disse con il suo solito tono di voce strascicato, di chi trova noiosa
anche la morte.
La verità era che
Shikamaru non ce la faceva più a sentirla piangere. Finché non era finita la
guerra aveva avuto nella testa il rumore del pianto di Ino e quando si voltava
verso di lei per dirle di smetterla, l’aveva trovata semppre col viso asciutto,
concentrata sui suoi compiti.
Era la sua
immaginazione, era tutto dentro la sua testa e non capiva
perché.
«Non ti manca?» mugugnò
Ino con ancora il volto coperto dalle mani.
Shikamaru preferì non
risponderle, perché se avesse cominciato a parlare di suo padre e a pensare alle
conseguenze della sua morte, allora sì che avrebbe avuto voglia di
piangere.
Aveva perso l’ultimo
punto di riferimento nella vita, l’unica persona al mondo che lo aveva sempre
battuto negli shoji.
Adesso era davvero
solo.
«Ino, vieni qui» disse
a un certo punto, tirando verso di sé il sacco a pelo di
lei.
Ino non se lo fece
ripetere due volte, rotolando quel tanto che bastava per raggiungerlo e cercare
di trovare conforto nell’unica persona che poteva capire il suo stato d’animo.
Adesso a Konoha era
rimasto un solo trio InoShikaCho e loro avrebbero dovuto faticare per tenere
alto l’onore di quell’unione.
«Sai, spero che le
nostre madri siano insieme adesso, al sicuro. Non so perché, ma ho come la
sensazione che lo abbiano capito che i loro uomini non ci sono
più».
Ino rimase in silenzio,
lasciando che Shikamaru con le sue parole la rincuorasse. Non era mai stato
bravo in questo tipo di cose, ma in quel momento andava bene così, era l’unica
persona che voleva vedere ed ascoltare.
«I miei litigavano
spesso, mia madre è una tale rompipalle, ma avevano un forte legame. Quando mio
padre era in missione, lei era sempre agitata e capiva quando le cose andavano
male. Era il loro legame».
Ino sorrise, pensando
che questo succedeva anche in casa sua.
Tornò a respirare
normalmente, le lacrime erano quasi finite e le palpebre cominciavano ad essere
stanche.
Shikamaru se ne accorse
e senza pensarci, senza sapere perché le baciò le labbra, sfiorandole appena,
come si farebbe con un figlio quando gli dai la
buonanotte.
Ino non si stupì di
quel gesto, perché nel cuore aveva sentito anche lei il bisogno di farlo. Non
era romantico, non era pieno d’amore, non voleva dire niente sotto quel punto di
vista.
Era soltanto un bacio
di rassicurazione, di supporto e anche di dolore.
Era un modo per dire
che erano vicini l’uno all’altra e che sempre ci sarebbero stati nel momento del
bisogno; erano amici, erano complici e dalla morte dei loro padri erano
diventati un uomo e una donna con le loro
responsabilità.
«Buonanotte,
Shikamaru».
Si addormentarono
subito.
Al mattino avrebbero
dovuto affrontare altre lacrime e altra sofferenza.
*P!nk, “Try”, The Truth About Love
(2012)
Naruto
© Masashi Kishimoto
Buonanotte
© Elpis Aldebaran