La fuga non è mai il
sentiero più sicuro. (Eddie Vedder)
-Conosci davvero il senso della
parola Amore?
L’uomo carezzò il capo della
fanciulla accanto a lui e ne guardò i tratti addormentati, sapendo che quella
notte lei sarebbe andata via, inghiottita dalla notte cupa, come faceva dopo
ogni loro incontro.
Le aveva sussurrato la frase
quando lei non poteva sentire. Sembrava che ogni volta che appariva così vicina,
lei faceva di tutto per allontanarlo ancora.
L’uomo chinò il capo sul cuscino
osservando ancora il viso della giovane. Si chiedeva quando l’avrebbe rivista
ancora, ma sapeva che era lei che decideva i loro incontri; lei decideva
tutto.
-A presto, mia dolce Neruel.
L’uomo mormorò il suo nome,
momento in cui il sonno lo colse e ne distese i tratti già abbastanza incupiti.
Non voleva che lei se ne andasse, ma cosa poteva fare per fermarla? Nulla.
La notte arrivò presto e la
ragazza si svegliò placidamente tra le braccia dell’uomo, un lieve sorriso era
dipinto sul volto di lui che dormiva tranquillo. Niente turbava il suo sonno,
nemmeno i leggeri movimenti provocati dalla ragazza mentre si alzava dal letto,
liberandosi dall’abbraccio in cui egli l’aveva avvolta.
Rimise i calzoni e la camicia,
forse le stava troppo grande, ma andava bene così per lei. La infilò dentro i
pantaloni e dalla sedia presa la spada che aveva posato. Una vita fatta di
sangue e morte la sua. Una vita da assassina.
Una lacrima scivolò sulla guancia
di Neruel che allacciò la cinta dove era assicurata la propria spada. Lasciò che
la mano si posasse sull’elsa prima di osservare, nel buio della stanza, il viso
dell’uomo. Timidi pensieri riaffiorarono nella sua mente chiedendosi dapprima il
motivo per cui quella notte non lo aveva ucciso, poi del perchè aveva finito per
invaghirsi di lui.
Scosse il capo adirata con se
stessa, un ghigno si disegnò sulle labbra rosse come il sangue che faceva
intravedere tutta l’angoscia che ogni incontro le metteva dentro. Sapeva bene di
non esserne innamorata, lo usava solo come un giocattolo. Perché allora ogni
qualvolta che lo guardava, il pensiero del loro primo incontro, seppure molto
distante, le ritornava nella mente?
Neruel rimase lì pochi secondi a
contemplarlo, si voltò infine verso la porta e l’aprì stando attenta a non fare
rumore. La pesante cappa del mantello scuro calò sul viso oscurandolo del tutto.
Uscì consapevole che un altro incontro sarebbe avvenuto, un altro ancora lei ne
avrebbe richiesto.
Il sole era alto nel cielo e
brillava sulla pelle nivea della ragazza, le gocce del proprio sudore
riflettevano i raggi dell’astro del giorno. I capelli castani erano legati in
una coda disciplinata e il viso era contratto dallo sforzo dello scontro.
Neruel compiva passi veloci verso
il suo avversario, nella mano teneva una spada scura come l’ossidiana. Affondava
colpi rapidi verso l’uomo di fronte a lei.
Il sudore colava sulla fronte e
dal viso si notava che il suo corpo era stanco, ma la sicurezza permaneva nel
suo sguardo, una forza di volontà capace di smuovere anche un cuore pavido.
Improvvisamente l’uomo la disarmò
con un colpo mirato al debole della spada. La ragazza scivolò sul terreno e si
ritrovò la spada puntata alla gola, mentre un ghigno stizzito si disegnò sul suo
volto. Era nervosa in quel periodo, forse troppo e questa la rendeva disattenta
e debole.
-Finiamo qui la lezione.
Disse l’uomo di fronte a lei
ritirando la spada. Era un uomo abbastanza avanti con l’età e nei cui occhi
dimostrava la saggezza e la forza cui le guerre l’avevano temprato. Una profonda
cicatrice attraversava il suo volto rendendolo cieco da un occhio, un segno che
partiva dalla guancia. Il corpo possente e muscoloso denotava un essere dedito
alla guerra e alle battaglie e la sua abilità con la spada era nota in tutta
Alementhia.
-No, continuiamo.
Sbottò la ragazza raccogliendo da
terra la spada scura. Riprese la posizione di difesa posizionando i piedi l’uno
di fronte all’altro e le gambe leggermente divaricate e flesse.
L’uomo sbuffò al cielo
spazientito alzando le spalle per denotare il gesto, scosse il capo poi
riprendendo la posizione d’attacco, lasciando che i suoi attenti occhi castani
scrutassero la donna. Un altro rapido colpo meno forte del precedente, le fece
perdere l’equilibrio e nuovamente l’assassina finì a terra.
-Ho detto di finirla qui,
Neruel.
La ragazza sbuffò accettando di
malo modo la mano dell’uomo e piegandosi poi nel raccogliere la spada,
riposizionandola nel fodero. L’uomo, senza dire nulla, si avvicinò verso la
porta che portava all’interno della fortezza. L’immenso campo d’addestramento
era ormai come una casa per lui e si limitò solo a dare una fugace occhiata
intorno, scomparì all’interno del bastione senza guardare più la fanciulla.
Neruel digrignò i denti,
sbattendo poi i piedi a terra e stringendo le mani a pugno. Lasciava che quei
pensieri le scorressero nella mente, senza avere neanche la forza di scacciarli
via lasciando il vuoto e l’estasi del combattimento. Scosse il capo
energicamente portando poi le mani sulle tempie massaggiandole, angoscia e
rabbia si intrecciavano nel suo cuore lasciando una scia di profonda solitudine.
Gli occhi chiari, che sembravano
di ghiaccio, guardarono lungo il campo, vicino alla casina dove tenevano le armi
necessarie per i combattimenti. Non riusciva a togliersi quell’uomo dalla testa
e ogni volta che i suoi pensieri si accostavano ai suoi, le ricomparivano di
fronte agli occhi le notti cui si addormentava tra le sue braccia, l’unico posto
dove si sentiva sicura e difesa.
Basta, non voleva pensare a quel
giorno, mai più. Voleva sentirsi libera di fare ciò che più le aggradava,
pensare in un modo suo e non avere nessuno da proteggere o da piangere quando
non ci sarebbe stato più.
Sembrava tutto così irreale, da
quando l’aveva incontrato non faceva che pensare al giorno in cui lo avrebbe
raggiunto. Tutto ciò la rendeva nervosa e questo, in una battaglia, non poteva
permetterselo.
Si alzò in piedi di scatto
avviandosi verso la porta da dove, poco prima, era entrato il vecchio Bastiel.
Riprese l’espressione dura che la caratterizzava, segnata solo dalla severità
che accentuava nei suoi tratti, l’insensibilità verso il prossimo che l’aveva
sempre distinta; fondamentali caratteristiche per la vita che conduceva.
Il suo continuo pensare a
quell’uomo era solo un modo per evadere dalla solita monotonia della vita.
La città di Alementhia offriva
molte comodità di ogni tipo e il divertimento certo non mancava. L’uomo dal
volto coperto avanzava. I suoi capelli bianchi erano raccolti nel cappuccio da
dove solo alcune ciocche ribelli fuoriuscivano, il suo viso non dimostrava più
di vent’anni e gli occhi verdi e vigili scrutavano ogni angolo della via che
stava percorrendo. Si scostava da ogni passante troppo vicino che lo toccava
involontariamente, gli dava fastidio la luce solare e osservava le insegne per
poter individuare una locanda. Il passo era un po’ stanco per il lungo viaggio
che aveva intrapreso e sembrava che il giorno gli risucchiasse tutte le
energie.
La locanda distava solo qualche
metro e, appena giunto alla porta, un pensiero lo sfiorò come una carezza.
Chissà
se lei lo avrebbe trovato.
Lei
che sembrava seguirlo come un’ombra, riusciva infine sempre a
rintracciarlo.
Pagò la stanza e si portò di
sopra, dove l’oste gli aveva indicato. Era una taverna semplice e senza tante
decorazioni, uno stile contadino che denotava la semplicità di quella via che
portava insegne anche fin troppo invisibili.
Si distese sul letto con gli
occhi rivolti verso l’alto, fece un sospiro profondo ricordando il viso di lei
che sembrava sempre irraggiungibile, sembrava sfuggirgli sempre quando tentava
di tenerla legata a sé. Lui l’amava e lei lo sapeva, ma era troppo orgogliosa
per poterglielo permettere.
Posò le mani sotto il capo e si
addormentò infine, lasciando che sul suo viso si leggesse un po’ di tristezza
per l’ultimo pensiero che gli aveva attraversato la mente.
Le labbra che sfioravano le sue,
le mani che toccavano il suo corpo ancora assopito. Neruel accanto al suo corpo
cercava di risvegliarlo nel modo più sensuale che conosceva. La donna sapeva
dove sfiorare l’uomo per fargli sentire i brividi che molte volte lo avevano
fatto impazzire.
-Elienti, mio caro.
Disse Neruel in un sospiro, prima
di andare a posare le sue labbra su quelle di lui. Ne sentì il dolce e l’amaro,
la sensibile e un po’ rude dimostrazione che lei voleva essere la più forte. La
lingua penetrò nella sua bocca con violenza e i pensieri di Elienti furono
bloccati da quella forza che aveva messo a quel nuovo incontro.
La prese per le spalle,
discostandola di poco dal suo corpo, lasciando che le labbra ora sfiorassero
quelle di Neruel. Lui aveva ben altro in mente per quella sera e nulla gli
avrebbe fatto cambiare idea, anche se il dolce risveglio che Neruel gli aveva
donato, lo aveva inebetito come una droga.
Sentiva un grande peso sul cuore,
ma doveva sapere del perché lei scappava ogni qualvolta la loro passione aveva
trovato sfogo in un abbraccio di corpi.
La stese sotto di sé bloccandole
le gambe con le proprie. Neruel non si accorse di nulla finché non fu nella
condizione di non potersi muoversi. Lei si divincolò per cercare di liberarsi,
ma tutto sembrava inutile nel sentire la salda presa dell’uomo sui polsi.
-Lasciami.
Sibilò lei capendo subito le
intenzione di Elienti, continuava a muoversi senza successo e la presa dell’uomo
si faceva sempre più salda, senza darle scampo.
-Devo chiederti prima una
cosa.
-Lasciami immediatamente. Non
devo dirti nulla.
Neruel si sentiva persa ora che
era così indifesa, senza aver modo di liberarsi. Voltò il capo da un lato non
avendo il coraggio di guardarlo direttamente in faccia. Sentiva che il cuore le
si stava spezzando, contravvenendo a tutto ciò in cui credeva. Non voleva
rivelare che in verità Elienti le mancava e che il suo pensiero era sempre
presente. Voleva solo essere libera.
-Sarai libera di andare solo se
sarai sincera nel rispondere alla mia domanda.
Neruel chiuse gli occhi, senza
guardare in volto Elienti che l’osservava con malcelata angoscia, un sentimento
che sembrava ormai dominarlo da qualche giorno. Fece una pausa prima di
continuare, sembrò che fosse passato molto tempo da quando aveva parlato.
-Dimmi, perché scappi sempre?
Le sue parole risuonarono dure,
un tono che avrebbe voluto evitare e che, senza accorgersene, aveva fatto
scaturire dalle labbra. Quella stessa bocca tremava nel dirle tutto ciò che
l’attanagliava e si sentiva strano mentre parlava. Pensava a tutto e a niente in
quel momento.
Neruel lo osservò negli occhi
chiari e non rispose, si limitò solo a guardarlo. Ormai non voleva nemmeno
combattere per liberarsi. Niente l’avrebbe costretta a rivelare ciò che più le
premeva e che nascondeva dentro di sé.
-Sai che se non mi rispondi non
ti muoverai da qui?!
Elienti lasciò che nel suo tono
trasparisse un po’ di quella malizia che stava cercando di chiudere dentro sé
stesso, sorrise appena quando vide nel viso di Neruel un momento di cedimento.
La ragazza sbuffò accorgendosi del momento in cui si era sentita debole, l’aveva
notato anche lui e questo le aveva fatto provare un senso di disagio, come se
fosse stata nuda di fronte a lui che la guardava.
-Non puoi obbligarmi a
rimanere.
La ragazza sorrise appena per
mascherare la sua tristezza, senza dar adito alle sue minacce. Mosse appena il
busto per sistemarsi più comodamente.
-Sì che posso. Basterà solo non
muovermi da qui.
Chinò il capo verso lei e tentò
di baciarla, un bacio che andò a vuoto. Un profondo sospiro e poi si spostò,
lasciando che Neruel si liberasse. Infine lasciò la presa dalle sue braccia,
spostandosi su un lato del letto. Lei sguisciò via in un momento, giusto il
tempo di sguainare la spada e puntarla contro il collo dell’uomo.
-Forse ho sbagliato a non
ucciderti quel giorno.
Il respiro di Elienti era
diventato irregolare e donò un rapido sguardo al viso di lei, che cercava di
evitare i suoi occhi. Non conosceva appieno la persona che gli stava di fronte.
In quel tempo in cui erano rimasti insieme aveva soltanto cercato di soffermarsi
sull’aspetto esteriore, aveva evitato di conoscerlo più a fondo ed era così
infatti che continuava a fare. Non le importava di ciò che lui poteva offrirle,
voleva solo far finta che Elienti in quel momento non esistesse.
Ripose la spada nel fodero e
sospirò, voltò le spalle all’uomo che fece qualche passo verso Neruel. Lui
voleva fermarla, ma sapeva che era tutto inutile, avrebbe sicuramente rifiutato
ogni parola e ogni sentimento che sarebbe potuto uscire dalla sua bocca.
Chinò il capo rassegnato ad ormai
quel destino che vedeva senza di lei. Fece poi un ultimo tentativo per poter
riuscire a guadagnarsi almeno un altro incontro.
-Sappi una cosa, Neruel. – disse
sospirando pesantemente, -La fuga non è
mai il sentiero più sicuro.
Lei si soffermò per qualche
attimo, mentre la mano sinistra si posava sull’elsa della spada usandola solo
come appoggio. La mano destra andò a coprire il viso dove un piccolo sorriso le
comparve sul volto. Stava cercando di sembrare il più fredda possibile, ma
sembrava uno sforzo sempre più grande ogni singolo momento che passava.
Neruel stava lasciando Elienti
per semplice orgoglio, la decisione l’aveva già presa tempo prima, quando si era
preclusa il lusso di amare qualcuno. I passi lenti si avvicinarono alla porta,
Neruel aprì la porta che l’avrebbe condotta verso la scelta che aveva fatto da
tempo.
Il motivo per cui faceva questo
era solo una promessa fatta tempo fa a se stessa. Essere libera da qualsiasi
legame e vivere senza badare a nessuno.
Stava fuggendo, era solo una
codarda.
Anche se quell’abbandono le
faceva male, doveva farlo. Per quell’unico e semplice motivo che l’animava ormai
da tempo.
Uscì dalla stanza lasciando un
Elienti incredulo e triste, strinse le mani a pugno senza dire più niente, una
sola lacrima scese sul suo viso lasciando che lei se ne andasse.
Ormai non sapeva più che fare e
si stava arrendendo al destino che tutti e due si erano decisi da soli.
Erano passati ormai anni da quel
giorno in cui si erano detti addio, ma nulla gli aveva impedito di vivere le
loro vite come avevano sempre desiderato.
Era notte quando l’uomo di
sedette su quel prato.
Elienti si avvide della presenza
di qualcuno proprio dietro le sue spalle, ma non si voltò nemmeno. Era
consapevole del destino che quel giorno avrebbe segnato la sua vita. Gli
puntarono la punta di una spada contro la schiena, il suo volto era rassegnato e
aspettava la morte come se fosse stata una cosa naturale.
-Cosa aspetti?
Sentì un’esitazione dietro di
lui. Nemmeno quando si alzò la lama trafisse la sua carne e volgendosi ne vide
il viso della persona che avrebbe voluto legare a sé tempo fa. Neruel era in
lacrime davanti a lui, segno di un ordine impossibile da contestare.
-Devo farlo.
La mano però tremava a solo
tenere la lama puntata contro Elienti. Lo osservò in viso e lo vide avvicinarsi
non riuscendo a far nulla per fermarlo. Non si accorse del pugnale che aveva in
mano, estratto dalla manica della camicia scura.
Lui l’abbracciò. Neruel aveva
abbassato la spada scivolandole dalle dita affusolate, spostò le mani lungo i
fianchi cercando di fermare ciò che non voleva che lui vedesse.
Gli occhi improvvisamente si
sgranarono quando la lama le penetrò nello stomaco, lasciando che Elienti lo
facesse senza nemmeno tentare di fermarlo. Le mani andarono ad afferrare il
manico del pugnale senza estrarlo, le lacrime cessarono anche di uscire dagli
occhi di ghiaccio della ragazza che si accasciò a terra senza dir nulla,
sembrava quasi sapesse che sarebbe successo.
-Questo è l’unico modo per
legarti a me, per sempre.
Le parole di Elienti risuonarono
come un sussurro alle orecchie di Neruel che stesa a terra respirava a fatica.
Lei guardò l’uomo chinarsi verso di lei ed avvicinarsi al suo viso.
-Così non scapperai mai più.
Infine Elienti posò le labbra su
quelle di lei rubandole l’ultimo respiro; lasciando che l’ultimo sospiro di lei
gli entrasse nella bocca come a volerne rubare l’anima. Neruel morì in quello
stesso istante.
Elienti, afferrò il pugnale che
aveva legato alla sua cintura, se lo puntò al petto.
-Ora compirò io stesso il tuo
compito.
Elienti trafisse il suo corpo,
spaccando il suo cuore a metà. Si accasciò accanto a lei che aveva amato fino
alla fine e alla quale era riuscito a rubare anche l’anima.
La fuga non le era servita a
nulla e lui l’aveva avvertita tempo prima, aveva rinunciato a tutto per lei e si
era tolto anche la vita che lei stessa gli avrebbe strappato.
Infine lì, Elienti e Neruel
morirono, l’uno accanto all’altra. Egli ne osservò il viso fino a quando i suoi
occhi non si spensero nell’ultima essenza di vita.
Fine