Questione
di imbarazzo
Se
si avesse chiesto a Jean
Havoc o Maes Hughes cosa ne pensassero, i due avrebbero risposto che
Riza
Hawkeye era il tipo di donna che sì, era lei,
e solo lei riusciva a mettere gli uomini in riga con un solo sguardo
autoritario od un colpo di pistola di avvertenza – Black
Hayate, un cagnolino, e
Roy Mustang, un essere umano, erano soltanto due dei tanti esempi.
Ed
era una cosa buona. Erano del
parere che le donne fossero fondamentali nella vita: dopotutto, un uomo
non
sarebbe un uomo se non si sciogliesse davanti alla propria
moglie/fidanzata/quel-che-è, o almeno, questo era
ciò che pensava (e
dimostrava) il secondo.
Ad
ogni modo, certe donne,
come il luogotenente Riza, erano estremamente necessarie in una tale
scala
gerarchica quale era l’ordinamento rigido degli Alchimisti di
Stato. Erano
coloro che rimettevano a posto tutto il caos lasciato dietro da quel
branco di
creature selvagge maschili, rimproverandoli con maniere forti e poco
mondane
per una buona casalinga comune. Sebbene certe volte quel tipo di
trattamento
non era esattamente apprezzato.
Per
questo i due non biasimarono,
rispettivamente, il superiore e l’amico quando egli quel
giorno si presentò in
ufficio sorprendentemente un paio d’ore più tardi
del solito. Entrò furtivo,
quasi come un ladro, guardandosi a destra ed a sinistra nella speranza
di non
scorgere il proprio luogotenente – un colonnello che ha paura
di un suo
sottoposto, per di più una donna! Era una cosa umiliante,
per qualcuno come
lui. Che razza di esempio stava dando ai suoi uomini? Dove era finita
la sua
dignità?
Fu
Havoc il primo a parlare, con il solito
ghigno caratteristico del suo volto: «Colonnello Mustang,
credo che lo abbia
già intuito, ma il luogotenente è molto, molto
irritata dal suo comportamento
poco professionale».
L’altro
uomo gli lanciò
un’occhiata che rendeva assolutamente giustizia alle sue
fiamme, sebbene fosse
fredda come il ghiaccio. «Non fumare qui dentro,
Havoc» lo rimproverò, il che
fu piuttosto paradossale, dal momento che era lui quello che era
chiamato
l’Alchimista di Fuoco da quelle parti. L’uomo
biondo sollevò le mani, in segno
di resa, e spense la cicca nel portacenere apposito.
L’ammonitore poi si
rivolse all’amico di lunga data, «E tu dovresti
essere sul treno per Central
City» constatò, a cui Hughes rispose con un gran
sorriso vivace.
«Errato,»
gli disse, «il mio treno parte alle
una del pomeriggio. Ho ancora parecchie ore per gustarmi il momento in
cui la
signorina Hawkeye ritornerà qui dentro e ti
concerà per le feste.»
Roy
emise un grugnito di disapprovazione al
pensiero, per poi cancellarlo dalla mente subito dopo, scuotendo la
testa e
ritornando alla sua solita calma. No, non si sarebbe lasciato
sconfiggere in
quella sfida implicita lanciatagli dalla sua sottoposta –
Mustang prendeva
tutto come una sfida, (s)fortunatamente per lui.
Quando
questi si ritirò nel suo ufficio, gli altri due soldati si
scambiarono
un’occhiata apprensiva: se quel giorno Roy Mustang si fosse
comportato in tal
modo davanti a Riza, avrebbe fatto meglio a cominciare a scrivere il
proprio
testamento.
Entro
il momento in cui il luogotenente Hawkeye ritornò dalla
consegna di alcuni
documenti, Roy riuscì ad elaborare un sotterfugio.
Se
i
suoi calcoli si fossero rivelati corretti, l’avrebbe
scampata; ma se gli fosse
capitata la situazione contraria, ne era sicuro, una bella e lunga
strigliata
da parte della donna non glielo avrebbe tolto nessuno. Tra
l’altro, gli altri
due fessi (chiamati Havoc e Hughes), non aspettavano altro che
quest’ultimo
scenario. Ma giurò, sarebbero passati altri mille anni prima
che un colonnello
del suo calibro potesse essere rimproverato da un suo subordinato!
Eppure
sobbalzò quando la porta del suo ufficio si
spalancò, rivelando la figura di
Riza vestita dell’uniforme militare. “Nonchalance,
Mustang” si schiaffeggiò
mentalmente, continuando a leggere il rapporto lasciatogli dai fratelli
Elric
il giorno prima. Doveva mostrare sicurezza innanzitutto. Sì.
Sicurezza e
decisione.
Ma
diamine, si sentiva come una ragazzina al suo primo appuntamento, che
stava
cercando inutilmente di calmarsi per finire sempre nella stessa
disperata
situazione di prima, se non peggio. Non faceva quel genere di cose per
la prima
volta, ma lei era Riza maledettamente
Hawkeye, una dei luogotenenti più rigidi, più
laboriosi e meno propensi a certe
situazioni nella storia degli Alchimisti di Stato.
E
lui…
lui si sentiva certamente goffo in quel momento, con quella stupida
idea in
mente, in quella stessa stanza in cui era appena entrata colei che
è
considerata una delle donne più belle del quartier generale
dell’Est – almeno,
questo era quello che aveva sentito.
Per
un
momento il pensiero di rinunciare al piano prese il sopravvento.
«Colonnello,
signore, buongiorno» lo riportò al presente,
benigna, Riza, alzando la mano
destra alla fronte in segno di saluto, senza mostrare
alcunché se non rispetto
nei suoi confronti. Egli abbassò la testa in un cenno,
pensando che la Hawkeye
o non aveva alcuna intenzione di fargli una predica, oppure aveva nel
sangue le
doti di attrice: di certo, nascondeva bene le proprie emozioni.
Seppe
che la sua ultima ipotesi era quella corretta quando il luogotenente
non si
mosse dalla sua postazione per ritornare alla propria scrivania. Con la
postura
rigida, lo stava fissando con le sopracciglia corrugate, e quando Roy
alzò lo
sguardo per la seconda volta, ella gli disse: «Sono le nove e
un quarto, signore».
«Non
capisco che bisogno ci fosse di informarmi sull’ora quando ho
un orologio
proprio davanti ai miei occhi, luogotenente Hawkeye»
ribadì l’uomo, con un tono
piatto, senza staccare gli occhi dallo sguardo della donna. Questa li
sostenne.
«Ciò
che cerco di dire,» riprese, «è che lei,
con tutto rispetto, è in ritardo di
due ore ed un quarto.» Ella fece una pausa, nella quale il
superiore, raccolta
tutta la casualità possibile, alzò un
sopracciglio in segno di perplessità. Non
l’avrebbe mai ammesso, ma
l’impassibilità del viso della sua subordinata gli
diede
un leggero fremito di timore mischiato a, in un certo senso,
adrenalina. Oh,
avrebbe distrutto quel viso immobile da bambola imbronciata molto
presto (se
fosse andato tutto come da lui previsto).
Gli
occhi
attenti di Riza si posarono su dei documenti che Roy aveva firmato
qualche
minuto prima. Quest’ultimo credette per un istante che la
bionda li avrebbe
semplicemente presi, si sarebbe scusata per il disturbo e se ne sarebbe
andata
in un secondo viaggio di consegne. Ma lui lo sapeva benissimo: mai
aspettarsi
qualcosa di prevedibile dalla Hawkeye. Infatti, subito dopo,
quest’ultima
affermò: «Se aveva intenzione di far tardi,
signore, avrebbe dovuto chiamare
per avvertire. Sa, questa mattina ho dovuto consegnare alcuni rapporti
da parte
di diverse nostre squadre al Fuhrer, e vi sono state varie…
incomprensioni che
riterrei adeguato evitare in futuro».
All’improvviso
le parole della sottoposta divenirono incredibilmente interessanti,
dato il
modo con cui le pronunciò. «E sarebbero, se non
sono troppo indiscreto?»
domandò, posando giù il resoconto dei fratelli
alchimisti e guardandola con
occhi particolarmente rapiti dalla conversazione. La osservò
tirare un lieve
sospiro.
«Il
Comandante,
vedendo che non era venuto lei personalmente a consegnare le
documentazioni, mi
chiese il motivo della sua assenza, a cui io risposi di non sapere. Il
problema
sta nel fatto che la sua seguente affermazione mi ha lasciata a corto
di parole.»
Fece una pausa, quasi incerta sul da farsi, ma senza cambiare
l’espressione
impassiva più del necessario. «Mi disse che avrei
dovuto saperlo, dal momento
che “le sto costantemente attorno”. Vede, credo che
ci consideri… intimi.»
Non
era
quello che si aspettava Riza dicesse, anche se, più o meno,
era ciò a cui lui
pensava di far leva per poter riuscire a trovare una scappatoia dal suo
essere
in terribile ritardo per il lavoro. Ma era piuttosto sorpreso. Mustang
e
Hawkeye, eh? Davvero le persone pensavano ciò su di loro?
Sarebbe stato un bel
problema, se fosse stato veramente così.
Ad
ogni
modo, pensò di sfruttare quell’apertura: tutto,
pur di non farsi deridere da
Havoc e Hughes, in quel momento.
«Capisco»
constatò lui, restando in silenzio per lasciare spazio alla
reazione dell’altra.
La donna corrugò impercettibilmente le sopracciglia ancora
di più, e gli occhi
si assottigliarono leggermente. «Quindi?» le
chiese, divertito.
«Quindi,»
riprese lei, e Roy sentì la pazienza cominciare a scivolare
via dalle sue
labbra, «desidererei evitare inconvenienti del genere, nel
caso vi sia una
seconda volta in cui lei manca ed io sono obbligata a svolgere il
lavoro al
posto suo, soprattutto quando vi sono situazioni in cui sono costretta
a
parlare con i suoi – e anche i miei, in sostanza –
superiori.»
«Ma
lei è bella.»
Confusione
di formò
veloce sul viso dell’altra. «Mi scusi? Non riesco a
capire cosa sta cercando di
dirmi.»
«Ha
dei begli
occhi, sa? E non riesco a capire bene il motivo per cui non le piaccia
l’idea
di uscire con me.»
Guardò
la sua
confusione tramutarsi in sorpresa, e quello fu il segno del fatto che
era
riuscito a centrare il bersaglio, di nuovo. Oh, quanto gli piaceva
stuzzicare
il suo luogotenente.
«Signore,»
disse
lei, pacata, «dopo tutti questi anni in cui mi ha avuta come
sottoposta,
dovrebbe aver capito che abbiamo una diversa concezione di
“uscire insieme”.»
Roy
rise, sentendo
la propria scioltezza ritornare. Guardò
l’espressione corrucciata del
luogotenente contrarle il viso ancora una volta, che
continuò: «Sono seria,
signore. Prima di tutto, sarebbe poco professionale da parte di
entrambi e la
nostra efficienza sul luogo di lavoro ne risentirebbe».
«Non
penso che
questo m’importerebbe più di tanto in una
relazione, mia cara»
sorrise ancora il colonnello, accentuando l’enfasi sulle
ultime due parole. L’altra replicò prontamente,
senza battere ciglio: «Non ne
dubito, signore, ma preferirei veramente non essere come quella giovane
donna
che – perdoni la mia maleducazione nel caso questa mia
assunzione sia errata –
probabilmente ieri si è portata a letto, e che di sicuro
è anche causa del suo
ritardo oggi.»
Ora
Roy sì, che
voleva ridere. Era vero il fatto che ieri sera loro due,
assieme al
resto della squadra e Hughes, avevano fatto tardi dopo una bevuta di
celebrazione di una missione compiuta e che si era svegliato tardi
quella
mattina a causa di ciò, ed era altrettanto vero che vi fu
una bionda che non
smetteva di ammiccare verso il giovane ufficiale. Ma lo
giurò, era troppo stanco
quella sera, e aveva desiderato solo ritornare a casa per farsi una
buona
dormita.
Decise
di divertirsi con il
luogotenente ancora un po’, comunque.
«Oh,
sì, lei» finse Roy di
richiamare alla mente quella donna. «Molto sensuale, lo
ammetto. È stato molto
piacevole passare una notte con lei. Devi sapere che quando mi ha
trascinato a
casa sua e ha cominciato a—»
«Mi
scusi se la interrompo»
irruppe Riza, accigliando sia perché il superiore le aveva
improvvisamente dato
del tu, che per il fatto che la conversazione le stava scivolando dalle
mani, «ma
terrei davvero non sapere i dettagli delle sue, uh, avventure
notturne.»
«No
di certo,» sorrise
Mustang, «ed infatti preferisco di gran lunga te.»
Riza
roteò gli occhi,
impaziente. Roy si complimentò per la propria
abilità di far cambiare alla
propria subordinata umore tanto facilmente. «Colonnello,
signore, la prego di
smetterla con questa messinscena.»
«Ma
sto dicendo la verità»
disse con il tono più sincero che poté usare. E
questa volta si alzò, causando
alla Hawkeye un visibile sussulto. Quando si trovò a pochi
centimetri da lei,
il luogotenente spostò sorprendentemente lo sguardo da lui.
Le
posò le mani sulle spalle. «Riza,
vorrei che tu abbia accanto un uomo che sappia amarti come meriti,
capire le
tue parole e proteggerti. Davvero. Voglio che abbia il potere di farti
ridere quando tutto sta andando a rotoli e che ti aiuti a rilassarti con le
sue parole
dopo una giornata di lavoro. So che non sono niente di tutto questo, ma
ti
giuro che farò del mio meglio per—»
«Per
non essere tale, certo»
concluse Riza, e tolse le mani del superiore dal proprio corpo con
tranquillità.
E con un sorriso, scrollò le spalle guardandolo divertita e
rimproveratoria, informandolo:
«Mi dispiace, signore, ma la conosco abbastanza per sapere
quando non sta
facendo sul serio». E, presi i documenti sulla scrivania di
Roy, gli disse: «Vado
a consegnare queste pratiche. Non si faccia troppo sentimentale adesso
che la
sto lasciando solo qui dentro». Roy sorrise a quanto il
luogotenente potesse
divenire pungente e osservatrice in momenti come quello.
«Però
dicevo sul serio» la
chiamò, quando ella fu sul punto di uscire dalla stanza.
Riza si voltò a guardarlo,
curiosa. Lo vide con quell’infantile sorriso stampato in
faccia, e si ritenne ormai
abituata a quel lato giocoso del colonnello, poiché se lo
aspettava. «Quando ho
detto che eri bella, che avevi dei begli occhi e che non capivo il
motivo per
cui non ti piaceva l’idea di noi due uscire insieme, lo
intendevo.»
Vista
la semplicità
del tono con cui Roy lo disse, il luogotenente si
meravigliò. L’idea di
credergli la sfiorò, ma la mise subito da parte:
così pensò l’uomo. Dopotutto,
ci sarebbe voluto un qualcuno molto più complicato di lui
per poter riuscire a
scalfire quel suo carattere. Lei invece lasciò uscire una
lieve risata. «Ne
terrò certamente conto, signore. Con permesso,»
gli sorrise ed aprì la porta,
uscendo dall’ufficio.
Fu
la volta di
Mustang di essere sorpreso. Le aveva aperto i suoi pensieri
giocosamente,
aspettando che lei non desse peso ad essi. Il problema era il fatto che
lui, al
contrario di Riza, non aveva alcuna idea di quando lei fosse seria in
certe
conversazioni.
Così
fu lasciato lì a
registrare pienamente ciò che aveva fatto pochi secondi
prima, e appoggiandosi
alla scrivania di mogano, cominciò a massaggiarsi le tempie
con la mano destra
ed a maledirsi per avere un luogotenente tanto scaltro.
Sentì il viso acquisire
calore, e sudò freddo.
Quando
Maes e Jean, che erano
riusciti a svignarsela prima che Riza li scoprisse ad origliare,
entrarono per
complimentarsi con lui e a stuzzicarlo, Roy riuscì solo a
biascicare un: «Almeno
mi sono risparmiato il suo terzo grado».
Dirigendosi
verso l’ufficio di
un collega, Riza ridacchiò sotto i baffi al pensiero della
faccia tutta seria
del colonnello. Era fermamente convinta che stesse scherzando, ed anche
se non
lo fosse stato, non aveva realizzato che stava descrivendo proprio
sé stesso.
Pensò che fosse un completo idiota. Sospirò, con
il cuore in pace.
Una
volta ogni tanto, andava
bene lasciar
vincere
l’istinto maschile.
N/A:
A dir la verità, questa fanfiction è nata come un
esperimento. Volevo semplicemente vedere se riuscivo a scrivere
qualcosa del
genere ancora una volta, dal momento che le mie ultime fanfiction sono
state
tutte sdolcinate e malinconiche. Se dovessi paragonarle, direi che
quelle erano
dei colori a pastello mentre questa è un verde-giallognolo
vivace. Non chiedetemi
perché. /ride
Dopo
solamente 22 episodi, comincio già ad amare questa
serie e questa coppia, ergo è nata la mia nuova OTP.
Fermatemi LOL. E la cosa
più brutta nell’iniziare una serie già
completa da anni, è il fatto che ormai
trovo spoiler dappertutto – non vedo l’ora di
arrivare alla morte di Maes e l’episodio
in cui alcuni tizi feriscono Riza davanti agli occhi di Roy solo per
piangere
perché sono troppo emozionale (e masochista). Ma credo di
dover aspettare
ancora un bel po’ OTL. A proposito, sto vedendo gli episodi
con i sottotitoli
in inglese, e mi scuso se alcuni nomi non sono giusti nella versione
italiana –
ad essere franchi, non ho nemmeno letto una fanfiction su FMA in
italiano
>_> /fanatica dell’inglese rfndijnsan
Ad
ogni modo, dal momento che ho cominciato a guardare l’anime
solamente domenica, vi prego di essere indulgenti e di perdonare
l’OOC
eventualmente presente nei personaggi. Fino ad adesso, ho
l’impressione che
Riza sia davvero ristretta nei confronti di Roy quando si parla di
lavoro.
Spero di averveli resi bene, li sto ancora esplorando :’D La
vostra kohai farà
di tutto per completare la serie e capire come funziona il subconscio
dei suoi
personaggi per offrirvi le sue umili fanfiction in modo più
decoroso, ahah.
Credo
che rimarrò in questo fandom per un bel po’.
Rainy.
PS: Sì, parlo
sempre così tanto quando mi si lascia spazio, e giusto una
nota: non è sbagliato scrivere “il
luogotenente” anche per riferirsi ad una
donna.
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