Irregolarità
Ad un
egoista sorridente e ad uno sciocco troppo serio.
[Michiru,
“Unvoiced”]
Subaru si sporge dalla finestra ed espira il fumo nella luce
dell’alba.
Tocca alle Marloboro Light, quel giorno.
… E pensando a lui per la prima volta nella giornata, ore sei
e diciotto a.m. , si dice che allora deve aver sbagliato
qualcosa.
Che il mondo si è messo a girare al contrario, perché non è
così che doveva andare.
Se proprio non era destino la felicità, un mondo di nuvole rosa come quelle che vede adesso dalla
finestra e sorrisi sinceri dove lui e Seishiro
potevano stare insieme per sempre felici
& contenti, allora che non fosse. Se
l’Inevitabilità, il destino o come lo si voleva
chiamare era proprio così indiscutibile, che passasse gli anni migliori della
sua vita a struggersi nell’odore di Mild Sevens, guardare i ciliegi e maledire qualcosa senza nome,
crogiolandosi nell’amara dolcezza di avere un cuore malato.
Che il tempo, la vita, girasse intorno a due sorrisi mesti
degli amici e poi solo a lui, alle
sue fugaci apparizioni. Il tempo di accendergli una sigaretta, guardarlo male e
sentirsi avvelenare con una parola, fino al momento in cui il Sakurazukamori non avesse deciso che l’avevano tirata abbastanza
per le lunghe e finalmente fosse il
momento di porre fine a quell’assurdo gioco di potere e qualcosa di troppo
assurdo per definirlo.
Era così, che in un mondo senza colore e giustizia doveva
andare.
Vivere di rassegnazione, attesa e profumi pungenti.
Seishiro che bisbiglia
segreti all’orecchio e crolla spargendo sangue sulle sue braccia non era
compreso.
Non era regolare, ecco.
Persino la possibilità di compatirsi ed aspettare
un’agognata fine, gli era stata tolta.
Se da Seishiro o dal semplice
destino non aveva tutta questa importanza: rimaneva che ormai ogni cosa era
andata in frantumi.
Anche il gusto di
aspettare una definitiva e malinconica resa dei conti.
Prima di andare a vestirsi per un’altra infinita giornata,
guarda la carta della sua cicca rattrappirsi su stessa, completamente inutile e
consumata. Come troppe altre cose.
[Perché non è così che doveva andare.]
Fine