Lost
in Ritz '88
«Perderemo
l'autobus, perderemo il treno, io me lo sento!»
«Tranquilla,
abbiamo tutta la mattinata per arrivare a New York. Ti ho
accontentato, accettando. Ora non iniziare!»
It's
so easy, easy
When
everybody's tryin' to please me(1)
Ecco.
Porco
cazzo perché confidare in una tale promessa quando poi tutto,
ma proprio tutto, mi era scivolato dalle mani manco fossero
coriandoli?
Certo
sì, la stagione era quella. Il sentimento no però. Ero
arrabbiata, delusa, amareggiata, avvilita, demoralizzata, depressa...
Tutte queste sensazioni messe insieme e al massimo del loro carico.
Tutte che mi rigavano la faccia di lacrime, mi dolevano le gambe e
m'opprimevano lo stomaco: un magone tremendo e sgradevole.
Ormai
era tardi. Ormai non c'era più
niente da fare. Il dolore pungente alle caviglie s'intensificò
e m'accasciai al suolo, lì su quel marciapiede dinanzi
all'insegna 'The Ritz', davanti all'entrata. Mentre la folla urlante
e delirante acclamando e fischiando usciva scomposta e stonata da
quelle porte principali accompagnata da bodyguard dai musi duri e
cupi.
Non
era andato tutto storto... Era andato peggio.
E io amo i Guns N' Roses, e io non me lo perdonerò mai.
Avevamo
perso l'autobus io e mio padre, il quale mi doveva accompagnare dalla
nostra cittadina, un bel po' distante dalla City, sino a New York;
perché avevo giusto sedici anni e tre quarti, insomma ero una
mezza calzetta.
Avevamo
perso quindi di conseguenza il treno delle 12.35, l'unico di
quella stazione. Allora a quel punto mi ero data da fare con
l'ingegno e avevo deciso che se a piedi fossi riuscita a raggiungere
almeno la stazione più vicina fra le tre che c'erano nel largo
di chilometri sarei riuscita in qualche modo ad arrivare per le
cinque a destinazione.
Fiato
corto a parte e incitamenti vari a mio padre, ero riuscita a giungere
QUASI al binario n° 7 dopo circa quarantatré minuti e
trentasette secondi.
I
miei sogni non si sarebbero infranti: avrei urlato e schiamazzato
alla destra del palco dove Slash si metteva sempre. L'avevo sentito
dire da Christie.
Era
il mio primo Live! Il mio primo concerto! Avrei urlacchiato qualcosa
come «I love Duff!» e avrei sorriso, sorriso tantissimo
quasi a farmi male. Magari m'avrebbe risposto con un «I love
you too» si sa mai.
Avrei
cantato, stonato, saltellato e incitato in seconda, in terza, o in
quarta fila se proprio non fossi riuscita a passare. E avrei visto la
chioma di Axl ondeggiare a tempo di 'Sweet child o' mine', di 'Appetite for Destruction' il secondo
lp che avevo comprato nell'arco della mia vita.
Ah,
il primo era stato dei Rolling Stones!
Poi,
quasi alla fine del concerto, dopo essermi fatta notare, sarei
riuscita a salire non so come magari sbattendo le gengive da qualche
parte ed eludendo la sicurezza, e avrei abbracciato qualunque mi
fosse stato a tiro. Persino quello lì dal 'cappello facile' ,
Stradlin.
Dicevo,
ero ormai prossima ad arrivare al binario quando vidi il treno, quel
treno, l'ultimo di quella mattinata, sfrecciare davanti ai miei
occhi.
'Cazzo,-
mi dissi -se perdo questo arriverò a NYC per le nove! E il
concerto starà per iniziare quando io sarò appena
arrivata in città!'
Non
so come feci a dirla tutta, ma gradino dopo gradino, scala dopo
scala, corsi senza tentennamenti verso l'uscita del sottopassaggio
fino a toccare il treno e imbucarmi alla prima porta che trovai
aperta. Guardai solo quello che avevo davanti agli occhi, senza
crucciarmi di tutto ciò che lasciavo alle spalle. Fu una
scelta così istintiva, ma la frenesia e l'adrenalina non mi
permisero poi molto di pensare. Io volevo vedere i Guns n' Roses.
And
I don't worry about nothin' no Cause
worryin's a waste of my ... time(2)
Non
mi importava di niente in quel momento, e forse avrei dovuto. Forse
se avessi aspettato mio padre avrei trovato il Ritz e non mi sarei
persa. Magari il concerto era cominciato, ma almeno ne avrei visto
gli ultimi venti minuti.
Comunque
solo una volta dentro, imbottigliata nel fiume di persone all'interno
della carrozza, scoprii con terrore che mio padre, per Dio, non era
riuscito a salire nel vagone. Ero sola e una volta scesa non avevo la
più pallida idea di dove andare.
Dopo
aver rovinosamente ceduto all'asfalto invitante ai piedi del Ritz che
mi si ergeva davanti sospirai per lo sconforto, mi rialzai dolorante
e traballante mi diressi verso l'entrata.
La
gente era ormai sparita, solo qualche fan-atico era ancora a
strepidare fuori dal locale giungendomi la sua voce come sgraziata e
fuori luogo. Fuori luogo per il mio umore. O forse solo perché
m'aveva rotto un timpano, e non era certamente così che avrei
voluto mi si rompesse.
They
scream and yell And
fight all night.
Sometimes
it's easy to forget where you're goin' Sometimes it's harder to
leave(3)
Le
guardie si erano concentrate ai lati delle porte, ma siccome ancora
non era chiuso il club, mi ritrovai ad entrare senza che nessuno mi
vietasse l'accesso. Forse pensando che ero una di quelle che s'era
persa il reggiseno o gli orecchini dentro la calca di poco
tempo prima.
Spinsi
la porta con la mano tremante e le mie gambe mi portarono dentro:
odiavo quello che stavo facendo. Vedere il luogo del concerto nel
quale non ero riuscita ad esserci.
Era
desolato il posto. Sporco, pieno di mozziconi di sigarette, di
vestiti strappati e di una scarpa da ginnastica al lato sinistro del
parterre. C'era del cibo, delle cartacce sparse, qualche pezzo
d'intimo e una mezza bacchetta di legno.
Mi
dava fastidio però, e non per l'odore stagnante che mi
circondava del sudore scaturito dall'adrenalina del Live; mi dava
fastidio perché ero lì, ora, ora che la festa
era conclusa. Ero arrivata al banchetto quando avevano oramai
sparecchiato. Ma chissà perché il mio corpo si era
alzato, le lacrime si erano asciugate ed ero entrata nella sala dal
palco così vicino alla folla.
Chissà
quanti avranno toccato le mani, la chitarra di Slash! Mi
ritrovai a pensare.
Rimasi
estatica, sollevai il capo verso il soffitto, respirai a pieni
polmoni un paio di volte. E mi convinsi di dover smettere di avere
quei fastidiosi singhiozzi dati dal pianto precedente: dovevo
calmarmi.
Imprigionata
dalle innumerevoli persone che erano con me sul treno, a stento
riuscii ad ascoltare il controllore che gridando chiedeva «permesso,
permesso!»
Qualcuno,
dal fondo, gli chiese qualcosa come «che succede?» e lui
per risposta andò avanti nel quarto vagone facendosi largo fra
i passeggeri a passo di marcia. Magari era la ventinovesima volta che
glielo chiedevano...
Il
guaio era che io ero davvero impaurita in quegli istanti: impaurita
dal fatto di essere da sola, completamente sola, appena sarei scesa dalla
stazione di New York e di non sapere minimamente dove andare.
Where
do we go?
Where
do we go now?
Where
do we go?
Sweet
child o' mine(4)
Perché
in teoria era mio padre che conosceva la strada e si era offerto, per
l'appunto, d'accompagnarmi. Gli occhi mi si velarono di lacrime che a
stento repressi. Ma mi morsi il labbro e cominciai ad angosciarmi
pesantemente per la prima volta in quella giornata quando rivenne il
controllore, circa otto minuti dopo, tutto trafelato appena tornato
dalla sala del capotreno e ci disse che c'era stato un guasto
tecnico.
Sì,
i soliti guasti tecnici su i treni regionali.
Infatti
il treno pian piano decelerò e si fermò ad una stazione
a cui ora non mi sovviene il nome. Molti scesero fortunati che era il
loro punto d'arrivo, ma altri, come me, cominciarono ad agitarsi
esprimendo tutta la loro impazienza e frustrazione.
Per
altro non c'erano altri treni in arrivo, e quello dopo, in serata, si
sarebbe rallentato non poco per il ritardo di quest'ultimo.
Il
ritardo fu qualcosa di inaspettato, allo stesso tempo mi fece perdere
ogni buon proposito di avere le prime file: cinquantasei fottutissimi
minuti di ritardo.
Well,
well, well you just can't tell(5)
Misi
una mano sul cuore e ascoltai il battito: era accelerato, ma non per
i bei motivi che immaginavo solo poche ore fa.
E
mi girai, pronta per andarmene. Forse avrei chiamato mio padre da
qualche cabina, ce n'era proprio una vicina al locale.
Ero
stanca di tutto questo. Di tutta la tristezza che sentivo sin dentro
le membra fino a piangere persino del mio stato in quel momento. Non
ero stata, in realtà, mai troppo pessimista. Ma diavolo,
adesso ne avrei avuto tutto il diritto.
Il
buio pervadeva la sala che fino alla fine del concerto era
sicuramente stata chiassosa e colma di riflettori. Mi sembrava di
essere, davvero, come quel club: svuotata.
It's
getting dark too dark to see Feels like I'm knockin' on heaven's
door(6)
Poi
s'accese una luce, una piccola, forse solo un accendino che brillava
nell'oscurità del parterre. Era una luce fioca che proveniva
dal palco.
All'inizio
non ci diedi troppo peso: potevano essere i soliti inservienti o
tecnici comparsi per ripulire tutto il casino del post-concerto.
Anche se era un po' strano che si facessero strada con un affare
del genere.
Ma
poi sentii imprecare sotto voce lui, e là fu veramente il
colmo: «Dove è finita ora? Dove? Che devo chiamarti per
nome? No, no. È un oggetto Steven, non una persona... Non ti
risponderebbe! Dove fottutamente è finita? Ahh... Ci uscirò
pazzo!»
Un
biondo, parlando a se stesso, era chino dinanzi alla batteria e
continuava ad abbassarsi e rialzarsi senza battere ciglio cercando,
nella poca luce che teneva nella mano, qualcosa di sconosciuto.
E
come se non bastasse un'altra voce, sempre dal fondo del palco,
sopraggiunse alle mie orecchie: «Sei un emerito cretino.
Lasciamelo dire Adler, lasciatelo dire. Axl è già
incazzato e ha lasciato il Ritz, facciamo alla svelta. Forza,
ritroviamo 'sta puttanata.»
«Izzy,
lascia stare i piagnistei e... Man, perché non fai un
po' di luce qui? -e indicò la fine del palco- È dove mi
sono sporto alla fine per salutare i fan!» e c'era una certa
ilarità nella voce.
«Sì,
sì. Ecco, arrivo» si fece strada il moro; intruppò
in qualche filo, disse qualche bestemmia e non nel tono basso che
teneva l'amico, capitombolò quasi nel buio, ma alla fine la
spuntò avvicinandosi con un altro accendino, il suo,
all'estremità del palchetto.
Ma
le mie speranze di certo non erano tutte andate a rotoli. Io speravo,
sì. Maledettamente. E una volta approdata nella 'Grande Mela'
mi misi d'impegno per cercare un qualsiasi essere che sapesse da che
parte andare.
Girai
a vuoto troppo, troppo tempo.
Percorsi
strade, chiesi a bar e ristoranti e persino ai passanti, ma c'era chi
diceva che non era di New York, tanto per levarsi l'impiccio, chi non
sapeva spiegare le indicazioni e chi, dandomele tutte corrette... Mi
faceva perdere il senso dell'orientamento. Capitemi, avevo sedici
anni e non ero mai stata nella metropoli. E se c'ero stata era stato
tanto tempo fa, accompagnata. Mai, mai mi sarei sognata tutta questa
immensità d'ogni cosa, sconfinata in ogni dove. C'era da
perdersi. E io lo feci.
Welcome
to the jungle We
got fun n' games We
got everything you want(7)
E
sapete, fu forse in quel preciso istante che la speranza mi venne
meno. Perché era diventata un'illusione.
Il
dolore, l'agonia, tutto quello che volete... Solo in pochi secondi
scomparvero. Pfui! Manco fossero mai esistiti. Piansi, risi, volevo
svenire e al tempo stesso ringraziare tutti e nessuno! Quasi soffocai
nell'esultare fra i lacrimoni che veloci scendevano giù dal
viso e...Saltellai, incredibilmente, seppur i piedi mi bruciassero
per quanto avevo girovagato e corso, e non lo so... Giuro, non capivo
più nulla.
Quindi
esattamente non so spiegare quel che feci in un attimo.
Loaded
like a freight train Flyin' like an aeroplane Speedin' like a
space brain(8)
So
solo che vidi i due volti esterrefatti e sconvolti di Izzy Stradlin e
Steven 'PopCorn' Adler guardare nella mia direzione appena sentirono
la mia voce.
Ehh
sì, due facce da immortalare in una fotografia: si fermarono
nelle ricerche di qualsiasi cosa stavano cercando, si guardarono e
...BAM! esclamarono insieme 'Oh Cazzo' così seri e preoccupati
da far accapponare la pelle.
Dico,
alla fine lo trovai il Ritz. Sì, beh ore dopo, nella notte più
pesta. C'erano tutte quelle belle luci della grande City, sembravano
tante lucciole appisolate su i grattacieli o adibite come festoni.
ERA buio, ma sembrava non esserlo, e non faceva neanche troppo
freddo. Mi ero comprata una cioccolata calda e un tramezzino, eppure
il magone che avevo nello stomaco non era ovviamente dovuto al cibo.
Come
già dissi, sì ero riuscita a scovare il Ritz, ma
non c'era più niente da fare.
Ormai era tardi.
You'll
have to climb back on the wagon It
ain't easy livin' like you want to It's
so hard to find piece of mind (10)
«...E
questo è tutto» dissi tirando su con il naso in
direzione di Steven.
«Oddio,
mi dispiace troppo piccola!» rispose lui, mogio.
Se
all'inizio erano spaventati dalla mia persona e dal mio modo di
reagire a loro, ai propri artisti preferiti, quando
incominciai a ringraziarli così, di punto in bianco pian piano
si resero conto che avevo tutt'altro che intenzioni negative da fan
isterica e maniaca quale loro pensavano. Volevo solo la mia fetta di
felicità.
Mi
ritrovai infatti a raccontare, nel mentre Adler aveva ritrovato la
sua preziosa bustina bianca, tutto quello che mi era accaduto e nel
frattempo loro m'avevano invitato a salire sul palco, mettendomi in
qualche maniera seduta come loro due che erano ai miei lati.
«Senti,
io ho un'idea.» esclamò tutto d'un tratto nella penombra
del posto, Stradlin. E poi s'alzò.
«Quale
idea, amico?» rispose guardandolo dal basso verso l'alto il
batterista.
Io
trattenni un attimo il fiato, e anche stavolta non di certo per il
sudore, ma perché comprendetemi, due dei componenti dei Guns
mi erano accanto!
«Torno
subito. Tu, -e immaginai che indicasse Steven, ma non è che si
vedesse molto pur con quegli accendini -vai alla batteria. Vai.»
Izzy
riaccese la fiamma, che ora scattando era un poco più alta e,
ordinato ciò, scomparve dalla nostra vista. I passi si fecero
più attutiti, l'odore della sua sigaretta meno intenso.
Il
biondino non se lo fece ripetere due volte e a quanto pare si mise
subito dietro il suo amato strumento, seduto come solo lui sapeva
sedersi, ah!
I
see you standin' Standin' on your own It's such a lonely place
for you For you to be If you need a shoulder(11)
D'improvviso
s'accesero le luci, non tutte a dire il vero, giusto qualcuna.
Qualcuno sembrava aver pigiato tasti a caso pur di far luce là
dentro.
E
così era stato: Izzy ricomparve e con lui una chitarra. Non la
sua, non la solita... Era una chitarra acustica.
«Sai
che facciamo ora? -io lo guardai ammirata e negai evidente col capo
-Se ci prometti solennemente che non inizierai ad urlare facendoci
scoprire dai proprietari, dalle bodyguard e da chiunque ci possa far
sbaraccare in un baleno... Beh, ti suoneremo in acustica 'Paradise
City', che ne pensi... È fattibile?»
Oh
sì che lo è! Pensai, ma annuii e basta, con tanto
di mani che piano applaudivano, come una foca.
«So
che la mia voce non è quella di Axl, ma basta il pensiero,
right?»
«E
one, two... E one, two, three, four!» diede il tempo Steven,
con un sorrisone tutto per l'occasione.
«Take
me down to the paradise city Where
the grass is green and the girls are pretty Take-
me- home! (9)»
Fu
davvero uno spettacolo quel giorno. Un po' di meno quando mi
riacchiappò mio padre per riportarmi... sì, portarmi
a casa.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
1-
It's so easy. --- È così facile, facile quando
tutti provano a farmi contento.
2-
Mr. Brownstone --- Non mi preoccupo di nulla, no. Preoccuparsi è
tempo ...sprecato.
3-
Out ta get me --- Urlano e gridano fanno a botte tutta la notte. A
volte è facile dimenticare dove si va, a volte è più
difficile andarsene
4-
Sweet child o' mine --- Dove andiamo? Dove andiamo ora? Dove andiamo?
Dolce piccola mia
5-
My Michelle --- Bene, bene, bene non si può dire
6-
Knockin' on heaven's door --- Si sta facendo buio, troppo buio per
vedere. Sembra che io stia bussando alla porta del paradiso
7-
Welcome to the jungle --- Benvenuta nella giungla, noi abbiamo
divertimento e giochi, abbiamo tutto quello che vuoi
8-
Nightrain ---Carico come un treno merci, in volo come un aeroplano,
con il cervello in orbita
10-Mama
Kin --- Ti stai arrampicando sul vagone, non è facile vivere
come vuoi, è dura trovare la tranquillità
11-Rocket
Queen ---Ti
vedo in piedi, in piedi per i fatti tuoi è un posto così
desolato per te, qui per te, Se hai bisogno di una spalla
9-
Paradise City.
Yo
oh, eccomi nuovamente qui a infestar la sezione con le mie one shot
per l'occasione!
Volevo
svariare, volevo davvero... E quindi ecco qua una storia che CENTRA e
NON centra con il RITZ '88.
Perché
sì, oggi son esattamente 25 anni. ANNIVERSARIO YAP!
02/02/1988... Right.
L'avete
notato? L'avete fatto? I pezzi di canzoni COMBACIANO esattamente con
ogni pezzo della trama che ho fatto, e allo stesso tempo SONO LA
SCALETTA UFFICIALE di Ritz '88.
Ho
fatto un casino di fatica, ma Ehi...Ne è valsa la pena.
Ho
scritto di questa ragazzina in cui che so, ognuno si può
identificare o forse no, che magari va un po' matta per Slash,
o Duff, e via dicendo. Niente di preciso ho dato come caratteristica.
Spero che il suo comportamento vi sembri appropriato. Possa essere
timida quanto vuole, ma una persona dinanzi al proprio artista che
capita una volta nella vita... La ragione la dimentica nel suo paese
natio. LoL. X°°
Solitamente non uso 'Nuovi personaggi', ma come già detto volevo svariare. Non penso d'aver fatto una Mary Sue, giacché ho cercato di essere quanto più 'normale' possibile, ma ...Altolàilsudore... se lo È, mea culpa.
Ho
cercato di essere realista [i ritardi, le conseguenze, la bustina
bianca di Steven Adler -periodo '88-, le reazioni umane, c'è
davvero una cabina telefonica vicino al locale, Adler si è
sporto alla fine del concerto e blabla] e spero si comprenda ciò
che racconta -in corsivo e col colore grigio scuro- che è
passato, e ciò che è presente scritto normale. Poi il
passato va ad intrecciarsi alla fine con la conclusione di LEI che
arriva davanti al Ritz. ;)
Spero
vi piaccia. Spero davvero. E se vi va, commentate. Mi fa piacerissimo
e in più è una one shot, quindi non costa alcunché.
Lalalà.
Enjoy,
Giò.
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