Donnie Ducko
Capitolo 1: La minaccia di Hello Kitty
Fantastici panorami nella città di Mezzosesso. Si trattava
della classica cittadina americana con viali alberati, casette tutte
uguali, famiglie con cani, bulli, fenomeni fantascientifici.
Il nostro affascinante protagonista, Donald Ducko detto Donnie, si
svegliò all’alba su una strada periferica della
suddetta amabile cittadina. Una persona normale avrebbe pensato che si
trattasse di una situazione insolita, ma Donnie era perennemente
ubriaco o strafatto di ogni genere di sostanze psicotrope, ed abituato
a questo tipo di circostanze, quindi guardò il panorama e il
pensiero gli corse immediatamente agli sketch del Bagaglino che aveva
visto la sera prima. In particolare il ricordo di Pippo Franco vestito
da donna, un’esibizione particolarmente nuova e originale,
risvegliò in lui una naturale ilarità e
scoppiò a ridere, immotivatamente agli occhi ingenui di chi,
come noi, non era nella sua testa. Fortunatamente si era portato dietro
una bella bicicletta, quindi vi montò sopra e
pedalò bel bello verso casa canticchiando una robaccia anni
ottanta che conosceva solo lui.
Per la strada abbiamo occasione di far conoscenza con la sua famiglia,
e capiamo subito bene o male com’era la situazione: il padre
era completamente scemo, faceva battute assolutamente deprimenti ma era
convinto di essere un grande cabarettista, la mamma era una brava
borghese accanita fumatrice, due sorelle rompicoglioni erano messe
lì per fare da contraltare di simpatici siparietti.
Scopriremo che in questa famiglia avevano tutti quanti
l’abitudine a ridere senza alcuna ragione logica.
Ora di cena, i Ducko si riunirono attorno al tavolo: la mamma aveva
preparato la sua specialità, la pizza surgelata ancora
surgelata perché fredda è più buona.
“Allora, stasera ho preparato una serie di battute fighissime
che romperanno il gelo delle nostre riunioni familiari!”
Esclamò il padre, tirando fuori un blocchetto degli appunti su cui si era segnato le migliori.
“Pensavo di fare un po’ di referenze alla cultura
pop del nostro tempo, per rendere chiaro che siamo negli anni
’80, che ne dite?”
La mamma sorrise. La sorellina più piccola, il cui nome
intero era sconosciuto a chiunque ma che tutti chiamavano S, intervenne
con un “Che cosa sono gli anni ’80?”, che
metteva in luce tutta la sua tenera innocenza. L'altra sorella, Elisabeth
detta Lisetta la stronza, rispose:
“Papà, le referenze alla cultura pop anni
’80 non piacciono a nessuno!”
“Questo non è vero, ai gay piacciono.”
“Noi non siamo gay, a parte Donnie.”
Il ragazzo fu così scioccato che smise di biascicare pezzi
di pizza congelata e intervenne:
“Aspetta, anche io ho delle battute da fare su di
te!”
“Ma non dire cazzate!”
La signora Ducko intervenne con la sua aura pacificatrice:
“Lisetta la stronza, fai fare a tuo fratello una battuta
cattiva, lo sai che è problematico e la sua imprecisata
patologia psichiatrica lo richiede.”
“Ecco. Giusto.” Fece lui sorridendo tutto
soddisfatto.
La stronza alzò gli occhi al cielo.
“Va bene, fai la tua battuta, vediamo che hai in
mente”.
“Avanti, bimbo mio, fai una battuta, ma che non sia
volgare.” Sorrise la Signora Ducko.
“Ok ok, ora la faccio.” Strappò il
blocchetto degli appunti dalle mani del padre, che per poco non
scoppiò a piangere sulla pizza.
“Questa no perché parla di mestruazioni
… Qui si parla di vagine … cazzo …
pene … smegma … Ohi, ecco, questa è
carina e non è volgare: ‘tua mamma è
così grassa che quando si veste di bianco scatta
l’allarme valanghe’!”
“Donnie, abbiamo la stessa madre!”
“E fra l’altro sono io.” Disse mamma
Ducko. “Ti perdono solo perché sei
problematico!”
“Che cos’è una valanga?” fece
S.
“Ma quelle battute erano mie …”
piagnucolò il padre.
“Basta, sono sconvolto ed offeso nel profondo del mio animo
sensibile!” Donnie scoppiò senza motivo in un
piantolino isterico e scappò in camera sua gesticolando come
una Winx e iniziando a leggere ‘perché io credo in
colui che ha fatto il mondo’ di Antonino Zichichi.
La mamma lo raggiunse in camera dopo alcuni minuti.
“Esci, sto leggendo!” Disse lui.
“È la quarta volta che lo leggi, ti ho detto mille
volte di non leggere Zichichi prima di dormire che poi ti sogni i
fantasmi!”
“Non è colpa di Zichichi, ma della mia malattia
psichiatrica.”
“Non sappiamo manco se ce l’hai davvero
‘sta malattia psichiatrica. Se non leggessi Zichichi penserei
che vuoi solo fare il buffone.”
“Sì, ce l’ho la malattia, faccio cose
strane! Guarda, ora salto sul letto!”
Prese a saltellare sul letto e a fare smorfie con la lingua come
l’Arancia Rompicoglioni.
“Cielo, stai fermo!”
“Nooooo! Perché io credo in colui che ha fatto il
mondooooo!”
“Basta, ci rinuncio!”
La mamma uscì dalla stanza sbattendo la porta. Dopo
sentì un urlo e una caduta.
Ecco, di nuovo.
Pensò.
“Caro, stai bene?”
“Vattene, stronza!”
“Ehm … Certo, tesoro.” E andò
a lamentarsi con il suo succube marito.
“Tesoro, nostro figlio mi ha chiamata stronza.”
“Tecnicamente è il tuo cognome da nubile: Rose
Stronza.”
“Sì, ma mi dà fastidio che lo si usi. E
poi questa gag è presa pari pari da Spaceball.”
“Basta, scopiamo!”
Nel frattempo, Donnie si era addormentato con le braccia attorno al suo
peluche di magica Doremì, giusto per essere svegliato nel
mezzo della notte da una voce conosciuta.
“Vieni!”
“Oh cielo, Zichichi!”
“Non sono Zichichi. E vieni che non abbiamo tutta la
notte.”
“Ma vieni dove?”
“Ah, giusto. Son in giardino, sbrigati.”
Donnie rispose alla chiamata divina strascicandosi come uno zombie fin
fuori casa, dove trovò un tipo vestito da Bugs Bunny che lo
aspettava.
“Era ora, ma che cazzo ci vuole a scendere due rampe di
scale?”
“Eh ma uno ci ha pure sonno a quest’ora. Che ti
credi, mi viene a far visita qualche entità
extradimensionale tutte le notti, l’altra sera ho parlato con
uno shinigami e …”
“Sta zitto! Madonna, visto che ci dovevi mettere tutto
‘sto tempo, potevi almeno pettinarti e indossare un paio di
pantofole.”
“Troppo sbatti. Allora, dammi questo vaticinio.”
“Ok, ok, arrivo al sodo. Il mondo finisce fra
approssimativamente ventotto giorni, minuto più minuto
meno.”
“Sei sicuro? No perché ieri il grande Cthulhu ha
detto che aveva progetti per l’apocalisse fra un paio di
mesetti, a sentire lui ha già puntato la sveglia
… Invece un testimone di Geova due notti fa ha detto che
sarebbe finito oggi, onestamente non so di chi fidarmi
…”
“Ma di Bugs Bunny! Tutti si fidano di Bugs Bunny!”
“Solo Taddeo, e se la piglia sempre in culo.”
“Ma insomma fidati, ho detto ventotto giorni e ventotto
giorni saranno, possa essere sparato in un occhio se non
sarà così!”
“Va boh, va boh. Ora posso tornare a dormire?”
“Certo, certo, io la mia comunicazione l’ho
fatta.”
Donnie ridacchiò per qualche motivo, probabilmente pensava
di nuovo a Pippo Franco, e disse …
“Perché ….”
Pausa in cui per qualche motivo gli autori non ci vogliono dire che
succede, almeno per ora. Sappiamo solo che Donnie si vegliò
il giorno dopo in un campo da golf:
“Sì, dai, ma non è possibile ogni
notte!” Disse un tale vedendolo. “Te l’ho
detto mille volte, Donnie, non si dorme nel campo da golf.”
Donnie si stiracchio comodamente ed ebbe la seguente serie di pensieri:
Dov’è il mio peluche di Magica Doremi?
Perché sul mio braccio c’è scritto
“scemo chi legge”?
Che ci fa qui Patrick Swayze?
“Il tuo peluche non lo so dov’è, sul
braccio c’è scritta la pura e semplice
verità, e per l’ultima volta, NON SONO PATRICK
SWAYZE!”
Donnie balzò in piedi:
“Patrick Swayze mi legge nel pensiero!”
“No, sei tu che pensi ad alta voce. Ora per favore via dalle
balle!”
Il povero Donnie, umiliato da uno dei suoi idoli cinematografici (non
gliel’avrebbe mai perdonato), si allontanò con la
coda fra le gambe e tornò a casa propria, per trovarla
devastata da un incidente: un gigantesco motore d’aereo con
dipinta sopra la faccia di Hello Kitty era caduto dritto dritto sulla
sua stanza. Trovo i suoi che chiacchieravano amabilmente con le forze
dell’ordine.
“… E allora gli abbiamo detto ‘Donnie
Ducko’, e manco a dirlo loro son subito scoppiati a ridere!
Cioè, ti dico, basta il nome a suscitare ilarità,
è una specie di cosa magica e …. Oh, oh,
è arrivato!”
“Lei è stato fortunato signor Ducko.”
Gli disse un poliziotto. “Nessuno cui sia mai caduto in
camera il reattore di un aereo con su dipinta la faccia si Hello kitty
è mai sopravvissuto. Lei ha sfidato la morte.”
“Ma la morte alla fine vince sempre.”
Commentò il becchino che passava di lì.
“Avete sconvolto i piani della morte, e adesso lei si prenderà una vita in qualche modo. Fossi in
lei starei lontano dai cavi elettrici e dai coltelli d’ora in
poi. E attenzione ai tapis roulant e ai maglioni di Cashmere.
Soprattutto di Cashmere!”
L’uomo si allontanò con aria solenne lasciando
dietro di sé una scia di inquietudine.
“Non preoccupatevi.” Disse Donnie.
“Stanotte ho parlato con Bugs Bunny, mi resta ancora quasi un
mese per perdere la verginità prima di morire.”
“Non sarà come il testimone di Geova
dell’altra volta, vero?” Domandò mamma
Ducko.
“Che cos’è la
verginità?” Chiese S.
“Quando si mangia?” Inquisì
papà Ducko.
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