klaus
Allucinazioni.
“Ti è mai
mancato essere umano?”
“Una volta.
Durante un lungo cammino sulle Ande. Un colibrì è volato verso di me e ha
continuato a fissarmi volandomi attorno. Il suo piccolo cuore picchettava come
se fosse una mitragliatrice. E ho pensato a come dovesse essere, sai, dover
lavorare duramente ogni giorno per restare vivo. Essere costantemente in punto
di morte, e quanto dovesse essere soddisfacente ogni giorno che si è
sopravissuti.”
Settima
puntata della quarta stagione.
Klaus e
Caroline.
Chiuse gli occhi per un secondo e si perse, un po’
dentro di sé, un po’ in quel sorriso che le faceva stringere gli occhi come se
stesse guardando diritto verso il sole. Prese un respiro profondo e li riaprì
di nuovo. Vicina ad una macchina, ne approfittò per guardarsi il trucco in uno
degli specchietti laterali.
Sei
perfetta, mia cara.
Cominciò a camminare verso di loro. «Elena? » Si
mise a correre, i tacchi alti che picchiettavano sull’asfalto con quel rumore
di perline e ciondoli che le sfioravano le caviglie. «Elena!» le disse, e sentì
la nausea salirle lo stomaco. «Abbiamo passato praticamente ore per creare
quella tonalità al tuo lucidalabbra. Video su you tube ed e-mail a stylist di
tutta l’America, per favore…»
«… Potresti smettere di baciare Damon davanti a me?»
continuò Elena con la sua voce chiara. Si passò una ciocca di capelli neri
dietro l’orecchio, e sorrise mentre Damon l’abbracciava da dietro.
Damon sorrideva a quel modo che gli creava la
fossetta alla guancia destra, un angolo della bocca più alzato rispetto
all’altro, gli occhi color ghiaccio a schernirla. «Non sa resistermi. E non mi
dispiace per niente, Caroline.»
Caroline lo ignorò. «Non capisci proprio niente,
Elena.» Scosse la testa, guardandosi le unghie smaltate con quell’adorabile
color confetto della Kiko che le dava un’aria
fresca, sbarazzina e al tempo stesso raffinata– era scritto tutto nel
catalogo dei cosmetici. «Puoi baciarlo quanto vuoi, quell’idiota.» Si sistemò i
riccioli e si costrinse a calmarsi, poi continuò a camminare, c’era Hayley, lì,
vicino ai cespugli.
Che
cosa ti ha fatto innamorare, eh, Elena? Immersa nelle coperte della sua stanza,
durante un pigiama party per fingere la normalità, Caroline aveva guardato
Elena storcendo le labbra.
Lui,
aveva risposto lei. Ogni parte di lui.
«Buongiorno, raggio di sole.»
Caroline si fermò, all’improvviso, e sentì un
brivido lungo la schiena. La sua voce continuava a risuonarle nelle orecchie
con quella tonalità bassa e sabbiosa.
Lui era sempre stato l’ombra. Una porta che si
apriva e la sua linea scura sul pavimento, a oscurare tutto quello che
incontrava.
«Klaus.»
Ombra.
Caroline sbuffò, ma non riuscì a muoversi. Cercò di
sorridere ma sentiva dolore allo stomaco, come se avesse appena bevuto
dell’acqua gelida.
«È un complimento, suppongo…» disse ancora.
Lui fece qualche passo e si fece illuminare dallo
spiraglio di luce che si librava dalle nuvole, i capelli biondi a splendere,
gli occhi azzurri dalle sfumature più chiare intorno alla pupilla.
L’oscurità
sotto il sole.
«Non potrebbe essere diverso, mia cara.»
Il verde scuro della sua giacca faceva sembrare i
suoi occhi più scuri, ma sempre più luminosi.
«I raggi del sole fanno morire i vampiri bruciati.»
«Fuoco e amore stanno sempre insieme, Caroline. E
dove c’è l’amore, c’è anche la morte.»
Caroline misurò il peso sui tacchi, mosse
leggermente le braccia e inclinò il viso. E poi distolse lo sguardo.
Non poteva guardarlo per tanto tempo: dicevano che
guardare una luce troppo a lungo te la fa vedere anche quando non c’è più. Ti
rimane dentro la cornea, una lucciola intrappolata per sempre nei tuoi occhi.
Klaus non faceva niente di diverso. Le restava intrappolato negli occhi, una
macchia nera invece che chiara a distorcerle tutte le cose che incontrava. Dopo
un po’ la macchia sembrava svanire, ma Caroline lo sapeva.
Le scivolava nel cuore.
Klaus si avvicinò ancora di più, un filo di barba
dorata sul mento, la fossetta sulla guancia mentre le sorrideva.
«L’organizzazione del ricevimento per la promozione di tua madre come sindaco
e… la morte di Silas per chi sa, tra l’altro è stata…»
«Perfettamente organizzata sotto ogni punto di
vista,» finì lei. Voleva scappare. Restare. Lui era orribile. Perfetto. Scosse
la testa. «Che cos’altro ti puoi aspettare, da una come me?»
«Mi piace molto questa tua sicurezza, a parte il
fatto che da te posso aspettarmi di tutto, Caroline.» Klaus smise di sorridere
e la luce scomparve. Gli rimase solo intorno, come una nuvola. Un aureola
intorno ad un diavolo. «A che cosa pensi?»
«A cosa pensi tu, invece. Credi di conoscermi?»
«Credo di sapere che sei molto di più di quello che
pensi di essere.»
«Credere fa parte dell’essere umano.» Caroline si
mise le mani sui fianchi e cercò di trattenere, con un respiro profondo, il
tremolio nella voce. «Salve, Vampiro Vintage, vuoi unirti al nostro club?»
«Caroline, » Klaus pronunciò il suo nome piano,
strascicò le lettere come se le stessa assaporando una ad una sulla lingua.
«Perché sei venuto? Hayley deve averti visto e sai
che Damon…»
«Mi sembrava giusto presentarmi qui in pace e
tranquillità. Per i miei amici.»
«Amici?» La voce di Caroline si fece più alta.
«Pensi solo ai tuoi interessi! Pace e tranquillità… stai rispettando il patto
di non ucciderci ma chi ci dice che tu non stia pensando a qualcun altro dei
tuoi malefici piani? Se ascolti, prendi sempre e solo le cose che ti
interessano. Come… come quelle canzoni stupide che fanno alla radio, quelle che
finiscono sempre per “Baby” o “Darling” e quando le canti a una ragazza per
fare colpo non sai che dire ma sai solo quelle due parole. Oh, darei la mia
collezione di orecchini per pagare delle guardie del corpo a quegli imbecilli…
spero che non diventino mai vampiri dei cantanti del genere… sai che significa
sorbirseli con nuove e identiche canzoni per l’eternità? E… oddio, perché sto
parlando di canzoni?»
Klaus le sfiorò il mento con la mano e ci passò
sotto il pollice. «Perché sei un vulcano di energia, Caroline.» Klaus inclinò
la testa e Caroline sentì il suo profumo di cuoio, menta e liquore al limone.
Si sentì stordire, mentre lui si leccava le labbra e le sfiorava il collo.
«Non qui.» Caroline sentì le sue mani sulla vita che
stringevano il vestito.
«Dovresti vendicarti Elena e Damon, mia cara.» Klaus
le leccò il lobo dell’orecchio e Caroline rabbrividì.
«Non cominciare.» Continua. Sentì la bocca di Klaus che le scendeva sul collo e
Caroline cominciò a pizzicargli il braccio, quella camicia bianca che così si
sarebbe guastata. «Smettila, Klaus… smettila… altrimenti…»
«Altrimenti assolutamente nulla, Caroline.»
«Signori!» Caroline alzò la voce e cercò di
staccarsi da Klaus. «Mi sta importunando! Questo energumeno… »
«Ti ho raccontato tante volte la mia storia e
dovresti sapere che non ho nulla a che fare con l’età della pietra,»le disse
lui a bassa voce, vicino all’orecchio. «Ma forse l’assenza di vestiti ti
distraeva.»
Caroline cercò di cancellare quelle parole dalla sua
mente ma quelle diventarono sempre più ingombranti, mostrandole proprio Klaus in piedi, vicino alla finestra, i
polpacci illuminati dalla luce della luna, il bagliore che scendeva sul addome
scolpito, la pelle chiara.
«Mi sta importunando!»
Klaus
che si chinava su di lei e la accarezzava e…
«Io so benissimo a cosa stai pensando. »
Klaus la prese per il braccio e lei si lasciò
guidare fra folla di tutte quelle persone, cuori ansanti che battevano, sorrisi
che nascevano sui visi per la serenità di essere, in quella rarissima volta,
felici senza avere paura. Fuori dal Grill, il chiasso era soltanto un ammasso
di suoni che veniva da lontano, mentre Klaus, ad una velocità sconosciuta, la
trascinava dentro il locale. Klaus le lasciò il braccio, poi trascinò un tavolo
davanti alla vetrata per non far entrare nessuno. Il locale era deserto, Matt e
Jeremy erano fuori a festeggiare. Quando Klaus ebbe finito, sembrava essere
appena venuto fuori da un film d’epoca… lui era la bruciatura sulla pellicola.
Caroline si stese sul divano, mentre lui si
avvicinava e faceva saltare la cintura dei pantaloni. Caroline lo guardò. Era
tutto sbagliato, tutto tremendamente sbagliato, eppure non riusciva a evitarlo.
Non riusciva a evitare di guardargli il petto quando lui fece cadere la
camicia, non riusciva a smettere di guardarlo negli occhi brucianti di un
calore incandescente. Klaus si sedette sul divano e la toccò. Caroline
fremette, mentre lui le baciava le gambe fino ad arrivare all’orlo del vestito.
Caroline sentì la sua mano lì, a spingere e lei chiuse gli occhi e perse il
respiro.
«Apri gli occhi Caroline.» Lui era veloce, sempre
più veloce, sempre di più.
«Apri gli occhi, Caroline.»
Lui si fermò e lei incontrò i suoi occhi, lucidi e
chiari, che aspettavano. E allora gli carezzò i capelli e la guancia e finì
sulle labbra, e lasciò che lui diventasse parte di lei.
Ma lui non si muoveva.
«Klaus.»
«Adesso.»
Caroline non capì. Sapeva solo che il cuore le
batteva forte e che avrebbe potuto ucciderla. Sapeva solo che avrebbe voluto
non averlo, quell’organo stretto fra le costole come in una gabbia, ma lei lo
aveva desiderato così tanto che ora tutto, dall’ affanno della corsa alla
nausea del sangue, le sembrava un miracolo. Klaus le tolse il vestito da sopra
la testa e spinse, spinse forte. Caroline si aggrappò alle sue spalle e sentì
la bocca sul suo seno, sul petto, la pancia; le sue mani ovunque, fra i
capelli, sul viso, sulle braccia. Non sapeva più dove respirare e cosa
respirare, se non l’odore di lui, quel fiato così caldo. Mandò indietro la
testa e lui rallentò, e lei spinse le unghie nella sua schiena. Era l’unico
momento in cui poteva trovarlo debole, lì, con il petto sudato, le labbra
dischiuse e morbide. Caroline le baciò, si lasciò cadere, e lo sentì in ogni
istante passato, ogni sguardo su di lei, ogni ballo, ogni sorriso, ogni pianto,
ogni pensiero. Si morse le labbra e l’urlo le morì in gola. Si sentiva le
guance bruciare, e non sapeva più se era per quello che era successo o per
quello sguardo che non la lasciava mai.
Klaus.
L’ombra.
Caroline aveva sempre avuto paura del buio.
Adesso, invece, il buio era il suo rifugio.
«Una volta mi hai chiesto se c’era mai stata una
volta in cui mi sarebbe mancato essere umano, » Klaus parlava così, la voce che
scendeva a granelli, sussurrava al suo orecchio. Caroline alzò gli occhi verso
di lui e Klaus le sfiorò il naso con il suo, un soffio lontano dalle sue
labbra, la barba a solleticarle la guancia. «Adesso, Caroline.»
Caroline gli accarezzò il viso. Aveva preso la cura
senza esitazione: sentire la vita tornare a scorrerle dentro di sé era stata la
magia più bella che potesse accadere nella sua vita. Poteva tornare ad essere
normale, e a lei era sempre mancato quello. Essere una frivola studentessa di
diciassette anni. Klaus no, nessuno aveva abbastanza forza per obbligarlo e lui
aveva rifiutato. Caroline sapeva perché, l’aveva letto nei suoi occhi:
l’immortalità era l’unica cosa che aveva.
«Klaus,» disse lei, e scosse la testa. Lui,
splendido nella sua eternità, continuava ad amarla nonostante il sangue,
l’odio, il potere. E Caroline sapeva che non sarebbe rimasto a lungo, ma di una
cosa era sicura. «Non devi desiderare di essere umano.» Fece una pausa e sentì
il cuore riempirsi di una gioia che non aveva mai umanamente conosciuto. E
adesso, lì davanti a lei, riusciva a vederlo per tutto quello che era. «Tu lo
sei.»
***
Caroline sente il buio farsi strada dentro se stessa.
Con gli occhi socchiusi, riesce a vederlo, appoggiato allo stipite della porta,
le labbra socchiuse a respirare un aria che non gli serve più.
«Come puoi fare questo a lui, a me…» La voce di
Caroline è un sussurro. Il dolore le parte dalla spalla dove lui l’ha morsa e
si concentra lì, nel petto, come se il cuore potesse ancora battere. Klaus la
guarda, e lei lo vede sfumato, accennato come in un quadro impressionista. Fra
le poche cose che aveva studiato a scuola, quell’argomento le era rimasto più
impresso. Klaus. Pennellate di luce e oscurità nella stessa persona.
«Mille anni di vita. Sai, la noia,» risponde lui,
come se stesse parlando del perché preferire il rosso al giallo, il sangue al
vino, la notte al giorno.
«Non ti credo,» biascica.
«Allora forse è perché sono malvagio.» Klaus si
passa una mano fra i capelli e non distoglie lo sguardo. La guarda e Caroline
vede due piccole luci azzurre che si fanno sempre più sbiadite.
«No.» Caroline si sente la gola graffiare, qualcosa
di appuntito le affonda all’interno fino a perforarle le ossa. «Sei ferito.»
Parla piano, sente dolore. «E questo dimostra che una parte di te è umana.»
«Come puoi pensare questo?» La sua voce di Klaus è
affilata come i canina con cui l’ha morsa. Gli stessi canini che la stanno
facendo morire.
«Perché l’ho visto. Ho visto me stessa sperare
fortemente di non dimenticare di dimenticare tutte le orribili cose che hai
fatto.»
La
madre di Tyler. Tutti quegli ibridi. Persone innocenti.
«Ma non puoi… non è così? »
Caroline sente l’incertezza, nella sua voce. Quando
è morta, soffocata da un cuscino in quel letto di ospedale, il freddo era stata
la prima sensazione a farle credere che tutto stava volgendo al suo termine.
Finiva la vita di una ragazzina che non riusciva mai a farsi amare abbastanza,
troppo piccola e troppo ingenua per capire la vita.
È lo stesso freddo che sente adesso.
«So che sei innamorato di me,» gli sussurra. Il
dolore le brucia ogni parte di lei. «E chiunque sia capace di amare può essere
salvato.»
«Hai le allucinazioni,» dice lui, brusco.
Caroline sorride.
«Credo che non lo saprò mai.»
Le sfumature si fanno sempre più chiare, acqua su
colori a tempera che Caroline non vede più, Caroline
non vedrà mai più.
Caroline.
Qualcuno la sta chiamando. E lei sente che forse doveva andare così.
Forse doveva morire, per crescere.
Doveva morire, per conoscere davvero suo padre.
Doveva morire, per accorgersi di volere davvero bene a sua madre. Doveva
morire, per riconoscere di essere bella abbastanza e doveva morire, per
rendersi conto di essere la persona migliore di cui parlava nelle bozze delle
lettere di ammissione ai college. Doveva morire, per accorgersi che il male è
una conchiglia che, se messa vicino all’orecchio, fa sentire un eco di
bontà. La bontà di un anima che ancora
puzza di fumo per il dolore, ma che può ancora amare.
La luce in fondo al tunnel è tenue, non la acceca.
Caroline non ha mai creduto davvero in Dio, non ha mai creduto che un’entità
superiore e buona la potesse portare a stare così male, a vivere e a rinascere,
a restare sulla terra senza un cuore che potesse sentire il dolore. Ma forse si
è sbagliata. Forse Dio la perdonerà per aver invidiato Elena, Bonnie, una
ragazza per un bel vestito o per l’amore del suo fidanzato. La perdonerà per
essere un vampiro e per tutti i suoi errori.
Il dolore non brucia più, il fuoco lascia una
carezza amata, un bacio leggero che dice svegliati,
piccola, ora sei a casa.
Apre gli occhi e lo vede, gli occhi azzurri
imperlati di lacrime, la bocca sporca del suo stesso sangue, il fiato che viene
fuori senza nemmeno una parola perché non c’è niente da dire, adesso.
Caroline riesce a sentire. Riesce a vedere.
La parte umana di Klaus è lì davanti a lei, le
appartiene.
E l’ha salvata.
*
*
*
*
Quando Klaus chiama bisogna rispondere.
E poi bisogna assolutamente writtahhhhhhh (Grazie, Noemi e Angel, per
fangirlare con me <3 <3 <3 )
Come credo abbiate capito, la prima
parte potrebbe essere un futuro, mentre l'ultima scena è presa
dalla puntata 13 della quarta stagione di TVD <3 Spero che vi sia
piaciuta e che mi vorrete lasciare un parere :)
Grazie per aver letto
Un bacio
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