Eri libero

di Duca di Curadore
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Non chiedo cosa avevi,
nella tua testa allora,
quel chiodo di pensiero,
tartassante sugli squarci,
d'un animo sconquassato,
quando quella scossa,
percuoteva le tue tempie,
sul ticchettar di denti rotti,
come fulmini nei tuoi sogni.
Ma voglio pensare a braccia,
libere da catene o corde,
o pene vane per innocenti,
e non celle buie ma campi,
non fasce ma armature,
e vita breve ma gustosa,
seguendo il vento dei capi,
lieve e greve insieme,
la spada coraggiosa e alta,
trova spazio in quel giorno,
azzurro di maggio,
dove lama si conficca adagio,
senza odio o ripicca, dolce,
sul cuore tuo perito,
per troppo coraggio.




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