The
Blood Red Sandman
“La prima volta che lo avevo
incontrato
mi era parso un ragazzo tutto sommato normale. Un po’
inquietante, sì, certo, con
degli occhi spaventosi, sì, è vero,ma un normale
ninja del villaggio della
sabbia.
La seconda volta che lo avevo
incontrato non lo avevo
riconosciuto: il volto inespressivo si era trasformato in una smorfia
di odio e
desiderio di sangue, gli occhi di ghiaccio erano diventati di fuoco e
la bocca
si era schiusa in un terrificante ghigno.
Non
può essere lui. Questo
avevo pensato.
Non
è la stessa
persona che ha combattuto contro il Sopracciglione
Con Shikamaru ugualmente tremante al
mio fianco, lo avevo
visto allontanarsi dalla stanza lentamente.
Sì, tremavo. Tremavo perché lo avevamo
fermato mentre stava per
uccidere Lee. Senza un apparente motivo.
Uccidere
è la mia
ragione di vita.
No, non era possibile.
Una cosa così crudele non
poteva essere possibile.
Eppure...
Avevo provato anche io quella
sensazione di solitudine, un
vuoto incolmabile dentro il mio cuore.
Quando mi
chiedevo
perché esistessi non riuscivo a trovare alcuna risposta.
Già. Quante volte mi ero
chiesto il perché della mia
esistenza. Perché mi trovavo a questo mondo se tanto nessuno
mi voleva? E la
risposta era sempre stata un silenzio infinito.
Se sei vivo
hai
bisogno di uno scopo. Perché non avere scopo equivale ad
essere morti.
Uno scopo.
Uno scopo per sentirsi vivi.
Non era assurdo. Non lo era affatto.
Lo capivo.
Così
sono giunto ad
una conclusione: “Io esisto per uccidere tutti gli esseri
umani al di fuori di
me” Combatto per me stesso e amo solo me stesso.
Sì, lo capivo.
Era stato lo stesso anche per me.
Per anni avevo cercato uno scopo per
sentirmi vivo.
Per anni non lo avevo trovato.
Ma poi...
Poi era arrivato Iruka.
E avevo capito che non ero solo.
C’era qualcuno che
riconosceva la mia esistenza. Era bastata
anche solo una sola, singola persona.
Mi
ero sentito vivo, con uno scopo per esistere.
Poi c’erano stati Kakashi,
Sasuke e Sakura. E poi
Konohamaru, Kiba, Shikamaru, Choji, Hinata, Neji, il Sopracciglione e
tutti gli
altri.
Ma lui...
Lui era rimasto solo.
Finché
in questo mondo
ci saranno uomini da uccidere la mia esistenza non
scomparirà.
Lo capivo, ma avevo paura di lui.
Chi combatte solo per se stesso, chi
considera gli altri
esseri umani solo un mezzo per farti sentire vivo è
impossibile da sconfiggere.
Avevo tremato a questo pensiero.
Decisi che non avrei mai combattuto
contro di lui.
Mai.
La terza volta che lo avevo
incontrato eravamo avversari.
Per la prima volta vidi il mostro che
lui portava dentro di
sé.
Era terrificante.
Un essere gigantesco che chiedeva
solo di poter udire le
urla strazianti delle povere vittime e assaporare l’odore del
sangue.
La stessa sabbia era intrisa di
quell’odore.
E lui combatteva.
Combatteva non per ambizione,
né per piacere, né per
vendetta.
Combatteva per sentirsi vivo.
Gli occhi di ghiaccio erano
finalmente liberi di esprimere
tutto il loro odio.
Ma avevo capito.
Avevo capito quel mostro,
quell’assassino.
E avevo capito che non era
né un mostro né un assassino.
Non provava odio, solo paura.
I suoi occhi non esprimevano odio,
solo tristezza.
Era triste perché era solo.
Era triste perché era
odiato.
Era triste perché non
aveva una madre.
Era triste perché non
sapeva amare e perché nessuno aveva
mai amato lui.
E vidi dentro di lui il bambino
malinconico che si dondolava
sull’altalena, con la sola compagnia della sabbia.
E vidi il tradimento
dell’unico essere che lo aveva mai
amato.
E quando, stremato, mi chiese
perché mi sforzassi così tanto
per gli altri gli risposi:
Se hai
qualcosa da
proteggere, qualcuno per cui combattere, allora nessuno
potrà mai sconfiggerti.
Non è combattendo solo per se stessi che si ottiene la vera
forza.
Lui non mi capì.
Ma mi avrebbe capito.
Un giorno.
Un giorno avrebbe imparato anche lui
ad amare.
E nessuno lo avrebbe più
chiamato “mostro”.
Ne ero sicuro perché era
accaduto così anche a me.
Sarebbe stato lo stesso anche per lui.
Dopotutto noi due eravamo
così simili.
Tutti e due siamo venuti al mondo
grazie ad un sacrificio
umano. Posseduti da un demone crudele.
Tutti e due odiati e disprezzati da
bambini.
Tutti e due abbiamo conosciuto la
solitudine. Il vuoto
intorno a noi. Il silenzio senza fine.
E allora perché?
Perché deve accadere
sempre tutto a te,Gaara? ”
Naruto è chino sul corpo
inerme del Quinto Kazekage.
Gaara non si muove.
Sul suo viso è disegnata
un’espressione di calma. I
penetranti occhi di ghiaccio sono chiusi.
Sembra quasi che dorma.
Sembra solamente, perché
lui non può dormire.
Non può...
Non deve...
Naruto prega dentro di sé
che apra gli occhi, che si svegli,
che dica che era tutto uno scherzo.
Prega perché non
è giusto.
Ma una parte razionale del suo
cervello gli dice che ormai è
finita, Gaara non riaprirà mai più gli occhi. Che
il solo pregare non
restituirà al suo cuore il battito, che la speranza non
permetterà al respiro
di ritornare ad affiorare sulle labbra bianche.
Lui era il
Kazekage
della Sabbia. Lo era appena diventato!
Sì. Era finalmente
riuscito a far riconoscere al mondo la
sua esistenza. Il villaggio della sabbia non lo avrebbe più
guardato con
disprezzo.
Aveva trovato uno scopo.
Era morto per quello scopo.
E loro cosa aveva fatto per lui?
Gli avete
mai chiesto come
si sentisse?
Ma ora a cosa serve accusare Chiyo?
Non servirà a rimediare il
torto, né tantomeno a restituire
la vita a Gaara.
Lui non era un mostro.
Non lo era mai stato.
Era solo un bambino solo che cercava
goffamente la
compagnia.
L’aveva trovata.
Era diventato Kazekage.
E quando l’Akatsuki aveva
attaccato il villaggio della
sabbia per cercarlo, lui lo aveva difeso.
Si era sacrificato per salvare il
villaggio.
Non
è giusto! Non è
giusto!
Nonostante Naruto continui a gridare
l’ingiustizia, ormai
non c’è più nulla che Chiyo o Sakura
possano fare.
Lacrime amare gli rigano le guance.
Piange.
Non riesce a fermarsi.
Non riesce a credere ai suoi occhi.
Se pensa che, solo qualche giorno
prima aveva detto che non
gli sarebbe stato inferiore, che presto anche lui sarebbe diventato
Hokage...
Si inginocchia.
Le lacrime non smettono di scendere.
Non vuole più sentire
nulla, non vuole più credere a nulla.
Vuole solo sognare una storia diversa.
Sperare in un finale diverso.
Un mondo dove poter vivere felici e
in pace...senza odio.
Ma la speranza si spenge,
l’illusione finisce.
E tutto torna buio.
Ciauuuuuuu!!! Questa è la mia primissima
fic...sono così emozionata! Il titolo è stata una
vera tortura, ma alla fine ho
deciso per il nome di una canzone dei Lordi (Blood
Red Sandman, appunto) ^.^
spero che vi sia piaciuta (lo so, fa un po’
schifo, ma cercherò di rimediare con le prossime), in ogni
caso recensite!!!
P.S. cercate di non essere troppo sadici
nei commenti, please...sono solo un’esordiente!
Via, ho parlato anche troppo (Infatti!
NdLettori), bye!
Cecia chan
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