Dream
Non mi sono mai interessata di psicologia, né, credo,
comincerò a farlo ora: la trovo una scienza superstiziosa, inesatta e sciocca.
Non se ne abbiano a male gli impiegati nel settore,
eh! Non voglio mancare loro di rispetto, anzi! Trovo
che, dopo i cartomanti, quei vecchi signori armati di taccuino e lettino in
pelle siano tra i migliori fannulloni di tutti gli universi sconosciuti. E guadagnano soldi a palate! Tanto di cappello, dunque.
Ma resta il fatto che dicono solo un sacco di sciocchezze.
Voglio dire, prendiamo un esempio, uno a caso: se Chopper sognasse tutte le
sacrosante notti di tramutarsi in una bestia feroce e di radere al suolo un
intero villaggio, trucidando donne e bambini… non vorrete farmi credere che
questo sia il desiderio inconscio del poverino, vero? Provate ad esporgli tale
teoria, e lo vedrete rantolare in lacrime sotto al primo
giaciglio disponibile. Non regge, come logica. Non regge.
O ancora: Se Nico
Robin sognasse, una notte, di vestirsi da Crocodile e di ballare come un’invasata
per le strade di Alabasta… secondo voi questo sarebbe
sintomatico di un desiderio covato gelosamente dal suo inconscio? La
rivelazione di un sogno irrealizzabile? No, affatto! Vorrebbe semplicemente
dire che la nostra cara archeologa farebbe meglio ad evitare i cibi pesanti
prima di coricarsi! Ecco tutto.
I sogni sono
inutili sprechi di fantasia. Come favole narrate a bambini distratti. Non
possono e non devono condizionare la vita reale. Perché sono solo l’alito di un
dio capriccioso, che si diverte a rimescolare le idee nelle nostre teste, come
giocando con esse come coi dadi.
Io non ho mai
badato ai sogni. Perché sono una donna pratica, che sa quello
che vuole e che, soprattutto, sa esattamente come procurarselo. Anzi,
come guadagnarlo. No, diciamola tutta: come rubarlo.
Non mi faccio certo
influenzare dai sogni, io.
Ma
allora, se è così… che ci faccio sotto questa pioggia battente?
Se
c’è una cosa di cui do atto alle mie visioni oniriche… è la loro straordinaria
verosimiglianza con la realtà; il rumore di questa
pioggia è… identico a quello ch’io
odo tutte le notte, da ormai quasi un mese. Una sinfonia di acqua
sul legno, di gocce tra altre gocce, in una sonata lenta, romantica, quasi
malinconica.
Se
questo fosse il mio sogno, ora mi volterei e vedrei…
“Che
ci fai qui, tu?”
E’ più alto di me,
Zoro. E maledettamente massiccio. Da che lo conosco,
una sola rappresentazione mentale ha sfiorato il mio cervello: roccia. Ecco ciò che lui mi sembra: una
roccia, inamovibile, immodificabile… oltre che innegabilmente idiota, sia
chiaro.
“Beh? Hai la bocca
piena d’acqua?”
E’
buona, glielo concedo. Anche io avrei detto la stessa cosa, se me lo fossi ritrovato davanti sotto un acquazzone, intento a
fissarmi come un cretino, le labbra spalancate in un’esclamazione a stento
trattenuta.
Abbasso gli occhi.
Non perché io sia una pudica giovincella, ma per il bisogno di controllare se…
Sì. La maglia
bianca bagnata c’è. E pure quei pettorali messi in
evidenza dal tessuto quasi trasparente. Tutto identico, ogni minimo
dettaglio... esattamente come l’ho immaginato. Pardon,
sognato.
Non
che sia difficile. Questo zotico veste sempre allo stesso modo, in
fondo.
Ma
allora, se è così… perché il dubbio di non essere sveglia mi sfiora ugualmente?
Retrocedo di un
basso, voltando il capo di lato, cercando di dimenticare quel corpo innanzi a
me, zuppo quanto il mio.
Cercando di
dimenticare le sensazioni di quello stramaledetto sogno.
I sospiri, i baci,
le carezze. Il sottile, eccitante solletico portato
dalle sue labbra sulla mia pelle, dai suoi calli a contatto con la setosità del
mio corpo. E quel calore sopra di me, attorno a me, in me… così intenso, così grande, così
splendido da indurmi ad urlare, urlare, urlare… sino a perdere la voce,
sino a smarrire me stessa. Sino a dimenticare tutto, tranne
l’intensità di ciò che lui mi sta donando. E
poi… giacere, al suo fianco… sospirare sulla sua…
Basta. Mi sta contemplando
come se fossi pazza e, poverino, ha anche le sue buone ragioni. Almeno per
questa volta.
Tu guardalo, che
tontolone bifolco. Si gratta la testa, come se questo potrebbe accelerare i
suoi processi mentali, e mi fissa con la perplessità di un cavernicolo alle
prese con la scoperta del fuoco.
In effetti, credo
che il mondo femminile stia a Zoro come un’equazione
algoritmica stia ad uno scimpanzé. Dunque, la sua
espressione perplessa ed imbambolata è giustificabile.
Ma
non ciò che la segue.
La sua mano che si
alza verso di me… così vissuta, così grande e forte… è identica a quella che mi
sfiora tutte le notti, carezzandomi, dichiarando senza l’ausilio di parola
alcuna che no, non è solo sesso e sì... c’è la speranza, una flebile speranza
che questa stramba, folle cosa che ci ha unito possa continuare; forse per sempre.
Mi convinco del
fatto che non sia un sogno proprio perché la sua mano non raggiunge il mio
volto; si ferma prima, serrandosi attorno al polso, imponendomi di non fuggire.
Riconosco ogni
callo di quelle dita. Ogni minuscolo, piccolo, impercettibile callo. Come se li conoscessi da anni. Come se… li divorassi con le
labbra, tutte le notti.
Basta, è troppo. Mi
libero da lui, dalla sua vicinanza e dalla sua stretta. E lo faccio con un po’
troppa veemenza, dato che Zoro rimane ancora una volta
perplesso. Non parla, né ha battute di spirito da indirizzarmi. Semplicemente, i suoi occhi, solitamente neri e truci, mi fissano
sorpresi, confusi. Gli occhi di un uomo che ha la vaga percezione d’aver
sbagliato, ma che proprio non arriva a comprendere quando e dove.
Porto il polso al
mio petto. Lo traggo in salvo nella stretta della mia mano destra.
“Va tutto bene?”
domanda scontata.
“Ma
certo” e la risposta è ancora peggio. “Io… sono tutta bagnata.” o è la fiera della prevedibilità, o è quella del doppio
senso. Devo ancora deciderlo. “Vado ad asciugarmi.”
“Ehi” quel mezzo
passo nella mia direzione quasi rischia di farmi cadere dalle scale. Zoro,
accidenti a te, vuoi uccidermi? Mantieni le distanze di sicurezza! “Lo sai che
sei strana, da qualche giorno a questa parte?”
“Io?” trillo,
isterica. “No. Io sono normale. Normalissima. E’ tutto nella norma.”
Aggrotta le
sopracciglia. E’ istintivo, quest’uomo, sente quando le cose non vanno. Una roccia con un buon naso per i guai; non che ciò lo renda meno
idiota. “Tutto normale? Sicura?”
“Certamente.”
Tutto normale,
proprio così. E’solo uno stupido sogno, roba da
psichiatri, da strizzacervelli. Aliti di quel dio chiassoso e
borioso, un cretino che si permette di venire a lanciare i dadi nella mia adorabile testa.
E
quelle magiche, oniriche sensazioni non c’entrano nulla con la realtà; so
benissimo che, se provassi ad andare a letto con Zoro, dovrei tramortirlo con
un qualcosa di contundente, lavarlo in ammoniaca e vaniglia, raschiarlo con uno
smerigliatore ed infine imbavagliarlo per impedirgli di emettere qualche sozza
idiozia.
Lo so
perfettamente.
Ma
allora, se è così… perché ho una specie di tuffo al cuore quando lui mi volta
le spalle, lasciandomi sola nella pioggia?