Niente di particolare

di Leliwen
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Ho litigato per un'ora e un quarto con la formattazione HTML e, per questo, ho saltato il compleanno di Lord Voldemort di 15min =_=
No, so che l'avete pensato in molti, ma non sono scomparsa! Solo... la vita reale è un casino. Proverò a riprendere il ritmo ora, ma non vi prometto nulla e sono in ritardissimo i commenti, scusatemi!
Questo capitolo è dedicato a tutte/i voi che seguite questa storia, a chi la tiene tra i preferiti, a chi ha commentato e non ha ancora ricevuto risposta e a chi se l'è letta d'un fiato nonostante fosse ferma da tanto tempo e ha lasciato traccia del suo passaggio.
E ovviamente la dedico a Lord Voldemort, per il suo compleanno! Augurissimi mia cara!
E ora, godetevi il capitolo, spero vi piacerà!


Capitolo XIII
Come corteggiare un ragazzino

Peter era sdraiato sul divano, sveglio, ad aspettarlo. Derek era tornato a casa di Isaac solo verso le cinque e trenta del mattino successivo. I suoi occhi erano più luminosi di quanto suo zio li avesse mai visti, la postura aveva perso quella rigidità granitica, rimanendo comunque severa. Qualcosa era successo. Qualcosa di bello.

"I ragazzi ti hanno aspettato fin dopo cena, mentre Isaac è stato alzato fino a mezzanotte prima di crollare."

Lo informò con un tono i velato rimprovero.

"Avresti almeno potuto mandare un messaggio."

Derek si sedette su quella che era divenuta la sua poltrona e affondò la testa nello schienale alto, senza rispondergli. Aveva un odore diverso dal solito, ma non sapeva di sesso come Peter s'era aspettato.

"Non hai colto il tuo frutto proibito."

Sogghignò, sapendo che questo gli avrebbe sciolto la lingua. E infatti il nipote rispose subito alla provocazione.

"Stiles non è il mio frutto proibito."

"Lui forse no, ma la sua verginità sì."

La testa di Derek cadde nuovamente contro il cuscino con uno sbuffo. Gli occhi chiusi, la pelle leggermente arrossata, il respiro bloccato da qualche parte sotto lo sterno. Peter capì d'aver toccato un altro punto nevralgico di tutta la questione e provò a dargli il suo sostegno. Sostegno, non consiglio, perché per lui la sola cosa che c'era da fare era andare a reclamare la controparte di ciò che l'altro si era preso.

"È normale che il ragazzino sia recalcitrante. Dopotutto non vi siete proprio messi insieme."

Derek rimase in silenzio per lunghi minuti, il respiro che piano piano si regolarizzava e il corpo che riacquisiva tutto il proprio peso, come se fino a poco prima si fosse librato a dieci centimetri dal suolo.

"Zio, come si fa a sedurre un ragazzino?"

Chiese, senza giri di parole, con una tranquillità disarmante. Peter sorrise a quel comportamento. Derek, il piccolo Derek che sgambettava tra i membri del loro branco, era proprio così: disarmante. Con quegli occhi enormi aperti sul mondo e quel modo spensierato e imbarazzante di porre le domande e di chiedere le risposte.

"Intendi, quando l'aria da bello e dannato non basta più?"

"Stiles è… stoico."

"Non per farmi completamente gli affari vostri, ma che avete fatto tutta la notte?"

"Parlato. Lui per la maggior parte. Respirato la stessa aria."

Quando il silenzio si protrasse troppo e Peter capì che non ci sarebbe stato altro, si alzò dal divano dove s'era sdraiato e lo scrutò nei minimi dettagli, le proprie sopracciglia inarcate all'inverosimile.

"Mi stai dicendo che siete rimasti svegli tutta la notte a non fare… nulla? Tutto questo non è normale, non è così che funziona."

Derek posò i gomiti sulle ginocchia e si passò le mani tra i capelli. Era stanco, evidentemente stanco. E vagamente frustrato. Eppure pareva essere soddisfatto di come le cose fossero andate. Nascosto nella curva strana delle labbra c'era il ragazzino di un tempo che si lanciava in imprese assurde e poi era assolutamente entusiasta dei folli risultati ottenuti. Laura l'aveva costantemente preso in giro per questo e lui alla fine aveva smesso di sognare in grande. O forse aveva continuato a farlo, ma senza informarli dei suoi esperimenti.

Come non Kate.

"Stiles è fuori da ogni schema."

"Continua a litigarci e a tenergli testa. Non essere accondiscendente. Non lasciarlo solo."

Si ritrovò a snocciolare senza sapere nemmeno lui perché. Quel ragazzino lo aveva sempre turbato, fin dall'inizio. Lo voleva nel suo branco quando era un Alfa, lo aveva voluto accanto a loro in seguito, quando aveva capito che le sue capacità erano fuori dalla norma, ma in qualche modo lo spaventava.

Lui e Derek avevano sofferto talmente tanto che ora, ritrovarsi a dipendere, in qualche modo, dalle decisioni di un teenagers logorroico e caciarone non era esattamente quello che avrebbe voluto nel loro futuro. Per Derek tutta quella situazione sicuramente sembrava ancora più assurda.

"Vado a prenderlo dopo gli allenamenti di Lacrosse."

Lo informò senza batter ciglio, alzandosi per recuperare una colazione.

"Per protezione contro gli Alfa, contro gli Argent o perché già ti manca?"

Derek si immobilizzò a metà di un passo, una postura decisamente buffa. Poi rilasciò il respiro e distese le dita delle mani, contratte già da tempo. Non gli avrebbe risposto, lo sapeva: rispondere avrebbe significato dissotterrare una parte di cuore che l'altro credeva perduta per sempre, qualcosa che probabilmente non era ancora pronto ad affrontare.

Rimase immobile per un tempo ridicolmente lungo prima che un lamento di Isaac gli desse l'opportunità di svicolare la domanda e concentrare la propria mente su un'urgenza che non gli avrebbe massacrato il cuore.

Peter sospirò stancamente.

Suo nipote era stato uno sciocco e un pazzo a regalare il proprio cuore ad una psicopatica, ma purtroppo certi istinti erano difficile da reprimere. Ora, raccattare i pezzi di quel cuore in frantumi e donarli a qualcun altro avrebbe portato via tempo e non si poteva nemmeno avere la certezza che quel qualcuno – per leggerezza, per errore, o per intenzione – non rendesse i frammenti ancora più piccoli.

Riprese i fogli che aveva sparsi per terra, ignorando il pc lasciato in carica sul tavolino da fumo. Quattro Alfa in gruppo: una donna, tre uomini. Uno di questi era originario di lì – informazione ottenuta da Chris Argent solo il giorno prima. Degli altri sapevano solo che erano venuti per Derek o, più precisamente, per il suo sangue.

Sangue di generazioni di mannari. Il sangue più puro di tutti gli Stati Uniti d'America. Sangue in grado di ridar vita ai morti le cui proprietà erano una leggenda che veniva tramandata attraverso i secoli.

E Jackson, i cui genitori erano stati uccisi tanti anni prima.

Un puzzle interessante, sotto molti punti di vista. Una storia che poteva finire tragicamente male in troppi modi diversi.

Avrebbe dovuto parlarne con Derek e con Stiles molto, molto presto.

            

"Dunque… il matrimonio è stato consumato?"

La voce acida di Erica fece sobbalzare Stiles e digrignare i denti di quel mastino di Scott. Altro che lupo, quello era un vero cane da guardia.

Insulto banale. Poteva fare di meglio.

"Ma che vuole quella?"

Jackson sorrise alla propria ragazza. Poteva non avere il suo stesso udito sovrannaturale, ma fiutava i guai meglio di chiunque altro.

"Non capisco cosa ci guadagni a infastidire Stiles: Derek non la terrà sicuramente in maggiore considerazione e il resto di noi non la eleggerà ad eroina."

"Al massimo ad eroinomane."

Ridacchiò Jackson, per una volta perfettamente concorde con la propria ragazza.

Stiles nel frattempo aveva spalancato gli occhi, era arrossito e poi era tornato alla calma imperturbabilità che aveva avuto per le ore precedenti. Le mani vagarono nell'aria disegnando ghirigori inconsistenti.

"Dunque… ti piace così tanto cacciarti nei guai."

Non proprio una domanda.

"Tu non sai niente di me."

Sibilò la bionda, qualcosa a metà tra una minaccia e una risata, ruotando sullo sgabello dove s'era accomodata per la lezione di letteratura.

Lydia ghignò soddisfatta alla reazione di Erica alle parole di Stiles.

Gli occhi di Scott erano d'oro.

E la sua ragazza decise come quel momento di massima tensione fosse perfetto per pontificare.

"Quell'oca si sente importante solo perché non è più una povera, patetica sfigata."

Erica dovette averla sentita – e Lydia non era minimamente interessata o preoccupata della cosa – e la sua reazione fu alquanto infantile: uscì sculettando dalla classe col naso all'insù come una diva.

Jackson sbuffò infastidito dal comportamento idiota della licantropo.

Stiles intercettò gli occhi di Lydia e le sorrise con gratitudine prima di ritornare agli appunti che stava ripassando in attesa dell'arrivo della professoressa: la verifica di economia era imminente e il mister aveva minacciato di cacciarli dalla squadra se non avessero avuto almeno la sufficienza. Incredibile come, nonostante tutto quello che era successo loro, avessero ancora i compiti e le verifiche come primo problema.

Quel veloce scambio di sguardi, comunque, aveva irritato Jackson.

Non gli era mai piaciuto Stiles: troppo rumoroso, troppo impulsivo, troppo sfigato. Ma ora era "Madre" così come quello sbruffone di Derek era "Padre". E si era ritrovato ad essere con loro "famiglia" più di quanto la sua famiglia adottiva sarebbe mai stata.

"Jackson, ma che prende ad Erica?"

La professoressa era entrata in quel momento e Lydia si era immediatamente preparata ad ascoltare e a prendere appunti, mentre lui si era sbracato un po' meglio sulla sedia, avvicinandosi così a Danny, e il ragazzo ne aveva approfittato.

"Niente, è solo stronza."

Gli rispose cercando di non dar troppo peso alle parole, ma la successiva osservazione dell'amico lo fece scattare come mai avrebbe immaginato potesse succedere.

"E' la prima volta che la vedo prendere di mira uno sfigato come lei."

"Stiles non è uno sfigato."

Danny alzò un sopracciglio valutando ogni tratto irrigidito del volto dell'amico. Jackson sapeva di aver esagerato, sapeva che sarebbe dovuto stare più attento, ma solo chi faceva parte del branco poteva denigrare i membri dello stesso.

E questa da dove gli era uscita?

"Jackson, ti prego! Passi Scott che improvvisamente è divenuto un campione di Lacrosse, ma Stiles?"

Stava intanto infierendo l'altro. Proprio in quel momento il soggetto del loro discutere si esibì in uno sbadiglio sguaiato seguito da una parziale caduta dalla sedia, che sarebbe stata inevitabile se non ci fosse stato Scott a fermarlo.

"Ecco, che… ehi!"

Danny strabuzzò gli occhi guardandolo in volto.

"Perché quella luce nello sguardo?"

Lui scrollò lo spalle: non aveva veramente la più pallida idea di dove l'altro volesse andare a parare.

"Eri intenerito."

"COSA? Ma non dire eresie!"

La professoressa li riprese fermamente facendoli tacere per la successiva manciata di minuti, Jackson chiuso in un silenzio preoccupato e riflessivo e Danny con la voglia, stampata in faccia, di continuare a punzecchiare in quel modo il suo amico.

E infatti, appena Jackson scivolò nuovamente sulla sedia, gli bisbigliò all'orecchio.

"Tu non fare gli occhi dolci alla goffaggine di Stilinski e io non dirò cose sgradite."

"Tu vaneggi."

Sentiva i battiti del proprio cuore battere forte nella cassa toracica e sapeva che Scott l'aveva sentito e si rese conto che anche Stiles li stava guardando. Doveva calmarsi.

"Non io, bello."

Ironizzò Danny riappoggiandosi contro lo schienale della sua sedia e cominciando a seguire la lezione.

Quando la campanella suonò la fine dell'ora Jackson quasi fuggì dalla stanza.

"Ehi, Danny!"

Sentì Scott richiamare il suo amico e in quel momento capì cosa aveva cercato di dirgli l'altro sul non poter fare a meno di ascoltare certe discussioni anche se non si sarebbe voluto.

"Che è successo a Jackson? Non so perché ma credo che tu ne sia più informato di me."

"Guarda che ti sbagli…"

"Senti McCall, non prendermi per il culo, vuoi? So che Jackson è stato strano nell'ultimo periodo, o almeno più strano del solito, e ora lo scopro fare gli occhi da triglia verso di voi. Qualcosa deve essere successo, qualcosa che non mi volete dire. Ok, va bene, non è quello il rapporto che abbiamo tra noi. Ma non sperate che io sia collaborativo. Più di quanto non lo sia già stato."

L'aggiunta seguita dal balbettio di Stiles fece capire a Jackson che Danny era stato già coinvolto.

Jackson si rinchiuse nello spogliatoio per pensare.

Peccato che non arrivò da nessuna parte: Stiles continuava ad essere quella creatura strana per cui continuava ad avere ribrezzo e affetto; Scott era una sua appendice fastidiosa e irascibile; Derek era colui che gli aveva fatto battere i denti dalla paura e che ora lo faceva cuocere in una sensazione di appagante tranquillità anche quando la situazione era stata tutt'altro che calma; Lydia era sua, e solamente sua e si sentiva geloso di ogni occhiata che le veniva lanciata e ogni cosa che lei guardava, ma il suo orgoglio continuava a stridere a quella sensazione di possesso; Erica stronza era prima e stronza era rimasta anche ora; Boyd gli era completamente indifferente; Peter era incomprensibile e terrorizzante; con Isaac non sapeva cosa pensare o cosa provasse.

I compagni di squadra iniziarono ad entrare alla spicciolata, iniziando a cambiarsi per l'allenamento di Lacrosse.

Danny gli si sedette accanto, gli occhi puntati, come lui del resto, sull'armadietto spoglio di Isaac.

"Notizie?"

Gli chiese indicando il posto vuoto con la testa.

"Perché dovrei avere notizie di Isaac?"

Danny sbuffò voltandosi per fronteggiarlo, gli occhi scuri ardenti.

"Forse perché ti è vicino di casa ed è uno dei migliori giocatori che abbiamo?"

Chiese con le sopracciglia inarcate e gli occhi sbarrati in una buffa, esasperata espressione. Il ragionamento di per sé non faceva una piega, eppure Jackson temeva ci fosse altro dietro.

Scrollò il capo per nascondere l'imbarazzo di pensieri che non capiva né sapeva dove l'avrebbero condotto e cercò di risultare esasperato.

"Ok, ok, farò maggiore attenzione. Comunque non ne ho notizie."

Gli replicò, sentendo gli occhi neri perforarlo da parte a parte. L'agitazione aumentava minuto dopo minuto e non sapeva cosa fare per riprendere la calma.

"Farei meglio ad occuparmene io. Per queste cose tu non sei affidabile."

Decise Danny e gli occhi di Jackson divennero irreali.

"Ho detto che ci penso io!"

Fortunatamente l'allenatore interruppe immediatamente quella che poteva divenire una litigata incomprensibile.




Le note questa volta erano in cima... comunque,
CIAO! Sono tornata! Spero, come detto, di riuscire a ricominciare a pubblicare con regolarità.
Un bacio a tutti voi che passate per di qua e ancora auguri a Lord Voldemort! ♥




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