Come gli elefanti

di La Mutaforma
(/viewuser.php?uid=68889)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


“Ti piacciono gli elefanti? A me moltissimo. Credo di essere stata un elefante, un tempo”
“Perché ti piacciono?”
“Perché siamo simili”
“In cosa?”
“Occupiamo molto spazio. Non siamo belli. Ci danno la caccia. Ma siamo sensibili. Gli elefanti sono sensibili. E amano. Ma non come amano gli uomini. Amano davvero, davvero dico!” respirò. C’era silenzio, quindi continuò. “Ne hai mai visto uno? Da vicino, intendo. Le foto ingannano. No? Nemmeno io. Pare che abbiano una gran memoria. Riconoscono i morti. Piangono le ossa”
“Anche tu piangi le ossa?”
“Di questo misero corpo. Sì”
“Non dovresti piangere su ossa vive”
“Ossa stanche. Siamo corpi disseppelliti di ere trascorse, non siamo di questo tempo. Siamo fossili. Vecchi tristi fossili”
“Tristi? Piangono?”
“Stridono. Lamentano un corpo senza età”
Si fece coraggio. “Tu piangi?”
“Io no. Gli occhi, si.”
“Gli occhi tuoi”
“Gli occhi miei”
“Solo gli occhi?”
Sorrise. “Sai se si possa piangere in altri modi?”
“Ti piangono le parole che pronunci”
Rifletté. “Allora prendi un fazzoletto e asciugale. Nessuno pensa di voler piangere”
“Però piangono”
“Nessuno pensa. Quando ami pensi?”
Silenzio. Un silenzio di attesa, nemmeno di riflessione. Il suo sorriso fece il rumore di un colpo di pistola.
“Siamo come gli elefanti, io e te”. 








Facciamo finta che abbiano senso. I miei dialoghi scolastici tra me e me.  
Non bestemmiatemi, è normale che non ci siano soggetti o persone. Sono voci. 
Lavorate di fantasia, le voci solitamente vengono dai corpi. 
Salute e pace. 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1624788