>Stiamo uscendo<
L'uomo con la
valigetta ha un'età stimata sulla trentina, altezza media,
caucasico. Occhi e capelli scuri, dal taglio ordinato e pulito. Si
intravede un cenno di stanchezza sul viso. La mano destra continua a
stringere la cinghia della borsa che scava la sottile imbottitura
della spallina sotto la giacca. I suoi occhi sono vacui, assenti.
Compie lo stesso tragitto quasi tutti i giorni, sempre accompagnato
dalla donna.
La donna che
cammina con passo felpato e svelto, indossa un completo fatto su
misura, scarpe basse, chiuse, adatte a correre. La camicetta manca
del secondo revers ma i lembi corrono chiusi lungo il torace
fino al primo bottoncino bianco. Fisico asciutto e snello. Ha
dimenticato di indossare la cintura, quella mattina. L'umidità
è insopportabile, le arriccia i capelli naturalmente ondulati
e corti che cerca in tutti i modi di tenere a bada con le classiche
forcine invisibili. La sua espressione è vigile e scandaglia
ogni persona che si frappone sul loro cammino. Sembra tenere molto
alla sicurezza dell'uomo che la distanzia di pochi passi.
> Rich, aggiornami<
>La strada è
libera<
Debra Sept pensa
'perfetto' e quando le porte scorrevoli della Borsa si aprono,
Messina spalanca la portiera della limousine. L'uomo entra e Debra
gira attorno alla macchina, lanciando occhiate furtive attorno a se.
L'autista riparte dolcemente, immettendosi nel traffico impazzito
della mattina. E' facile, il suo lavoro. Deve solo far restare in
vita quei ricchi paperoni fissati con la sicurezza.
“La cintura.”
Debra sposta lo sguardo
dal finestrino e lo posa cautamente sull'uomo e poi su se stessa. Lei
è il capo della sicurezza, dovrebbe dare il buon esempio. La
pagano fior di quattrini per presentarsi a lavoro in anticipo e in
ordine. “L'ho dimenticata. Mi scusi, signore.”
L'uomo richiude la
brossure che deve ancora leggere, la valigetta aperta sulle
ginocchia. La solita telefonata che resta senza risposta. La
stanchezza si accentua, il cliente allunga le gambe avanti e guarda
le macchine ferme al semaforo. “Sta per piovere... avete un
ombrello, Sept? Non deve prendere un malanno per colpa mia.”
La donna siede sul
sedile anteriore e, senza farsi notare, lo sottopone al solito esame
di fine giornata. La telefonata è andata a vuoto anche
stavolta. Debra non ha capito molto bene che lavoro fa, ma non la
pagano per fare domande. Il suo cliente conosce cose che gli altri
non conoscono ed è sempre un passo avanti a tutti. C'entra il
mercato della compravendita, ma per il resto è un fantasma: se
Google non riesce a rintracciarti, per il mondo, tu non
esisti. Il lavoro la costringe anche a parlare con quei ricchi
paperoni, ma non se la cava mai molto bene. Deve lavorare il doppio
di un uomo, per dimostrare di essere migliore. E' timida e non
stringe facilmente amicizia. Però è bravissima a
leggere le persone, e più di una volta si è
accorta che il cortese interesse di alcuni clienti nascondeva altro.
Il giorno in cui Mark Framboise non necessiterà più dei
suoi servigi, sarà il giorno in cui aprirà una
pasticceria. Questo le fa ricordare che il contratto sta per scadere
e DeBurgh non l'ha ancora chiamata. “Avete bisogno di qualcuno
all'interno, signore.”
Interno? Ah, la festa.
Mark Framboise chiude gli occhi e annuisce. Odia le feste, quelle
feste. Odia dover parlare del suo lavoro dopo l'orario di lavoro, e
odia presentarsi sempre solo.
“Rich si occuperà
di voi.”
Di quante guardie del
corpo ha bisogno un uomo qualunque? “Sì, signora.”
Ha ristrutturato
l'appartamento e cambiato macchina e guardaroba, da quando ha
accettato di proteggere quell'uomo che non sembra volerne sapere
nulla dello spiegamento di forze in suo onore.
“Ma se preferite,
sarò la vostra ombra. A che ora vuole uscire?”
“Possiamo
pensarci domani?”
E' stato educato, ma è
evidente che ne ha abbastanza di tutti. “Sì, signore.”
“Grazie, Sept...”
“Dovere,
signore.”
***
Il contratto non è
stato ancora rinnovato. Debra vede l'insegna della pasticceria
avvicinarsi sempre di più. Avrà una scritta elegante e
raffinata, pareti pastello... e un telefono che squilla. “DeBurgh,
dammi buone notizie” esclama lanciandosi sul cordless. Le
seccherebbe perdere quel cliente, però. E' uno dei migliori.
“Un altro lavoro?” Debra guarda il microonde aperto, ci
infila la pizza surgelata e imposta temperatura e orario. I capelli
ricci e corti sgocciolano acqua ma l'asciugamano rosa che tiene
attorno al collo le impedisce di avere le spalle bagnate. Posa i
gomiti sul tavolo, il planning del mese completo di incombenze
lavorative, cene con le amiche e appuntamenti dall'estetista.
Picchietta la penna sull'oroscopo del mese e quando il suo cacciatore
di teste personale le comunica il nome del nuovo cliente, Debra
smette di tormentare la ciocca che le cade sugli occhi. Il nome non
le dice nulla. “E' un ragazzino?”
>Uno di quei
geniacci che lavorano nell'ombra. Il governo li usa per hackerare i
sistemi informatici dei Paesi nemici<
“Mh... un nerd...
non li sopporto...”
>Questo perché
sai a malapena usare il bluetooth e la connessione wifi, bellezza<
“Gente stramba
che vive in un mondo a parte...” soffia trasferendo la pizza
dal microonde al piatto. “Parliamo delle faccende serie. Quanto
paga, il genio, per le mie prestazioni?”
>Il solito, nulla di
più<
Già, il compenso
pazzesco di Framboise può scordarselo.
>Scusa tesoro, non
ha ancora chiamato<
Debra sgranocchia la
crosta che il microonde non ha reso molliccia come il resto e alza le
spalle. “Mi piaceva la sua gratifica natalizia.”
***
Sta bevendo troppo. In
due anni di lavoro, non ha mai visto il suo cliente alterato
dall'alcool. Aveva una brutta faccia quando è salito sulla
limousine. Debra non crede ad un lutto in famiglia, quanto ad un
crollo del mercato invisibile per cui lavora. Scivola come un
fantasma fra gli invitati e di gorilla ne vede parecchi. Le escort
sono ancora più accorte di loro. Quasi nessuno porta la moglie
o la fidanzata a quelle feste. Framboise si presenta sempre solo, ma
Debra sa che ha una fidanzata da qualche parte. Una poetessa o una
scrittrice, non ricorda bene. La sua telefonata senza risposta delle
19 di sera. Il contratto non è stato ancora rinnovato e anche
se ha un rimpiazzo pronto, l'idea di non gestire più la sua
sicurezza personale la disorienta. Si avvicina all'uomo e lo saluta
educatamente.
“Vuole bere
qualcosa, Sept? Ah, già... è in servizio...”
Lo dice come se fosse
molto seccato della sua sobrietà. “Sono astemia,
signore.”
“Si diverte,
qualche volta?”
Il suo cliente deve
odiare il mondo intero, quella sera. “Sì, signore.”
“Ha un
fidanzato?”
“No, signore.”
Mark Framboise
annuisce, prende atto e indugia lo sguardo nel bicchiere di
champagne. “Lei non ride, lei non beve, lei non ha il
fidanzato...”
Lo dice come se la
detestasse, ma Debra è abituata ai clienti difficili, ed è
la prima volta che le pone tutte quelle domande. La conversazione con
gli alti papaveri deve essere stata inconcludente e noiosa. “Posso
parlare liberamente, signore?” mormora girando lo sguardo
intorno. “Il mio contratto non è stato rinnovato e
l'agenzia ha provveduto ad affidarmi un nuovo cliente.”
Mark Framboise smette
di guardare le bollicine formate sul bicchiere e sposta lo sguardo
sulla donna.
Debra pensa che è
un bell'uomo ma non è entrato in nessuna classifica perché
lui, tecnicamente, non esiste. “E' l'ultimo mese che ho
l'onore di riportarla a casa sano e salvo” annuncia
togliendogli il bicchiere dalla mano e posandolo sul primo vassoio
vuoto. “Vuole seguirmi, signore?”
“La festa non è
finita, Sept...”
“La festa è
finita, signore.”
E a volte, deve usare
le maniere forti.
Mark Framboise sa che
potrebbe stenderlo con una mano. Non ha mai avuto dubbi sulle sue
capacità, anche se è la metà di un uomo.
“Non mi costringa
ad usare la forza.”
E gli ricorda la
maestrina del primo anno di liceo che lo caricava di compiti. Si era
preso una mezza cotta per lei. Mark Framboise tace e la segue fuori,
mentre Debra chiama la macchina e lo piantona, neppure fosse un
carcerato in attesa di essere trasportato nel braccio della morte. Lo
infila nella limousine e sale davanti con l'autista. Il silenzio
dell'abitacolo è fastidioso, dopo il chiacchiericcio e la
musica della serata. Il capo della sicurezza non lo lascia mai solo
ma stavolta ha scelto di sedere sul sedile anteriore.
Quando Debra apre la
portiera, lo trova mezzo addormentato. “Siamo arrivati,
signore.” La sua residenza è in uno di quei grattacieli
che salgono fino a bucare le stelle. Debra non è mai stata
dentro l'appartamento e non ha mai oltrepassato il custode in livrea.
Ci sono diversi ascensori, Mark Framboise le indica quale prendere e
Debra sospira e si chiede se dovrà anche spogliarlo e metterlo
a letto. Sta in piedi da solo ma non si fida a lasciarlo andare. Non
le piacciono quegli ascensori che si aprono direttamente all'interno
delle abitazioni, fanno tanto centro commerciale e azzerano il
concetto di privacy. Il suo cliente è ben strano: tiene alla
sicurezza ma i vetri alle finestre non sono neppure antiproiettile.
Chi ucciderebbe un uomo che non esiste? “Siamo arrivati,
signore. Mi dia la giacca.”
“Posso farlo da
solo...”
“Non voglio
trovarla a dormire sul pavimento, signore” annuncia chinandosi
a slacciare le stringhe delle scarpe.
“Non siete la mia
cameriera personale, non ne ho mai avuta una e non comincerò
ora...” si oppone ricevendo un'occhiata perplessa.
“Bene, signore.
Mi faccia vedere.”
Debra si rialza e
incrocia le braccia. Lo sfida a chinarsi in avanti senza vomitare o
cadere lungo disteso. Resta fregata quando lo vede sedersi sulla
poltroncina, sollevare il ginocchio e slacciare l'altra scarpa con
aria soddisfatta. Sorride, per la prima volta in due anni. “Molto
bene, signore. Molto, molto bene.” Con estrema delicatezza, la
donna fa scivolare lo smoking dalle spalle.
Mark Framboise chiude
gli occhi e li riapre immediatamente. Quella sensazione non la
provava più da molto tempo. “Quante volte le è
capitato... di dover mettere in riga... un cliente?”
“Molte volte,
signore.”
Debra passa il suo
braccio sopra la spalle e lo costringe a rialzarsi dalla poltrona.
“Sono in molti a credere di comprare la persona, oltre i
suoi servigi.”
“E' il
mercato...”
“Col dovuto
rispetto, signore...” sussurra entrando in quella che crede sia
la camera privata “... è una cazzata.”
In due anni, Mark
Framboise non ha mai udito il capo della sicurezza esprimersi in
certi termini. In quei due anni, Debra Sept non ha mai sentito il suo
cliente ridere. Inspira e lo scarica sul letto. “Tolga il resto
dei vestiti e si corichi.”
“Agli ordini...”
Debra resta discosta e
ne osserva i patetici tentativi di slacciare la camicia. Ha messo a
dormire molte amiche e un numero infinito di compagni, al college.
Non fa alcuna differenza. Gli allontana le mani e slaccia i
bottoncini. Il suo cliente ha un buon profumo e la pelle scura da
lettino abbronzante. E' una persona molto curata. Le viene voglia di
vedere cosa contiene l'armadietto del bagno. Tira la cintura dai
passanti, sente il suo sguardo scuro addosso e crede, ma non è
certa, che sia eccitato. “Il resto non spetta a me”
dichiara a bassa voce. “Posso sapere perché il contratto
non è stato rinnovato? Ho gestito male il mio lavoro?”
sussurra, ben sapendo che è inutile parlare con un uomo
ubriaco che l'indomani mattina ricorderà meno della metà
di quel che è successo.
Anche se è
ottenebrato dall'alcool - ed ora eccitato da tutto quel movimento di
mani femminili – Mark Framboise può sentire la sua voce
passare dalla sicurezza alla timidezza. “Le dispiacerebbe...
non lavorare più per me... Sept?”
“Sì,
signore.”
“Perché?”
La verità? Si
affeziona ai clienti e lui non le ha mai dato problemi. “Per la
sua gratifica natalizia, signore.”
Mark Framboise sorride
e tira la camicia dai pantaloni eleganti. E' un bello sforzo ma una
volta libero, è felice di averlo fatto. Debra Sept ha gli
occhi grandi e di color nocciola. Anche quella sera i ricciolini le
sfuggono dalle mollette invisibili. Anche quella sera, ha addosso un
tailleur pantalone elegante e le scarpe basse. Confondersi come
un'ombra non le è riuscito molto bene. Spiccava fra tutte le
donne ingioiellate e in abito da sera. Mark Framboise risistema un
ricciolino e la fissa, con lo sguardo tipico dell'ubriaco che cerca
di riprendere il controllo. I suoi capelli sono morbidi e setosi e si
infilano fra le dita che è una bellezza. Ora i suoi occhi sono
di due taglie più grandi del normale e le labbra socchiuse si
serrano dopo un istante di incredulità.
Le è arrivato il
cuore in gola. La gratifica natalizia non è l'unico motivo per
temere la perdita del lavoro. “Potrebbe prendere la sua
decisione e comunicarla a DeBurgh?”
“Sì,
signora...” sussurra puntando di colpo le mani sul letto.
Troppo alcool. Decisamente troppo alcool per un mezzo astemio come
lui. “Domattina... sveglia alle sei...”
“Sì,
signore.”
“Potrebbe
prendere le aspirine nell'armadietto del bagno?”
“Certo, signore.”
Mark Framboise strizza
gli occhi cercando di metterla a fuoco. “Grazie...”
Debra si allontana
verso il bagno, le gambe le fremono e ha una gran voglia di scappare.
Non si sofferma a spiare il contenuto del locale, afferra quel che le
è stato chiesto, riempie un bicchiere d'acqua e lascia tutto
sul comodino. Il suo cliente sta dormendo alla grande sopra la
coperta. Debra spegne la luce, sospira e si infila nell'ascensore,
tirando le falde della giacca verso il basso. La musica delicata di
Chopin l'accompagna nella discesa. Non se la toglierà più
dalla mente.
|