Autore:
_wayward.
Titolo:
Never change your mind ~
Fandom:
Teen Wolf.
Rating:
Giallo.
Genere:
One-shot.
Personaggi/Pairing:
Stiles/Derek, Scott, un po' tutti.
Parole:
~6096.
Avvertimenti:
Animal!AU, fluff, slash.
Disclaimer:
Tutto © di Jeff Davis, io non ci guadagno nulla ma potete
sempre
pagarmi per smettere.
Note:
1) Scritta per i magici Faràs su COW–T3 #maridichallenge
2)
Sono tutti lupi, davvero.
Introduzione:
Stiles
è un cucciolo di lupo che passa le giornate insieme al suo
branco,
nella riserva di Beacon Hills, e la sua vita è meravigliosa
–
anche se Jackson rimane un idiota e Lydia continua ad ignorare i suoi
tentativi di corteggiamento.
Niente,
mai, potrebbe fargli cambiare idea.
(Tranne un migliore amico
propenso a cacciarsi nei guai ed un lupo nero con evidenti problemi
di socializzazione.)
~
Never change your mind
La
vita nella tana era la più bella che ci fosse.
Stiles
lo sapeva fin da quando era un cucciolo appena nato, ancora malfermo
sulle zampe e con la pelliccia marrone tutta scompigliata.
Certo
c'erano stati momenti difficili; quando la mamma era morta Stiles
aveva creduto, anche solo per un istante, che lui e suo padre non
sarebbero sopravvissuti all'inverno.
Non
era facile per un lupo adulto rimanere senza compagna e con un
cucciolo a carico ma avevano superato quel periodo brillantemente,
con l'aiuto di Scott e sua madre.
Erano
un bel branco, ora, nella riserva di Beacon Hills – e anche
se
Jackson rimaneva un idiota e Lydia continuava ad ignorare i suoi
tentativi di corteggiamento, Stiles non avrebbe rinunciato a dormire
nella tana insieme agli altri cuccioli, con il fiato di Danny a
scaldargli la pancia e gli artigli di Scott infilati sotto le sue
anche, per nulla al mondo.
Mentre
rincorreva suo padre diretto al fiume per il meritato bagno di fine
giornata, Stiles non poteva fare altro che bearsi di quanto la sua
vita fosse bella e convincersi del fatto che niente, mai, gli avrebbe
fatto cambiare idea.
Assolutamente.
***
La
prima volta che lo mise in dubbio era ancora autunno, il vento gli
soffiava le foglie morte addosso e Scott aveva fiutato un odore
particolare.
«Profuma
di vaniglia e sottobosco» gli stava dicendo, con il naso
alzato ed
il collo rigido.
Stiles
si lasciò sfuggire un sospiro soffocato. «L'ultima
volta che hai
fiutato qualcosa e ne abbiamo seguito la scia un orso mi ha quasi
ucciso, amico.»
«Non
ho fatto apposta!» esclamò Scott prima di
lanciargli quello
sguardo. «E questa volta è diverso, te lo
giuro.»
«Oh,
andiamo» pigolò Stiles. «Smettila di
guardarmi così.»
Scosse
la testa e cercò di fissare gli occhi su qualcos'altro
– la
pelliccia fulva e brillante di Lydia, per esempio, o il naso
esageratamente lungo di Greenberg. Qualsiasi altra cosa
perché,
davvero, Stiles non era in grado di resistere allo sguardo da
cucciolo smarrito di Scott e, in effetti, nessuno lo era davvero.
«Non
sto per seguirti nella prossima folle impresa, Scott»
puntualizzò
dopo una manciata di secondi di silenzio. «Poi sono sempre io
quello
che si fa male, grazie tante.»
Scott
si avvicinò saltellando. «Non ci faremo male,
Stiles! Chiunque
abbia quest'odore non può voler farci del male. Non lo
senti?»
Fiutando
l'aria, l'unica cosa che Stiles percepiva era un coniglio nascosto
nei cespugli a pochi passi da loro ed l'acro profumo dei girasoli
portati dal vento ma non ebbe il coraggio di negare così,
semplicemente, si alzò e si preparò mentalmente
una nuova
avventura. Probabilmente dolorosa, almeno per lui
– il suo
migliore amico riusciva sempre a cavarsela, in un modo o nell'altro.
«D'accordo»
sospirò, scuotendo il bacino per ravvivarsi il pelo.
«Però se
troviamo l'ennesimo grande animale che cerca di uccidermi lo racconti
tu a mio padre, ok?»
Scott
gli diede una zampata sul dorso e ridacchiò.
«Lupo
incosciente» mormorò Stiles prima di mettersi a
correre dietro
l'amico.
Non
erano mai stati in quella parte della riserva ed il sole stava
iniziando a calare.
Stiles,
osservando le forme inquietanti degli alberi che si stagliavano
contro il cielo, iniziò a rabbrividire.
«Uh,
Scott, amico» sussurrò mentre tastava il terreno
con una zampa.
«Non pensi che ci sia qualcosa di strano?»
Scott
non gli rispose e si limitò ad annusare di nuovo l'aria.
«Qui
l'odore è più forte ma non riesco a seguirne la
traccia. É come se
fosse soffocato da...»
«Puzza
di bruciato» completò per lui Stiles.
«Già.
Non pensi che ci sia qualcosa di strano?» chiese allora
Scott,
voltandosi verso di lui.
Appunto,
si disse mentalmente l'altro lupo. L'atmosfera intorno a loro non era
delle più rassicuranti: la terra era secca e arida, solo
poche
piante rade spuntavano alla base dei tronchi e gli alberi stessi
erano morti da molto tempo. Nessuno dei tipici rumori del bosco
giungeva alle loro orecchie e l'unico suono era dato dalla brezza che
gli fischiava direttamente nelle orecchie. L'odore di pianto e
disperazione impregnava ogni cosa come l'eco lontana di un grido
sopito.
«E
quello cos'è?» la voce di Scott gli fece alzare
gli occhi e solo
allora notò l'enorme quercia in fondo al sentiero. Solo un
paio di
foglie scure ricoprivano i suoi rami più alti e la base era
cava,
ritagliata secondo una forma irregolare, come se formata da un tuono
o una violenta esplosione. Il legno attorno al buco e quello del
fianco sinistro dell'albero era completamente bruciato.
Stiles
deglutì mentre Scott si avvicinava alla quercia.
«Sai, amico, forse
questo è il momento in cui dovresti ascoltare il tuo lupo
interiore.»
«Uh?»
fu l'unica risposta dell'altro.
«Si,
hai presente? Quello di cui parla sempre Finstock. E magari tu non lo
senti» aggiunse Stiles senza poter fare altro che seguirlo.
«ma in
questo momento, te lo posso assicurare, ti sta urlando ti andartene
con la coda fra le zampe fregandotene della figura di fifone che
farai. Perché, davvero, io non ti considererei un fifone se
decidessi di correre via, sai?»
Il
basso ringhio che si levò da dietro le loro spalle fece
saltare
Stiles in avanti, inciampando nelle zampe posteriori per poi
accucciarsi per terra con un guaito mentre Scott rallentava
lentamente.
Ritto
su tutte e quattro le zampe e con i denti scoperti, stava il lupo
più
grande che Stiles avesse mai visto. Nemmeno suo padre, che era un
maschio adulto ben proporzionato, raggiungeva probabilmente le sue
dimensioni.
Stiles
si spinse contro l'amico con il capo basso.
«Che
cosa ci fate qui?» abbaiò il lupo pronto a balzare
in avanti – la
pelliccia completamente nera lo rendeva quasi un tutt'uno con il
cielo scuro.
«Noi--»
«Ce
ne stavamo andando» completò Stiles in tutta
fretta. «Non è vero,
Scott?»
L'altro
si limitò ad annuire ed il lupo gli mostrò i
denti un'altra volta,
prima di rilassare le spalle e limitarsi a fissarli.
I
due iniziarono a dirigersi verso la direzione in cui si trovava la
tana senza osare voltargli le spalle e Stiles era sicuro che perfino
Scott, l'incosciente, stesse tremando. «Ehm.
Già» balbettò
allora. «Adesso ce ne andiamo. Ce ne stiamo andando proprio
ora.
Noi--»
Un
ultimo ringhio da parte del lupo sconosciuto li fece scattare a tutta
velocità.
Per
un po', mentre correvano in mezzo agli arbusti appassiti, Stiles ebbe
la certezza che il lupo li stesse seguendo – solo una macchia
dai
contorni indefiniti di cenere e aconito dietro di loro – ma
poi la
luna brillò sopra gli alberi e l'odore di casa
gli invase le
narici.
«Wow!»
urlò Scott rotolandosi nell'erba per fermarsi, quando il
familiare
profilo della tana comparve anche nel loro campo visivo. «Chi
pensi
che fosse?»
Stiles
si dedicò a regolarizzare il proprio respiro prima di
rispondere.
«Non ho idea» ammise. «Ma sono contento
di non doverlo rivedere
mai più.»
Scott
scoppiò a ridere.
«Che
c'è?» ululò lui. «Era
spaventoso e non sono stato l'unico a
scappare!»
Quando
Stiles vide che l'amico non accennava a smettere di latrare, scosso
dalle risate, gli saltò addosso; Scott si difese mordendogli
la
collottola e lui gli azzannò la coda facendolo guaire.
Finirono
entrambi sporchi di terra ed ammaccati per la lotta nel torrente che
scorreva di fronte alla tana.
«Immaturi»
sussurrò Lydia, trotterellando elegantemente fino all'abete
sotto il
quale Jackson si pavoneggiava di fronte a Danny e gli altri lupi
della loro cricca.
«Lydia,
aspetta!» urlò Stiles ma una nuova zampata di
Scott lo tirò di
nuovo in acqua.
Rientrarono
nella tana solo un paio d'ore dopo – il padre di Stiles e
Melissa
tornarono dalla caccia con due lepri fra i canini, su cui tutti i
cuccioli si tuffarono senza ritegno, mentre gli adulti scuotevano il
muso rassegnati.
Quella
notte, Stiles si rannicchiò contro il fianco di suo padre,
respirando il calore del loro rifugio prodotto dai corpi dei lupi di
tutto il branco, e cercò di dimenticare il lupo nero.
***
Scoprì
nei giorni seguenti che dimenticare quell'incontro era apparentemente
più difficile di quanto pensasse.
Scott,
segregato a vegliare la tana da quando sua madre aveva scoperto della
loro intrusione in quello che aveva chiamato “il territorio
degli
Hale”, era più irrequieto che mai. Continuava ad
affermare di
sentire lo stesso profumo e di doverlo raggiungere a tutti i costi.
Per
di più, Stiles non era mai stato un lupo incline a curarsi
unicamente dei fatti suoi – la curiosità non era
vietata nel
branco, nonostante quello che potesse sostenere suo padre –
così
il fatto che Melissa né gli altri adulti rispondessero alle
loro
domande sul lupo nero o sugli Hale, be', di certo non riusciva a
saziare la sua sete di conoscenza.
Fece
le stesse domande a suo padre una sera fredda, un paio di cicli
lunari dopo quel fatidico giorno – quando era sicuro che,
troppo
stanco per obiettare, il genitore gli avrebbe finalmente dato qualche
informazione in più.
Suo
padre sospirò, scostando lo sguardo dai cuccioli che
giocavano fra
gli alberi e puntandolo su di lui.
«Uh»
fece Stiles, cercando di sembrare indifferente. «Non che
vogliamo
cacciarci nei guai o cosa. Davvero. L'avete vietato e noi non abbiamo
nessuna intenzione di ritornare in quel posto spaventoso»
scoppiò
in una risata che sperò sembrasse genuina.
«Perché dovremmo,
insomma?»
Suo
padre roteò gli occhi chiari. «Quindi queste
domande sono a scopo
puramente informativo?» gli chiese con un sorrisetto.
«Assolutamente.»
Stiles si leccò le labbra avidamente e seguì suo
padre quando
questi iniziò a camminare lungo il sentiero, allontanandosi
dal
resto del branco. Avevano poco tempo, lo sapeva: fra poco lui e gli
adulti sarebbero dovuti andare a caccia quindi aumentò
l'andatura.
Stiles
ignorò lo sbuffo che gli saliva spontaneo ogni volta che
pensava a
quella questione: nonostante lui, Scott e gli altri che Finstock
chiamava ironicamente cuccioli avessero ormai quasi due anni, non era
loro ancora permesso di andare a cacciare. E forse era meglio
così,
gli suggeriva una parte di lui, perché il ghigno beffardo di
Jackson
di fronte all'alce che diceva di aver braccato durante la prova in
cui lui e Scott non erano riusciti ad acchiappare che un misero
scoiattolo era ancora fin troppo impressa nella sua memoria.
«Voi
non eravate che neonati» iniziò suo padre ad un
tratto e la sua
voce era talmente profonda che Stiles sobbalzò. Si era
fermato
davanti ad un arbusto rinsecchito, era il segno che limitava il
confine del loro territorio e Stiles gli si accucciò accanto.
«Che
cosa è successo?» chiese, per niente rassicurato
dal tono di suo
padre.
«C'è
stato un incendio» continuò il lupo più
anziano e Stiles si mangiò
le domande che spuntarono immediatamente, drizzando le orecchie per
sforzarsi di ascoltare. «Un gruppo di cacciatori umani
scovarono la
tana degli Hale e-- Erano il branco più numeroso della
riserva»
aggiunse quando lo vide aprire la bocca. «I cacciatori
trovarono la
loro tana e gli diedero fuoco.»
Stiles
abbassò lo sguardo. L'odore di cenere e la puzza di bruciato
non
richiedevano altre soluzioni.
«Sono
morti tutti?» chiese dopo un lungo silenzio,
perché la sua
curiosità prese il sopravvento.
Suo
padre fece un'espressione contrita e si girò per tornare
verso la
tana. «La maggior parte del branco è morta ma due
dei cuccioli
della coppia alpha e un beta adulto si sono salvati.»
Il
lupo nero era grosso, sì, ma non sembrava vecchio,
pensò Stiles,
quindi doveva essere uno dei due figli salvati.
«E--
aspetta, papà!» esclamò, saltandogli
accanto. «Perché gli umani
avrebbero dovuto fare qualcosa del genere?»
Suo
padre si fermò e gli leccò affettuosamente il
muso. «Non sempre
possiamo capire tutto, Stiles.»
«Si,
ma...»
«Niente
ma» ribatté l'altro.
«Ora che sai l'intera storia, voglio
che mi prometta che non tornerai nel loro territorio.»
Stiles
gonfiò le guance paffute. «Uh, non credi che un
giuramento sia un
po' troppo serio? Voglio dire, se poi lo infrango cosa--»
«Stiles.»
«D'accordo,
d'accordo» sbuffò il più piccolo.
«Te lo prometto. Non ci tornerò
più.»
Il
padre gli sorrise e si lanciò in una corsa verso gli altri
adulti
che avevano appena iniziato ad ululare per chiamarlo, lasciandolo
solo.
Stiles
si girò in direzione del territorio degli Hale, dove sapeva
che,
poco oltre l'arbusto di riferimento, c'era la quercia che un tempo
era stata la loro tana e chiuse gli occhi.
Ora
che l'aveva perfino promesso a suo padre, anche se la
curiosità lo
stava letteralmente uccidendo, non c'era proprio verso che sarebbe
tornato in quella zona della riserva.
Fu
nel voltarsi che un forte odore di cenere e aconito gli invase le
narici.
***
«Scott,
l'ho promesso a mio padre!»
Quello
che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico sbuffò e si
sdraiò
con il broncio più adorabile-- no, odioso, dell'intero
branco. Forse
Jackson aveva ragione a prenderlo in giro chiamandolo cucciolo
–
tranne per il fatto che Jackson era soltanto il pallone più
gonfiato
che Stiles avesse mai avuto la sfortuna di incontrare.
«Lo
so, Stiles, lo so» si lasciò
scappare. «Anche io l'ho
promesso a mia madre, però...»
Stiles
roteò gli occhi perché sapeva perfettamente dove
questo discorso li
avrebbe portati: dritti verso quella che si profilava diventare un
oceano di guai.
Da
quando aveva fiutato quel profumo la prima volta, Scott era diventato
inconsolabile e Stiles non riusciva davvero a vederlo in quello
stato, con la coda che raschiava il terreno e lo sguardo basso.
«Va
bene» esclamò all'improvviso e Scott
alzò il muso. «Ascolta,
abbiamo promesso di non tornare dove siamo andati la volta scorsa,
no?»
L'altro
lupo annuì.
«Bene.
Però l'odore non parte dal territorio degli Hale, no?
Quindi, uh,
non dobbiamo fare altro che circumnavigarlo.»
Scott
inclinò la testa e lo fissò con la lingua a
penzoloni.
«Lo
superiamo senza attraversarlo?» fece Stiles, roteando il muso
sperando che capisse.
«Oh!»
Scott quasi saltò sul posto, gli occhi all'improvviso
illuminati e
la coda che non riusciva a stare ferma. «Lo facciamo
davvero?»
chiese con la solita espressione da lupo bastonato a cui nessuno
sapeva resistere.
Stiles
l'avrebbe ucciso, un giorno – sempre che le sue folli idee
non
avessero ucciso lui stesso prima. «Si, idiota» gli
disse e confermò
l'appellativo con una zampata sulla schiena. «Sei
insopportabile ed
inutile in questo stato pietoso.»
Scott
abbassò la testa ma gli diede comunque una leccatina poco
più sopra
del collo.
«Ok,
ok, ora smettila! Non posso accoppiarmi con te, devo conservarmi puro
per Lydia.»
Scott,
senza ritegno, scoppiò in una risata.
Quella
stessa notte aspettarono che tutti si fossero addormentati e poi
uscirono silenziosamente dalla tana.
«Riesci
a seguire la traccia?» chiese Stiles una volta che si furono
allontanati un poco e Scott annuì con tenacia.
«Bene.
O forse no. Oh, spero che ne valga la pena, Scott, altrimenti
è la
volta buona che ti uccido veramente» mormorò ma
l'altro era già
partito in tutta fretta verso le colline.
Corsero
in silenzio per un paio d'ore, attenti a non mettere piede sulla
terra bruciata; Scott si fermava ogni tanto ad annusare l'aria, poi
cambiava direzione e continuava il loro viaggio mentre Stiles si
limitava a controllare il terreno in cerca di tracce fisiche.
Tutto
quello gli ricordava di quando era ancora piccolo, poco più
di una
pallina di pelo nascosto fra le gambe di sua madre, quando ancora
ogni odore era nuovo e passava le giornate a seguire quanti
più
percorsi riuscisse ad individuare: ora un coniglio, ora una
lucertola, poi un'allodola o il profumo di mele ed edera che lo
riportava sempre alla tana.
Forse
fu per il fatto di essere entrambi troppo immersi nei propri pensieri
che se ne accorsero troppo tardi.
I
rumori, acuti e vicini, li fecero fermare dietro una fila di abeti.
Erano voci umane, quasi gridava lo sguardo spaventato di Scott, e si
portavano dietro un fetore che Stiles aveva imparato a riconoscere
dalla morte di sua madre: polvere da sparo.
Scott
si avvicinò a lui e nascose il naso contro il suo fianco.
«Cosa
facciamo, Stiles?» le voci, intanto, non accennavano ad
allontanarsi
e, anzi, sembravano ogni secondo più vicine. Stiles si
guardò
intorno e trascinò lui e Scott sotto un cespuglio di more.
«Sei
sicura che sia andato da questa parte?» stava dicendo un uomo
–
alto come tutti loro e dalla puzza terrificante – quando
anche la
coda di Scott scomparve fra le foglie.
Stiles
si acquattò quanto poteva e sperò che bastasse.
Un
suono simile ad un latrato gli colpì le orecchie e lui
intravide una
donna, dietro il cacciatore, con la testa rivolta verso il terreno.
«Dimmi, mi sono mai sbagliata?» fece questa.
«Mai»
fu la risposta dell'altro.
Stiles
girò la testa verso Scott prima di assottigliare gli occhi
perché
le foglie del cespuglio gli solleticavano il naso umido; lui, premuto
contro il terreno, lo fissava con le pupille dilatate e Stiles
serrò
la mascella.
I
passi che facevano frusciare le foglie secche si erano già
allontanati quando un ringhio famigliare li fece fermare.
«Andatevene»
sibilò il lupo nero, in piedi di fronte al cespuglio e
Stiles, che
non si era nemmeno accorto della sua presenza, non riuscì a
capire
se fosse diretto a loro oppure ai cacciatori.
La
donna scoppiò in un'aspra risata senza nemmeno girarsi.
«È
un po' che non ci vediamo, cucciolo» la sua voce raschiava
con degli
artigli sul legno, spavalda e senza timore, a differenza del compagno
che emanava paura da ogni poro.
Poi
successe tutto molto velocemente: il lupo fece un balzo in avanti ma
Stiles non vide dove atterrò perché un forte
scoppio gli fece
chiudere gli occhi. Altri colpi, sempre più vicini, e poi
non
percepì più la presenza si Scott al suo fianco
così, senza usare
la vista, uscì dal nascondiglio ed iniziò a
correre.
Si
allontanò, probabilmente non molto, ed i rumori continuavano
a
rimbombargli nelle orecchie – urla, un ringhio, un'altra
esplosione
– ma, in quel momento, immerso nel blu della notte,
riuscì a
fiutare soltanto il dolore lacerante che si era impossessato della
sua zampa.
Continuò
a camminare e si lasciò cadere soltanto quando anche il
silenzio
soffocò ogni cosa.
Dopo,
soltanto immagini grigie e confuse prima di precipitare nel buio.
***
La
prima cosa di cui si rese conto fu l'aroma di aconito e il profumo
della cenere.
Stiles
aprì prima un occhio e poi l'altro e capì di non
essere nella tana
non tanto per i ricordi della sera precedente quanto per la mancanza
del calore di altri corpi attorno al suo.
«Non
sareste dovuti tornare.»
Alzò
il muso di scatto e fece per mettersi seduto ma una fitta alla zampa
glielo impedì così si limitò a girarsi
verso la voce. Il lupo nero
era seduto rigidamente a pochi passi da lui, c'erano strisce di
sangue rappreso sul suo pelo e lo fissava in modo talmente intenso
che Stiles non avrebbe saputo definire in altro modo se non
inquietante.
Deglutì.
«S-scott?» riuscì a formulare dopo un
paio di secondi.
L'altro
girò il muso verso il sentiero che si intravedeva in
lontananza. «È
riuscito a scappare.»
Stiles
allora chiuse gli occhi e si raggomitolò su se stesso,
sollevato: se
Scott stava bene ed era riuscito a tornare alla tana allora il branco
sarebbe venuto presto a prenderlo. Poi, lui avrebbe ammazzato Scott.
Sempre che suo padre non avrebbe ucciso prima lui, ecco.
Si
risvegliò un paio d'ore dopo, nemmeno conscio di essersi
addormentato, quando il sole era già alto e il bosco era
accarezzato
da una luce rassicurante. Quasi riusciva ad ignorare la puzza di
bruciato che lo circondava – e sussultò nel
rendersi conto che,
effettivamente, erano alla fine tornati nel territorio degli Hale.
Il
ricordo vago di un respiro caldo contro il suo collo si
affacciò
sulla sua mente ma venne subito sostituito dalla consapevolezza del
presente.
Quando
alzò gli occhi nel posto in cui era seduto il lupo nero,
però,
scoprì che lui se n'era andato. Stiles si
controllò dal capo fino
alla punta della coda e, se non per la chiazza scura sulla sua gamba
– che aveva però smesso di sanguinare –,
si ritrovò illeso.
Nonostante
l'avesse trovato nel suo territorio, di nuovo, il
lupo nero
non l'aveva ucciso e si ritrovò a pensare che, per quanto
spaventoso, forse non era così cattivo.
I
suoi occhi si spalancarono ancora di più quando
notò che, proprio
di fronte a lui, stava una lepre appena uccisa, succulenta ed
invitante.
Stiles
si lasciò inebriare dal suo odore e la divorò
senza pensarci due
volte.
Passò
la giornata a cercare di ignorare la bruciante sensazione di essere
osservato.
Suo
padre si infuriò con lui, subito dopo averlo leccato
dappertutto –
uh, e certe cose dovrebbero essere vietate quando sei un lupo quasi
adulto – e subito prima di legarlo, quasi letteralmente, alla
tana
ed allo sguardo vigile di Harris mentre ogni altro cucciolo gli
lanciava occhiatine divertite, Jackson compreso. Be', soprattutto
Jackson e di conseguenza anche Lydia.
Stiles
avrebbe tanto voluto poter scaricare tutta la sua ira su Scott ma da
quando era tornato insieme agli altri lupi del branco e l'avevano
trascinato fino alla tana non aveva ancora smesso di pigolare le sue
scuse e quindi no, non poteva veramente continuare ad essere
arrabbiato con lui.
La
sua zampa ci aveva messo quasi due cicli lunari a guarire –
«Sei
stato fortunato, Stiles» gli aveva detto Deaton, che era il
lupo più
anziano di tutto il branco e l'aveva fatta apparire una cosa
così
seria che Stiles non aveva trovato niente di divertente da ribattere.
Era stata una vera noia in cui aveva fatto di tutto per non pensare
al lupo nero, fallendo miseramente, ma ora, completamente rimesso a
nuovo, non poteva fare altro che correre in giro per il bosco a dare
il bentornato alla sua ritrovata mobilità e quindi tanti
saluti alla
sua masochistica voglia di andare a ringraziarlo.
La
primavera era già nell'aria quando le punizioni, la sua e
quella di
Scott, vennero accantonate e loro poterono tornare a frequentarsi
senza l'intromissione di uno degli adulti.
Stiles
sbadigliò e si rotolò sul fianco per godersi
meglio il sole del
pomeriggio e quello fu il momento in cui Scott decise di parlare.
«Sai
quell'odore di, uh... Quello?»
Stiles
aprì un solo occhio e fece di tutto per guardarlo male.
«Quello che
ci ha quasi fatto uccidere?»
«Mi
dispiace» fece Scott, nascondendosi il naso sotto una zampa e
Stiles
alzò lo sguardo al cielo perché quella era
probabilmente la
centesima volta che se lo sentiva dire.
«Be'»
continuò dopo una manciata di secondi. «L'ho
trovato.»
Stiles
si tirò su di scatto e gli saltò praticamente
addosso. «Cosa?!»
esclamò, concitato. «E non mi hai detto
niente!?»
«Eri
sempre sorvegliato a vista e--»
«D'accordo,
d'accordo» scosse il muso come a scacciare una mosca
fastidiosa.
«E..?»
Scott
infossò la testa ancora di più.
«Be'...» e si leccò le labbra
con la lingua scura. «Oh, Stiles, è la
più bella creatura che
abbia mai visto.» sussurrò dopo una pausa
decisamente troppo lunga.
Stiles
soffiò la sua disperazione e si lasciò cadere.
«E ti pareva!»
disse, tornando alla posizione iniziale. «Ho rischiato di
morire per
una femmina.»
«Ma
è fantastica!» la difese Scott, alzando la testa
con un espressione
sognante. «Si chiama Allison e... uh.»
«Cosa?»
«Lei
non è proprio...»
«Cosa
non è?»
«Un
lupo.»
«Non
è un lupo?»
Scott
masticò a vuoto. «Non proprio» ammise
poi.
«Non
proprio?»
«Ok,
non è lupo.»
Stiles
lo osservò per un po', cercando di decifrare il suo sguardo,
infine
esclamò: «Oh, non ci credo! Ti sei preso una cotta
per una
cagnetta!»
«Non
è una cagnolina da compagnia!» sbottò
Scott. «È un cane da
caccia!»
Stiles
cercò a tutti i costi di trattenere la risata davanti
all'enfasi di
Scott ma fallì miseramente, rotolandosi in preda alle
convulsioni.
L'altro, ovvio, gli si buttò addosso per difendere il suo
onore
compromesso e diedero vita al solito confronto amichevole.
Quella
notte Stiles si addormentò accanto alla madre di Scott, con
le zampe
sopra la schiena di suo padre, la luna era alta in cielo e lui era
perfettamente in grado di escludere il lupo nero dai suoi pensieri.
***
Il
problema era che non riusciva ad ignorarlo.
Era
come una macchia al limitare del suo campo visivo, una persistente
melodia che lo seguiva ovunque andasse; che stesse giocando con Danny
o cercando di convincere suo padre ad accompagnare il resto del
branco nella caccia, il profumo che aveva sentito per la prima volta
nel territorio degli Hale non lo aveva ancora abbandonato.
All'inizio
aveva pensato fosse stato lo spavento. «A volte»
gli aveva spiegato
una volta Deaton. «quando qualcosa ci colpisce
particolarmente, il
suo odore ci rimane addosso. Lo stesso succede anche quando un lupo
sceglie la sua compagna: gli odori si fondono in modo speciale,
così
quando i due si separano, per trovare l'altro non basta che seguire
il proprio stesso odore.»
Stiles
aveva fatto finta di non aver ascoltato, allora, ma forse era proprio
questo ciò che gli stava succedendo. E qualcosa l'aveva
colpito,
eccome se l'aveva colpito, la sua zampa poteva testimoniarlo.
Poi,
un giorno in cui la caccia non era stata troppo fortunata e si era
ritrovato come pasto una lepre - così come quella che il
lupo nero
aveva lasciato per lui, quell'inverno - l'aveva colpito, di nuovo, la
considerazione di essere in debito con lui. Forse, aveva pensato,
doveva pagare il suo debito prima di essere completamente libero.
Così
un giorno, poco tempo dopo - quando Scott aveva ormai iniziato a
passare sempre più tempo in quello che lui chiamava il suo
"giardino
dell'amore" e altri non era che il recinto in cui Allison
abitava - Stiles si arrese ed iniziò a seguire la scia di
aconito.
Arrivò
alla grande quercia in nemmeno un paio d'ore di corsa, l'odore di
bruciato era onnipresente in quel luogo, ma i boccioli dei fiori che
spuntavano sui rami degli alberi lo rendevano meno spaventoso.
Stiles
si guardò attorno con circospezione ma non c'era traccia
dell'altro
lupo, quindi si avvicinò all'entrata della tana e vi ci si
infilò
dentro.
Era
buio, il calore del nascondiglio non era nemmeno paragonabile a
quello della loro tana ma i timidi raggi del sole che riuscivano ad
oltrepassare l'imponente quercia scaldavano il letto d'erba in quello
che ricordava un tiepido abbraccio. Seguì la luce dorata
fino al
fondo della buca: lì, sopra un tappeto di muschio e foglie
secche,
spuntavano due piccole corolle violetto.
Stiles
si accucciò sul terreno con il muso ad un soffio dalla
pianticella e
il suo profumo lo avvolse completamente.
«Non
riesci proprio a smetterla di ficcare il muso ovunque.»
La
voce del lupo lo colse di sorpresa, come sempre, e Stiles stava quasi
per chiedergli se il suo scopo fosse quello di farlo morire d'infarto
quando si ricordò che era lui l'intruso, infilato nella sua
tana
senza avergli nemmeno chiesto il permesso.
Si
rannicchiò di più e girò la testa
verso di lui – si stupì nel
notare che era steso sul terreno al lato opposto del rifugio,
talmente immobile da sembrare morto, con gli occhi puntati su di lui.
Era
appena arrivato oppure era lì ancor prima di Stiles?
Il
più giovane deglutì rumorosamente. «Io
non ficco il muso in
niente» obiettò. «Di solito è
Scott che mi trascina in mezzo ai
guai, io sono solo quello che non riesce a dirgli di no e finisce per
farsi male.»
L'altro
lupo corrucciò le sopracciglia e continuò a
fissarlo.
«Sai,»
fece ad un tratto, perché l'altro non la smetteva di
guardarlo, non
accennava a voler condividere i suoi pensieri e tutto quello stava
diventando un po' imbarazzante e molto ridicolo. «volevo
ringraziarti. Per, ehm, la lepre. E per non avermi ucciso quando
avresti potuto farlo. Quindi si, grazie..?»
Stiles
attese ma non ricevette risposta. «E il tuo nome
è..?» esplicitò
allora.
Il
lupo nero socchiuse gli occhi e si alzò sulle zampe
anteriori.
«Derek» disse, dopo un lungo silenzio durante il
quale Stiles si
era già rassegnato a doverlo chiamare LN per il resto della
sua vita
– non che avesse intenzione di passare il resto della vita
con lui,
comunque.
«Grazie»
ripeté con più convinzione. «Ma mi
sdebiterò, giuro. Un giorno
tornerò qui e sarò il più grande
cacciatore mai esistito e ti
porterò una colonia di lepri.»
Derek
inclinò la testa.
«Sarei
un ottimo cacciatore, io. Sono nato per cacciare, cioè,
ovvio, sono
un lupo, ma io sono molto più in gamba di quel cretino di
Jackson,
per dirla tutta» continuò, senza accennare a
muoversi. Derek al
contrario, iniziò a camminare verso di lui. «E,
uh, un giorno anche
Lydia se ne accorgerà. Già.» Ed
è inutile che mi guardi come
per dire che potresti uccidermi con un morso,
pensò chiudendo
gli occhi, perché tanto non ho intenzione di
andarmene, almeno
per le prossime ore.
«Stiles»
disse Derek – aspetta, come faceva a sapere il suo nome?
– e,
ops, forse l'aveva detto ad alta voce. Poi una massa
calda e
pesante si appoggiò sopra la sua schiena; lui ci mise un
secondo di
più a realizzare che era la testa di Derek.
«Dormi»
gli ordinò e, una delle poche volte in tutta la sua vita,
Stiles
chiuse la bocca e obbedì.
Il
giorno dopo la buca sembrava molto più accogliente di quando
ci
fosse entrato ma di Derek non c'era traccia – tranne che per
il suo
odore appiccicato alla sua stessa pelliccia.
Stiles
se ne rese conto sgranchendosi le ossa e attribuì il
brontolio del
proprio stomaco alla fame.
Una
volta tornato alla tana, si infilò sotto la zampa di Danny
ed
aspettò che il sole sorgesse completamente in silenzio,
fallendo nel
calmare i fremiti che gli percorrevano tutto il corpo. Quando si fu
svegliato, suo padre lo fissò a lungo e Stiles ebbe la
certezza che
si fosse accorto della sua assenza durante la notte ma non disse
nulla, così lui tirò un sospiro di sollievo.
Non
aveva fatto nulla di strano, no?
***
Da
quel momento una sagoma scura iniziò a transitare sempre
più spesso
nel loro territorio – anche se gli adulti sembravano aver
deciso di
non intervenire a riguardo.
«Probabilmente
hanno paura di lui» sosteneva Scott e, davvero, Stiles non
poteva
dargli torto. Fra l'altro, la fantasia di Harris che veniva
schiacciato a terra dal peso di Derek era sempre un'immagine
divertente con cui trastullarsi nelle giornate più noiose.
Un
Derek che, scoprì Stiles dopo aver iniziato a passare sempre
più
tempo con lui, non era poi così terribile come sembrava.
Certo
non era il miglior comunicatore del mondo (e nemmeno della riserva),
i suoi bassi ringhi continuavano a spaventarlo a morte e non perdeva
l'abitudine di fissarlo con uno sguardo glaciale ed arruffato ogni
volta che erano insieme ma, nonostante tutto questo, era un lupo a
posto. Magari con qualche disturbo legato alla fiducia e problema di
socializzazione – ma, ehi, nessuno è perfetto.
Non
che a Stiles piacesse passare
del tempo con Derek.
Era
l'ovvio risultato della cotta di Scott, del fatto che gli altri
cuccioli del suo branco non fossero altro che stronzi palloni
gonfiati e della sua curiosità morbosa nel voler scoprire
quanto più
possibile sul suo conto.
Deformazione
professionale, avrebbe osato chiamarla, ed era perfettamente normale
– o quantomeno non più strana di qualsiasi altra
cosa avesse
fatto.
Derek
aveva preso a trascorrere i pomeriggi in riva al fiume, non troppo
vicino all'altro branco ma nemmeno troppo lontano perché
Stiles lo
vedesse: il più delle volte si limitava ad immergere il muso
nell'acqua tiepida e stare seduto sotto le fronde di un castano.
Stiles lo raggiungeva non appena si stancava di correre dietro a
Lydia e si rotolava fino ad avere la schiena contro la corteccia
dell'albero, lasciando la sua bocca libera di dare aria a tutto
ciò
che gli passava per la mente. L'altro lo fissava rigido e lui a volte
si chiedeva se non fosse pietrificato, talmente era austero nella sua
posizione.
«Ma
tu mi ascolti davvero, quando parlo?» gli domandò
un pomeriggio
ventilato.
Derek,
con l'espressione arrabbiata che Stiles aveva imparato a riconoscere
come normale, lo fissò ancora più intensamente.
«Perché non
dovrei?»
Stiles
strofinò il muso contro il terreno e starnutì
alla polvere che gli
entrò nelle narici. «Be', non saprei»
ammise. «Capita anche a me
di non ascoltarmi quando parlo. Voglio dire, non ti annoi dopo un
po'?»
«Chiudi
la bocca» fu l'unica risposta che ricevette, insieme ad un
buffetto
sulle orecchie.
«Di'
la verità, saresti perso senza di me!»
ululò Stiles, cercando di
schivare la zampata.
Derek
distolse lo sguardo ma si accucciò vicino a lui e non
replicò –
Stiles la contò come un'ammissione.
***
Il
branco percepì il profumo dell'estate quando ancora la neve
si stava
sciogliendo sulla cima delle montagne e, come ogni anno, si
scatenò
il delirio.
E
non è che Stiles odiasse la stagione degli amori, solo
che...
D'accordo. Faceva schifo senza una compagna con cui trascorrerla.
Valutò
l'opzione di dichiarare il suo amore per Lydia ma, prima che potesse
anche solo pensarci seriamente, suo padre gli lanciò uno
sguardo la
cui interpretazione poteva essere circa: «Sei il mio unico
figlio,
fai un favore a te stesso ed evita di renderti ridicolo di fronte a
tutti.»
Grazie
tante, papà – avrebbe voluto rispondergli lui
anche se, in cuor
suo, sapeva di non avere speranze contro Jackson.
Scott,
dal canto suo, aveva trovato l'amore della sua vita e poco gli
importava che fosse relegata in un giardino come cane da salotto.
«Io
l'amerò per sempre, Stiles» gli aveva detto prima
di esporgli il
piano che aveva ideato per liberare la sua bella dalla prigionia.
(Stiles non aveva avuto bisogno di spingerlo nella pozzanghera di
fango e affogarlo per fargli capire che, invece di salvare Allison,
sarebbero finiti morti in una tagliola per volpi ancor prima di
raggiungere la sua casa.)
Quindi,
in mezzo alla confusione dettata dai pianti isterici di Scott per il
forzato allontanamento della coppia, i latrati delle femmine e gli
ululati sbeffeggianti di Jackson e della sua cricca, no, Stiles non
aveva nemmeno il tempo di notare l'assenza prolungata dell'ombra nera
che di solito lo seguiva ovunque.
Ma
quell'acido lupo avrebbe fatto meglio a farsi vivo, se non voleva che
andasse lui stesso a cercarlo e no,
cercò di convincersi quella sera, non
era affatto perché
sentiva la sua mancanza.
Derek
si presentò di fronte a lui con cinque giorni di ritardo ed
il
coniglio più grosso che avesse mai visto, ancora
sanguinante,
stretto fra i denti. Si avvicinò lentamente, la testa ritta
e le
zampe ben piantate sul terreno, facendosi largo fra gli altri membri
del branco fino ad arrivare di fronte a lui.
«Pensavo
che non trovassi più la strada»
commentò Stiles, sventolando la
coda da destra a sinistra per coprire il silenzio imbarazzante che si
era venuto a creare: ogni lupo del branco si era fermato per
osservarli e perfino Scott – che rideva!, il bastardo
– li
guardava attentamente. «O, uhm, che ti avesse attaccato un
orso. Può
capitare, sai? Io l'ho incontrato un orso, quindi suppongo che non
sia così raro, anzi,
probabilmente ci sono più orsi che uccelli, qui in giro e
hai ma
notato che--»
Derek
trovò il modo di ringhiare anche a bocca chiusa e
lasciò cadere la
preda davanti alle sue zampe.
«Oh.»
Stiles sentì il proprio muso riscaldarsi improvvisamente.
Lo
sguardo di suo padre gli perforava il capo e udì chiaramente
le
risate nascoste di Lydia e Danny. «Oh, andiamo,
Stiles!» abbaiò ad
un tratto Scott, da qualche parte dietro di lui, nell'osservare Derek
sedersi senza smettere di fissarlo, in attesa di una sua reazione.
«Be'»
deglutì – notando solo in quel momento che perfino
Jackson
appariva intimorito dalla presenza del lupo nero. «Uh. Sei
sicuro?»
L'altro
gli scoccò un'occhiata torva. «Stai zitto e
prendilo» gli ordinò
a bassa voce.
«Acido.»
replicò Stiles ma si avvicinò lo stesso
all'animale morto e lo
annusò a fondo.
Quando
diede il primo morso, la tensione che aveva colmato l'aria fino a
quel momento si sgonfiò come un palloncino. Pochi passi
più in là,
un «Finalmente» scappò alle labbra di
Lydia, suo padre teneva
un'espressione indecifrabile ma Melissa sorrideva e Scott
iniziò ad
ululare rivolto al cielo. Derek aveva gli occhi piantati nei suoi e,
nonostante l'imbarazzo, gli leccò tutto il muso non appena
ebbe
deglutito il boccone.
Stiles
protestò, inciampò sulla propria coda e
calpestò il coniglio ma
non poté fare altro che ricambiare la leccata.
***
La
sua vita gli piaceva, Stiles se lo ripeteva ogni giorno.
Non
era perfetta: Scott continuava a ficcarsi nei guai ad ogni luna
piena, Jackson era sempre il solito cretino, il suo sogno d'amore con
Lydia appariva talmente lontano che aveva smesso perfino di sperarci
e Derek era senza ombra di dubbio il lupo più problematico
che
avesse mai incontrato. E quello meno socievole.
Ma
ormai l'estate bussava alle porte, il profumo di aconito si mischiava
con la freschezza trasportata dal vento e lui e gli altri cuccioli
avrebbero presto partecipato alla loro prima caccia.
Nonostante
tutto, Stiles poteva considerarsi soddisfatto – anche se i
misteri
dell'incendio della tana degli Hale erano rimasti tali.
«Un
giorno mi racconterai tutto, vero?» chiese, alzando la testa
dal
nido confortevole che era il pelo di Derek.
Questi
grugnì e gli intimò di tornare a dormire.
«Come
sempre» sussurrò Stiles, poi si strinse contro di
lui perché ormai
non riusciva ad addormentarsi senza essere immerso nel calore in cui
li circondava la loro tana.
La
vita, in quel buco nel sottobosco coperto da foglie secche che lui e
Derek avevano costruito, era la più bella di sempre.
Nulla
al mondo, mai, avrebbe potuto fargli cambiare idea.
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