I want just to stop breathing - capitolo unico
Titolo: I want just
to stop breathing
Personaggi: Merlin, Arthur
Pairing: Merthur
(implicita e interpretabile in più modi)
Rating: Giallo
Genere: Sentimentale,
Triste, Introspettivo
Note e avvertimenti:
- Spoiler
season 5
- OOC, ma
funzionale alla trama e spero giustificato dalla stessa
- Contenuti
forti (?)
(qualche lieve, lieve riferimento al suicidio, anche se più
che
altro depressione e poca voglia di vivere)
Note
dell'autrice:
- N. parole:
1631
- Post 5x13
- Frase
scelta: 12) Accade
facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.
- Ho visto
il prompt e ho
pensato a questo, anche perché l'espressione di old-Merlin
non
è che fosse il massimo dell'allegria (e ci credo, sono
millecinquecento anni che aspetta quell'idiota di Arthur!).
-
C'è una piccola,
minuscola battuta che ho lasciato in inglese, perché non
potevo
proprio metterla in italiano: “once and future
king”.
- Questa OS ha partecipato al "Flash Contest, una citazione
per ispirarti", indetto
da Layla84 e posizionandosi in settima posizione, vincendo inoltre il
premio Lacrima. (In fondo il giudizio
che ha ricevuto)
I want just to stop
breathing
Arthur
rispondeva sempre meno agli stimoli: più il tempo passava,
più a Merlin capitava di dover attendere per ottenere una
risposta.
Gli stava scivolando
via e Merlin non sapeva come fare per trattenerlo.
«Arthur?
Arthur?» chiamò ripetutamente.
Merlin
aprì gli occhi improvvisamente – troppo
improvvisamente – e subito li richiuse, quando la luce del
giorno
ferì le sue pupille e una fitta alla testa lo
colpì.
Aspettò
qualche istante e ci riprovò, più piano, questa
volta.
Si
sollevò
leggermente, aiutandosi con i gomiti, anche se il dolore alla testa
continuava a torturarlo e non accennava a calmarsi.
Si
guardò intorno
e non vide che alberi, monumenti e panchine. Riconobbe di trovarsi in
un parco pubblico, steso su una panchina, anche se non ricordava come
ci fosse arrivato.
In
realtà, non sapeva nemmeno che giorno fosse, solo
che non gli importava nulla di conoscere questi dettagli
insignificanti.
Era estate e
la mattina
sembrava essere piuttosto calda – non aveva idea neanche
dell'ora, riconobbe -, ma Merlin si sentiva abbastanza infreddolito e
istintivamente incrociò le braccia al petto e
piegò le
gambe fino a farle scontrare con le braccia.
Passare la
notte fuori non gli aveva certamente fatto bene.
Mentre si
abituava alla
temperatura esterna, fece scorrere lo sguardo lungo il parco,
soffermandosi sulle persone che vedeva passare. Qualcuna di esse si
girò a guardarlo e Merlin non aveva bisogno di saper leggere
nel
pensiero per capire cosa stessero pensando, lo comprese dagli sguardi
di disapprovazione che riceveva.
Era un
ragazzo giovane
– all'apparenza -, che aveva trascorso la notte fuori, su una
panchina al parco, non si lavava da giorni, aveva i capelli
scompigliati e i vestiti sporchi, mentre intorno a sé
giacevano
bottiglie vuote.
Merlin
pensò che
l'espressione più adatta per descrivere la situazione fosse
che
“aveva bevuto fino ad uccidersi” e, forse, era
proprio
quella l'intenzione nascosta dietro al suo gesto, se solo fosse stato
possibile. Ma sapeva che non
sarebbe accaduto, qualsiasi cosa avesse provato a fare per riuscirci.
Si
lasciò
scivolare addosso gli sguardi della gente che passava, non gliene
importava nulla, non gli importava più di niente.
Scoppiò
a ridere,
all'improvviso, senza una ragione ben precisa e senza divertimento
alcuno. Com'era nata, la risata si spense e si trasformò in
qualcos'altro: un pianto convulso e con singhiozzi rumorosi, che gli
colorò il viso di rosso e gli fece scorrere lacrime lungo le
guance.
Era
immortale e solo, non gli era rimasto niente, non aveva più
uno scopo.
Anzi, si
corresse, uno scopo ce l'aveva in effetti, qualcosa a cui si aggrappava
da...
Quanti anni
erano
passati? Più di mille, meno di duemila, era da parecchio che
aveva smesso di contarli. L'unica cosa che aveva continuato a fare,
invece, senza mai demordere, era aspettare.
Il suo
ritorno.
Ultimamente,
però,
quell'ultima, piccola cosa a cui si aggrappava da tempo gli stava
scivolando via. Aveva creduto, aveva continuato a sperare che Arthur
sarebbe tornato da lui, finalmente, ma non era mai accaduto.
Il drago
glielo aveva
promesso, ma gli aveva anche promesso che Arthur sarebbe diventato il
re che avrebbe regnato su Albion, che avrebbe riportato la magia, ma
nulla di tutto questo si era avverato.
Ormai non
credeva più che lui sarebbe tornato.
Once and future king,
recitò nella sua mente, ma gli sembrava impossibile che il
mondo
avesse bisogno di un re, ora come ora, non in quei tempi moderni. No,
l'unico ad aver davvero bisogno di Arthur era proprio Merlin,
perché lui era a pezzi e non gli importava più di
nulla.
Avrebbe
voluto solo smettere di respirare.
Arthur
aprì gli occhi e lo fissò per un momento come se
non lo
vedesse, poi i suoi occhi riacquistarono lucidità.
«Sì, dimmi?»
Merlin
gli posò una mano sulla guancia. «Resistete ancora
un po',
siamo quasi arrivati, poi potrete riposarvi» gli disse
dolcemente
e sorrise, anche se dentro si sentiva morire.
Non sapeva
quanto tempo
fosse rimasto lì, immobile, prima di riscuotersi e
asciugarsi
gli occhi umidi. Spostò le gambe dalla panchina e le
posò
sul terreno, finendo per urtare le bottiglie ai suoi piedi. Una di esse
si rovesciò e Merlin notò che non era ancora
vuota. La
prese prima che l'alcool si rovesciasse sul terreno e
inghiottì
il contenuto d'un fiato.
Non si era
ancora ripreso
dalla precedente sbornia, ma non gli importava, avrebbe voluto solo
smettere di pensare, di sentire alcunché.
Merlin
avrebbe voluto
così tanto dimenticare Arthur, perché la
sofferenza per
quei secoli d'attesa non riusciva più a sopportarla.
Nel corso
degli anni, aveva provato a vivere, a non sviluppare la sua esistenza
tutta attorno all'attesa,
ma aveva funzionato solo per brevi periodi, perché non era
facile essere l'unica persona al mondo a non andare avanti.
Dopo la
morte di Arthur,
aveva vagato per il mondo, continuando ad esercitare le sue arti
magiche in segreto, come aveva sempre fatto.
Non era
riuscito a
rimettere piede a Camelot, non era più il suo posto. Dopo
alcuni
decenni, quando era stato già troppo tardi per cambiare
idea, si
era pentito di quella sua scelta, che gli aveva impedito di rivedere le
persone a cui era più affezionato, salvo poi considerarla
quella
giusta. Almeno non aveva dovuto assistere all'invecchiamento e alla
morte di tali persone davanti ai propri occhi.
Quella
condanna causata dall'immortalità era qualcosa con cui
doveva fare i conti tutti i giorni.
Questo era
anche il motivo per cui aveva smesso di stringere legami con
chicchessia.
Stare in
solitudine lo
faceva sentire meglio. Non doveva più preoccuparsi per
nessuno,
non doveva tenere a qualcuno per poi, inevitabilmente, perderlo.
Merlin
lasciò
cadere la bottiglia sul terreno e controllò le altre per
accertarsi che non fosse rimasta qualche goccia da bere. Fece una
smorfia, quando apprese che l'alcool era finito e avrebbe dovuto
spostarsi da lì se voleva procurarsene dell'altro.
Si
alzò in piedi e barcollò un po', ma riprese in
fretta l'equilibrio.
Aveva la
mente un po'
annebbiata – anche se non abbastanza -, ma gli sembrava ci
fosse
un supermercato vicino al parco, dove avrebbe potuto procurarsi quello
che gli serviva.
Attraversò
il
parco a testa bassa, camminando piano ed evitando un contatto diretto
con i raggi del sole, che lo infastidivano.
Quando
entrò nel
supermercato, pensò che doveva essere più presto
di
quanto avesse immaginato, visto che esso aveva aperto da poco e c'erano
pochi clienti.
Passò
davanti ai
vari scaffali senza degnarli di un grande interesse, se non fosse che
il suo stomaco scelse quel momento per farsi sentire e ricordargli che
doveva anche mangiare, di tanto in tanto.
Non che
potesse morire di
fame, questo no, ma la sofferenza per uno stomaco vuoto, il bisogno di
sfamarsi, continuava a provarli.
Prese un
sacchetto di
quel cibo moderno importato dall'America – le patate -, un
po' di
pane e altro cibo spazzatura vario, poi si dedicò al vero
motivo
della sua presenza in quel posto.
Bere per dimenticare,
se solo fosse stato vero.
Un
incantesimo sarebbe
stato molto più utile ed efficace, ma non ne esisteva uno
che
potesse auto-imporsi, per ottenere ciò che voleva.
Aveva
cercato in decine e
decine di volumi di magia, consultato maghi – era sempre
più difficile trovarne uno vero -, ma ne aveva ricavato solo
un'altra delusione.
Forse era
anche per questo che si era lasciato andare in quel modo.
Prese le
bottiglie dal
reparto e in pochi minuti fu fuori dal supermercato, con i suoi
acquisti dentro un sacchetto stretto tra le sue braccia.
Non
ritornò al parco, proseguì nella direzione
opposta, camminando sul marciapiede, senza una meta precisa.
Dopo alcuni
metri, prese
una delle bottiglie dal sacchetto e tolse il tappo con un incantesimo.
Non gli importava che qualcuno potesse vederlo, nel ventunesimo secolo
quasi nessuno credeva alla magia, chiunque avrebbe pensato ad una
più razionale spiegazione, per quanto errata potesse essere.
Certo, di
quei tempi i
maghi e le streghe non erano più perseguitati come nel
Medioevo,
ma quanto poteva valere quel miglioramento di fronte al fatto che ora
era difficile trovare qualcuno che credesse
all'esistenza della magia?
Raggiunse un
ponte che
attraversava il fiume situato nel centro della città.
Scavalcò il muro in pietra che delimitava il ponte e si
sedette
su di esso, con i piedi che penzolavano sopra la distesa d'acqua.
Merlin
posò il sacchetto al suo fianco e spostò lo
sguardo verso l'orizzonte.
Il sole si
faceva via via
più alto e illuminava e scaldava tutta la città
su cui
stanziava Merlin in quell'ultimo periodo.
Viaggiava
spesso,
spostandosi da un posto all'altro e senza mettere radici da nessuna
parte. Non capiva perché continuasse a sopravvivere.
A cosa serviva essere un mago molto potente – il
più
potente, a dette delle leggende errate che circolavano su di lui -, se
il suo scopo nella vita non esisteva da più di un millennio
e
non era nemmeno ritornato?
A volte
pensava che la sua fosse una sorta di punizione, per non essere stato abbastanza, quando
si era reso necessario.
Se quello
era il prezzo
da pagare per il suo fallimento, forse lo meritava, ma ciò
non
toglieva che era doloroso e lo stava distruggendo.
Sollevò
le gambe e le avvolse con le braccia, nascondendo poi il viso contro di
esse.
Il giorno
era ancora
lungo e, quando fosse finito, ne sarebbe seguito un altro, uguale al
precedente. Perché Arthur gli mancava in un modo che non era
possibile quantificare a parole e non c'era nulla che potesse fare per
cambiare la situazione.
«Grazie»
disse Arthur.
Merlin
aveva sperato spesso che quella parola gli venisse rivolta, che fosse
riconosciuta la sua utilità, ma non così.
Se
dovevano essere le ultime parole di Arthur per lui, allora non gli
importava nulla dei ringraziamenti, voleva solo il suo re, con tutta la
sua asineria e il suo pessimo carattere.
Arthur
gli rivolse un ultimo sguardo, chiuse gli occhi e smise di respirare.
Il
mondo di Merlin si fermò improvvisamente.
Spazio
Autrice: Okay, penso che
possa benissimo classificarsi tra la fanfiction più
triste che abbia mai scritto, senza uno straccio di speranza o
felicità. Purtroppo, questo potrebbe essere un futuro
possibile
per Merlin, se Arthur non tornasse.
Spero vi sia piaciuta.
Ilaria
Settima
Classificata
“I
want just stop breathing” di Ili91 con 43,16 punti
Grammatica
e Ortografia: 9,66/10
Non
ho trovato errori ortografici né refusi di sorta. Anche la
punteggiatura è ben usata, ti segnalo però che in
diversi punti della storia alcune frasi sono state aperte con i
trattini lunghi (“–“) e chiuse con quelli
corti (“-“).
Di
solito se si usano i trattini lunghi è richiesto sia lo
spazio prima che dopo di essi (così come hai fatto tu), per
il trattino corto invece non è previsto lo spazio subito
successivo all’apertura e lo spazio prima della chiusura
della frase. Esempio: tu scrivi: “ –
all’apparenza -“, ma il modo corretto di usare i
trattini è: “– all’apparenza
–“ o
“-all’apparenza-“.
Per
il resto il testo è ben scritto e curato,
c’è solo una frase che non torna, questa:
“Aveva
creduto, aveva continuato a sperare che lui sarebbe tornato da Merlin,
finalmente, ma non era mai accaduto.”
In
questa frase, visto che parli dal punto di vista di Merlin, sarebbe
stato corretto inserire qualcosa come “[…] che
Arthur sarebbe tornato da lui, finalmente, […]”.
Stile
e Originalità: 7/10
La
tua storia è originale, non c‘è dubbio.
Il Merlin che ci presenti è un uomo distrutto, che combatte
ogni giorno con ricordi che lo dilaniano, che cerca rifugio
nell’alcool, non trovandolo.
È
una storia difficile, che vede il futuro di Merlin da un punto di vista
che non avevo mai letto, quindi sull’originalità
ci siamo.
Ciò
che fa abbassare il punteggio è lo stile. Non mi
fraintendere, la storia è scritta in un ottimo italiano e
non hai fatto errori di sorta, ma soprattutto nella prima parte, ho
avuto la sensazione che non scorresse come avrebbe dovuto. Ci sono
frasi, passaggi, che da lettore mi hanno fatto rallentare la lettura,
che non scorre come dovrebbe. Ho come la sensazione – magari
infondata – che su alcuni periodi tu abbia rimesso mano
più volte, perché alcuni passaggi sembrano
discostarsi troppo gli uni dagli altri, a livello proprio di stile o
intenzione.
Infine,
il finale chiuso con quel ricordo lo apprezzo, ma non ho ben capito la
chiusura di Merlin nel presente. Ok, abbiamo capito che si sente perso,
senza Arthur, ma sembra manchi qualcosa, che dia il senso a tutta la
storia. Come se il finale fosse troncato su qualcosa che invece sarebbe
potuto continuare.
IC dei personaggi: 8,5/10
Merlin
è quasi del tutto IC. Quasi, perché il Merlin che
abbiamo conosciuto, nonostante il dolore, la solitudine e i sensi di
colpa non avrebbe mai perso la speranza in Arthur, cosa che invece il
Merlin della tua storia fa perché, fondamentalmente,
è sicuro che il suo re ormai non tornerà
più.
Non
ce lo vedo del tutto il Merlin del telefilm, in questa tua versione,
soprattutto per quanto riguarda il lieve accenno al suicidio,
perché se esistesse anche una sola possibilità di
poter rivedere Arthur, io credo che Merlin nonostante tutto, lo
attenderebbe in eterno.
Però
sì, hai reso bene la sua disperazione, il suo sentirsi
smarrito e solo, senza nessuno al mondo. Il suo disinteresse ormai per
tutto, come per se stesso, lo trovo molto IC.
Utilizzo
citazione: 10/10
C’è
poco da dire su questa voce, hai usato il senso della citazione in
maniera perfetta, è il concetto su cui si basa
l’intera storia e lo hai adattato benissimo alla situazione
di Merlin. È esattamente quello che richiedeva il contest.
Brava! Peccato che tu non abbia inserito la citazione nella trama, per
il punto bonus.
Giudizio
personale: 8/10
Su
questa voce ho un po’ di difficoltà,
perché la fic mi è piaciuta, è uno
scorcio interessante e amaro sulla vita di Merlin, in attesa, ma per
quello che ti ho già accennato nelle varie voci riguardo
alla non totale scorrevolezza della storia non posso dire che mi sia
piaciuta totalmente, soprattutto per quanto riguarda il finale. Ho
apprezzato molto il tuo modo di descrivere l’amarezza, la
solitudine e la disperazione di Merlin che si sente perso senza Arthur.
Dall’altro lato però devo dire che, quando sono
arrivata alla fine il mio primo pensiero è stata
“E quindi?” perché la storia mi ha
lasciato con la sensazione che ci fosse ancora qualcosa di non detto,
che mancasse un finale che desse un senso allo scorcio che ci hai
presentato. Ovviamente è solo una mia impressione, ed in
ogni caso è stata una storia piacevole da leggere, e che ho
apprezzato. Grazie di aver partecipato al contest!
Premio
Lacrima - "I want just stop breathing" di Ili91
Il
dolore di Merlin arriva dritto al cuore. La sua solitudine, la sua
disperazione, sono raccontati in maniera realistica, vivida e
soprattutto molto umana e ciò non può non toccare
il lettore. Non posso non dare il Premio Lacrima a questa storia.
Complimenti.
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