The Game

di charliesstrawberry
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Prologo.

L’auto fece un salto di quasi quattro metri prima di atterrare sull’asfalto con un fischio di ruote assordanti e continuare il suo tragitto a tutta velocità. Il ragazzo che era al volante fece un ampio - anche se breve - sorriso eccitato sfoderando due fossette agli angoli della bocca, poi accelerò intercettando nuovamente i suoi inseguitori.
Ci fu non squillo improvviso che si propagò all’interno dell’automobile facendolo sussultare, schiacciò un pulsante al lato destro del volante e rispose «Qui, Styles» fissò accigliato la strada buia davanti a se.
«Haaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaarry» trillò una voce dall’altro capo del telefono e il diretto interessato si lasciò sfuggire un sorriso anche se breve come il precedente.
«Louis» ribatté vagamente divertito facendo una brusca sterzata in un vicolo malconcio abbattendo un paio di bidoni della spazzatura.
«Che fai amico?» chiese Louis con vago interesse.
«Vuoi proprio saperlo?» l’altro fece una pausa «Al momento sono piuttosto impegnato, cerco di seminare due o forse tre spacciatori che mi stanno alle calcagna ed… è solo un sospetto, ma credo vogliano farmi fuori» rispose grave con una nota d’ironia, l’altro ridacchiò e poi fece un sospiro malinconico.
«Quanto vorrei essere al tuo posto, sono ad un convegno di vecchi decrepiti a sorvegliare uno che potrebbe schiattare da un momento all’altro» il ragazzo al voltante si lasciò andare in una fragorosa risata.
«Ti cederei volentieri il mio posto» disse infine svoltando prima a destra e poi a sinistra infilandosi in un ennesimo vicolo.
«Dove sei?»
«Ancora a Montecarlo» ribatté lui stringendo i denti e schiacciando con forza il piede sull’acceleratore spingendo l’auto al massimo che schizzò in avanti premendolo contro il sedile di pelle.
«Cazzo Harry, sbrigati a risolvere questa faccenda!» Harry corrucciò la fronte e alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa, come se fosse facile intercettare un traffico di droga praticamente dal nulla: zero tracce, zero indizi; anche se poi alla fine ci era riuscito. Ed era proprio per quello che si trovava in quella situazione con il rischio - se non fosse stato addestrato come si deve - di andare a schiantarsi contro un muro.
Diede un’altra fugace occhiata allo specchietto retrovisore: doveva fare in fretta, niente distrazioni «Addio Louis» quindi rispose reprimendo una risata.
«Io non…» il ragazzo interruppe la chiamata divertito tornando a prestare tutta la sua attenzione sulla strada. Ce l’aveva quasi fatta, doveva solo attirarli nella sua trappola.

«Complimenti Styles» il capo rise nel suo tono caldo e profondo da uomo di mezza età e afroamericano per poi battere le mani «erano mesi che stavamo cercando di venire a capo della faccenda» tutti usavano apostrofare quelle missioni suicida come “faccende”; quando era bambino suo padre utilizzava lo stesso termine, e disse così anche l’ultima volta che lo rivide.
«Grazie capo» borbottò Harry imbarazzato grattandosi la nuca. Certe volte però avrebbe voluto avere una vita normale, essere un tipo normale che va in una scuola normale. Non il figlio di un ex agente della C.I.A. morto inspiegabilmente a causa di una banda di pazzi armati con uno strano e perverso senso dell’umorismo.
«Hai due settimane di riposo figliolo, potresti approfittarne per tornare da tua madre» disse apprensivo l’uomo che l’aveva sempre visto un po’ come un figlio che non aveva mai avuto: il figlio del suo migliore amico.
«È proprio quello che ho intenzione di fare» sorrise gentilmente Harry ma prima che potesse aggiungere altro due omoni entrarono nella stanza mettendosi ai lati della porta lasciando poi passare il terzo, molto più minuto.
Il capo del capo di Harry aveva fatto il suo raro ingresso nella centrale di Manhattan, il che voleva dire solo una cosa: grossa faccenda.
«Sam è un piacere rivederti e tu Harry, come stai?» chiese allegramente Gregory Spencer, il primo ricambiò il sorriso freddamente mentre il secondo era piuttosto confuso quando fece lo stesso.
«Bene grazie, signore. Arrivederla» disse educatamente e si avviò verso la porta, sapeva esattamente quando era il momento di congedarsi.
«Oh no ragazzo, resta pure! Questa è una faccenda che riguarda anche te» si sedette su una delle sedie di pelle di fronte alla scrivania dove poco prima Harry era seduto e dove prese posto nuovamente accigliato. Guardò Sam ma lui stava fissando i documenti che il suo capo stava tirando fuori dalla sua ventiquattrore nera con la mascella serrata in una posizione tesa e preoccupata.
Quando Spencer si voltò a parlare verso di lui, Harry sussultò. Cominciava a chiedersi se non avesse fatto qualcosa di grave. Eppure in tutte le sue sette missioni suicida non aveva sbagliato nemmeno una mossa. Okay forse qualcuna, ma erano sempre state poco determinati.
«Molti anni fa» cominciò l’uomo minuto con il volto tirato in un espressione poco confortante «abbiamo avuto a che fare una banda di… psicopatici che ci ha dato parecchio filo da torcere. E che ancora oggi è a piede libero» Harry si agitò sulla sedia, aveva uno stranissimo brutto presentimento che si trattasse proprio di quegli psicopatici, «molti dei migliori nostri uomini sono stati assassinati e tra questi anche…» Sam batté una mano sulla scrivania interrompendolo.
«Non è necessario che lui partecipi! Siamo in grado di occuparcene noi, Greg» tuonò con la sua voce profonda e calda.
L’altro gli lanciò un’occhiata mortificata ma non sembrava poi così sincero «il ragazzo è l’unico che può farlo. Nessun altro può intrufolarsi in quella scuola e fingersi uno studente in modo credibile, Sam» parlò asciutto.
Harry tossì attirando l’attenzione dei due che parevano averlo dimenticato del tutto «non ho ancora capito qual è effettivamente il mio ruolo in tutto questo» ribatté.
«Sono tornati» rispose Spencer senza girarci più troppo intorno «la banda, The Game, è tornata. Il gioco è ricominciato» il ragazzo sbarrò gli occhi.
«Che cosa devo fare?» rispose immediatamente.
Un gioco. suo padre era morto per un gioco spietato e sciocco, non aspettava che vendicarsi da quasi dieci anni. «Harry no, sei troppo coinvolto!» sbottò il migliore amico di suo padre, ma Spencer alzò una mano irritato coprendo la sua voce «è l’unico che può farlo!» ripeté.
«E voglio farlo» rispose risoluto stringendo i pugni sui suoi jeans scuri «che cosa devo fare?» disse di nuovo ignorando gli avvertimenti, le minacce e infine le suppliche di Sam.
Tra i documenti che aveva sparpagliato sulla scrivania già incasinata di Sam, Spencer ne ripescò uno che sembrava solo il primo di una serie di molti altri «Lascia che ti mostri i piani…».



~Note. 
Salve a tutti! Per prima cosa ribadiamo che questa storia è scritta a quattro mani, di conseguenza siamo in due a parlarvi u.u Siamo Carla e Anna e ci teniamo a dire che questa storia conta moltissimo per noi perché ci abbiamo messo cuore e anima (e sudore); ma soprattutto questo nostro lavoro non può che essere fortunato perché è stato partorito la notte di Natale. (ehm, evitiamo commenti sulla nostra pazzia, ahaha) Quindi insomma ci teniamo parecchio, e speriamo davvero che sia di vostro gradimento, e se lo è sarebbe bello ricevere delle recensioni da parte vostra C: (lasciatele anche se non vi piace, non ci offendiamo v.v)
Un piccolo chiarimento: questo account appartiene a Carla, mentre l'account personale di Anna è questo qui:
OffTheChain__ (cliccate)
Un'ultima cosa! Uno speciale ringraziamento a colei che ci ha fornito di questo meraviglioso banner, grazie tante
@momsensvoice! C: 
Un bacio enorme a tutti coloro che hanno pensato di leggere questa ff. Vi promettiamo che, se deciderete di leggerci, non vi deluderemo (: 
Anna & Carla. 





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