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Attenzione! Prima
di leggere!
1)
I personaggi da me descritti non mi appartengono! Tutti i loro
diritti sono del Grande-e-Onnipotente Kishimoto-sensei. Questa fanfiction non è
stata scritta a fini di lucro.
2)
Questa è una fanfiction altamente OOC.
3)
Molte parole non sono, come dire, molto Oxfordiane. Se siete
sensibili alle parolacce, chiudete questa pagina.
4)
La mia prima long-fic seria
di cui ho già scritto praticamente tutti i capitoli.
5)
No, qui non appare Sasuke. E no, non è una SasuSaku/ItaSaku/SasuIta
6)
Se amate la coppia ShikaIno, rimarrete delusi (almeno per i primi
capitoli), stessa cosa per gli amanti della NejiTen.
7)
La mia fantasia ha volta oltre i cieli della normalità… e ne sono
usciti questi crack pairings… che però amo! *_*
8)
Le recensioni sono gradite. Apprezzerei però se evitaste il
tipico: “Bella, aggiorna!” Grazie! ^^
Dopo queste
premesse, vi lascio alla fic! Buona lettura!
Ja ne.
Farewell
Konoha
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1.
Run away
from here. You’re useless
Sayonara,
Konoha.
Ino and
Tenten are running away.
«Tsunade-sama!»
«Shikamaru! Che c’è?»
«Ino e Tenten!»
«Sì?!»
«Sono scomparse!»
Ino e Tenten correvano
nell’ancora rabbuiato cielo mattutino.
Avevano lasciato Konoha. Per sempre. Stavano voltando le
spalle al loro villaggio e attraversando quella foresta, per l’ultima volta.
Non sapendo dove andare. Non
sapendo cosa fare. L’unica cosa di cui fossero sicure, era il perché della loro
fuga.
Ino si era sempre
considerata inutile, nel profondo della sua anima. Lo aveva notato nelle ultime
missioni, di come Shikamaru e Choji diventassero sempre più forti e le rimanesse
allo stesso, infimo livello.
Tenten si era accorta di
come la sua presenza in una missione diventasse alla fine superflua, giacché
Rock Lee e Neji da soli potevano sconfiggere chiunque.
Unite dal desiderio di
cambiare, di lasciarsi il passato alle spalle avevano progettato di scappare.
Via dal luogo triste dove si consideravano futili oggetti.
[Ino, se tu pensassi meno
ai vestiti e un po’ più ad allenarti, magari diverresti più forte…]
[Perché
mi critichi sempre su come mangio? Guardati invece, sei debole! Non mangi
abbastanza e perciò perdi facilmente le forze!]
[So
quanto può essere seccante allenarsi, ma non puoi essere stanca dopo solo due
ore! Forse dovresti ascoltare le parole di Choji…]
Era stufa
di ciò che pensavano i suoi compagni e il suo sensei.
Poteva
scommettere che Asuma-sensei, quando era in vita, l’avrebbe sicuramente tenuta
fuori dalle missioni di livello A. Al contrario di ciò che avrebbe fatto con
Shikamaru e Choji.
E Choji?
Diventava ogni giorno più potente. Ogni giorno migliore. Ogni giorno
incredibilmente furbo e imbattibile.
Shikamaru
ormai era fuori dalla sua portata. Sempre in quel gruppetto formato da Chuunin e
Jounin della Sabbia.
Come se
non sapesse che fosse innamorato di Temari. Sempre insieme quei due, sempre!
Strinse
forte un pugno, ferendosi alla mano con le unghie.
Guardò
Tenten, vicino a lei. Lo stesso problema. La stessa soluzione.
[Tenten!
Se non usi lo spirito della giovinezza, non
diventerai forte come il mio adorato Lee e Neji!]
[Ten?
Perché ti vedo allenarti così di rado?]
[Tu
vorresti sfidarmi? Ma non farmi ridere! La tua forza non è nemmeno comparabile
alla mia!]
Ma certo
Neji.
Tenten si
morse il labbro inferiore, tagliandolo coi denti aguzzi e lasciando che una
goccia purpurea colasse lungo il mento.
Rock Lee
le diceva sempre di allenarsi. Di più, di più…
Gai-sensei la incitava anch’egli con l’allenamento. Ma lei non era come loro!
Lei era
una ragazza! E comparare la forza di una ragazza con quella di un ragazzo non è
possibile!
Eppure…
sempre ad essere considerata inferiore.
E poi…
c’era Neji…
Neji che
non l’aveva mai incitata. La usava solo per allenarsi.
Ebbene,
lei non sarebbe più stata una cosa!
Gliel’avrebbero fatta vedere a tutti! Sarebbero diventate le più forti! Le
migliori!
Erano
appena uscite dalla foresta di Konoha. Si fermarono per riprendere fiato,
fisicamente e mentalmente provate. Non era cosa da tutti i giorni abbandonare
amici e familiari per inseguire le proprie idee, che fossero utopiche o meno.
«Ma
guarda un po’ chi abbiamo qui… Tobi…»
Una voce
lugubre. Profonda, maschile. Fece accapponare la pelle alle ragazze, che
estrassero gli shuriken, mettendosi immediatamente in posizione di difesa.
«Già… hai
visto Deidara-senpai? Quella bionda non è male…» questa invece sembrava più
giovanile e allegra. Mai fidarsi delle apparenze, però.
Dai rami
più alti dell’albero sotto il quale si erano fermate apparvero due ninja. Il
primo era un uomo con una grande maschera arancione a spirale, il secondo era
biondo. La fotocopia maschile della Yamanaka.
«No Tobi…
a me piace di più la bruna. Sembra più grintosa…»
Stavano
giocando con loro a parole. Si stavano prendendo gioco di loro!
«Voi chi
siete?» urlò Ino, più per lo spavento che per decisione.
«Io… io
lo conosco!» sussurrò Tenten, indicando il biondo.
«Hai
sentito Tobi? Sono famoso!» esclamò Deidara con aria di superiorità, scuotendo i
lunghi capelli biondi raccolti nella coda.
«Ti… ti
eri fatto esplodere! E non avevi più le braccia!» continuò la ragazza, in preda
al terrore più vivido e vero che avesse mai provato.
«Già…
beh… Kakuzu è bravo a ricucire, non trovi?» la sbeffeggiò, avvicinandosi più a
lei e carezzandole la morbida guancia come per scherno.
Il
braccio si mosse senza nemmeno accorgersi, mentre l’uomo veniva colpito da uno
schiaffo in pieno viso.
«Mi sono
sempre piaciute le ragazze difficili… mia bella opera d’arte…» bisbigliò
all’orecchio di lei, con voce voluttuosa. Con un’odiosa espressione di vittoria
tatuata sul viso.
«Aspettate! Voi siete dell’Akatsuki, vero?» domandò Ino, un tono di serietà e
determinazione. Non le era mai uscito dalla bocca.
«Certo…»
«Voi…
potete renderci più forti?»
Una
domanda posta fermamente. Con sicurezza. Si sentiva già più forte solo al
poterli eguagliare a parole. Se si fosse allenata con loro sarebbe diventata
imbattibile.
«Senti
bella, non possiamo far entrare chiunque nella nostra…» fece Tobi, presto
interrotto dalla mano del compagno.
«Taci!
Potrebbero esserci utili… voi venite da Konoha, no?»
Tenten
annuì, avendo subito compreso l’ingegnoso piano della compagna.
«In
cambio vogliamo tutte le informazioni possibili sul Kyuubi e Naruto Uzumaki!»
Avevano
deciso di lasciarsi tutto alle spalle.
Una nuova
vita. Avrebbe rimpiazzato quella vecchia e inutile. Una nuova vita dove erano
loro a dettar legge. Dove loro erano quelle forti.
Accecate
dalla brama di acquisire maggior potere, le menti annebbiate dal desiderio.
«D’accordo!»
Un
sorriso si allargò sul volto di Deidara.
«Bene…
seguiteci…» disse, mostrando alle ragazze la via da prendere.
Le due si
guardarono per un fugace attimo, nei loro occhi lampeggiava una luce sinistra.
Non potevano e non volevano tornare indietro.
Sorrisero
sornione e li seguirono, attraverso l’ultimo tratto boschivo.
Arrivarono ai bordi di un lungo fiume e lo superarono grazie all’animale volante
creato dall’artista.
Oltrepassarono i confini della Terra del Fuoco, una cascata e si ritrovarono in
breve davanti ad una grande porta rocciosa. Un pietra gigantesca copriva
l’entrata, sulla roccia, un sigillo.
«Ah!»
Il
sigillo si disintegrò. Potevano entrare.
«Tsunade-sama! La prego, deve fare qualcosa!»
«Shikamaru, Neji, calmatevi! Ho già mandato la squadra ANBU a cercarle, se non
le troveremo, vorrà dire che se ne saranno veramente andate…»
Ino e
Tenten avevano lasciato Konoha prima che albeggiasse. Non un biglietto, non
un’informazione del perché.
I primi
ad accorgersene erano stati Neji e Shikamaru, poiché le compagne mancavano
all’allenamento. Erano andati alle loro case, interrogato familiari e altri
amici, ma l’esito delle loro ricerche li aveva portati ad un punto morto. Un
punto che dava loro sempre la stessa, inconcepibile risposta: fuggite.
Ed una
sola domanda invadeva la loro mente: perché?
«Quando
le avete viste l’ultima volta? Shikamaru?»
«Ieri
sera, ero andato a trovarla e…» fu interrotto.
«Perché
eri andato a trovarla?»
Il
ragazzo arrossì vistosamente.
«P…
perché volevo sapere… se… se le andava di… beh… ecco… di… uscire con me…»
Tsunade
annuì.
«E… ehm…
lei mi disse che non poteva, doveva allenarsi sempre di più…» concluse con
sguardo afflitto.
«Capisco…
e tu, Neji?»
Lo Hyuuga
avvampò.
«Ieri
notte… ero fuori dalla finestra della sua camera…»
La
Godaime lo guardò interrogativa.
«… perché
volevo avvertirla del nostro allenamento! Avrebbe dovuto incontrarmi alle sei di
questa mattina al campo. Ma non si è presentata…» terminò, abbassando il volto.
«E lei?»
«… ha
detto che preferiva allenarsi da sola…»
L’Hokage
lanciò un’occhiata a Shizune, come volesse chiederle aiuto per la risoluzione
del mistero, che sembrava non avere né capo, né coda.
«Bene… e
Choji e Rock Lee? Li avete interrogati?»
«Sì, non
sanno nulla…»
Neji e
Shikamaru si lanciarono un’occhiata carica di tristezza. Mancavano da poche ore,
ma già si sentiva. La loro presenza era scomparsa ed insieme, anche la voglia di
ridere e scherzare.
Era
sempre Ino quella che buttava tutto sul ridere.
Era
sempre Tenten a provocare sorrisi per la sua impacciataggine.
Senza di
loro Konoha sembrava vuota.
«Tsunade-sama… richiedo una missione per riportarle indietro!» fu lo Hyuuga a
parlare, adirato. Scomposto come nessuno l’aveva mai visto, sbattendo la mano
sulla scrivania e facendo sussultare la donna.
In
quell’istante, dal soffitto della stanza, un ragazzo cadde in terra con un tonfo
sordo.
La vena
sulla tempia di Tsunade prese a pulsare spasmodicamente.
«Naruto!»
esclamò, tentando invano di reprimere la rabbia.
«Ehi,
Tsunade no baa-chan, perché non vuoi accontentare la richiesta di Neji?» domandò
il biondino con l’ingenuità che lo contraddistingueva. Il volto infantile
rivolto sorridente verso la Godaime e i due amici.
«Perché
se non ce l’ha fatta la squadra ANBU, è inutile che mandi un jounin diplomato da
poco con manie di grandezza!» indicò Neji con severità.
«… e uno
sfaticato chuunin con un portentoso cervello che usa solo quando ne ha bisogno!»
indicò Shikamaru.
«Lo so
Tsunade no baa-chan, ma oltre a loro potrei andarci io… dopotutto tra tutti sono
il…» non terminò la frase.
«… genin
più idiota e impulsivo nella storia di Konoha?» l’Hokage finì al suo posto.
Naruto
mise un esilarante broncio e voltò le spalle ai tre.
«È la mia
ultima decisione ragazzi! Andate pure…» li congedò.
I due
amici si guardarono, abbozzando ad un quasi invisibile sorriso di soddisfazione.
Girarono sui tacchi, fecero per aprire la porta…
«E se
provate ad andarle a cercare… vi rispedisco tutti all’Accademia!»
Imprecarono sonoramente.
Usciti
dall’ufficio del capo del Villaggio s’intristirono maggiormente. Chinarono il
capo, mesti. Dovevano sopportare un gravoso senso di colpa.
Le loro
strade si divisero quando dovettero tornare a casa.
«Niente
allenamento stasera, eh?» domandò il padre di Shikamaru quella sera, al figlio
sdraiato davanti alla televisione.
«No…»
«Ho
saputo di Ino… mi dispiace…»
«Già…»
Era
diventato persino monosillabico senza lei che lo spronasse a parlare. Senza di
lei le giornate non erano le stesse. Era tutto così strano, buio. Come se fosse
caduto in un baratro oscuro dall’impossibile risalita.
Le
mancava terribilmente… la sentiva così lontana.
Così
intoccabile.
Così
inafferrabile.
Così
chimerica… come la luna.
Si alzò
in piedi, avvicinandosi alla finestra con passo strascicato. Anche la sua
camminata si era intristita.
«Ino…
dove sei…» sussurrò alle stelle, nel vano tentativo che gli astri celesti
recapitassero il messaggio. Nel vano tentativo che le sue urla sussurrate nella
notte fossero ascoltate dall’essere superiore di cui si parla tanto.
Se
esisteva davvero un Dio, lassù, avrebbe accolto la sua speranza? O l’avrebbe
lasciata sprofondare nell’intrinseca mente?
Restò per
qualche istante immobile davanti alla finestra.
Sospirò.
Voltò le
spalle e salì in camera sua.
Intanto,
una scia luminosa si mostrò in cielo, mentre una stella raggiungeva terra.
Neji
ascoltava, senza proferir parola, la discussione che stavano avendo Hiashi e la
figlia Hanabi, riguardante gli allenamenti.
Ogni
tanto rivolgeva un’occhiata eloquente al cielo stellato.
Il suo
silenzio non era sconosciuto in casa Hyuuga, ma quella volta, tutti compresero
che qualcosa nella sua mente non andava. Qualcosa di cui la mente si apre ma il
cuore rimane chiuso.
«N… Neji
nii-san?» lo chiamò dolcemente Hinata, sfiorandolo appena con la nivea mano
sulla candida guancia.
Quel
tocco così materno. Quel tocco che apparteneva solo a lei. Lo faceva stare così
bene… gli faceva annebbiare la mente, rilassare i sensi e dimenticare le
preoccupazioni. Come una droga.
Si sa… la
droga può darti piacere immediato. Ma appunto, solo immediato.
«Non è
niente…» bisbigliò, il volto contratto in quella che poteva essere una triste
smorfia di superiorità.
Non si
sarebbe mai abbassato ad ammettere quanto gli mancasse il contagioso sorriso di
Tenten. Le sue battute, la sua giovialità…
«Neji
nii-san… dopo devo parlarti…»
Ora il
Byakugan poteva leggere anche nella mente?
Si alzò
da tavola, evidentemente scocciato, dirigendosi verso la propria camera. Voleva
dormire, risvegliarsi e pensare di aver fatto solo un incubo.
Dopo
cinque minuti, lo raggiunse Hinata.
«Neji
nii-san… Tenten è la miglior kunoichi che io abbia mai visto… e Ino non è da
meno… vedrai, torneranno…».
Una voce
così dolce, pura, candida.
Gli
regalò un piccolo bacio sulla fronte e se ne andò.
Intanto,
Neji, aveva cominciato ad osservare le stelle, notandone in quel momento una
cadente.
«Tenten…»
sussurrò, prima che un bagliore argenteo gli carezzasse la guancia, lasciando un
alone umido.
La
lacrima si posò sul davanzale di quella finestra da cui le piaceva tanto fare
capolino per svegliarlo la mattina.
Si
guardarono intorno, intimidite dal luogo sporco e maleodorante.
Un puzzo
di muffa e chiuso si insinuò prepotentemente nelle loro narici. Acre, duro.
Sapeva di morte, di sangue.
Tenten
vacillò.
«Come
avete detto di chiamarvi?» proruppe la simpatica voce di Tobi.
«Tenten
ed Ino…» rispose la bionda, cercando invano di abbozzare ad un sorriso
tranquillizzante.
Non per
Tobi o Deidara, naturalmente. Quel sorriso era per convincere sé stessa di aver
preso la strada giusta.
Si era
accorte però di un significante dettaglio. I due dell’Akatsuki erano stati
stranamente gentili con le ragazze… e se fosse stata una trappola?
Scosse la
testa, non le avrebbero condotte fino al covo segreto.
L’entrata
era un lungo cunicolo pietroso. Il muschio cresceva libero, l’acqua ristagnante
era nauseabonda, si appiccicava ai piedi prepotentemente. L’umidità li faceva
sudare più velocemente del dovuto.
«Chi
schifo…» commentò Ino, toccandosi le ciocche color oro intaccate da quell’odore
pesto.
«Già…
dovrò richiedere al Leader di inventarsi una nuova entrata…» le rispose Deidara.
Lei
strabuzzò gli occhi. Stava sostenendo una conversazione con uno degli uomini più
malvagi del mondo. Nonché incredibilmente potente, avendo percepito il suo
chakra.
I due
dell’Akatsuki arrestarono il passo davanti ad una porta di legno muffito e
tarlato. La aprirono. Emise un cigolio stridente.
«Prima le
signore…» imitò l’uomo con la maschera arancione, a mo’ di maggiordomo.
Queste
entrarono senza farselo ripetere, frementi di eccitazione.
Un kunai
sfiorò la guancia di Tenten, lasciandole un leggero graffio.
«Ah…
mancato!» gridò una voce immersa nell’oscurità.
«Kisame…
fai schifo…»
«Anche io
ti voglio bene, Itachi…»
Deidara
passò davanti alle due.
«Ehi,
ragazzi, abbiamo visite…» intimò il biondo, sparendo anch’egli nell’ombra.
«Ma dove
l’hanno messo quel maledetto interruttore… chi mi ha fatto “pat pat”???» urlò
improvvisamente.
Ino e
Tenten sorrisero, divertite dalla scena.
«Scusa
Deidara-senpai… credevo fosse l’interruttore…»
Ma quando
si era mosso Tobi?
Le due
ragazze di Konoha si guardarono intorno… strabiliante velocità. Tesero
l’orecchio per ascoltare ancora.
«Ti pare
che il mio culo assomigli ad un interruttore, Tobi?»
«No,
scusami senpai…»
«Che
cos’è tutto questo baccano?»
Questa
volta, la voce le fece rabbrividire. Era profonda, adulta… raccapricciante.
«Zetsu,
già che ci sei, accendi l’interruttore…»
E subito,
comparve una luce accecante che illuminò tutti i presenti in quell’antro cupo.
Si
trovarono davanti ad una scena che poteva essere interpretata in due modi.
Esilarante e terrificante.
Esilarante era la posizione di Tobi e Deidara e la smorfia di quest’ultimo.
Terrificante il trovarsi davanti un uomo azzurro con le branchie e un
uomo-pianta.
«Ehi,
Deidara… posso mangiarle?» domandò l’uomo-pianta, leccandosi le labbra. Era
spaventoso, metà corpo bianco e metà nero.
Tenten ed
Ino si strinsero.
«No! Loro
serviranno al Leader per il Kyuubi… oltretutto hanno detto di essere scappate da
Konoha per diventare più forti… ai nostri livelli, no?» spiegò con pazienza il
biondo.
«Ma sono
giovanissime… non avranno più di quindici anni!» esclamò come offeso e umiliato
il ninja azzurro.
«Kisame…
sbaglio o io sono entrato nell’Akatsuki a quattordici anni?» proferì a voce
piuttosto bassa Itachi Uchiha.
Alla
bionda si strinse il cuore. Vedere così il fratello di Sasuke. Così simili
eppure così diversi. Stesso aspetto, ambizioni totalmente diverse. La rovina
degli Uchiha non era stata data dallo sterminio, ma dall’allontanamento di
quella che pareva essere la coppia di fratelli più unita del Villaggio.
«E
comunque, noi abbiamo sedici anni!» gridò vilipesa.
Vide lo
sguardo dell’Uchiha posarsi su di lei. Era pesante. Come un masso caricato sulla
schiena.
«Hai
carattere…» lo sentì sussurrare.
«È
normale che ce l’abbia! Solo i deboli non hanno carattere!» replicò a testa
alta, facendosi largo tra lui e il mukenin chiamato Kisame, avvicinandosi
all’uomo-pianta.
Gli punto
un dito contro.
«E tu non
osare mangiarmi! Ortica!»
Tutti
scoppiarono in volgari risate, persino lo stesso ninja verde.
«Ehi
Zetsu… ci sa fare a parole la ragazzina!» commentò divertito Itachi.
Tenten si
avvicinò all’amica, sorridendole complice.
«Potete
presentarci al vostro leader?» domandarono.
«Non ce
n’è bisogno…» mormorò una voce roca, bassa e graffiata. Così misteriosa e
terrorizzante.
«Vedo un
gran potenziale in voi… un chakra di incredibile potenza che deve solo essere
stimolato… in cambio voglio tutto ciò che sapete sulla Volpe a Nove Code…»
continuò.
«Le avrà»
rispose la bruna, risoluta come non lo era mai stata.
Per loro
cominciava una nuova vita.
Tutto ciò
che avevano imparato in sedici anni diventava inutile. Dovevano riprendere da
capo tutto. Ma lo avrebbero fatto. Lo avrebbero fatto per dimostrare la loro
forza.
All’Akatsuki era tutta una sfida. Bisognava sempre mettersi alla prova per
salvare la pelle.
Ma
soprattutto… non era conveniente insultare Zetsu, se ci tenevi alla testa.
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