Cage

di alister_
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N/A: Scritta per l'iniziativa Sconfiggiamo l'Autofill! @ piscinadiprompt > Tekken, Jin/Nina, "Ora basta", gentilmente fornito da V a l y + Tekken Challenge > Set marrone > Sweep.



[Set marrone]
Sweep




“Ora basta”.
Lo dicono sempre, ogni maledetta volta.
Fanno a turno. Quando tocca a lei, Nina scuote la testa accondiscendente, come un'insegnante che rimprovera l'allievo; fa un passo indietro, cercando di ripristinare l'abisso di distanza che c'era un tempo tra di loro. “Ora basta”, dice, e la sua aria di superiorità gli fa saltare i nervi e attraversare l'ufficio a grandi passi. Non riuscirà a convincerlo di essere l'unico pazzo, per quanto assiduamente ci provi.
Altre volte è Jin, e le sue parole sono una via di mezzo tra un ringhio soffocato e una supplica.
“Ora basta”, sibila contro la sua pelle, digrignando i denti come un animale. E' come una bestia incapace di sottrarsi alla cattività, e lei – e quell'ufficio, quel palazzo, quella vita – lei è la gabbia dalla quale non riesce a fuggire. Le morde il collo con rabbia, ma le sbarre non si assottigliano: non può lasciarlo andare, e questo lo sanno entrambi. E' una bestia pericolosa, che va monitorata da vicino.
Le sue mani fredde, anziché alleviare la sua febbre, la alimentano. I loro corpi si intrecciano giorno dopo giorno in una catena di amplessi di cui non ricordano l'inizio, né tanto meno conoscono la fine. Perché ogni volta provano a darci un taglio – “Ora basta” – ed ogni volta è fiato sprecato.
Non riescono a non lasciarsi travolgere da impulsi irragionevoli trasformatisi da troppo tempo in una pericolosa routine, e questa dipendenza fa infuriare Jin e preoccupare Nina.
Non era così che doveva andare, quel loro strano rapporto di lavoro, iniziato male e degenerato nell'assurdità più totale.
“Ora basta”.
Oggi tocca a Nina, ma la sua voce suona sempre meno convinta. E' solo una finta, un rito necessario per illudersi di conservare ancora un briciolo di controllo; presto smetteranno anche di recitare quel prologo penoso, facendo economia sui tempi.
La farsa di importanti documenti da ordinare non dura un solo minuto di orologio; Jin la afferra seccato per le spalle, e la spillatrice cade a terra, il rumore smorzato dalla moquette.
Avventandosi sulla sua bocca, tronca sul nascere ogni tentativo di protesta. E ricominciano da capo, a smussare gabbie e costruire recinti di sicurezza, a mordersi e graffiarsi facendo a gara a chi è più arrabbiato. Odiano essere travolti, sentirsi così impotenti.
“Ora basta”, dicono e non dicono entrambi, e proseguono come se nulla fosse.
L'insensatezza continua a dilagare, tra un capo di vestiario che cade a terra e l'altro. Il guaio è che quell'intreccio di corpi comincia a sembrare logico, quasi legittimo. Una conseguenza naturale delle loro scelte scriteriate.
Dopo – alla fine – Jin le resta aggrappato, tremante. E Nina, da sempre restia ad ogni contatto fisico eccessivamente prolungato, resta ferma ad aspettare che cessino i singhiozzi e il suo respiro torni regolare.
“E' l'ultima volta” concordano entrambi. “Ora basta”.
Ma sanno bene tutti e due che l'indomani saranno di nuovo punto e a capo.





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