INTRODUZIONE ( DA LEGGERE ):
a) Le tematiche trattate in questa fanfiction sono piuttosto pesanti, e
in quanto tali consiglio la lettura solo a chi ritiene di non sentirsi
offeso leggendo storie come questa.
b) Il rating non è rosso in quanto la storia non presenta
descrizioni particolarmente dettagliate di un certo tipo di scene.
c) Mi sono permessa di inserire alcune citazioni al romanzo di Death
Note, " Another Note ", ma non c'è nulla di veritiero in
ciò che ho accennato, è frutto della mia
fantasia. ^^
DISCLAIMERS:
I personaggi di Death Note appartengono a Tsugumi Ohba e Takeshi Obata,
non a me ( purtroppo ;_; ), e non traggo alcun beneficio in denaro
dalla pubblicazione
di questa storia; mi sono in ogni caso permessa di inserire un
personaggio ( la protagonista ) di mia invenzione. Spero che potrete
amarla come la amo io ( in senso letterario, s'intende X°D ).
AVVERTIMENTO IMPORTANTE:
alcuni personaggi, soprattutto L, saranno OOC, ma lo devono essere per
esigenze di storia; spero comunque che nonostante ciò non
risulteranno sgradevoli. Fatemi sapere! ^_^
Allora... parto col dire che AMO profondamente questa storia: non so
neanche io perchè, e soprattutto non so dire cosa o chi me
l'abbia ispirata... oddio, forse c'entra un pò la canzone
"Forgotten Children" dei Tokio Hotel, certamente ha fatto il suo.
X°D Comunque, vi avverto che siete di fronte a qualcosa di
molto particolare... spero l'apprezzerete. Buona lettura!
Prologo
Mi
chiamo Sarah, sono nata a Los Angeles e cresciuta in un orfanotrofio
che si trova tutt'ora a Winchester, in Inghilterra; Sarah non
è il mio vero nome. Perchè ho deciso di farmi
chiamare così? Beh, è una storia lunga, meglio
cominciare dall'inizio.
<
Questa è la nuova arrivata, si chiama Evangeline. >
asserì il distinto signore di nome Roger di fronte a coloro
che già da tempo vivevano in quel luogo; io vi ero arrivata
troppo tardi. Avevo già tredici anni, e gli altri mi
vedevano come un'estranea, seppur fossimo praticamente tutti coetanei,
essendoci pochissimi anni di differenza fra noi: chi aveva la mia
età, chi aveva un anno in più e chi uno in meno.
Qualsiasi fosse la nostra età, la situazione era la stessa
per tutti: eravamo rimasti orfani.
C'era
qualcuno lì, che non aveva mai conosciuto i propri genitori,
e per questo si disperava, ogni santo giorno; io, per quanto mi
riguarda, avrei preferito non avere mai saputo che razza di persone
erano i miei. La cosa certa è che mi odiavano, e dire che mi
hanno cresciuta fino all'età di tredici anni è
proprio una bella battuta. Sì sì.
I
miei compagni alla Wammy's House, l'orfanotrofio in cui ero stata
portata dopo che loro erano stati barbaramente uccisi, spesso mi
evitavano: evidentemente, il mio essere solitaria e il mio sguardo
spesso e volentieri cupo e assente li spaventava; giravano addirittura
voci secondo le quali ero stata io a far fuori i miei genitori,
perchè mi maltrattavavo. No.
Sapevo
che era stato un pluriomicida che si divertiva un mondo a "giocare" con
i corpi delle sue vittime, ma non conoscevo nè il suo volto,
nè il suo nome; e quando conobbi quattro persone speciali in
quell'istituto, persone che mi volevano bene per quella che ero, mi
capitò di pensare a lui come un salvatore, nonostante avesse
contribuito a rovinare la mia vita con il suo folle gesto.
<
Ciao, tu sei Evangeline, vero? Piacere di conoscerti. > disse un
uomo molto giovane, ma di almeno dieci anni più grande di
me, forse di più; era un tipo piuttosto, come dire...
particolare. Sia per l'aspetto che per la sua mania per i dolciumi di
ogni tipo; e, quando me lo dissero stentai giustamente a crederci, lui
era il miglior detective al mondo: aveva persino risolto un caso
incredibilmente difficile un mese prima che io arrivassi in quel luogo.
Era stato a Los Angeles, e aveva smascherato l'assassino dei miei
genitori, che mi sembra avesse detto che si chiamasse Beyond Birthday
[*], o qualcosa del genere... non importava. Ciò che
è era importante era colui che l'aveva catturato, la prima
persona che mostrò interesse nei miei confronti: L.
Già, proprio così si faceva chiamare, il
più grande detective al momento in circolazione.
<
Sono Evangeline Rose Carter, piacere mio. > risposi, calma e
pacata, sforzandomi di sorridere.
Lui
mi affascinava.
Troppo.
Wicked
Game
Capitolo
I - Come i Petali di Rosa
Erano
passati ormai tre mesi da quando ero arrivata all'orfanotrofio, e mi
sentivo felice, nonostante la maggior parte dei miei compagni stesse a
debita distanza da me a causa delle voci che giravano sul mio passato;
ma c'erano quattro persone che rendevano la mia vita finalmente degna
di essere chiamata tale. Queste persone riempivano le mie giornate di
gioia, fra pagine di romanzi e corse in giardino, grazie a loro
riuscivo a sentirmi l'essere umano che ero sempre stata, ma che non ero
mai riuscita a trovare dentro di me, dentro quell'anima di bambina
cresciuta troppo in fretta. Passavo le mie giornate a studiare in
biblioteca e a giocare con i miei pochi ma ottimi amici, e questo mi
faceva sentire realizzata; ogni loro piccolo gesto, intriso di un
grande sentimento d'amicizia, mi risollevava il cuore straziato dalle
sofferenze. Con loro potevo essere me stessa, parlare dei miei
problemi, piangere e ridere: loro mi avrebbero accettata per quella che
ero. Certo, conoscevo ben poco di loro, ma tanto mi bastava a
considerarli persone speciali:
uno
di loro era un ragazzino che si faceva chiamare Mello; ignoravo quale
fosse il suo vero nome, ma non mi sarei mai permessa di ficcanasare
nelle sue questioni personali, tanto mi bastava averlo accanto. Era un
tipo alquanto singolare, ciò era confermato dalla sua
smodata passione per il cioccolato; era anche abbastanza viziato, ma
decisamente un ottimo amico, a parte la sua morbosa ossessione nei
confronti di Near, un altro mio amico, un ragazzo solitario e
silenzioso, che passava le sue giornate a scomporre e ricomporre senza
sosta il suo adorato puzzle bianco; costui era considerato lo studente
numero uno alla Wammy's House, e questo infastidiva moltissimo Mello,
che amava primeggiare in tutto.
E
poi c'era il mio migliore amico Matt: che dire di lui? Un ragazzo
simpaticissimo che adorava alla follia i videogames che ogni tanto mi
prestava; con lui parlavo veramente di tutto, e lui faceva lo stesso
con me. Più volte, infatti, mi aveva parlato del fatto che
gli dava fastidio che Mello fosse ossessionato a tal punto dal giovane
Near; Mello era il suo migliore amico e, alla fin fine, il suo punto di
riferimento.
Insomma,
ognuno di noi aveva una propria passione; io avevo L.
Già,
proprio lui; il grande detective, lo sguardo gentile che mi aveva
colpita dritta al cuore. Io e i miei amici adoravamo le storie che ci
raccontava quasi ogni sera, riusciva a farci sognare con lo splendido
suono della sua voce e con la sua innata fantasia; era il nostro
modello, era come saremmo voluti diventare da grandi. Near, Mello e
Matt erano addirittura candidati a diventare suoi successori, anche se
chi si impegnava davvero a diventarlo erano i primi due. Matt era
semplicemente l'ombra di Mello; un giorno mi disse che l'avrebbe
seguito sempre e dovunque. Ipotizzai che provasse qualcosa di
più della semplice amicizia, e la cosa mi toccava il cuore
ogni volta che ci pensavo; sarebbe stato meraviglioso: anche io avrei
voluto che qualcuno avesse tanta considerazione di me.
Ma
torniamo ad L... perdonatemi se non riesco a fare a meno di parlare di
lui; non posso farci nulla. Quando lo conobbi meglio, mi capitava
spesso di pensare che lui fosse il mio uomo ideale; una tredicenne non dovrebbe
pensare a queste cose.
Non
potevo fare a meno di osservarlo, sempre, soprattutto di guardarlo
furtivamente dalla finestra della mia stanza quando camminava in
giardino senza una meta precisa, con lo sguardo fisso davanti a
sè, attento, i suoi capelli che ondeggiavano sotto il vento
leggero di primavera, e la sua pelle chiara che pareva brillare, sotto
il sole alto nel cielo. Lui mi piaceva; tanto.
Ma
non avrei dovuto sentirmi così.
Una
ragazzina come me avrebbe dovuto uscire in cortile con le sue compagne,
ridere e scherzare, parlare di vestiti o di qualsiasi altra comune
passione delle ragazze della mia età; io ero diversa. Ma non
me ne sono mai pentita: come si può pentirsi di provare
amore?
Nei
giorni successivi, passai molte serate a parlare con lui, e mi resi
conto che nonostante tutto, era una persona normalissima: con i suoi
desideri, le sue paure, i suoi sorrisi e le sue preoccupazioni; era
come me.
Come
tutti noi.
<
Ragazzi, domani L partirà; ha deciso di mobilitarsi per
cercare di risolvere il caso di Kira. > affermò
Roger, dopo aver convocato me, Mello, Matt e Near nel suo ufficio.
Kira.
Avevamo
sentito parlare di lui; quel pazzo omicida che uccideva i criminali,
non sapevamo ancora in che modo. Kira, che alcuni già
vedevano come un Dio, come il salvatore del mondo.
Santo
cielo, quanto possono essere stupidi gli esseri umani; ma io non posso
parlare.
Quella
sera, fra le urla di Mello che non voleva che L se ne andasse, i
tentativi di Matt di calmarlo, e l'abituale compostezza
dell'imperturbabile Near, mi sentiì un'estranea; di nuovo.
Tanto che decisi di uscire in giardino, cosa che raramente mi capitava
di fare; passeggiai un pò, per poi sedermi sull'erbetta
fresca ad osservare il cielo, ad ammirare la lucentezza delle stelle
che lo ornavano d'oro. Poi spostai lo sguardo, e mi soffermai sulla
pianta di rose accanto a me; quelle che tanto mi piacevano. Erano
davvero belle e profumate; mi avvicinai per carpire ogni sfumatura di
quell'aroma rilassante, quando all'improvviso sentiì una
mano sulla mia spalla. Era fredda, nonostante fuori facesse abbastanza
caldo; mi voltai e vidi il suo volto, mi sorrise, e poi si sedette
accanto a me, cogliendo uno di quegli splendidi fiori, per poi posarlo
fra i miei biondi capelli. L.
<
Che ci fai qui da sola? > mi chiese, accarezzandomi una guancia.
<
Io... sono triste. > risposi, nascondendo il volto tra le mani,
per nascondere l'imbarazzo e anche la prima lacrima che lenta,
iniziò a scendere dai miei occhi azzurri, e rigò
la mia guancia di bambina, arrossata per quell'inaspettato contatto.
<
Devi stare tranquilla, io tornerò. Quando avrò
catturato Kira, tornerò qui. > cercò di
tranquillizzarmi, poi alzò gli occhi al cielo.
<
Evangeline Rose... > sussurrò, voltandosi poi verso
quella bellissima pianta, < ...il tuo secondo nome è
Rosa... il nome di questi fiori che tanto mi piacciono... >
asserì, < ...è curioso, non
trovi? > chiese, mentre io cercavo invano di trattenere i
singhiozzi. Inutile.
<
Ehi, ma... tu stai piangendo! Che ti succede? > chiese
preoccupato, posando le sue mani sulle mie spalle.
E
in quel momento, istintivamente, lo strinsi forte a me, piangendo senza
preoccuparmi di fare brutta figura; non dovevo temere queste cose di
fronte a lui.
In
fondo, ero ancora una bambina.
Mi
accarezzò a lungo la schiena e poi i capelli, per
tranquillizzarmi, mentre io mi beavo del suo profumo e del suo magico
tocco; non dovevo, ma stava succedendo. Al diavolo i pregiudizi e le
mie paure, al diavolo tutto. Per me, in quel momento, c'era solo lui.
<
Sai, tempo fa, mi capitò di dare un nome a questa pianta di
rose. > disse, continuando ad abbracciarmi.
<
Davvero? E quale? > chiesi, e mi sfuggì una sincera
risata; era curioso, ciò che aveva appena detto.
<
Sarah... >
<
E perchè proprio Sarah? >
<
Non so... mi è sempre piaciuto questo nome... >
<
Mh... è bello. > annuiì, sorridendo ancora.
<
Che ne dici se, da ora in poi, ti chiamiamo Sarah? >
<
Ok ma... perchè? >
<
Ho come la sensazione che il tuo nome non ti piaccia... >
Centrato.
Fu
da allora, che anche io iniziai ad usare uno pseudonimo, proprio come L
e gli altri; e in futuro, mi sarebbe servito, non potete nemmeno
immaginare quanto.
<
Ti amo... > sussurrai piano, sperando che L non sentisse.
<
Mh? Cos'hai detto? > chiese, guardandomi intensamente.
<
Eh? No... no, niente. >
<
Forse... ti amo anche io. >
Forse.
Ho
sempre odiato essere considerata una bambina, nonostante fosse la
stessa identica cosa che anche io pensavo di me stessa; ma nonostante
quel forse, quelle parole mi colpirono dritta al cuore, e le lacrime
scesero di nuovo. Stavolta, erano di gioia.
<
Però non staresti mai con me, vero? Io sono troppo
piccola... >
Non
finiì la frase, perchè lui si
appropriò velocemente delle mie labbra con un dolcissimo
bacio; il mio primo
bacio.
<
Perdonami, io ti amo davvero... tu aspettami, io tornerò
presto, te lo prometto... >
<
Sicuro? >
<
Ti sembro un tipo che non sa mantenere le promesse? >
<
No... >
Non
lo so...
<
L... come fai a dire che mi ami? Io... sono così giovane e
inesperta... mentre tu sei un adulto, e poi ci conosciamo a malapena,
e... >
Mi
posò un dito sulle labbra, delicatamente, per farci cenno di
stare zitta.
<
Sei proprio ingenua... da questo si capisce che sei molto giovane...
>
<
Lo so... > affermai abbassando lo sguardo; anche lui mi considerava una
bambina.
<
...ma dentro di te, in fondo, sei un'adulta; molto di più
delle tue coetanee. Ed è anche per questo che mi piaci.
> continuò. E in quel momento, dentro di me, provai
una gioia inspiegabile, un'emozione che mi travolse come un'alta marea.
<
Anche per questo? >
<
Sei così bella... > disse poi, abbracciandomi di
nuovo, teneramente.
<
Dimmi... sei sempre così dolce, quando ti piace qualcuno?
> chiesi, poggiando la testa sulla sua spalla, beandomi del suo
calore.
<
Ti dirò... è la prima volta che mi sento
così. >
Passammo
la serata a parlare di noi, anche se in verità fui io a
parlare, e lui mi ascoltava rapito; non sapevo praticamente nulla di
lui, tranne il suo vero nome. Mai avrei immaginato che me l'avrebbe
detto: " L Lawliet... "
sussurrò piano al mio orecchio.
Il
giorno dopo, lui se ne andò di prima mattina, mentre
piangevo silenziosamente tenendo il mio amico Mello tra le braccia,
anche lui triste come me; non potevo sapere cosa sarebbe successo in
futuro, e sinceramente, mai l'avrei immaginato. Basta scrivere un nome
su un quaderno, per sconvolgere la vita di una persona.
<
Tornerò, te lo prometto. >
<
Ti amo, L. >
<
Anche io, Sarah... >
Come
petali di rosa trasportati dal vento, il mio amore volò via
da me, promettendomi di tornare presto; l'avrei aspettato, per tutta la
vita, se necessario.
Fine Capitolo Uno
[*] Beyond Birthday
è il killer che compare nel romanzo di Death Note, "Another
Note". Il fatto che abbia ucciso i genitori della mia protagonista
è puramente di fantasia.
Ed eccoci alla fine della prima parte...che dire? Spero di cuore che
l'abbiate apprezzata. Commentate please. T_T ( ovviamente sono ben
accetti anche commenti negativi, in quanto stimoli a migliorare! )
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