Titolo
Titolo: You will be there for me
Fandom: Sherlock BBC
Pairing/Personaggi: John Watson, nominate Mary Morstan e Sherlock Holmes
Rating: Pg
Charapter: 1/1
Beta: no one
Words: 412 (fiumidiparole)
Genere: angst
Warning: nessuno
Summary: «Sono passati diciotto mesi, Sherlock»
Note: Scritta per la
Notte Bianca 8 di
maridichallenge sul prompt
“E per quanto è assurdo, non
riesco a dirti addio” di naripolpetta e per la missione 1 con prompt “grande”
della
Quinta settimana del Cow-T 3 sempre di
maridichallenge.
DISCLAIMER: vorrei tanto possedere John, ma no, né lui
né nessun altro mi appartiene .__. Neanche Sherlock, no *sigh*
È stupido essere lì, lo sa.
Un rivolo di vento smuove l’erba e
porta con sé il chiacchiericcio di una coppia di signore che sistemano fiori
sulle tombe, prese nel conforto dell’abitudine. Sono lì ogni settimana, a
cambiare fiori e a pulire le lapidi di quelli che, un tempo, erano stati un
marito e una figlia. John le saluta educatamente ogni volta dal terzo giorno che
si sono incrociati, che hanno passato la mezzora seguente a prendersi cura dei
loro cari, riscaldati dalla presenza di qualcun altro nel loro personale giorno
della memoria.
«Tutto questo è stupido» mormora,
infilandosi le mani nella tasca della giacca. Si dondola sui talloni e guarda in
alto, verso il cielo terso, chiudendo gli occhi per un istante. Un tordo
cinguetta, planando sulla sua testa, prima di virare verso un’altra destinazione
a lui ignota.
«Le ho chiesto di sposarmi» riprende,
dopo che il silenzio l’ha fatta da padrone per troppo tempo, tornando con gli
occhi sulla lapide scura. Il nome continua a dargli sempre la sensazione di un
pugno nello stomaco. Sbuffa un sorriso, ridendo di se stesso, e si schiarisce la
gola; fa un passo, poi si volta e ne fa due nel senso opposto, passandosi una
mano sul mento fresco di barba, nervoso. «Ho chiesto a Mary di sposarmi e lei ha
detto sì» continua, tornando al punto di partenza, allargando poi le braccia,
frustrato. «Sono passati diciotto mesi, Sherlock. Diciotto mesi e ho una casa e
un buon lavoro e sono sul punto di sposare una donna fantastica» dice ad alta
voce, attirando l’attenzione delle due sue vicine. Non gli importa granché,
sinceramente. «E ti odio, perché è un anno e mezzo che ci spero, ma tu continui
a restare qui». Sospira e ride piano, strofinandosi gli occhi, stanco e
spossato per fare altro, «ti odio e per quanto è assurdo, non riesco a dirti
addio».
Un cinguettio è l’unica risposta che
il vento gli porta, l’unica altra voce oltre la sua. Anche le due anziane
signore hanno pensato bene di lasciarlo solo.
«La amo, Sherlock, e la sposerò»
mormora, stringendo le labbra in una linea di dolore, «e vorrei davvero tanto
avere il mio migliore amico accanto a me, quel giorno». Tenta un sorriso, ma
lascia perdere l’istante dopo, vinto dal nodo troppo grande che gli chiude la
gola. Chiude gli occhi, respira due volte, lento e profondo, e si volta,
andandosene.
Lo conosce, sa che può fingere quanto
vuole di non ascoltarlo.
Alla fine ci sarà.
Fine.
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