Disclaimer: La storia è stata scritta per puro divertimento
senza nessuno scopo di lucro e naturalmente i personaggi appartengono a
J.K.Rowling
Questa storia è stata scritta per un concorso What if
indetto dal forum "Leather and Libraries". Grazie per l'attenzione!
"Snowfall in your
smile"
25 Dicembre.
Enormi drappelli di dame e cavalieri ballavano nella Sala
Grande decorata a festa: dodici abeti erano disposti sul perimetro della Sala,
le tavolate erano scomparse creando così una grande pista da ballo.
Dall'alto si distingueva soltanto un volteggiare di stoffe,
tante e diverse: velluto, taffettà, seta, pizzo, tulle; e tanti colori. Era un
arcobaleno: una fusione di tante tonalità e sfumature.
Era un qualcosa di unico.
Tutti ridevano, tutti bevevano, tutti ballavano: le dame
giravano per la pista, i cavalieri le accompagnavano guidandole nei
balli.
Davanti al portone della Sala grande due ragazzi facevano
finta di aggiustarsi il colletto della camicia inamidata dell'abito da
cerimonia. Uno aspettava il caposcuola Griffondor: mezzosangue, alto, biondo,
occhi grigi. L'altro, invece, la regina di Slytherin: sangue purissimo, casata
antica ed un'eterea bellezza.
- Ahhh Zabini, è stato mortalmente straziante e
pericoloso riuscire a convincere il ragazzo più difficile di Hogwarts a
partecipare al Ballo di Natale. Lui che alle feste non c'è mai...-
sospirò teatralmente uno dei due, Potter.
-Eh già, Potter. Anche per me è stato
incredibilmente difficile convincere la ragazza più ricercata di Hogwarts
a venire al Ballo di Natale, che , tra parentesi, odia...- sospirò anche lui
guardandosi le dita curate, poi alzò gli occhi su Potter e scoppiarono a ridere
delle loro rispettive pessime recitazioni.
Con le lacrime agli occhi il bambino sopravvissuto si girò
verso le scale e si ritrovò di fronte il biondo sopracitato
- Ehi Harry, stai bene?- disse Draco vedendo il suo amico
contorcersi dalle risate e massaggiarsi la pancia - Io l'ho sempre detto che tu
non sei normale, su questo sono daccordissimo con i Serpeverde, difatti guarda
da chi sei accompagnato! Ciao Blaise- Draco si fermò pensieroso guardando i due
ragazzi che si tenevano in piedi a vicenda, barcollando: una scena penosa a dir
la verità. Poi sbottò:
-Ma qualcuno vi ha lanciato un incantesimo rallegrante?-
Draco estrasse la bacchetta - Finite incantatem- ma quelli continuavano a
ridere. Adesso ne era proprio sicuro: non c'era niente da fare erano stati
irrimediabilmente persi in quello che si chiama tunnel della pazzia.
Gettò uno sguardo dentro la Sala Grande. Sospirò
guardandosi in giro: aveva deciso di presentarsi a quella festa solo perchè
doveva un favore ad Harry, non si era trovato nessun accompagnatrice, almeno non
sarebbe stato costretto a ballare tutta la serata.
D'un tratto sentì i due ragazzi smettere di ridere. Si
voltò di scatto seguendo lo sguardo di Harry. Blaise fece un lungo fischio di
approvazione verso l'enorme scalinata.
E fu in quel momento che la vide.
Un vestito semplice le fasciava il copro longilineo,
scendeva fino a terra per lasciare dietro un leggero strascico. Era di un blu
molto intenso, come quello dell'iris. Contro la sua pelle bianca, quasi
alabastrina, sembrava ancora più scuro e luminoso. Le spalle minute erano nude,
mentre le gli avambracci erano coperti da dei candidi guanti bianchi di raso.
Sulle braccia ricadeva un leggero scialle di tulle dello stesso colore del
vestito.
I capelli di solito sciolti in morbidi boccoli erano
raccolti in un acconciatura elaborata: tra le ciocche c'erano preziose perle
bianche e intorno al viso scendevano due boccoli, che le incorniciavano le
guance.
Il trucco quasi assente illuminava quegli occhi d'oro, che
avevano incantato molti ragazzi e che ne avevano distrutti altrettanti se non di
più. Perchè c'era anche chi diceva che la bellissima Shlytherin non si fosse mai
legata a qualcuno più di una notte, che grazie a quegli occhi aveva fatto
inginocchiare una schiera di uomini e che mai ne era uscita sconfitta, come se
non avesse cuore.
In silenzio la osservò scendere lentamente la gradinata.
Quegli occhi fissavano un punto imprecisato della parete di fronte a lei, per
poi posarsi su quelli del suo migliore amico Zabini. La vide accennare un
sorriso.
Finite le scale raggiunse Blaise.
- Ehi bellissima, com'è che vieni dall'alto?Hai cambiato
Casa?-cincischiò divertito il ragazzo.
-No, ero semplicemente nel bagno dei prefetti e ho
preferito preparami lì, senza dover scendere nei sotterranei per poi risalire-
rispose placidamente lei, sempre con la sua voce quasi atona.
-Ah ma certo, mai fare una fatica di più, vero
dolcezza?-
-Ovviamente- confermò facendo spallucce- Allora vogliamo
andare, o mi hai fatto venire solo per restare sulla porta?- chiese già
avviandosi verso l'entrata.
Si girò leggermente accettando il braccio di Zabini, quando
incontrò due occhi grigi. Non aveva notato i due Grifondoro prima.
-'Sera Potter, Mezzosangue...-salutò facendo un breve cenno
ai due, ma quegli occhi non la lasciarono.
Dandogli le spalle se li sentì addosso, perforarle la
schiena e la nuca. Si sentì nuda, ma non si sarebbe girata per assicurarsi che
le sue sensazioni fossero reali.
Sentì come se qualcosa si fosse rotto, qualcosa di
importante che le era sfuggito di mano,ma era qualcosa che lei ancora non
riusciva a capire.
Draco la fissò e per un attimo sentì l'impulso di correre,
di andare fuori e urlare al vento. Era proprio vero che quegli occhi d'oro
ferivano. Non si erano mai parlati, se non insulti dovuti tra le Case, ma forse
ciò era stato un bene, perchè dalla prima volta che aveva incontrato quegli
occhi d'oro, di fuoco e fiamme, i suoi erano diventati d'argento, di ghiaccio e
non erano più stati in grado di scaldarsi.
Mentre Harry lo afferrava per un braccio trascinandolo
dentro, la mente volò a quel giorno di sette anni prima.
Un enorme portone si stagliava davanti a una quarantina di
paia di occhi che intrepidi aspettavano di poter fare il loro ingresso ufficiale
nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Una strega dall'aria rigida comparve sulla soglia: sul viso
molte rughe profonde circondavano gli occhi e gli angoli della bocca delle
labbra sottili.
- Benvenuti a Hogwarts- disse la donna- Io sono la
professoresse McGranitt. Fra poco comincerà il banchetto di inizio anno, ma
prima che ne prendiate parte sarete smistati nelle case. Lo Smistamento è una
cerimonia molto importante, perchè darà una svolta al vostro futuro: deciderà in
quale Casa collocarvi, che per tutto il tempo che passerete qui ad Hogwarts sarà
come una seconda famiglia. Le lezioni che frequenterete le dividerete con i
vostri compagni di Casa. Dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete
il tempo libero dallo studio nella vostra Sala Comune.
- Le Case sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e
Serpeverde: ogni volta che otterrete dei trionfi farete acquistare punti alla
vostra Casa e allo stesso modo ne farete perdere se violerete il regolamento.
Alla fine dell'anno la Casa che avrà totalizzato più punti vincerà la Coppa
delle Case. Tra poco inizierà la Cerimonia. Tornerò a chiamarvi e aspettatemi in
silenzio, grazie.- la professoressa se ne andò e subito si alzò un brusio molto
eccitato.
Piccoli vari gruppetti ciarlavano fra di loro. Vicino allo
scorrimano un ragazzo biondo parlava con altri due: uno con una corposa zazzera
fulva, Ronald Weasley, e uno con una chioma nera disordinata, e una strana
cicatrice a forma di saetta che spiacava sulla fronte, Harry Potter.
-Speriamo di andare tutti a Grifondoro, mi sembra la
migliore, no?- disse quest' ultimo.
- Certo Harry, però anche Corvonero non è male- ribattè
pacatamente il biondo, mantenendo sempre un certo accento saccente.
- Ma allora è vero?- una voce stridula da ochetta
interruppe i discorsi di molti - è vero che c'è Potter?Harry Potter?-
Il gruppetto del ragazzo in questione alzò lo sguardo verso
la ragazza-oca che aveva parlato.
Il biondo accanto a Harry vide un'altra ragzza accanto
all'oca che annuiva con aria annoiata.
-...Beh almeno dovrebbe imparare con chi avere a che fare,
anzi che stare con miseri babbanofili e sporchi mezzosangue...-continuò
l'ochetta. La stessa ragazza che aveva annuito le fece un gesto vago con la mano
per farla tacere e si girò poi verso il ragazzo del trio, un pò allampanato con
i capelli castano scuri e occhi blu mare.
- Draco tutto a posto?- il biondo chiamato si girò verso
Ron , gli sorrise e annuì.
Tornò con lo sguardo verso di lei per osservarla. Quando
questa alzò gli occhi e incontrò quelli grigi di lui, il nocciola chiaro si
accese diventando quasi oro.
Restarono a fissarsi fin quando il portone non si spalancò
e riapparve la McGranitt facendo segno a tutti di seguirla.
Draco si girò e si rilassò riprendendo un pò della sua aria
saccente.
L' immensa Sala Grande era gremita di persone. Tutti
indossavano dei capelli neri a punta. Le quattro tavolate attraversavano la sala
fino a giungere al tavolo dei professori, che troneggiava magnifico con le sue
volute di marmo antico a decorarlo.
La professoressa McGranitt guidava il gruppo di ragazzini,
piccoli e mingherlini. Tante emozioni baluginavano su quelle faccie: paura,
felicità, interesse, sbalordimento. C'era persino chi camminava senza staccare
gli occhi dal soffitto, che rispecchiava il cielo notturno con le candele accese
che aleggiavano nell'aria.
Solo pochi si mostravano sicuri di ciò che facevano fra cui
il ragazzo biondo con una divisa di seconda mano. Guardava dritto davanti a se
spiegando a destra e a manca che quel cielo in realtà era fittizio, che da
Silente in persona era stato gettato un incantesimo per far sì che riflettesse
il cielo esterno, ma il soffitto c'era eccome.
-...Insomma nessuno di voi ha letto Storia di Hogwarts?Il
cielo è solo opera di un incanto molto potente scagliato dal preside stesso, ma
il soffitto c'è. Infatti se guardate attentamente potete scorgere le travi di
legno, che secondo la trabeazione dei templi...-
-Ohhhh- un coro di voci estasiate interruppe quel monologo.
Il ragazzo biondo alzò il viso e notò che ancora fissavano i cambiamenti del
cielo, che diveniva sempre più scuro. Sbuffò impaziente, e continuò a camminare
cercando di non sentire altri bisbigli che avevano come soggetto assurdità del
tipo potersi smaterializzare e materializzare dalle stanze nella Sala Grande per
poter fare uno scherzo al compagno di tavolata.
La professoressa McGranitt si fermò davanti a una sedia
dove vi era depositato uno strano cappello vecchio e logoro. All'improvviso uno
degli strappi si animò dimostrando l'esistenza di una bocca e con voce
squillante prese a cantare.
"Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scfappello
se uno più bello ne troverete.[...]
Ma son io che al posto vi mette
e al mio confronto gli altri son
zeri.
Non c'è pensiero che non sappia
vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
E' forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è a Tassorosso la vostra
vita,
dove chi alberga è giusto è leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vegghio e il
saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan
linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mani sicure
Perchè io non un Cappello
Parlante"
( by J.K.Rowling "Harry Potter e la pietra
filosofale)
La McGranitt fece iniziare la Cerimonia dello Smistamento.
Pian piano il gruppo si sfoltiva: sei persone furono mandate a Tassorosso, nove
a Corvonero, dieci a Grifondoro tra cui Ron e Harry.
L'oca, Pansy Parkinson, e il ragazzo dagli blu mare, Blaise
Zabini, furono smistati a Serpeverde inzieme ad altre sei persone.
-Granger Hermione- chiamò la professoressa.
La ragazza dagli occhi d'oro si sedette sullo sgabello,
mettendosi in testa il Cappello Parlante.
Passarono pochi secondi nei quali il Cappello rimuginò e
poi disse la decisione: -Serpeverde-. La ragazza si tolse il cappello e
nell'attimo di alzarsi incontrò due occhi grigi che la guardavano. La ragazza
mantenne fisso lo sguardo finchè non fu costretta ad andarsene verso i suoi
compagni di Casa che la reclamavano a gran voce.
-Malfoy Draco- fu il turno del ragazzo biondo.
Il Cappello lo smistò dopo un pò di indecisione:
-Grifondoro- il tavolo rosso e oro esultò un'altra volta
mentre lui si sedeva vicino a Harry e Ron.
Per tutta la cena non guardò più verso tavolo verde e
argento, mentre emozioni di undicenne prendevano sconosciute il
sopravvento.
°°°°
Le coppie volteggiavano al ritmo di un walzer.
Draco era in piedi davanti al buffet, bevendo il suo
ennesimo bicchiere di pounch. L'aveva vista ballare insieme a Zabini, aveva riso
per qualcosa che lui aveva detto e ora si erano lasciati per riprendere fiato e
bere qualcosa all' altro buffet, situato dall'altra parte della sala.
Molte ragazze erano venute a chiedergli un ballo, ma lui
aveva galantemente declinato le offerte includendo come scusa di non saper
ballare molto bene, una bugia, d'altro canto, sapeva ballare alla perfezione già
dal loro quarto anno, l'anno del Tremaghi.
Ad un altro buffet, la mora Shlyterin, beveva assorta e
quasi fece un balzo quando sentì un sussurro al suo orecchio.
-Vai da lui, Herm. Sono passati sette anni e tu lo guardi
ancora di soppiatto, non ti sembra di esagerare con le precauzioni
anticocezionali?-
-Ahah, no Blaise. Stasera ti senti spiritoso?E poi sai che
non posso, non posso farlo: è qualcosa che va al di là della mia
natura...-
-Cosa, prendere gli anticocezionali, o mettere qualche
neurone in quella testa bacata?-rispose lui placido.
-Non mi parlare così, Blaise. Non provocarmi. L'ultimo
ballo a cui lui è venuto e stato al quarto anno e quasi mi hai lanciato fra le
sue braccia in una giravolta!Credo che te lo ricordi perfettamente come poi lui
mi ha afferrata per non farmi cadere, lasciando la sua dama, quella spocchiosa
della Weasley. E immagino che ricordi anche tutte le risate che ti sei fatto per
un mese di seguito ricordandomi questo avvenimento...Perciò se non vuoi che io
mi vendichi sta zitto!-berciò la mora.
-Certo certo princess.-lui lasciò cadere il
discorso.Gli occhi persi nel vuoto e nel cuore l'unica voglia di riuscire a
spingere lei verso quello che la struggeva.
Da solo contro tutti.
°°°°
Lui intanto beveva. Ron ballava con poca grazie assieme a
Calì.
Vide Harry separarsi da Ginny con la pormessa negli occhi
di incontrarsi, di un bacio, di una carezza, di un ballo. Lo vide anche
attraversare la sala per raggiungerlo e servirsi da bere.
-Allora, come va?-
-Mh- inframmezzò un sorso di pounch- la solita noia. Te lo
avevo detto che non aveva senso che io venissi al ballo-
-Si certo così passavi anche la serata di natale
dell'ultimo anno piegato sui libri. Prima o poi diventerai una talpa...Anche se
in questo momento ci vedi benissimo..-ironizzò il moro.
-Che intendi dire?- chiese il biondo con poco interesse e
vagando con lo sguardo nella sala per cercare una stoffa blu iris.
-Beh che sei stato tutto il tempo ad osservarla. Ti ho
visto, sai, e non mi sembra giusto o quantomeno salutare non andarle a chiedere
un ballo- c'era ancora nella sua voce una sottile nota di ironia, ma vide i suoi
occhi di giada farsi impercettibilmente più seri, proprio come gli chiedeva
dispertamente, inginocchiato ai suoi piedi, di poter copiare i
compiti.
- Hai qualche problema di neuroni? Beh è inutile
chiedertelo, è la verità. Comunque no, non posso..anzi non voglio andarle a
chiedere di ballare-.
Harry rimase in silenzio. Poi proprio quando Draco pensava
che non avrebbe risposto sentì la voce del suo migliore amico atona e priva di
alcun calore.
-Sai penso che sette anni fa il Cappello Parlante abbia
fatto con te un grosso errore. Insomma mettere a Grifondoro un codardo- fece una
pausa assottigliando ancora di più la voce, ora era serio- Tu non vuoi andare là
e strapparla dalle braccia di Zabini, tu hai paura...-
-Harry non ti permetto di parlami così: io non sono un
codardo e tanto meno ho paura, ricordatelo-. Posò il bicchiere ormai vuoto.- Ciò
che mi stai dicendo non sta nè in cielo nè in terra, è qualcosa di
sbagliato!Adesso se proprio vuoi che balli, Grifondoro dei miei stivali, ci
andrò- finì il biondo con la sua solita aria da saccente e indisponente che
indossava durante le ore di lezione.
Draco si diresse verso quella che era una Crovonero del
quinto anno, Greta Sanders, e le porse galantemente la mano. La ragazza arrossì
e un pò impacciata acconsentì a ballare con lui.
Si addentrarono fra le coppie.
Harry con lo sguardo acceso lo seguì on gli
occhi.
Finalmente.
°°°°
Stava iniziando un ballo di origine irlandese. Era
abbastanza complicato.
La melodia incessante e frenetica seguiva movimenti
regolari, scanditi da un ritmo elevato.
Un intero giro di sala, una dama.
Un altro giro, un' altra dama.
I cavalieri lasciavano la loro accompagnatrice, per poi
girarsi, sfidare il cavaliere vicino e appropiarsi della fanciulla
dell'altro.
Il grifondoro accompagnava pigramente nel ballo le ragazze
che gli capitavano fra le braccia.
Non ricordava neanche con chi aveva ballato: la Habbot, la
Mirewall e forse qualcun'altra...A stento ricordava chi aveva invitato a
ballare.
Un altro giro era finito. Lasciò la ragazza e si
girò.
Si ritrovò a sfidare il caposcuola Corvonero, che gli
sorrise.
Ricambiò con noncuranza apparentemnete attento al passo di
danza.
Senza neanche sapere chi fosse, prese le dama, la sollevò,
le fece fare mezzo giro. Poi la riposò a terra seguendo il ritmo della musica.
Le posò una mano in vita e le prese la mano destra.
Alzò gli occhi e incontrò due fuochi.
Si fermò per un istante. Un istante che sembrò una
vita.
Occhi negli occhi, ghiaccio nel fuoco.
Poi tutto riprese vita. Lui continuò a seguire i passi di
danza in silenzio.
Lo sguardo fisso in quello di lei.
Le fece fare una giravolta. Lei sospirò
lievemente.
-Un Mezzosangue che sa ballare e io che danzo con lui: il
mondo si è ribaltato-
-Più strano ancora è il fatto che un Slytherin abbia fatto
un complimento ad un Griffondor. E ancora più strabilinate è che quella
Slytherin sia tu e io il Griffondor- La sua voce era velata, come sempre, da un
accento saccente, smorzato, questa volta, da un tono di ironia.
"Capelli che come miele di acacia, scuro e dolce,
ricadevano sulle sue spalle. Il vestito in seta e in tulle che ricoprova le sue
morbide forme.
Pelle alabastrina e vellutata fra le sue mani.
La ripresa da una caduta. Non una parola, non un grazie.
Solo conseguenze"
Al Ballo del Ceppo, quella volta, aveva avuto la prima e
l'ultima occasione di sfiorarla e adesso..adesso ballavano stretti.
Il tempo sembrava non scorrere mai.
Ballavano una danza, senza in vero, seguirla.
"Occhi d' argento la guardavano fissa mentre la salvavano
da una rovinosa frana.
Le sue mani gentili sulle braccia.
Crini biondi, come seta, le avevano solleticato la base del
collo, mentre la tratteneva."
Come adesso, poteva sentire i capelli di lui passare lievi
sulle sue guance, per poi sparire, lasciando, come segno del loro passaggio, un
leggero formicolio, uno di quelli che ti strugge dalla voglia di alzare una mano
e sfregarla frenetica sulla pelle, cercando un sollievo agognato, ma che
nonostante il tuo fervore nel passare la mano questo non si placa e ti fa
impazzire, finchè , da sè, non decide di andarsene.
Ma quel formicolio sulla pelle di lei, sembrava indelebile,
forse perchè cercava di resistere alla tentazione di sfregarsi con forza le
guance.
"L'istinto di lasciarsi andare tra quelle braccia di
quattordicenne e poi, comunque, sciogliere quell'abbraccio momentaneo, che di
vero abbraccio non sapeva, ma era la cosa più vicina che gli si potesse
paragonare.
E la sofferenza velata dall'altruismo nel suo sguardo,
mentre lasciava quelle braccia per riprendere in mano quella che era la sua dama
e continuare a ballare.
E lei: la voglia di schiaffeggiare il suo cavaliere e allo
stesso tempo di baciargli le mani per averla fatta inavvertitamente cadere in
quel preciso istante.
E la consapevolezza del significato che loro due avevano
attribuito a quel salvataggio, che, inequivocabilmente, stava a determinare
l'inizio della caduta, della perdita, del dolore."
La melodia di un ballo, di una parola non detta, di uno
sguardo di fuoco e uno di ghiaccio.
Bella.
Sensuale.
Androgina.
Stregata per incantare.
Avvolgente.
La melodia di un infausto giorno in cui due iridi d'argento
si fusero con l'oro, segnando la resa, la fine di una guerra.
La melodia tessuta dal fato, pronta ad accogliere due cuori
ignari, inconsapevoli.
La melodia nata per unire due anime contrastanti, ma,
comunque, sorte dalla stessa fonte, pura, limpida.
Il segno della caduta, dell'inizio della rovina, della
morte nel cuore.
Il segno che nonostante tutto ciò fosse nato per restare
unito doveva sentirsi pronto per essere separato.
E d'un tratto la melodia finì, i cavalieri si sapararono
dalle dame.
Le mani di lui restarono per un secondo ancora sulla pelle
di lei.
Lei, che sembrava aver perso la cognizione del tempo, le
orecchie otturate, gli occhi incatenati ai suoi, restò immobile.
Finchè colpito ad una spalla, lui si girò, incontrando gli
occhi blu cobalto di Blaise Zabini e allora la lasciò.
Calde mani scivolarono via da quella pelle. Ora scottava,
dove prima c'era il tocco di lui, tutto bruciava fra fiamme ardenti.
Un fuoco sul ghiaccio.
Anche gli occhi abbandonarono il loro contatto, mentre lei
andava via volteggiando fra le braccia del suo compagno di Casa.
La pista ardeva, i suoi passi risuonavano lontani e
ovattati nelle sue orecchie.
Sentì mani gentili,
ma mai quanto le sue,
posarsi sul suo braccio e chiedergli di ballare.
Istintivamente accettò catturato da una voglia frenetica di danzare, posare le
sue mani su della pelle morbida,
ma mai come la sua,
muoversi alla ricerca di un pretesto per osservare occhi
dolci e penetranti,
ma mai quanto i suoi.
Sentì la voglia inconsapevole di sentire voci soffici e
blande accerezzargli l'udito e poi farlo sorridere,
ma mai come sarebbe riuscita a farlo lei.
Sentì il dovere e la possibilità di ringraziare chi lo
aveva portato all'inferno e al paradiso, alla libertà e alla prigionia,
all'amore e all'odio.
Prese quelle mani guantate e portò quella dama
apparentemente sconosciuta in mezzo alla sala. Una chioma rossa e fluente le
pioveva dalla nuca.
Meglio il castano.
Vide occhi celesti e limpidi posarsi sui suoi. La vide
sorridere. Un sorriso caldo, melodioso.
Ricambiò prontamente il sorriso, forse con meno calore e
intensità di quello ricevuto,
ma non era lei...
Ballò, ma non la guardò, restò con lo sguardo fisso al
muro, incapace di guardare in occhi che non erano oro colato.
Semplicemente non era lei...
Sentì la musica cessare e le sue mani non esitarono a
staccarsi dalla dama. La ringraziò con uno sguardo, solo allora la riconobbe com
una sua compagna di Casa, la sorella di Ron: Ginny.
Aveva caldo, la testa gli girava. Sentiva i sensi acuirsi e
diventare insopportabile qualcunque cosa attorno a lui.
Lasciò la sala in cerca di refrigerio.
L'ampia balconata era semivuota. Esili colonnine scalanate
si innalzavano dal pavimento di pietra e sorreggevano la lastra, anch'essa di
pietra, che fungeva da parapetto.
Vento gelido di Dicembre accarezzava il suo viso,
rinfrescandolo.
Chiuse gli occhi sul paesaggio del parco
innevato.
Davanti a lui l'immagine di se stesso con lei fra le
braccia, intenti a ballare, occhi negli occhi.
Lei era aggrappata al braccio del suo amico, per non
cadere, per non precipitare nel vuoto, franare a terra.
Si faceva trasportare al ritmo della melodia, incurante di
ciò che le accedeva intorno. Troppo intenta a non dimenticare
quell'argento.
Si muoveva senza avere veramente la consapevolezza di
farlo: il suo corpo era rimasto ancora lì, fra le braccia di lui.
Il viso era leggermente arrossato. Sentiva caldo e
freddo.
Brividi le percorsero le braccia. Si fermò incurante di
andare a sbattere contro altre coppie, che volteggiavano vicino a
loro.
Blaise la assecondò. Continuava a sorreggerla, mentre la
trasportava verso un archetto in pietra, che testimoniava una delle entrate
dell'ampia balconata.
Bianca e pallida neve aveva iniziato a scendere da poco,
coprendo lievemente la pietra.
Il luogo, leggermente appartato, era semi deserto tranne
che per qualche coppia sparuta che cercava di sfuggire all'ennesimo ballo e un
ragazzo solitario che guardava il panorama pesantemente appoggiato al
parapetto.
Blaise bisbigliò qualcosa all'orecchio di lei, che annuì.
Il moro sparì.
Lei sembrava aver ripreso conoscenza, sembrava essersi
svegliata da un sonno catatonico in cui era caduta.
La carnagione pallida sembrava aver ripreso colore: le
guance leggermente arrossate spiccavano vivaci sul suo viso.
Mosse i primi passi da sola, come un neonato che impara a
camminare, ora lei, traballante, attraversava l'ampio balcone.
Dispiegò la stola, coprendo le sue spalle e le braccia.
Era quasi al centro della traversata e un grosso fiocco di
neve scese fino a posarsi sulla punta sottile del suo naso.
Raggiunse la balconata, di fianco a lei torreggiava in
silenzio la figura slanciata del ragazzo che solitario guardava nel
buio.
Sbuffi di aria calda, che a contatto con quella fredda
esterna diventavano vapore, aleggiavano intorno ai loro visi.
Il silenzio attorno a loro. Solo nubi di
condensa.
Come neve al sole.
-Non ti va più di ballare?-una voce baritonale rimbombò
nell'aria attorno a loro. Lei si girò lentamente verso quel ragazzo.
Un abito da cerimonia nero, impeccabile, senza un piega,
magistrale.
-No, non mi va più- un suono flebile, quasi
irriconoscibile. Si sentiva la gola arsa, come da un fuoco o come se
avesse appena rishiato di annegare ingoiando acqua gelata.
Un leggero cenno del capo di lui e ricadde il
silenzio.
Una brezza passò accanto alla ragazza. Le penetrò la pelle,
facendola rabbrividire. L'aria che sapeva di neve portò via con se un aroma
inconfondibile di mora e fragola. L'odore di lei giunse forte a lui, che
aspettava altro che l'invito per girarsi e poter sciogliore il ghiaccio nelle
fiamme.
Fiamme troppo calde e distaccate che negli anni aveva
imparato a combattere con ghiaccio affilato e tagliente.
Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, continuando a
guardare fisso il panorama.
Bianche punte ferivano il cielo notturno.
La luna pallida e piena ricadeva perfetta al centro delle
stelle.
"Questo vasto teatro dell'universo offre spettacoli più
dolorosi che quel palcoscenico su cui noi recitiamo."William Shakespeare da "A
piacer vostro".
E loro come spettatori della natura e interpreti si
godevano quelle immagini di un teatro troppo grande.
Amavano ciò che non si potevano permettere per poi perdersi
nella bellezza di un cielo.
Chiedevano ciò che non potevano avere solo al loro cuore,
perchè nella realtà restavano zitti, silenti spettatori di una vita che scorreva
impavida senza di loro
Codardi
Amanti dei sogni, traditori della vita.
Unici responsabili della decadenza delle loro membra a
contatto con desideri inconciliabili con la loro natura.
Piccoli cristalli ghiacciati scendevano posandosi su quei
vestiti perfetti, che cingevano il corpo in una morsa letale.
Piccoli puntini bianchi che macchiavano, innocenti, pelli
chiare, vestiti scuri e la voglia di sporcarsi.
Piccoli come lacrime cadevano da quel limbo nero. Cadevano
coprendo quel terreno fangoso.
E loro volevano solo sporcarsi.
Rendere possibile l'impossibile.
Sporcarsi.
Ma la paura di non sapersi ripulire era folle.
E perciò loro deprecabili spettatori della vita che
scorre.
-Nevica-una pallida voce sottile e pavida- Odio la neve. Fa
freddo-
-E' la cosa più pura che tu possa vedere Granger. Sarà
fredda, ma pura.-
-Non sempre è oro tutto ciò che luccica. La neve è spesso
sporca, si mostra per quello che non è. Lei è solo fredda.-
Il Grifondoro tacque.
Non
E ancora la neve cadeva più fitta. Ricopriva di nuovo il
terreno. Uniforme. Bianca. Per lui pura.
Checchè se ne dicesse, per lui restava quello che era
sempre stato.
Sempre
Qualsiasi cosa sarebbe successa, lui si sarebbe sempre
sentito bene nell'osservare quella purezza.
La neve aveva il coraggio di precipitare nel vuoto. Di
affrontare ciò che la Natura le riservava.
Senza paura. Ad occhi chiusi. Aperti.
Senza paura.
E'
Pallida la luna era coperta da fitte nubi scuri, ora che la
neve scendeva.
Candida.
Scendeva a sporcarsi. A diventare fanghiglia. Ad essere
calpestata da 10, 100, 1000 passi di innocente o reo.
Ma comunque sempre senza paura.
Oro
Instancabile dava senza ricevere.
Si mostrava nei suoi spericolati capogiri, sfrecciava
veloce nell'aria, dava spettacolo di ciò che sapeva fare.
E non chiedeva niente in cambio.
Tutto
Sicuramente oltre che ad essere pura, era anche la cosa più
altruista che lui avesse mai visto.
La Natura una volta tanto era stata buona.
Aveva dato dono di sè, senza pretendere che l'uomo cercasse
di ripagarla, sacrificandosi.
A volte dava tutto, a volte una parte, a volte
niente.
Ciò
A volte era buona, altre cattiva.
A volte era bianca, altre nera, altre ancora
grigia.
Dipendeva anche da come si faceva guardare. Da come voleva
essere vista, da come voleva essere non vista.
Da come voleva meravigliare o condannare.
Che
Tutto dipendeva da tutto e da niente.
Spesso avrebbe voluto accecare oppure farsi rimirare con
gratitudine.
Niente l'avrebbe domata, perchè regina.
Vinceva sul fuoco, sulla terra, sul mare, sulle acque, su
tutto.Lei parte infinetisimale della Natura, diveniva regina e domava con la
grazia e la disinvoltura del condannato a morte sul patibolo. Forte e con un
pizzico di paura, ma felice, perchè vissuto.
Luccica.
Ma comunque sarebbe stata sempre pura, altruista, bianca,
nera, grigia, forte, coraggiosa.
Sarebbe sempre stata tutto questo, perchè spesso era ciò
che l'uomo volesse che fosse. Ogni suo desiderio. E lui voleva
così.
"Only one thing makes a dream impossible: the fear of
failure."
L'unica cosa che rende un sogno impossibile: la paura di
fallire. The Alchemist "Life" Paulo Coelho.
E lui sapeva che la neve non avrebbe mai fallito. Sarebbe
sempre rimasta tutto questo. E a lui bastava così.
-Non è fredda. Forse potrebbe esserlo se volessi, ma se è
per questo potrebbe anche essere calda-.
-Mezzosangue, non dire cose senza senso. La neve non può
essere calda!-
Lui fece un mezzo sorriso, ancora a lei la neve non si era
mostrata.
Lei ancora non aveva desiderato vedere nella neve ciò che
voleva.
Avrebbe visto tutto. Lui ne era certo.
E sorrise ancora, amaro.
Ricadde ancora quel silenzio pesante.
E la neve scendeva.
Lui continuava a vederla come sempre.Un conforto nella vita
di tutti i giorni.
-Granger tu cosa vuoi?-
-Cosa?-
-Hai capito: cosa vuoi?Dalla vita, dal mondo, da te stessa.
Cosa vuoi?- la sua voce era chiara e bassa, un sussurro.
Lei rimase in silenzio.
Era semplicemente spiazzata.
Spiazzata da quel coraggio, da quella sfacciataggine, da
quella domanda. Dal vero senso di quella domanda.
-Non lo so Mezzosangue-
-Non dire scocchezzè- ribattè lui- Tutti sanno cosa
vogliono. Anche tu.-
Lei non rispose.
Cosa avrebbe potuto dirgli?Che desiderava essere solamente
una ragazza e non la regina, la figlia Del mangiamorte? Che avrebbe preferito
rimanere nell'ombra amata da pochi e conosciuta da altrettanti?
Che volentieri si sarebbe disfatta di oneri spiacevoli, di
delusione da sostenere, di paure nel letto e nella notte?
Che un cuore ce l'aveva, che non avrebbe voluto essere
tutto ciò che essere la Regina Slythetin comportava, essere libera?
Essere tutto o niente.
Decise che in fondo non le importava.
Lei voleva troppo cose, forse.
Forse.
Sentì il respiro di lui caldo accanto al suo orecchio e al
suo collo.
Neanche si era accorta dei suoi movimenti.
E ancora la sua voce calda.
-Pensa Granger. Pensa. E chiudi gli occhi. Immaginati tutto
ciò che vuoi, che vorresti essere. Tutto. E pensa che lo sia la neve. Vedrai non
rimarrai delusa. La neve può essere tutto. Lo devi volere solo ed unicamente
tu.-
Si sentì accarezzare da parole sommesse e dolci.
Una litania di consigli e promesse.
La promessa di vedere tutto quello che voleva
realizzato.
La promessa di poter essere felice guardando fiocchi di
neve cadere al suolo.
La promessa di poter sorridere ad occhi
chiusi.
Non rimarrai delusa.
Chiuse gli occhi scettica o forse solo troppo fiduciosa in
quel miracolo da non riuscire a crederci.
E li vide.
Vide tutto.
"The simple things are also the most extraordinary things,
and only the wise can see them."
Le semplici cose sono anche le cose più straordinarie, e
solo il saggio può vederle. The Alchemist "Life" Paulo Coelho
Vide finalmente ciò che per lui significava purezza.
Vide se stessa con abiti babbani, un sorriso smagliante
sulle labbra e un espressione felice.
Si, si vide felice, come mai aveva fatto. Anche perchè in
realtà questo privilegio le era stato precluso.
Vide anche un parco grand,e alberato. Le piante in fiore,
le vecchiette camminare appoggiare al bastone e seguire i nipotini che correvano
da una parte all'altra.
Vide coppie felici tenersi per mano e attraversare quel
viale.
Sentì il vento nei capelli, una mano accarezzarle la testa,
le spalle, un braccio fino a stringerle la mano.
Vide anche un lago limpido riflettere la sua immagine. Non
si era mai vista così...diversa.
Aveva sempre avuto una stessa visione di se stessa e ora le
si mostrava un'altra lei più bella, intraprendente, sorridente, affettuosa e
soprattutto felice.
Sentiva ancora una mano calda stringere la sua, mentre
stava rivolta allo specchio d'acqua.
Ma come si sarebbe potuta aspettare, a lei era sempre
riservata una delusione. Lui le aveva mentito.
Non vide chi le stava affianco.
Ne rimase delusa, perchè saperlo sarebbe stato un desiderio
veramente realizzato.
E la neve scendeva e lei vedeva.
Ma non tutto.
La neve può essere tutto, lo devi volere solo ed unicamente
tu.
E forse ancora una volta era lei che non voleva vedere chi
le stava affianco.
Forse perchè aveva paura della scoperta, timore del
significato.
O forse perchè quella persona ce l'aveva già
accanto.
Riaprì gli occhi e sentì il viso umido.
Non seppe dire se fosse stata la neve oppure le lacrime.
Non lo volle scoprire.
Continuò per qualche secondo guardare la neve cadere
ancora, per poi voltarsi.
Un vuoto la prese all'altezza del petto e dello
stomaco.
Era di nuovo sola, forse era questo il prezzo di riuscire a
vedere nella neve tutto ciò che desiderava.
Restare sola al freddo e con il viso bagnato. Con il cuore
appena aperto da una speranza piccola a vana e la senzazione di poterci riuscire
veramente.
Chiuse gli occhi e di nuovo rivide tutto. Scosse il capo
con decisione per scacciare via quelle visioni di preclusa felicità, di effimera
illusione.
Diede la schiena alla balaustra e si avviò verso una delle
entrate per la Sala.
Appena varcata la soglia, fu sommersa da luci, voci,
musiche, risate.
La mezzanotte era vicina e lei sentiva la gente che rideva,
vedeva la gente che ballava, che beveva, che chiaccherava. Tutti ignoravano la
sua nuova scoperta, nessuno capiva veramente cosa si poteva fare volendo
solamente. Nessuno tranne lui, che dopo averla edotta l'aveva abbandonata come
un fiore spoglio dei suoi petali.
Lasciata lì senza il rifugio confortevole di parole
comprensive e silenzi leggeri.
Sola come in fondo si era abituata ad essere.
In fondo si era resa conto che non poteva aspettarsi altro
da chi per anni aveva ricevuto solo il suo disprezzo, solo i suoi insulti
nascondendo una voglia incancellabile dell'altro.
L'aveva capito e non gliene aveva fatto una colpa.
Erano solo le conseguenze delle proprie azioni. Nente di
più, niente di meno.
E il profumo di lei ancora addosso.
Camminava a passo svelto attraverso la Sala, non badando
alle coppie che volteggiavano accanto a lui.
L'aveva lasciata da sola, senza un cenno, senza una
spiegazione, mentre lei per la prima volta, forse, vedeva.
Ed era stato lui a farla arrivare a quel
traguardo.
Era intorpidito dal freddo. Raggiunse il buffet per poi
servirsi un bicchiere di un ottimo vino rosso. Un Cabernet Franc.
Bevve un primo sorso dal suo calice di cristallo. Il vino
non era nè troppo freddo nè troppo caldo.
Era morbido, con un corpo leggero e fruttato.
Pelle levigata, bianca come una piuma e il suo profumo di
mora e fragola. Lei fredda e calda.
Annusò il vino, dopo un altro sorso chiudendo gli
occhi.
Le mani gli tremavano. Sentiva la pelle umida per via della
neve e i capelli bagnati.
Si versò nel calice altro vino e si sedette in una delle
tante poltrone sparse per la Sala.
Affondò le spalle nel velluto, posò il braccio sinistro sul
bracciolo e con la mano destra teneva ancora il suo bicchiere con il liquido
rosso chiaro.
Faceva girare il vino nel cristallo, lasciando opachi aloni
di rosso sulla coppa.
Riaprì gli occhi. Scandagliò la Sala alla ricerca di chi
aveva appena lasciato.
Vide Harry ballare ancora con Ginny. Ron seduto dall'altra
parte della Sala con accanto la sua ragazza.
Più in là Blaise Zabini in piedi lo scrutava con divertità
curiosità bevendo pounch evidentemente corretto con del FireWisky.
Sorrise verso di lui, alzando il bicchiere con il vino in
un tacito invito a brindare in silenzio.
Lo Slytherin alzò in risposta il suo braccio poco prima di
portarsi alle labbra quel liquido rosso ambrato.
Hermione vedeva tutto offuscato, la luce le aveva colpito
gli occhi con una forza letale.
Si avvicinò lentamente, con velocià calcolata, verso quello
che era il suo migliore amico.
Blaise si girò verso di lei, sbarrando leggermente gli
occhi.
-Hai deciso che per dare un risvolto positivo alla serata
avresti dovuto fare un bagno nel lago ghiacciato?Sei fradicia-
-No, sono stata semplicemente a guardare la neve e a
vedere- la sua voce era ferma anche se bassa.
Lui inarcò un sopracciglio, nella tacita richiesta di una
spiegazione, che d'altronde non ricevette. Con un colpo di bacchetta le asciugò
il vestito e i capelli, ancora elegantemente acconciati con le perle bianche che
attiravano verso di loro i riflessi delle luci.
-Grazie-
Lui alzò le spalle in risposta, passandole un calice con il
pounch corretto con una dose molto generosa.
Hermione ne bevve un sorso.
Si sentiva la gola arsa e percepì il liquore gelido
scendere scaldandola dentro.
-Allora, Princess, non hai niente da dirmi?-
-Ho visto Blaise-
-Cosa?-
Lei sorrise, un sorriso che raramente le increspava le
labbra, malinconico e compassionevole.
-Cose che tu non hai mai visto-
-Capisco- la sua voce tenorile risuonava in quella sfera di
cristallo che sembrava essersi creata intorno a loro.
Sorrise anche lui.
Aveva mentito: non capiva, ma era sicuro, che il momento
sarebbe giunto. Presto.
Hermione vagò con lo sguardo nella sala, fino ad incontrare
lamine di metallo ghiacciate colpirla e affondarla.
-Ho anche deciso-
-Cosa?-
-Cose che tu non hai mai deciso- rispose vagando con lo
sguardo su una fluente chioma bionda e due occhi verde acqua che ballava tra le
braccia di un ragazzo anonimo. Daphne Greengass.
-Capisco-
Sembrava la scena di un teatrino che implacabile si
svolgeva sempre nella stessa maniera.
Guardò ancora verso un punto imprecisato della sala, fino a
coglierlo nell'esatto momento in cui le sue procaci labbra di leone con la
lingua di serpente lambivano quel cristallo accettando la soave carezza del
vino.
Lei indugiò. Mosse un passo in avanti per poi
fermarsi.
-Sei ha deciso, Hermione, allora perchè non farlo?- La sua
voce risultava come una carezza sulla pelle.
Una carezza lacerante, che mai sarebbe stata capace di
squarciarla in quel modo impressionante come aveva fatto quella di lui. Un
dolore al petto, all'udito e alla vista. La pelle che bruciava ancora sotto quel
alito caldo che l'aveva colpita nel grande balcone al freddo.
Elegante, nella sua sporcizia. Fine, nella sua rozza
condizione sociale.
Puro, con sangue infangato da origini impossibili da
cancellare.
Infangato come la neve al suolo.
Le sue mani tremavano.
Chiuse gli occhi e sospirò.
Li riaprì e li attraversò un guizzo di indecifrabile
sicurezza .
Il suo incedere era lento. Sembrava che ogni passo
richiedesse tutto il coraggio Gryffondor che non aveva.
In quel momento la Sala poteva essere diventata l'immensa
distanza che separava l'Inferno dal Paradiso.
Lei dall' Inferno al Paradiso.
Oppure dal Paradiso all' Inferno. Le regole ancora non
erano state dettate.
Draco aveva il capo affondato nel velluto.
Fissava il soffitto, mentre sentiva il vino scendergli
nella gola.
Piano riportò lo sguardo sul resto della Sala.
L'aveva vista parlare con Zabini.
Si strofinò gli occhi e bevve un altro sorso.
Finché non la vide tra una coppia e l'altra.
Lei con il suo bicchiere in mano all'altezza dello stomaco.
E una coppia la coprì per poi farla riapparire un secondo più tardi.
Camminava piano, ma sembrava comunque che il tempo fosse
giunto ad un inesorabile e quanto mai inaspettata fine della sua
esistenza.
Hermione si fermò a tre passi da lui.
Portò il bicchiere vicino alle labbra socchiuse. Schiacciò
il cristallo contro quel rosso carminio.
Lussuria.
E poi bevve, guardandolo negli occhi.
Era come una sfida.
E lui l'accolse.
Posò il suo calice accanto a un piccolo tavolino in noce lì
vicino e si alzò.
Le prese il bicchiere dalle mani.
Toccò quella pelle bianca, nivea, liscia attraverso la
stoffa del guanto di raso.
Sentì un fremito alla base della nuca.
Sempre occhi negli occhi.
Una sfida.
Ghiaccio nel fuoco, orgoglio nella vanità, passione nella
lussuria.
Quel liquido caldo e amaro gli solcò la gola in una ruvida
carezza.
Il braccio gli ricadde lungo il fianco inerme.
Lasciò che le dita si aprissero, facendo cadere il
bicchiere vuoto a terra. Lo schianto perforò i timpani e una scheggia gli ferì
la mano.
Un leggero rivolo di sangue corse sulle sue lunghe
dita.
Rimasero in silenzio tombale, ricco di sottintesi, di
occhiate di fuoco, di cose non dette e di cose dette.
Draco allungò la mano ferita verso quella guantata di
lei.
Sentì il raso sotto i polpastrelli, accarezzandone
lievemente la sofficità.
Una piccola macchia rossa rimase su quel bianco
immacolato. L'esatto contrario della proprietaria.
-Ti ho macchiata-
-Non importa, tanto sono già sporca...-
La musica continuava a rimbombare fra quelle mura. Sembrava
che si fossero resi invisibili, che fossero sotto una campana di vetro. Tutto
era ovattato e surreale.
-Vuoi ballare?-
Lei scosse impercettibilmente il capo in segno di diniego.
Poi, inavvertitamente schiuse le labbra in un labile accenno di un sorriso
perlaceo.
Allungò una mano guantata verso quella ferita di lui, la
prese e la rigirò per qualche secondo e poi la fece ricadere lungo il fianco di
Draco.
Tutto intorno a loro era opaco, sfocato, un altro
mondo.
Un altro mondo dove tutto è nascosto perfettamente sotto
una maschera d'argento, tutto interpretato da goffi istrioni e burattini.
Una voce narrante dietro le quinte a raccontare quello che
ne è di vite lasciate scorrere via.
Impalcature di legno rovinate dai tarli, decadenti,
ammuffite che stentano a reggere il sipario che cala una volta finito lo
scadente spettacolo delle vite altrui.
-Vieni- Hermione si avvicinò a lui. Era come se lo
toccasse, come se una corda invisibile lo avesse costretto a girarsi e a
seguirla lontano da tutto, da tutti, da occhi indiscreti, da ciò che
spaventa.
Le voci si attenuarono, la luce divenne soffusa.
Non c'era più niente intorno a loro. Solo il
vuoto.
La neve scendeva ancora e li bagnava
imperterrita.
Lei si appoggiò con i gomiti alla balaustra, invece Draco
diede le spalle al panorama, adagiando i fianchi sulla pietra.
Hermione continuava ad osservare la neve cadere al suolo
nella sua spericolata danza.
Non c'erano parole per descriverla. Era tutto ciò che lei
non aveva mai visto e ciò la spaventava e la ipnotizzava.
- Sai..-
- Si, Granger?- fece lui incitandola ad andare
avanti.
-Una volta, non ricordo dove né quando, ho letto che se
vivi senza innamorarti profondamente equivale a non vivere. Perciò bisogna
tentare, se si vuole vivere...*- fece cadere la frase, come in una suspence ben
programmata che aspetta solo l'invito dell'altro per poter riprendere con più
gusto.
-E?-
-E io ho deciso: ho deciso di vivere, di
amare...-
-Granger, davvero credi di aver deciso?Ma soprattutto di
essere pronta a fare un passo più lungo della gamba?- Un mezzo sorriso gli
aleggiava sulle labbra,mentre guardava come rapito le pietre scabre dei muri
esterni.
-Amare non mai è semplice, ma è ciò che di più naturale
possa esistere-
-E la neve?- chiese lui.
-Giusto oltre la neve-
Ricadde un silenzio quasi innaturale. In sottofondo si
poteva sentire solo il vociare concitato e la musica e i rumori di bicchieri
provenire dalla Sala.
Lui guardava fisso verso una delle entrate, ma sembrava non
avesse un soggetto in particolare.
Hermione volse lo sguardo verso il ragazzo.
Osservò con attenzione, come mai si era concessa di far
prima, il suo profilo regolare, la linea della mascella leggermente spigolosa e
mascolina, la palle candida.
E quei fili d'oro che incauti ricadevano ad incorniciargli
il viso. Alcuni gli solleticavano la guancia e gli donavano un'aria
sbarazzina e intrigante.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da quella vista
celestiale e sublime, che le catturava la fantasia. Era attratta
come mai era successo.
Reprimette l'impulso di alzare il braccio e ravvivargli
quella sottile ciocca che si era depositata sulla guancia. Evitò di farlo, ma la
tentazione era diabolica.
Stette lì inerme ad osservarlo finché lui non si
voltò.
L'aveva colta in flagrante, come quando Dio si accorse
dell'immenso peccato di Adamo ed Eva, che spinti dalla brama della somma
conoscenza accettarono il dono tentatore del Serpente, lei desiderava
conoscerlo a costo di peccare.
Ma d’altronde ciò non sembrò turbarla.
Fatto sta che quando aveva avvertito lo sguardo di lei su
di sè, non si era sentito nè infastidito, nè sotto esame. Si era sentito a
casa con uno sguardo apparentemente sconosciuto.
Draco restò a guardarla, mentre lei riportava lo sguardo
verso il panorama latteo.
In silenzio perlustrava tutti gli anfratti di quel
paesaggio appena innevato, ma già sporco.
In fondo la neve avrebbe vinto solo per il suo
coraggio.
Una piccola perla bianca cadde dall'acconciatura elaborata
d Hermione, che non fece nulla per cercare di fermarla o recuperarla: era
perfetta anche con una perla in meno. Di questo lui ne era sicuro e forse anche
lei.
-Allora Granger, se rimasta delusa dalla neve?-
- Si, in parte...-
-E perchè?-
-Non ho visto chi c'era accanto a me, chi mi teneva per
mano-
-Ah- sbigottito dalla strana risposta non trovò altro da
aggiungere in quella conversazione che sembrava protrarsi avanti per mera
inerzia che per vero interessamento dei due interlocutori.
Osservazione quanto mai sbagliata: ognuno dei due sentiva
il bisogno di parlare, di sapere.
Ognuno dei due aveva uno scopo.
-Comunque vuoi davvero amare?- Draco sembrava aver
ritrovato la voce in una domanda che impellente come l'ossigeno era richiesta in
silenzio anche da lei.
-Si- un sospiro lieve, ma deciso.
- E chi, se posso?-
La curiosità e la conoscenza sono davvero peccati
mortali?
- Te- La consapevolezza di una decisione, quasi urlata, ma
comunque intima. Un passo enorme per chi fino a quel momento era vissuto
nell'odio e nel reciproco disprezzo[ovvero amore senza
saperlo].
Si sentì come gelato da un fuoco, all'improvviso senza una
spiegazione, solo con l'immediata certezza di una possibile felicità o
morte.
Tutto al di fuori dell'immagine di lei era sfocato e
percepì solo in parte la naturale ed istantanea reazione dello
sbigottimento.
Hermione si girò senza esitazioni verso Draco, lasciando
che un'altra perla abbandonasse il caldo rifugio fra i suoi capelli.
Negli occhi la paura di aver sbagliato, ma la speranza di
averlo fatto davvero[essersi ribellata e amato].
Lentamente stese le labbra in un sorriso, uno vero, uno di
quelli che in un istante arriva anche agli occhi.
Il rosso carminio formava una perfetta mezza luna dove i
perlacei denti accarezzavano quella pelle come soffice piuma.
Era uno di quei sorrisi che si donano raramente, solo
quando si offre nella mano il cuore come prezzo di una scelta.
A quel sorriso lui si abbandonò completamente
vittima[correo] di ciò che gli spalancava un altro mondo.
Si girò anche lui verso la balaustra e allungò una mano
verso quella di lei macchiata di sangue. E la strinse.
Un patto nato dallo sporco del fango e dalla supremazia del
sangue.
La strinse forte, in una presa d'acciaio rovente e non la
lasciò più.
Quella stretta e quei sorrisi erano il loro nuovo
mondo.
E fuori la neve.
"Ci sono certi sguardi di donna che l'uomo non scambierebbe
con l'intero corpo di lei" Gabriele D'Annunzio.
*non la frase esatta, ma il senso è ripreso da uno dei
dialoghi di "Vi presento Joe Black".
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