BUTTERFLY
CAPITOLO 28
Nelle mie
mani
Non avrei mai immaginato, che essere nervosa potesse essere
così facile per me.
Mi sento estremamente frustrata, ma è una diretta
conseguenza questa, del dolore e della tristezza, che si sono posate
come polvere sul mio cuore.
E il mio nervosismo sfiora quasi l’isteria a volte, facendomi
detestare tutto, perché questo tutto è solo
estremamente irritante per me.
Come la vita della città che scorre, oltre il finestrino
semi aperto.
Ogni cosa mi sembra particolarmente detestabile.
Il sole caldo che illumina le vie affollate, le persone con quell'aria
sorridente e questo profumo di glicine, che soffoca l'aria…
Li detesto, sì.
Specialmente l'ultimo, perché forse mi ricorda l'essenza di
altri fiori, abbandonati in una camera d'albergo.
La mia bocca si contrae leggermente in una smorfia, quando avverto
forte il desiderio di piangere.
Socchiudo le palpebre mentre annuisco ad intervalli regolari, per
rispondere così alle domande di Mendo.
Quando le riapro, porto di nuovo lo sguardo ostinatamente fuori dal
finestrino, senza prestare troppa attenzione alle sue parole.
In questo momento, ho un solo unico desiderio nella testa: voglio che
questa giornata finisca al più presto, mi sento davvero
troppo stanca.
Ecco, il suono del mio cellulare…
Anche lui riesce a darmi sui nervi!
Mendo smette educatamente di parlare mentre cerco nella borsa
l'aggeggio maledetto, che produce questo stupidissimo suono.
Una volta trovato, decido comunque di controllare chi sia, prima di
rispondere.
Oggi non ho proprio bisogno di altre scocciature!
Quando leggo il nome di Taro sul display però, ritrovo
subito un briciolo di buon umore e riesco così a rispondere
al telefono, senza sembrare più di tanto ombrosa.
"Dove sei?" mi chiede, con la sua fantastica voce rassicurante.
"In macchina… Persa per Tokyo fino all'ora di
cena…" sbuffo, iniziando a giocare con una ciocca di
capelli, lo sguardo di nuovo oltre il finestrino.
"Quindi stasera sei libera?"
"Sì..." rispondo mentre osservo svogliatamente un cartellone
pubblicitario, ora che siamo fermi ad un semaforo.
"Bene!" esclama felice il mio amico.
"Ci vediamo a cena, allora!"
Rimango in silenzio qualche secondo, cercando di rielaborare le parole
di Taro.
"Ne deduco che sei in città... A fare?" chiedo poi curiosa
mentre sento i miei nervi distendersi pian piano, grazie alla
possibilità d'incontrare una persona amica.
Quest'ultimo pensiero però, mi fa sentire subito in colpa
verso il mio assistente.
Mi volto così verso Mendo e quando incrocio il suo sguardo,
gli sorrido per scusarmi tacitamente, visto che l'ho escluso per un
attimo dalla mia cerchia privata di amicizie.
Lui mi osserva sereno, ricambiando il sorriso, prima di tornare a
sfogliare concentrato la sua rivista specializzata di moda.
Ignorando la mia domanda, Taro m'informa allegramente sulle coordinate
del nostro appuntamento di stasera.
Per evitare di dimenticare le sue indicazioni, strappo il giornale
dalle mani del mio assistente e scarabocchio un indirizzo sopra un
delizioso vestito firmato, che Mendo stava ammirando con devozione da
ben cinque minuti.
Quando gli ripasso la rivista, lo vedo scuotere la testa scocciato
mentre rivolta le pagine, come se fossero state vittima di un atto
vandalico.
"Ci vediamo stasera, Sanae!"
Taro mi saluta con un entusiasmo, quasi, visto il mio stato, contagioso.
"A dopo..." rispondo un po' titubante, arcuando le sopracciglia e dopo
aver riposto il cellulare nella borsa, torno a guardare fuori dal
finestrino.
Il vento caldo mi scompiglia i capelli mentre mi chiedo il
perché di tanto mistero da parte di Taro.
Ma non ha poi tutta questa importanza, perché l'idea di
passare qualche ora con il mio amico, riesce a rendermi un briciolo
felice, in questa giornata davvero pessima.
E un timido sorriso distende le mie labbra mentre torno a guardare le
persone, le case e i palazzi oltre il finestrino.
Alzo agli occhi per osservare l'edificio avanti a me poi li riabbasso,
controllando un'altra volta l'indirizzo ricamato
sul vestito patinato, nella pagina di rivista del mio assistente..
Aggrottando le sopracciglia, mi avvicino perplessa al portone
d'ingresso.
"Tutto bene, Sanae?"
Mi volto verso Mendo, che mi osserva titubante, sporgendosi dal
finestrino dell'auto.
Gli faccio cenno di non preoccuparsi mentre prendo il cellulare per
chiamare Taro.
In effetti, l’indirizzo è quello giusto ma ci deve
essere un errore.
In questa via, a questo civico, non c'è nessun locale dove
poter cenare ma solo un palazzo, dall'aspetto residenziale.
"Ciao, sono io!" esclamo, appena lo sento rispondere al telefono.
"Mi trovo all'indirizzo che mi hai dato, ma non devo aver capito bene,
perché..."
"Ok, ti apro! Sali al terzo piano!" m’interrompe, prima di
chiudere la comunicazione, senza darmi tempo di aggiungere altro.
Pochi secondi dopo, la serratura elettronica dell'ingresso scatta,
invitandomi ad entrare nello stabile.
Sorpresa, rimango ferma a fissare il portone semi aperto avanti a me.
Non ricordavo che Taro
avesse una casa a Tokyo…
Rinunciando a capirci qualcosa, alzo le spalle e mi volto di nuovo
verso Mendo, per congedarlo.
Il mio assistente mi manda un bacio con la mano, raccomandandosi di
divertirmi e di chiamarlo, quando vorrò tornare al
mio albergo.
Accompagno con lo sguardo l'auto mentre si allontana, prima di entrare
nella palazzina e una vota individuato l’ascensore,
m’infilo dentro, premendo il tasto del terzo piano.
Quando le porte metalliche si riaprono, faccio capolino sul
pianerottolo, guardandomi attorno, finché una porta in fondo
al corridoio non si apre.
Taro esce da un appartamento e quando mi raggiunge, mi abbraccia forte.
E il mio cuore assapora ancora la fantastica sensazione di
serenità, che ti fa sentire a casa, che solo un vecchio
amico riesce a trasmettere.
"Da quando hai una casa a Tokyo?" gli chiedo, aggrottando leggermente
le sopracciglia, una volta sciolto l'abbraccio.
Taro mi osserva per qualche istante, non so decifrare bene la sua
espressione.
Ne capisco ancora meno, quando le sue labbra si arcuano da un lato e i
suoi occhi si fanno maliziosi.
"Non è mia, infatti!" mi risponde, mantenendo la stessa aria
sospetta, coerente con l'aura di mistero della telefonata di stamattina.
Continuo a non capire…
Così tartasso Taro di domande, finché non
raggiungiamo la porta socchiusa dell'appartamento, dal quale
è uscito.
Lui continua imperterrito a non rispondermi ma quando oltrepassiamo la
soglia, una figura familiare attira tutta la mia attenzione,
rispondendo da sola a tutte le mie domande.
"Azumi!" esclamo felice, portandomi le mani sulle guance.
Lei mi sorride, annuendo ed io non resisto.
Presa dall'entusiasmo, l’abbraccio forte, veramente felice
per questo incontro inaspettato.
Appoggiata con il mento al palmo della mano, osservo
l’armeggiare dei miei due amici in cucina.
Azumi è cambiata in questo periodo in cui non ci siamo
viste, come ovvio che sia, ma posso notare che una cosa è
rimasta identica, a quando l’ho conosciuta: il suo sguardo su
Taro.
I suoi occhi brillano di una luce radiosa, appena lui entra nel suo
campo visivo e non riesco a trattenere un sorriso mentre li guardo
ridere e stuzzicarsi, nel tentativo di sparecchiare la tavola.
Non riesco però a non provare anche un pizzico
d’invidia, perché questa idilliaca
felicità davanti ai miei occhi, rappresenta tutto
ciò che io non ho mai nella mia quotidianità.
Ma che vorrei disperatamente avere.
Mi chiedo cosa si possa provare, a vivere così…
Sentendosi felici, ma per davvero, sempre.
Non sentendo mai il peso e l’oppressione del tempo che
scorre, perché si possono ignorare le lancette, che girano
nell’orologio.
Perché i minuti possono scorrere senza importanza,
perché non conta se è già passata
un’ora.
Quando Taro poggia in maniera maldestra l'ultimo piatto nella pila,
facendola traballare pericolosamente, Azumi scoppia a ridere,
prendendolo in giro.
Ed io mi chiedo ancora, cosa si provi a sorridere per una cosa come
questa, quando la mente è libera di sentire ogni emozione,
perfino la più banale, senza altri pensieri, senza ci siano
nubi ad oscurare l'orizzonte.
Tristemente, mi rendo conto che non so darmi una risposta,
perché non riesco nemmeno più ad immaginarla una
vita così.
Suppongo però, che sia bello essere liberi.
Liberi di provare giorno per giorno, dalla più
insignificante delle emozioni fino alla più forte, intensa.
"Sanae? Ci sei?"
La voce di Azumi mi risveglia, come se fosse stata un campanello nella
mia testa.
Mi rendo conto con imbarazzo, di essermi estraniata, forse per troppo
tempo.
"Ehm, scusami... Dicevi?"
"Mi chiedevo… Le persone iniziano a fermarti per strada? Per
cose tipo foto o autografi…"
"Ehm... Ogni tanto capita... Ma non così spesso!" e abbozzo
un sorriso mentre lei poggia i gomiti sulla tavola e si sporge per
farsi più vicina a me, proprio come se non volesse perdersi
una parola.
Anche Taro sorride, osservando l’espressione eccitata della
sua ragazza, prima che i suoi occhi ruotino posandosi al soffitto, in
un'espressione divertita.
"E che si prova?"
"Direi che è strano... Ma anche bello!" le rispondo con
sincerità, ripensando alla gentilezza dei miei ammiratori, quando ho l'occasione d'incontrarli.
"Forte! Deve essere stupendo!" esclama Azumi, battendo le mani
entusiasta.
"Per non parlare poi del fatto, che puoi entrare in tutti quei
fantastici negozi di lusso! Senza doverti preoccupare minimamente dei
cartellini del prezzo!" aggiunge, alzando gli occhi al cielo, con aria
sognante.
Taro non resiste ora e le tira una gomitata al braccio, scuotendo la
testa sempre più divertito.
Annuisco imbarazzata, prima di abbassare lo sguardo, che si sofferma
sul costoso orologio che ho al polso, facendomi sospirare.
"Peccato non possa comprare, l'unica cosa che vorrei davvero..."
esclamo, sentendo le mie labbra contrarsi in un sorriso
amaro mentre gli occhi rimangono fissi sulla lancetta argentata, che
brilla, scattando ritmicamente sul quadrante nero.
"Sanae..."
La voce di Azumi mi costringe a guardare di nuovo verso di lei.
"Mi dispiace… Taro mi ha detto, che la sera dell'amichevole
non sei riuscita a vedere Tsubasa..."
Abbozzo un altro sorriso rassegnato, distogliendo lo sguardo per un
secondo.
Quando torno a guardare i miei amici, posso notare l'espressione
rammaricata con cui mi guardano.
"Già… Non ho fatto in tempo. Prima non avevo il
denaro per andare da lui ma ora che potrei permettermi tutti i viaggi
in Brasile che voglio, mi manca il tempo. E quando lui è in
Giappone, non riesco a vederlo nemmeno per un minuto. Non è
assurdo?" chiedo retoricamente, inclinando la testa di lato e alzando
le spalle.
Taro mi sorride di nuovo, visibilmente dispiaciuto, prima di tentare
d'incoraggiarmi ancora, ribadendomi di non prendermela,
perché ho avuto solo una serie di coincidenze sfortunate
quella sera.
Azumi invece segue il discorso rimanendo in silenzio, senza distogliere
lo sguardo serio da me.
"Qual è il tuo prossimo impegno in agenda?" mi chiede
all'improvviso, spiazzandomi un po'.
Nonostante non comprenda il senso della domanda, rifletto comunque
sugli appuntamenti previsti in questa settimana.
"Fra tre giorni, Osaka, promozione." esclamo professionalmente,
ripetendo a memoria l'appunto della signorina Akane, scritto in rosso
sulla mia tabella di marcia.
"Tre giorni..." ripete Azumi, portando l'indice alle labbra.
Aggrotto le sopracciglia mentre lei riflette, arrivando addirittura a
contare, non so cosa con le dita.
"Dovrebbe farcela… Se tutto fila liscio, ce la dovrebbe
fare!" esclama poi eccitata, voltandosi verso Taro.
In un primo momento, lui la guarda perplesso poi la sua espressione
cambia, diventando stupita.
Tirando leggermente il labbro inferiore all'infuori, li osservo mentre
annuiscono tra loro, esaltati da chissà quale ragionamento
felice.
Mi schiarisco poi la voce, per ricordare loro la mia presenza ma anche
perché credo stiano confabulando qualcosa,
che riguarda proprio me.
"Sanae, è ora di comprare quel biglietto per il Brasile!"
Fisso Azumi mentre annuisce, congiungendo le mani al petto.
Le mie palpebre sbattano ripetutamente, nella confusione del momento.
"Biglietto? Ma di cosa parli? Poi…
Cioè… Quando?" ho solo la forza di dire, con ben
poca lucidità, frastornata dalla piega che sta prendendo la
conversazione.
"Ma ora!" risponde Taro con un piglio deciso, guardandomi serio negli
occhi.
A bocca aperta e con il respiro corto, tento di rielaborare il tutto,
cercando di essere lucida.
"Ma… In così poco tempo..."
"Lo hai già fatto in due giorni, ricordi?" m'incalza il mio
amico.
"Ma non so nemmeno se Tsubasa sia libero da impegni con la
squadra…" esito ancora, avvertendo un po' di panico.
"Tanto vale provare, no?" suggerisce Azumi.
"Può andare solo meglio di così…"
"No! Può andare peggio! Posso illudermi ancora e non
sopporterei un'altra delusione..." ribatto, abbassando lo sguardo,
combattuta tra la voglia di Tsubasa e il terrore di provare ancora quel
dolore, che sentito in quella camera d'albergo vuota.
La mano di Azumi si poggia sul mio braccio
così torno a guardarla, nonostante le lacrime mi annebbino
la vista.
"Sanae… Potrei chiederti se sei felice, ma non ce
n'è bisogno. La risposta è no…"
"Tira fuori le unghie, come hai fatto in questi anni e non farti
trasportare dagli eventi. Riprendi le redini, Sanae!" aggiunge Taro,
regalandomi uno dei suoi incredibili sorrisi, capaci di donare forza e
coraggio.
Abbasso di nuovo lo sguardo mentre il mio cuore accelera i battiti.
Inspiro a pieni polmoni, prima di chiudere le palpebre e decidere che
hanno ragione.
Taro e Azumi hanno ragione da vendere ed io…
Sorrido, quando sento rinascere qualcosa dentro di me.
Un qualcosa rimasto sopito per troppi mesi e che avevo perso di vista,
nonostante mi abbia sorretta per anni, nella mia solitudine.
"Grazie!" esclamo, tornando a guardare i miei amici, prima di cercare
freneticamente il cellulare nella borsa.
Quando Mendo mi risponde, la sua voce è come al solito forte
e squillante.
"Devo venirti a prendere, tesoro? Ma non è un po' presto?"
mi chiede perplesso.
"No, ho bisogno di altro. Devi prenotare per me un volo, per Sao
Paulo… Anche uno che parte subito, se possibile!" esclamo
tutto di un fiato, con la speranza di non sentirlo darmi della pazza.
"Rientro per Osaka, promesso!" aggiungo, preoccupata dal silenzio del
mio assistente.
Il mio stomaco si contorce per l'ansia, sotto lo sguardo attento di
Taro e Azumi.
"Business class, tesoro?" mi chiede finalmente il mio assistente e i
miei occhi si riempiono di lacrime di gioia.
"Grazie, grazie, grazie!!" continuo a ripetere, non trattenendo la
felicità mentre i miei due amici, o complici, si
danno allegramente il cinque.
"Di niente, piccola! Vado al PC e prenoto il tuo volo. Ti faccio sapere
i dettagli appena posso, ok?"
"Mendo, non so cosa farei senza di te... Ti voglio un mondo di bene!"
esclamo commossa, senza trattenere due lacrimoni enormi, che scorrono
veloci giù, lungo le mie guance.
"Oh, angelo! Smettila di ringraziarmi! Altrimenti potrei mettermi a
piangere come una zitella sola e triste! A proposito… Quando
Akane saprà di questa tua fuga d'amore, non sarà
per niente felice! E questo sì che mi piace!"
L'aeroporto di Sao Paulo è davvero familiare per me,
nonostante sia stata qui solo in un paio di occasioni.
Ma questa mia sensazione è legata alle emozioni che ho
vissuto in questo luogo, dove tutto mi ricorda lui…
Mi guardo intorno un'ultima volta, prima di raccogliere il mio esiguo
bagaglio a mano, che poi è l'unica cosa che mi sono portata
dietro nella fretta di partire e incamminarmi verso l'uscita, alla
ricerca di un taxi.
Quando raggiungo il marciapiede esterno, cerco nervosamente il
cellulare nella borsa mentre aspetto una vettura gialla libera,
nell'ora di punta.
Non sono ancora riuscita a parlare con Tsubasa, sono partita troppo in
fretta…
Ma forse sarebbe più onesto ammettere, che non ho voluto
contattarlo di proposito, per bearmi fino all'ultimo, nell'incoscienza
di questo viaggio.
Ricevere da lui una risposta negativa e non partire affatto, sarebbe
stato per me molto peggio, che correre il rischio di ritrovarmi sola in
Brasile, senza poterlo vedere.
Ho desiderato cullarmi nell'illusione di un incontro fino all'ultimo
momento, è vero, ma ora non posso più posticipare
questa telefonata.
Fisso il telefono stretto tra le dita, con il cuore calato nello
stomaco, i brividi lungo la schiena e un'ansia mai provata prima d'ora,
ma quando sto per comporre il numero di Tsubasa, un taxi si avvicina e
me non resta che rimandare ancora la chiamata, che può
radicalmente cambiare il corso del mio viaggio.
Una volta che l'auto ha iniziato la sua corsa, il mio sguardo si perde
oltre il finestrino, nelle vie di Sao Paulo, che ho l'illusione di
riconoscere.
Quando chiedo all'autista quanto manchi, per raggiungere l'indirizzo
che gli ho dato, lui risponde che siamo quasi arrivati e
così la mia attenzione torna al cellulare, stretto ancora
tra le mie mani.
Sospiro, prima di bagnare le labbra secche con la lingua mentre la
paura si fa strada dentro di me.
Quella paura che ha tante versioni, prima fra tutte, l'assenza di
Tsubasa da Sao Paolo.
Ho anche il timore che non risponda poi o nel caso più
fortunato, che sia impegnato, non riuscendo a liberarsi prima di
stasera o alla peggio domani.
Ora che ci penso…
Potrebbe essere addirittura in ritiro!
Scuotendo vigorosamente la testa, cerco di allontanare questi pensieri
scoraggianti.
Devo darci un taglio, ora è il momento di chiamare.
Sentire la sua voce dispiaciuta mentre mi comunica di non essere in
città, sarà comunque meglio che trovarsi da sola
davanti alla porta di casa sua, senza nessuno che venga ad aprire.
Mi rendo conto che l'ansia, mi sta facendo ragionare in maniera
piuttosto contorta.
Basta. Ho deciso. Lo chiamo.
Uno squillo.
Ed io ho già sospirato un paio di volte.
Secondo squillo.
Deglutisco, avvertendo le dita ghiacciate contro il mio orecchio.
Terzo squillo.
E il mio cuore batte così forte, che quasi mi fa male e ho
paura...
E se non fosse?
Cosa?
"Sanae?"
La voce di Tsubasa!
Panico misto a gioia.
Cerco veloce di riconnettere il cervello, perché non ho
tempo da perdere e devo dire cose sensate.
"Dove sei?" domando subito nervosa, senza tanti preamboli.
Voglio disperatamente sapere, se potrò riabbracciarlo tra
pochissimo.
"... In Brasile? Sanae, ti senti bene?" mi chiede Tsubasa perplesso,
avvertendo qualcosa di strano nel mio tono di voce.
"Sì, lo so… Ma intendevo, dove di preciso?"
domando ancora, ignorando la sua titubanza.
"A casa..."
Con il cuore non più nello stomaco ma praticamente in gola,
sento che tutta la tensione, le paure, l'angoscia e l'ansia, si sono
disciolte come neve al sole, grazie a una semplice parola.
Casa.
E mi sento così felice, dopo così tanto tempo,
che quasi non ricordavo più cosa si provasse, nel sentirsi
così.
"Sei veramente a casa tua?" chiedo ancora, quasi incredula, sentendo
che sto per svenire dalla gioia.
"Ehm... Sì. Sanae, sei sicura di stare bene? Mi stai facendo
preoccupare, io..."
"Sto arrivando!" esclamo, senza trattenermi più.
"Aspettami, sarò da te tra qualche minuto!" e presa
dall'agitazione, chiudo sbadatamente il cellulare.
Ma non mi preoccupo più di tanto e ci rido su,
perché manca davvero poco al nostro incontro.
Per non perdere tempo prezioso, decido addirittura di pagare
anticipatamente la corsa e mentre guardo fuori dal finestrino, cerco
qualcosa di familiare nella strada che stiamo percorrendo, che mi
indichi quanto possa mancare a raggiungere Tsubasa.
Appena svoltato l'angolo, ricevo la mia risposta e ho un tuffo al cuore.
Lui è lì.
A metà strada, che si guarda intorno mentre si affaccia sul
marciapiede.
Con una mano si gratta la testa, nell'altra invece stringe ancora il
cellulare.
Non si è accorto del mio taxi, c'è ancora troppo
traffico in questa zona della città, continuo
così ad osservarlo mentre ci avviciniamo progressivamente a
lui.
Indossa come al solito dei pantaloni della tuta e una maglietta, ma ai
miei occhi, sarebbe bello persino vestito di stracci.
Quando il suo viso si volta un'altra volta nella mia direzione,
finalmente i suoi occhi notano il mio taxi, sempre più
vicino.
La mano che poggiava sulla sua nuca, scivola ora lenta sul fianco
mentre Tsubasa fissa con occhi sbarrati la vettura, che mettendo la
freccia, accosta vicino al marciapiede.
Appena penso sia possibile aprire la portiera scendo dall'auto, dando
le spalle a Tsubasa e tirandomi dietro la valigia.
Il taxi riparte, prendo un grosso respiro, prima di voltarmi,
sorridendo.
Tsubasa mi fissa, sbattendo le palpebre confuso ed io mi sento
stranamente imbarazzata, perché il mio cuore non batte
più normalmente, come ogni volta che sono troppo vicina a
lui.
"Ciao! Lo so, sono una pazza… Ma non ce la facevo
più, così..."
Ma non ho il tempo di finire la frase, perché Tsubasa mi
abbraccia forte.
E mi bacia, senza darmi modo di concretizzare, che sto piangendo di
gioia.
Le sue braccia sono
forti, come le ricordavo…
Stringo il suo viso tra le mie mani mentre dimentico anche di
respirare, persa in questo bacio, che desideravo da così
tanto tempo…
Che desideravo come un assetato brama l'acqua, nel bel mezzo del deserto.
"Certo che vivere in Brasile, ti ha proprio emancipato! Baciare la tua
ragazza in mezzo alla strada! Ma fa così anche in Giappone?"
Scuoto la testa vigorosamente mentre Tsubasa borbotta qualcosa, aprendo
il frigorifero.
Roberto Hongo mi sorride malizioso, a quanto pare deve aver assistito
alla scena del nostro incontro e ora si diverte un mondo a prenderci in
giro, come testimonia l'ennesima battuta lanciata al suo pupillo, che
arrossisce vistosamente.
Tsubasa gli lancia ancora occhiate minacciose, per far sì
che la smetta, ma Roberto non si scompone, continuando imperterrito a
punzecchiarlo.
Quello che salta comunque subito agli occhi, nel loro battibeccare
bonariamente, è il loro affiatamento, che li unisce quasi
fossero padre e figlio.
Ma credo che Tsubasa voglia bene ad Hongo, proprio in questo modo.
Come un secondo padre.
Io invece…
Non sono ancora riuscita a capire bene, che genere di sentimenti riesca
a provare nei confronti di Roberto.
Una parte di me gli è sicuramente grata, per l'aiuto dato a
Tsubasa nella sua carriera, nella realizzazione dei suoi
sogni…
E questa parte è quella, che gli vuole sinceramente bene.
Ma l'altra…
Quella più intima e forse egoista…
Beh, quella credo che lo detesti.
In fondo, chi è stato a fare il lavaggio del cervello a uno
Tsubasa bambino, con la storia del Brasile, patria del calcio?
Chi l'ha convinto, che venire qui fosse l'unico modo per diventare un
calciatore professionista?
Le lacrime che ho versato e verso tuttora, sono state causate
principalmente da questo trasferimento e a volte avrei preferito, che
questi due non si fossero mai incontrati.
Ma Tsubasa avrebbe avuto le stesse opportunità, senza
Roberto Hongo?
Penso di no e così il cerchio si chiude.
Ed io torno semplicemente al punto di partenza…
Credo comunque che Roberto avverta questo mio dilemma interiore, ma che
sia bravo a lasciare che le cose seguano il loro corso, senza forzare
l'equilibrio dei nostri rapporti.
"Hai prenotato in albergo, Sanae?" è proprio lui a pormi la
domanda, rimanendo di spalle ai fornelli mentre Tsubasa apparecchia la
tavola per tre.
"Ehm, no... Diciamo che mi sono preoccupata essenzialmente
dell'aereo..." rispondo imbarazzata, Tsubasa nel frattempo riprende a
lanciargli occhiate di sbieco.
"Beh, io cenerò fuori senza tornare a dormire, quindi puoi
fermarti qui, Sanae!"
Prima di ringraziarlo, osservo ancora il mio ragazzo, che con un sorrisetto
soddisfatto, toglie subito il terzo coperto da tavola.
"Lui può dormire in camera mia e tu nella sua, mi sembra
perfetto..." aggiunge Roberto, nel momento esatto in cui stavo per
aprire bocca, lasciandomi per un attimo senza parole.
"Sì, certo. Ottimo." esclama Tsubasa, rispondendo per me
mentre alza gli occhi al cielo, prima di farmi cenno con la mano di
lasciar perdere.
Roberto a questo punto si volta e porta in tavola la carne ai ferri,
che ha appena finito di cucinare.
La sue espressione è tutta un programma, per quanto
è divertito.
"Buon appetito, ragazzi! Io ora vi lascio… Con te ci vediamo
direttamente agli allenamenti, Tsubasa. E con te, Sanae?"
"Ci salutiamo qui. Il mio aereo parte in mattinata. Devo essere a Osaka
entro venerdì…" rispondo, sorridendo tristemente
per il poco tempo a disposizione.
"Peccato! Allora ci rivedremo solo in Giappone, per il mondiale!"
Annuisco, prima di salutarlo con la mano mentre si congeda da noi.
Quando lo sento uscire di casa, fischiettando, Tsubasa mi porge in
silenzio la mia cena.
Per qualche secondo, osservo il piatto colmo, priva di appetito.
"Dovevo prenotare in albergo?" chiedo, alzando gli occhi dalla carne
fumante.
Tsubasa si volta a guardarmi con aria stupefatta.
"Certo che no!"
Addento il primo boccone e masticando lentamente, rimugino sulla
situazione.
"Devo dormire in camera tua mentre tu starai in quella di Roberto?"
chiedo ancora, inclinando la testa di lato.
"No!" esclama ancora più convinto, arrossendo appena.
Soddisfatta, inizio a giocare con il cibo, spostandolo con la forchetta.
Tsubasa poggia la sua sul tavolo, prima di tornare a guardarmi.
"Non hai fame?" domanda, osservandomi mentre ammucchio le verdure sul
bordo del piatto.
"No..." rispondo, poggiando anch'io le posate sul tovagliolo.
"Vorresti uscire?"
"No..." ripeto alzandomi da tavola, prima di lasciare la stanza.
Tsubasa mi raggiunge mentre poggio la schiena alla porta, di quella che
ricordo essere la sua camera.
"Sai, prima quel discorso di Roberto…" mi accarezza un
guancia, portando poi una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio.
"Faceva solo il finto tonto, per lasciarci liberi…"
"Liberi?" chiedo, ostentando una finta ingenuità.
Lui sorride divertito mentre le sue braccia cingono i miei fianchi,
stringendomi per la vita.
Socchiudo gli occhi, sentendo la sua bocca nell'incavo del mio collo.
Quando mi bacia sulle labbra, rispondo al bacio, allacciandomi al suo
collo.
La porta dietro di me si apre, indietreggio senza smettere di sentire
il suo sapore e passo dopo passo, entro nella sua stanza buia.
E tutto scompare dalla mia mente...
Perché l'unica cosa importante, è vivere il
momento.
Vivere le sue mani che mi spogliano mentre la mia bocca continua a
cercarlo, insaziabilmente.
Nella penombra distinguo solo ed unicamente Tsubasa.
Quando cadiamo sul suo letto, mi stringo ancora un po' più
forte a lui.
E questo bacio sembra non debba mai finire.
Mi sento bene, mi sento felice.
Ed è tutto ciò che conta.
E mentre le sue mani scivolano lente su di me e il suo profumo mi fa
quasi perdere i sensi, vorrei dirgli quanto lo amo e quanto mi sia
mancato.
Vorrei farlo, ma non mi escono le parole…
Così lascio che siano i gesti a parlare per me, che sia il
mio corpo a dare voce al mio cuore.
Da quanto tempo sono qui?
L'orologio sul comodino lampeggia, indicando le 4.13 AM.
Stringo le ginocchia un po' più a me mentre poggio la testa
al vetro freddo della finestra, lasciando che i miei occhi abbandonino
per un attimo l'oggetto della loro venerazione, per guardare fuori.
La città dorme e forse dovrei farlo anch’io, ma
purtroppo non ci riesco.
Tra qualche ora sarò in aereo, non mi mancherà a
quel punto il tempo di riposare.
Deglutisco nervosa, cercando di non cedere a questa familiare sensazione di
amarezza, che sta tornando a farsi strada dentro di me.
L'assenza è già insopportabile, così
torno a guardare verso il letto.
La luce bianca della luna illumina la mia ragione di vita.
Lui dorme e non riesco più a staccare gli occhi dalla sua figura.
E rimango ferma qui, in disparte, con la paura irrazionale, che anche
un solo mio piccolo movimento, possa farlo svanire, come se
appartenesse all'immagine di un sogno.
Una lacrima scorre lungo la mia guancia, la fermo con il dorso della
mano prima che possa abbandonare il mio viso.
E quando mi chiedo se ce la farò ad andare avanti
così, un'altra goccia salata precipita dai miei occhi, come
fosse pioggia.
Perché è chiaro…
Dovrò sopportare altri mesi, altri anni senza la presenza
costante di Tsubasa accanto a me.
E questo mi spezza il cuore, nonostante lui sia ad un passo.
Stringo le dita sugli occhi, per cercare di calmarmi e fermare il
pianto.
Respiro a pieni polmoni, per allontanare gli spettri che avvelenano la
mia vita, perseguitandomi ogni giorno, senza via d'uscita.
"Ce la faremo, vero?" chiedo piano, sentendo l'ennesima lacrima,
scendere lungo la gota.
Trattengo il fiato quando Tsubasa si muove nel letto, come se avesse
percepito il rumore flebile della mia voce.
D'istinto, mi copro la bocca con una mano, seguendo in silenzio i suoi
movimenti mentre poggia un gomito sul cuscino, per tirarsi leggermente
su con la schiena, come a voler cambiare posizione.
Quando i suoi occhi assonnati si posano su di me, mi scrutano seri.
"Sanae, che stai facendo lì?" mi chiede sbattendo le
palpebre e passandosi il palmo della mano sul viso.
Abbozzo un sorriso e un'alzatina di spalle come risposta,
perché so che se tentassi di parlare, la mia voce
potrebbe tremare ora.
"Scema, fa freddo e sei mezza nuda... Ti prenderai un malanno..." e
poggiando il peso del corpo su un fianco, mi porge la mano, invitandomi
a raggiungerlo.
Lentamente, allungo le gambe prima di alzarmi in piedi e in un paio di
passi sono accanto al letto.
La mia mano fredda stringe la sua, caldissima.
Mi sorprende poi, quando sento le sue braccia circondare le mie gambe e
la sua testa poggiarsi al mio grembo.
"Sei ghiacciata... Che stavi facendo, ferma lì alla
finestra?"
"Ti guardavo..." ammetto, accarezzandogli i capelli mentre avverto un
nodo in gola.
Tsubasa sorride, scuotendo la testa prima di far schioccare un bacio
sonoro, all'altezza del mio ombelico.
"Sei bello quando dormi..." aggiungo, prendendo il suo viso tra le
mani, per poterlo guardare negli occhi.
Sto per piangere quando scosto i capelli in disordine dalla sua fronte,
ma resisto, cercando di memorizzare nella mia testa, questo suo modo
incredibile di guardarmi...
Ringrazio il Cielo per il suo amore, quando mi abbasso per baciare le
sue labbra.
E prego, affinché mi venga concessa la forza necessaria, per
tirare ancora avanti, lontana da lui.
Mi abbandono di nuovo, quando mi trascina ancora nel suo letto.
Perché ho bisogno di tutto questo…
Ne ho bisogno ma posso solo rassegnarmi alla consapevolezza, di poter
vivere solo di momenti e che questi dovranno bastarmi anche in
futuro…
Chiedo scusa per il mio
spaventoso ritardo, è stato un periodo particolare per la
mia vita.
Ho riflettuto, pensato e
sono stata combattuta, ma alla fine ho usato il coraggio e ho preso una
decisione importante per la mia vita.
Non avevo tempo per
altro che per questi pensieri, quindi non c'era spazio per la mia
storia.
Ringrazio
anticipatamente chi leggerà questo capitolo e chi ha
continuato ad aprire B. anche in questi mesi di assenza.
Non arrendetevi mai,
qualunque cosa accada.
La forza di cambiare
è dentro ognuno di noi, basta ricordarsi di usarla.
Il potere vero
è nelle nostre mani...
Alla prossima, un bacio
con affetto
OnlyHope
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