Nickname
sul forum: Saruccia97_LTD
Nickname su Efp: sweet_hyra_97
Titolo: Abbiamo
bisogno di te
Pacchetti scelti: Matatabi
(Asuma/Kurenai o
Itachi/Sasuke), Kazekage
(Drabble/One-shot,
Giallo/Rosso,
Dark/Erotico/Triste),
Villaggio della Sabbia
(Caffè,
libro, matita), Paese
del Fuoco (“The
last
night” – Skillet,
“Così celeste” – Zucchero,
“You raise me up” - Westlife)
Personaggi: Asuma Sarutobi, Kurenai Yuhi
Coppie: Asuma/Kurenai
Rating: Giallo
Generi: Triste
Avvertimenti: Missing
moments, One-shot
Introduzione: Le
si avvicinò e l’abbracciò da dietro:
inutile dire che lei sobbalzò dallo spavento.
Però poi girò la testa quel poco che bastava e
gli diede un leggero bacio sulle labbra, il suo buongiorno.
Voleva dirgli di
restare, voleva dirgli che aveva bisogno della sua presenza, voleva
dirgli molte cose ma tacque. Mise fine ai suoi pensieri troppo
movimentati, li fermò un istante per cercare di riordinarli
velocemente.
NdA:
Questa
fan fiction è ambientata prima della morte di Asuma. Ho
pensato che Kurenai avesse già capito che qualcosa di brutto
sarebbe successo, il sesto senso insomma, ed è ovvio che si
preoccupa. E decide anche di dire della gravidanza.
Ha partecipato al contest "Naruto's world" indetto da Chisana Kitzune
sul forum di Efp e si è classificata terza.
Spero solo che vi piaccia almeno quanto è piaciuta a me
scriverla. Non ho altro da aggiungere... Buona lettura ^_^
[This is the last night you'll
spend alone
Look me in the eyes so I
know you know
I'm everywhere you want
me to be
The last night you'll
spend alone
I'll wrap you in my arms
and I won't let go
I'm everything You need
me to be
Questa è
l'ultima notte che trascorrerai da solo
Guardami negli occhi
così saprò che sai
Sono ovunque tu vuoi che
io sia
L'ultima notte che passi
da solo
Ti stringerò
tra le mie braccia e non ti lascerò andar via
Sono tutto
ciò di cui hai bisogno
The last night - Skillet]
---
«Devo
partire di nuovo in missione domani.» aveva affermato
l’uomo prima di mettersi sotto le coperte.
Kurenai
abbassò gli occhi: sarebbe stata sola di nuovo per un numero
indefinito di giorni e la cosa non la rallegrava molto, non le piaceva
rimanere sola, soprattutto in quei momenti.
Era ancora seduta sul
letto, si girò a guardarlo: era stirato in posizione supina,
con le braccia dietro la testa, lo sguardo rivolto al soffitto e la
solita sigaretta alla bocca come ogni sera prima di andare a dormire.
Decise di coricarsi
pure lei e, quando fu sotto le coperte, si accucciò
più vicina al suo uomo.
«Mi lasci di
nuovo sola...» sussurrò. Sapeva che quella frase
era piuttosto egoista, e sapeva la condizione del villaggio in quel
periodo, ma aveva bisogno di lui, in quel momento più di
ogni altra cosa.
«Non
preoccuparti!» rispose lui soffiando una nuvola di fumo dalla
bocca.
«Non
resterai sola, ci sarò lo stesso e poi sono solo alcuni
giorni!»
Era piuttosto
ottimista lui, anche nei casi peggiori.
«Asuma...»
poi le si formò un nodo alla gola, non riusciva a continuare
a parlare. Lui le mise una mano sulla guancia e
l’accarezzò, per rassicurarla. Lei si
accucciò di più, per godere del calore che
l’uomo emanava. Si addormentò, improvvisamente.
***
Le luci
dell’alba si diffondevano per la stanza ancora calda: nel
letto vi era però solo l’uomo, che aveva
un’espressione serena in viso e che ancora dormiva
profondamente.
La donna era
già sveglia, colpa di una nausea improvvisa che da alcune
mattine la colpiva. Sapeva già cos’era, non stava
male; era contenta ma non sapeva come dirlo a lui, non sapeva se
l’avrebbe preso bene, male, o se era il caso di dirglielo
quando sarebbe tornato dalla missione per la quale doveva partire
quando si sarebbe svegliato.
Non lo sapeva, non
sapeva nulla. Si trovava in bagno, in quel momento, e non aveva
più sonno: si sciacquò il viso con
dell’acqua fresca e scese in cucina.
Si mise tra i
fornelli, voleva preparare la colazione, ma non ne aveva la forza: fece
solo il caffè, come di consuetudine, e l’odore si
disperse per tutta la casa, arrivò pure in camera da letto.
Dopo pochi minuti, svegliato dal forte odore del
caffè mattutino, Asuma scese, già vestito, e si
diresse in cucina, dove era sicuro di trovarla.
Le si
avvicinò e l’abbracciò da dietro:
inutile dire che lei sobbalzò dallo spavento.
Però poi girò la testa quel poco che bastava e
gli diede un leggero bacio sulle labbra, il suo buongiorno.
Voleva dirgli di
restare, voleva dirgli che aveva bisogno della sua presenza, voleva
dirgli molte cose ma tacque. Mise fine ai suoi pensieri troppo
movimentati, li fermò un istante per cercare di riordinarli
velocemente.
Staccarono
quell’abbraccio caldo appena il caffè fu pronto, e
Kurenai lo mise in due tazze, una per sé e
l’altra per lui, sicura che non avrebbe rifiutato.
Lo bevvero in silenzio, la calma che li circondava era inquietante e
lei decise di spezzarla.
«Asuma...»
iniziò. Sentì tutto d’un tratto la gola
secca e il cuore a mille, non sapeva più da dove iniziare.
«Devo dirti
una cosa... Non so da dove iniziare...» lui la
guardò, la incoraggiò semplicemente con lo
sguardo e la spinse a continuare.
«Io... Io
sono incinta!» chiuse gli occhi: non voleva vederla la
reazione che lui avrebbe avuto. Si spaventava.
Asuma era invece
rimasto senza parole, era una cosa bella, sentì dentro un
improvviso moto di emozioni mai sentite prima. Si sentiva strano.
«Amore...»
fu l’unica cosa che riuscì a dire, lo sguardo
puntato su di lei, prima di andarle incontro e abbracciarla. Kurenai
poggiò la testa sul suo petto, chiuse gli occhi e si
lasciò andare, si lasciò cullare dal suo uomo e
dal silenzio che faceva da padrone.
Entrambe le tazze di
caffè si trovavano sopra il tavolo, ancora mezze piene.
Lentamente, poi, Asuma si allontanò, sciolsero
l’abbraccio e Kurenai lo guardò tristemente negli
occhi.
«So cosa
pensi, non ti preoccupare!» Asuma la rassicurò.
«Tornerò,
come sempre! Per ora la situazione è critica, sì,
ma tutto finirà e quando succederà, quella
sarà l’ultima notte che starai sola.»
Ora sorrideva, voleva
che lei non stesse in pensiero.
«E poi non
posso non tornare... Pure io ho bisogno di te! Di voi!»
Kurenai
inarcò leggermente le labbra in un sorriso, poi si
portò le mani al grembo ed abbassò lo sguardo.
«Pure
noi!» sussurrò flebilmente.
Si era un
po’ tranquillizzata, lui ci riusciva sempre, ma sentiva
comunque che qualcosa di brutto sarebbe successo: le era venuto
semplicemente istintivo pensare a lui, preoccuparsi, ma adesso ignorava
la sensazione di malessere che l’affliggeva.
Quindi, si salutarono:
un leggero bacio a stampo, delicato. E lo vide sparire tra le vie di
Konoha, sicura che anche stavolta se la sarebbe cavata. Strinse la
vestaglia che indossava ancora di più e rientrò.
Decise di fare le pulizie, cosa che, quando era sola e non aveva niente
da fare, le occupava tutto il tempo e che quindi la faceva pensare meno
che quando non faceva niente.
E le due tazze di
caffè rimasero sul tavolo a farsi compagnia ancora un
po’, dimenticate da chi doveva svuotarle.
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