Il segreto del Meijin
Il bambino aprì i vispi occhietti verdi come smeraldi
e scrutò con attenzione il soffitto della stanza, poi siccome sentiva lo
stomaco vuoto iniziò a piangere.
Nella stanza accanto, un uomo e una donna se ne stavano raggomitolati l’uno acanto all’altra
sotto due strati di coperte.
-Di nuovo...- borbottò la donna rigirandosi nel
letto, ma l’uomo la fermò e disse con tono assonnato:
-Lascia, vado io...- si alzò
e camminò a piedi scalzi sin nella camera del bambino. Lo prese dalla
culla e lo dondolò un po’ tra le sue braccia, ma questo non smise
di piangere.
-Che hai, Akira?- chiese
l’uomo trentacinquenne al figlio di tre mesi quasi implorandolo.
Il bambino smise di piangere e lo fissò con uno
sguardo particolare. L’uomo capì.
-Come fai ad aver ancora fame? Stasera ti sei scolato un
biberon e mezzo!- il bambino lo guardò male,
mise il broncio e fece per piangere, ma Koyo Toya fu
più veloce di lui e lo zittì con un biberon di latte caldo.
Il bambino sorrise, si attacco al biberon, non lasciò
neppure una goccia di latte e si riaddormentò.
L’uomo sorrise. Non aveva mai ricevuto un regalo di
natale tanto bello! Il piccolo Akira, infatti era nato
proprio a dicembre, precisamente dodici giorni di natale.
Lo ripose nella culla e se ne tornò a letto. il giorno dopo Koyo Toya vinse il
titolo di nono dan contro un professionista di nome Kuwabara, un cinquantenne
somigliante in tutto e per tutto ad una scimmia.
Gli era stato proposto di andare a festeggiare la vittoria ma le ore di sonno che aveva perso
nell’ultimo mese per stare dietro ad Akira lo avevano convinto a tornare
a casa per farsi un pisolino.
Mentre sbadigliava attraversando il
corridoio noto una delle nuove promesse del go: Seiji Ogata.
La prima volta che Koyo Toya
l’aveva visto aveva stentato a credere che fosse
giapponese. Seiji Ogata aveva diciannove anni, era alto circa 1:80 e aveva i capelli castani chiari, tanto chiari da
sembrare biondi.
-Complementi per il titolo...- il ragazzetto biondo gli
rivolse la parola.
-Grazie Ogata...- l’uomo non riuscì
a trattenere uno sbadiglio, l’altro scoppiò a ridere.
-Il tuo moccioso deve averti tenuto sveglio stanotte, eh? Comunque ti stavo cercando per dirti che io, te ed il mio
maestro Sakuraji siamo stati scelti per le amichevoli
contro i professionisti di go coreani...si parte tra giorno e si sta via una
settimana.-
Koyo sospirò, doveva
trovare un modo carino per dirlo ad Akiko, ma sapeva
che sarebbe andata ugualmente su tutte le furie.
Ogata intuì le preoccupazioni che affliggevano
l’uomo e gli venne di nuovo da ridere.
-Akiko si arrabbierà, vero?
Per quel che mi riguarda, pur non avendo una moglie, non dono mai solo nel mio
letto, tantomeno in quello altrui!-
-Beato te che sei giovane...-
borbottò il trentacinquenne.
Poi i due si salutarono e Koyo se
ne tornò a casa. Quando Akiko
seppe la notizia si limitò a rivolgergli un sorriso triste, poi gli
buttò le braccia intorno al collo e si strinse a lui come una bambina
abbraccia il suo papà.
In effetti tra i due sposi
c’erano quasi undici anni di differenza. Quando Koyo l’aveva conosciuta era rimasto affascinato dalla
sua ingenuità, dal suo pudore, da quel suo sguardo così semplice
e limpido che Akira sembrava aver ereditato proprio da lei.
-Vedi di vincere, perlomeno...e mandaci una cartolina dalla
Corea, ok?- in fondo non l’aveva
presa male.
La donna sciolse le braccia dal collo di
lui e si diresse nella cameretta del figlio che dormiva beato, lo prese
tra le braccia e involontariamente lo svegliò. Il bambino non fece una
piega e si appoggiò al seno caldo della sua mamma, mentre con le piccole
manine afferrava il colletto della camicetta della donna.
-Questa notte papà deve riposare. Mi prometti che
farai il bravo e che non piangerai?- il bambino sorrise e quella notte non si
lasciò scappare neppure un vagito.
Con la valigia in mano Koyo Toya
salutò prima Akiko e poi il piccolo Akira, che
quel giorno era più vispo del solito.
Quando arrivò
all’aeroporto Ogata era già lì. Il diciannovenne non doveva
essersi svegliato del tutto, dato lo sguardo assonnato e il bicchiere di
caffè in mano.
-Giorno...- borbottò il biondino.
-Com’è che hai
quest’aria così assonnata? Sei reduce da una delle tue notti
movimentate?-
-Una rossa sui venticinque anni...una tra le più
scatenate che siano state nel mio letto.-
-Te la fai anche con quelle più grandi te?- Koyo intanto aveva ordinato anche
lui un caffè -E pensare che sei solo un ragazzino. Ogata fece finta di non sentire, poi vide il signor Sakuraji camminare verso di loro.
-Bene...- borbottò -il nostro aereo
decolla tra venti minuti...sarà il caso di darci una mossa .-
Dopo quattro ore di viaggio l’aereo atterrò in
terra coreana.
-Chissà se le coreane sono brave quando...-
-Ogata!- lo rimproverò Koyo.
-Che noia! Guarda che stavo scherzando!-
Alle due del pomeriggio erano iniziate le amichevoli contro
i coreani. Furono disputate sei partite e la squadra giapponese ne vinse quattro. Dopo le partite i
professionisti coreani invitarono quelli giapponesi in uno dei ristoranti
più chic della città.
Fu proprio in quell’occasione che Koyo
conobbe Kodaci Sue. Kodaci
Sue era la più forte delle professioniste coreane,
aveva circa trent’anni, capelli neri lunghi fino alle spalle e un
gran bel fisico. Quella donna così carismatica metteva in soggezione
persino Ogata.
-Buonasera signorina Sue...- la salutò Koyo sorridendole.
-Suvvia, non sia così formale, mi chiami pure Kodaci...-
-Come vuole lei, signorina Kodaci...prego
si accomodi...- Koyo le
spostò la sedia e la fece accomodare. L’uomo fece per andare a
sedersi vicino ad Ogata ma la donna lo fermò.
-La prego Koyo, rimanga qui
accanto a me...- la donna posò la sua mano sopra quella
dell’uomo, che arrossi impercettibilmente. Ogata gli lanciò
un’occhiataccia torva, molto probabilmente perchè era
invidioso del suo successo con la signorina Sue. In realtà quello
sguardo significava “Ricordati che hai una famiglia!”,
ma il messaggio non arrivò al mittente.
La serata trascorse serena e in
allegria e la maggior parte dei professionisti alzò un po’ troppo
il gomito. Anche Koyo a fine serata
non era più tanto lucido.
-Koyo, non trova anche lei che qui
dentro...- disse la donna togliendosi la giacca, scoprendo un’abbondante
scollatura -faccia un caldo terribile?- l’uomo deglutì, la donna fece finta di niente e continuò a parlare di
argomenti futili, come aveva fatto per tutta la serata. Da allora la signorina Kodaci era sempre accanto a Koyo,
ovunque lui andasse.
Fortunatamente c’erano dei rari momenti in cui anche
la signorina Kodaci aveva da fare, perciò
Ogata ne approfittò.
Durante una delle pause tra le partite si sedette accanto
all’amico, si accese una sigaretta e ne offrì
una a Koyo, che scosse la testa. Il ragazzo
lasciò che il fumo gli vagasse nei polmoni poi si rivolse
all’uomo:
-Sta bene attento a quella donna...-
-Eh?- fece l’altro stupito.
-Sai bene a chi mi riferisco...io non sono certo il tipo da
far la predica, soprattutto su un argomento del genere...- lo sguardo del
biondino si era fatto molto serio -tuttavia, neppure la signorina Kodaci mi sembra una santa...- Koyo
lo fissò allibito.
Ogata scosse la testa.
-Lascia stare...- si alzò e si diresse verso la
stanza delle partite -spero solo di sbagliarmi...-
Il consiglio di Ogata non fu neanche lontanamente preso in
considerazione, tanto che fu lo stesso Koyo ad
avvicinarsi sempre più alla signorina Kodaci. Finché una mattina non si ritrovarono nello stesso
letto.
Nudi.
Sudati.
La sera prima aveva bevuto decisamente
un po’ troppo, quindi gli ci volle qualche secondo per comprendere
ciò che era accaduto. D’un tratto capì qual’era
il messaggio di Ogata.
Troppo tardi.
L’uomo raccolse i suoi vestiti, sparsi per la camera,
come quelli della donna, si buttò sotto la doccia, si vestì e
uscì da quella maledetta stanza. L’ascensore era occupato quindi
fece le scale e quando si ritrovò nel giardino dell’hotel
lasciò che la porta della hall si chiudesse
sbattendo alle sue spalle.
Si sentiva un verme.
Ogata, seduto su una panchina del giardino, con
l’immancabile sigaretta in bocca, lo osservava incuriosito fare avanti e
indietro per il nervoso.
-Adoro dirlo...- l’uomo sobbalzò
-ma io te l’avevo detto!- il biondino sorrise.
-Avresti potuto spiegarti meglio,
maledizione!- sbottò l’altro.
-Akiko ti farà a pezzi...-
-No, non se ne accorgerà...-
l’uomo sorrise -è sin troppo ingenua ed inesperta, vedrai che non
si accorgerà proprio di nulla...-
-Non dovresti parlare così della tua adorabile
mogliettina...-
-Hai intenzione di spifferargli tutto?-
-Potrei, ma non credo che lo farò...- Ogata
buttò la cicca per terra e la calpestò -non credo che ce ne
sarà bisogno...-
Koyo rimase immobile, tentava di auto convincersi che Akiko non
avrebbe scoperto nulla.
La signorina Kodaci scese le scale
dell’hotel, chiese dove fosse il “signor
Toya” e si diresse in giardino.
-Eccola...- fece Ogata accendendosi un’altra sigaretta.
Koyo si voltò di scatto e
la vide mentre avanzava verso di loro.
La donna si fermò davanti all’uomo e sorrise.
-Il mio nome è Kodaci...-
disse.
-Cosa?- chiese lui che non capì.
-Tu vuoi bene alla tua mogliettina, vero? Scommetto che si
chiama Akiko...-
-E tu come lo sai...- Koyo stava per avere un infarto.
La donna gli mollò uno schiaffo.
-Akiko è il nome che hai
urlato stanotte!-
Kodaci Sue girò sui tacchi
e se ne andò.
Ogata scoppiò a ridere.
-Sei proprio un idiota!- e continuò a ridere per
tutto il giorno.
Inutile dire che anche Akiko si accorse che qualcosa non quadrava.
La ragazza per quanto fosse
più giovane di suo marito non era certo stupida.
Per fargliela pagare mise in atto alcuni stratagemmi
invincibili, capaci di piegare la resistenza maschile in pochi giorni, ovvero: si vestì con gli abiti più attillati
che trovava, sfilava davanti a Koyo e se ne andava a
giocare con Akira. Altre volte, invece, sempre con gli abiti più
attillati e corti che possedeva, entrava nella grande
sala, dove Koyo giocava abitualmente a go e iniziava
a fare le fuse a Ogata e a sussurargli cose sconce
all’orecchio, che lo facevano arrossire fino alla punta dei capelli.
Koyo alla fine confessò il
suo tradimento e Akiko gli fece
lavare i piatti per un mese.
Alla fine, però, Akiko
perdonò la sua dolce metà, tanto ché,
il giorno dopo la vita in casa Toya riprese ad essere normale.
Koyo e Akiko
chiusero la faccenda, promettendo che non ne avrebbero
parlato mai più. Ovviamente se uno dei due si sarebbe
comportato nuovamente così non avrebbe più avuto la
fiducia dell’altro e il loro rapporto si sarebbe chiuso lì.
La questione, con l’andare del tempo, venne completamente dimenticata da entrambi.
Chissà perché, ma l’unica persona che tutt’oggi rimpiange quel periodo difficile per casa
Toya è Ogata...