L’ho accompagnato
insieme alla padrona
dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des
Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
[G. Ungaretti, In memoria]
Quando mi hai
lasciato tutto solo a Baker Street, ho
pianto per giorni. Pioveva quando sei caduto. L’avevi notato?
Ah... Certo
che no.
Perché mi ostino a chiedertelo, comunque?
L’acqua
scorreva impetuosa sul tuo viso,
macchiandosi del caldo cremisi del tuo sangue su quel grigio e freddo
marciapiede. I tuoi occhi... Me li ricordo. Così pallidi e
distanti, mi stavano
silenziosamente pregando di perdonarti.
Mi ossessionano ancora, i tuoi occhi.
A volte grido, di notte. Ma non mi sono mai lamentato. E sai
perché? Perché è
l’unico modo che ho per vederti ancora.
Che stupido, eh?
Ogni notte ti
vedo cadere da quel maledetto tetto.
Ogni notte non posso evitarlo. Mi uccide, proprio come hai fatto tu
quando sei
caduto. Perché hai lasciato che io lo vedessi? Ti odio per
questo.
Però,
ora che ci penso...
Eri vivo quando stavi cadendo, non è vero? Certo che lo eri!
Allora nei miei
sogni sei ancora vivo!
No?
Tutti
questi anni a cercare qualcosa alla quale
aggrapparmi. Qualcosa con la quale illudermi.
Il cielo non è mai potuto ritornare blu come me lo
ricordavo. È sempre stato
grigio per me... E non è perché viviamo a Londra,
sai, non provare nemmeno a
tirare fuori questa storia.
Certo...come se...
Ma che sto facendo? Ti sto parlando. E tu non puoi sentirmi.
Questa è una pagina bianca del mio blog. Una pagina che non
verrà mai pubblicata.
E anche se lo fosse... non ci saresti comunque.
Perché mi hai fatto questo?
Ti
avevo chiesto un miracolo... e che cosa mi hai
dato? Soltanto tristezza.
Ti rendi conto di quanto io sia miserabile?!
Ne ho abbastanza, per una vita intera!
Che cos’altro mi hai dato, eh?
Lutto.
Lacrime.
Non ci avevi pensato che sarei potuto arrivare a ridurmi in questo
stato, hm?
Tu non ci pensavi mai a queste cose, perché se-- eri uno
stronzo egoista.
Ci
ho provato, te lo giuro.
Dio sa quanto io ci abbia provato a dimenticarti, a dimenticare quanto
tu sia
stato importante nella mia vita. A dimenticare il posto che stavi
occupando.
La
vuoi sapere una cosa?
Ho perfino provato ad andare avanti.
E ce l’ho fatta.
Un mio miserabile tentativo.
Come quelli che facevo quando avevo qualche anno di meno ed un futuro
davanti.
Adesso
non ce l’ho più, sai.
Un futuro, intendo.
Sei riuscito a cancellarlo...
Ma la colpa non è tutta tua, lo ammetto.
Sono stato bravo a distruggermi da solo. Davvero bravo.
Quando mia sorella mi implorava di aiutarla, di comprenderla e io non
la
capivo...
Che sciocco sono stato? Che sciocco sono stato a non tenderle una mano?
Perché non l’ho aiutata, Sherlock?
Perché mi sono tirato indietro? Perché
l’ho
lasciata morire, proprio come ho fatto con te? Perché tutte
le persone che amo
muoiono? Perché sono così incapace a vivere? E
perché io mi ostino a farlo a
dispetto della gente che muore ogni giorno e meriterebbe invece di
vivere?
Voglio andarmene. Sono stanco.
Quando Harriet mi diceva che la bottiglia era l’unico affetto
che le rimaneva
io non l’avevo capita.
Fino a questo momento. Fino a quando non ti ritrovi come me adesso, con
le dita
che ti tremano, la mano sinistra che non vuole saperne di
collaborare...
E questo liquido al tuo fianco. Questo veleno che ti uccide lentamente.
Il
fiele che decidi tu stesso di bere, perché sai che prima o
poi finirà tutto
questo.
Penso
tu sappia come ci si sente. Eri anche tu
dipendente da un qualcosa, come me ora. Quella soluzione al 7%.
Tu rimanevi sempre brillante però.
Io sono soltanto miserabile.
Non posso fare più il medico ed era l’unica cosa
che sapevo fare.
La gente non ha bisogno di un medico perennemente ubriaco. E hanno
ragione.
Niente ha più senso ormai.
Sono un uomo morto.
Sono il fantasma di quello che ero.
Non riesco più a parlare coerentemente... dico frasi
sconnesse.
Ho anche avuto una moglie. Era questo il tentativo di cui ti parlavo,
prima.
Una moglie ed una figlia.
Un tentativo mal riuscito perché John Hamish Watson
è morto. Provo vergogna al
sentirmi chiamare ancora così. Provo vergogna per
l’uomo che un tempo ero.
Un
tempo ero... forte.
Ero quello che sapeva prenderti, che ti dava la forza, che ti spingeva
a
fregartene di tutti soltanto perché per me eri speciale.
Che ne è stato di quell’uomo?
È stato risucchiato dalla vita. O meglio,
dall’assenza della vita.
Tuo fratello ci prova a salvarmi. Insieme a Greg.
Sono preoccupati, dicono. Hanno
quell’espressione di pietà nello sguardo che non
ho mai potuto soffrire. Poi,
però, non ricordo più che cos’abbiano
detto. Ero troppo stordito per
focalizzare la mia attenzione su di loro.
Io
tuo fratello non lo sopporto.
Se tu fossi qui rideresti. Perché neanche tu l’hai
mai sopportato. È colpa sua.
Con qualcuno dovrò anche prendermela. Se non ti avesse
venduto forse...
“Se... Ma...”
Che importa, alla
fine? Quello che conta
è adesso.
Adesso,
io sono di nuovo solo. E fa freddo... e non
soltanto perché fuori nevica.
Fa
freddo perché sono stanco. Fa freddo perché tu
non sei qui. Fa freddo perché non c’è
più nessuno. Fa freddo perché fuori
piove, anche se c’è il sole. Fa freddo e basta.
Ho
voglia di mettermi di nuovo a piangere adesso.
Lo faccio spesso, ultimamente, sai?
Mi guardo intorno a Baker Street e mi sento come se fossi chino alle
porte di
un Impero in decadenza...
Non
ci voglio pensare.
Bevo.
Non sarai orgoglioso di me. Non lo sono nemmeno io.
Tu hai conosciuto un uomo diverso. Adesso quell’uomo
è morto, te l’ho detto. È
stato seppellito proprio accanto a te, in mezzo alla terra fredda e
dura.
Perché
continuo? Perché sto scrivendo tutto questo?
Forse ho voglia di essere salvato. Forse in
fondo, ci spero, ancora.
Ma è troppo tardi e gli occhi si fanno troppo pesanti.
E allora bevo.
E scivola giù la lacrima, lungo la mia guancia. Stanca.
Voglio chiudere gli
occhi per vederti apparire come un’ombra, bellissima ed
eterea. Quando li
chiudo, oggi, c’è soltanto freddo.
E dentro di me continua a piovere.
Note
dell’autrice:
Salve
a tutti. Rieccomi qui. Era da tempo che non mi
immedesimavo un po’ in John. Ieri, rivedere Reichenbach non
mi ha fatto bene. O
lo ha fatto, dipende dai punti di vista.
Citare Ungaretti all’inizio non è
stato un caso.
Sia perché in quella poesia ci
ho visto tanto di Sherlock e John. In quella poesia Giuseppe Ungaretti
parla di
un suo compagno con il quale aveva anche vissuto per qualche tempo che
si è
suicidato. Questo poeta un po’ mi sa di John. Anche
perché ha dovuto vivere
anche lui l’esperienza della guerra. Le vedo come due animi
affini.
Ho cercato di imitare anche un po’ lo stile
“spezzato” di Ungaretti, visto
l’omaggio che gli avevo fatto. E mi sono data un
po’ al flusso di coscienza,
come esperimento personale.
La
storia è stata poi concepita ascoltando questo
meraviglioso pezzo di
Greg
Maroney, Elementals
Un
ringraziamento particolare va a SAranel:
grazie
per il sostegno che ogni volta mi dai.
Ringrazio, comunque, chiunque si sia fermato a dedicare un
po’ di tempo a
leggere questa storia.
Grazie
davvero, Caro Lettore.
Ti
abbraccio.
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