PS Perfetto,
sn tornata al mio pc e in più ho ttt chiaro su cm
fare con i codici html sopratutto grazie a Kela, Grazie!
PPS Ho cambiato il
nome della protagonista, scusatemi per quello ke aveva
prima!!!
L’estate finalmente
era arrivata, il sole risplendeva nel mare che bagnava la piccola isola
di Telia, ai confini del mar dei Caraibi e Angela, si stava dirigendo
al mercato per fare la spesa.
Angela era una ragazza di sedici anni,
quasi diciassette, aveva lunghi capelli dorati, come quelli della madre
e occhi di un castano scuro, come quelli di suo padre. O per lo meno
questo era quello che le avevano sempre detto, dal momento che non
aveva mai avuto la fortuna di conoscere suo padre di persona. Sua
madre, Annalisa Modema, era una donna vivace che lavorava nella piccola
locanda del marito, suo padre addottivo, l’unica in tutta
l’isola. Angela aveva sempre vissuto con lei, che
l’aveva cresciuta dedicandole ogni momento della sua vita.
Diceva sempre che era l’unica cosa che possedesse sul serio,
l’unica cosa che le rimaneva, l’ultimo regalo che
l’unico uomo che aveva amato veramente, le aveva fatto.
Secondo quello che sua madre le aveva
detto, suo padre era morto, portato via dai pirati poco dopo il suo
concepimento. Era un brav’uomo, e lei lo aveva amato tanto.
Il dolore della separazione era sempre rimasto vivo in lei, e non aveva
mai accettato veramente il fatto che se ne fosse andato. Tuttavia, dopo
quasi dieci anni, era riuscita a superare abbastanza il trauma e a
riposarsi, anche se non era mai riuscita a dimenticare del tutto il suo
primo amore. A Angela non era mai andato a genio il suo padre adottivo,
Jhonatan Blachet, un piccolo commerciante che si interessava solo ai
suoi affari e il suo unico problema era quello di accumulare
più soldi possibili. Non le aveva mai fatto mancare niente,
questo era vero, ma il fatto che si chiamassero per nome e che non si
considerassero nemmeno parte della stessa famiglia era la prova del
loro odio reciproco. Però era anche vero che lei e sua madre
non avevano mai avuto da lamentarsi, ma tutto sommato non riusciva a
sopportarlo, specialmente per il modo in cui rinfacciava continuamente
a lei e a sua madre tutti i sacrifici che lui aveva dovuto fare per
mantenerle. Cosa che non era affatto vero, dato che sua madre aveva
sempre lavorato anche lei insieme a lui, e che Angela per prima dava
una mano tutte le volte che poteva.
Del suo vero padre non conosceva nemmeno
il nome, sua madre non glielo aveva mai detto, nonostante tutte le
volte che lei l’aveva pregata di dirglielo, ma dopo un
po’ aveva smesso anche di chiederlo, vedendo che ogni volta
che nominava o chiedeva qualcosa riguardo al suo vero padre, gli occhi
di sua madre diventavano lucidi. L’unica cosa che le diceva e
che non smetteva mai di ripetere era che Angela assomigliava al suo
vero padre in una maniera impressionante, il modo di camminare, quello
di parlare, la sua passione per l’avventura, il cacciarsi nei
guai, e anche la sua innata bravura con la spada. Questa era una cosa
di cui Angela andava fiera, il quant era brava con la spada, nessuno le
aveva insegnato a maneggiare quell’arma, tuttavia la prima
volta che ne aveva presa una in mano aveva iniziato a sferrare affondi
contro avversari invisibili come se fosse la cosa più
naturale del mondo e in poco tempo era diventata la ragazza che tutti i
ragazzi dell’isola volevano sfidare per dimostrare di essere
più abili, palloni gonfiati che Angela puntualmente
disarmava in cinque secondi.
L’infanzia di Angela
quindi era stata abbastanza serena, certo le mancava la figura paterna
che non aveva mai conosciuto, ma sua madre non glielo aveva mai fatto
pesare troppo, offrendole tutto l’amore che poteva darle.
Ultimamente però le cose non andavano più
così bene.
Sua madre, Annalisa, si era ammalata
gravemente di broncopolmonite. Jhonatan le aveva pagato tutte le cure
che poteva, ma per ora non si erano visti miglioramenti, per i medici,
sembrava non ci fosse più nulla da fare.
Però lei continuava a
sperare, era sicura che la madre si sarebbe ripresa, non poteva
lasciarla anche lei, no, non poteva, e questo ormai se lo ripeteva da
mattina e sera da più di quattro settimane.
*
“Buongiorno Angela, prendi un chilo di frutta come al
solito?”
“Si, grazie Leonard”
Angela al mercato conosceva tutti i
mercanti, e loro conoscevano tutti lei, come tutto il resto
dell’isola.
D’altronde era anche difficile
non notarla. Era la ragazza più particolare di tutta
l’isola, di una bellezza mozza fiato ma con un caratterino
invidiabile. Era forte e sicura, e spesso e volentieri sembrava un
maschietto, adorava le navi, la spada, e da piccola era sempre la prima
a giocare ad arrampicarsi tra gli alberi e cose del genere.
“Ti accontento subito. Ah, e
tua madre come sta? So che non ci sono stati molti
miglioramenti” chiese cortesemente il fruttivendolo.
“No, è
vero, non ci sono stati molti migliaramenti, ma state pur tranquillo
che si riprenderà” rispose la giovane.
“Così
speriamo tutti, Angela”
“Angie! Angela!
Vieni presto! È successa una cosa orribile, devi venire!
Presto!”
A urlare il suo nome era stata
Maggie, la sua migliore amica. Avevano la stessa età ed
erano cresciute insieme. Erano amicissime, ma non si assomigliavano per
niente. Se Angela a volte poteva passare per un maschio, questo non
sarebbe mai accaduto a Maggie. Era una ragazza a modo ed educata. Aveva
ricevuto un’educazione ferrea dai suoi genitori, ed era
l’ultima persona che cercava avventure o misteri. A Maggie
piacevano le cose semplici, era una ragazza con i piedi per terra,
desiderava solo costruire una famiglia da grande. Questo a totale
differenza di Angela, la quale avere una famiglia era
l’ultimo dei suoi pensieri, lei sognava
l’avventura, le sarebbe piaciuto viaggiare con i pirati in
cerca di mille tesori. Ma questi ovviamente erano pensieri proibiti per
una ragazza di quella società, segreti che aveva confidato
solo a lei, a Maggie, con la promessa che un giorno avrebbe lasciato
Telia, e si sarebbe imbarcata su un veliero. “Maggie, ciao,
ma cosa succede? Cos’è accaduto?”
domandò preoccupata. Maggie aveva il fiato corto per la
corsa che aveva fatto per cercarla, e dovette fermarsi un momento per
riprendersi prima di poter parlare. “Angela, tua madre,
è peggiorata, ha iniziato a tossire forte, non la smetteva
più, e la febbre sembra essere salita, mi hanno mandato a
chiamarti, presto, devi venire a casa!” speigò
velocemente.
Stop. Cosa? Sua madre, peggiorata? Come
poteva essere, l'aveva salutata neanche un'ora fa e stava
discretamente.
Angela per un momento aveva perso
coscienza di sé, non sapeva più
dov’era, né cosa stava facendo, solo una cosa
capiva, sua madre stava peggiorando, doveva andare da lei.
Senza pensarci buttò a terra
tutto quello che aveva in mano, facendo così spargere sul
marciapiede la frutta che era dentro le borse che portava, e corse a
perdifiato lungo la strada che l’avrebbe portata a casa.
La casa dove abitavano era sopra la
locanda e l’unico modo per accedere agli appartamenti era
entrare nel locale e salire la scala che si trovava nel retrobottega.
Salì i gradini tre a tre e si precipitò nella
camera della madre seguita a ruota da Maggie.
Annalisa era stesa sul letto
ed era in preda a violenti attacchi di tosse. Suo marito era accanto a
lei e le teneva la mano, mettendole un fazzoletto bagnato sulla fronte
con quella libera.
“Mamma!”
esclamò Angela in un sussurro appena udibile. Si
accostò al letto dalla parte opposta di dove si trovava il
padre addottivo.
“Mamma”
ripeté “cos’hai? Vado a chiamare un
dottore?” chiese a voce bassa con uno sguardo pieno di
angoscia nel guardare la madre ridotta in quello stato.
“Non ce ne bisogno,
l’ho già chiamato io, e la già
visitata” si intromise Johnatan.
“E cos’ha detto il
medico?” domandò
“Ha detto
che…” ma prima che potesse finire la frase,
Annalisa gli fece cenno di far parlare lei. Così tra una
attaccò di tosse e l’altro riuscì a
rivolgersi alla figlia.
“Angie, il dottore
è già venuto. Ha detto…che
sono… peggiorata.” Concluse la frase con un
attacco più forte degli altri. No, non poteva essere vero,
non poteva accadere, non a lei, non ora. Angela sentì le
lacrime affiorarle dagli occhi e iniziare rigarle le guance.
Non era assolutamente possibile, le
sembrava che tutto quello che stava accadento fosse solo un brutto
incubo.
“No, piccola, non
…devi piangere.”
“Mamma… per
favore…”
“Ascolta, il dottore ha detto
che mi resta…poco…da vivere...
probabilmente..” un altro attacco di tosse le
impedì di continuare la frase, così la concluse
Jhonatan per lei.
“Probabilmente…non…non
riuscirà…a…superare la
notte” finì con amarezza e anche con un velo di
rassegnata disperazione nella voce.
Nulla, il nulla era quello che allegiava
nella mente di Angela. Non capiva più niente. Ma se la sua
mente era vuota, di certo non lo era il suo cuore. Infatti un misto di
rabbia, tristezza, desolazione, sconforto e disperazione di
impadronì di lei. Rabbia, perchè non era
assolutamente giusto ciò che stava accadendo, tristezza e
desolazione perché senza di lei ogni cosa non aveva
più senso, chi le rimaneva ora al mondo? Chi le dava un
motivo per andare avanti? Sconforto e disperazione perché
era cosciente che anche se la cosa era ingiusta, non poteva farci
niente, se non rassegnarsi al fato.
Le sembrava tutto così
irreale, sua madre non poteva lasciarla, aveva giurato che sarebbe
rimasta sempre per lei, e ora un malattia se la stava portando via. Non
riusciva a credere che quello che stava accadendo lo stava vivendo lei
di prima persona, le sembrava di guardare la scena da fuori, da
spettatrice, però le emozioni che aveva le stava provando in
prima persona. E le lacrime che avevano preso lentamente a rigarle le
guance ne erano una prova.
“NO!” Con un
gridò si gettò tra le braccia della madre
piangendo.
Annalisa rispose
all’abbraccio, coccolandola e accarezzandola con dolcezza.
“Nonononononononononono, non
è giusto, mamma, no, ti prego, no!”
“Angela, calmati, ti prego…prima di
tutto…devo dirti…una cosa importante”
le disse Annalisa.
Angela si staccò un attimo
dalla madre guardandola stupita, ma senza smettere di lacrimare.
Doveva dirle qualcosa di importante?
Cosa c’era più importante di quello in quel
momento? Sua madre la guardò in modo serio, poi, dopo un
altro colpo di tosse, prese un bel respiro e disse:
“Angela, ascoltami bene. Ti
ricordi…che ti dissi…che il tuo vero padre era
morto,…portato via dai pirati?”
“Certo, si me lo
ricordo” Papà? Cosa c’entrava ora
papà!? “Ecco…io…non ti dissi
tutta la verità.” Silenzio, rotto solo da qualche
colpo di tosse. Cosa stava dicendo?
“Vedi…devi
sapere…che tuo padre…tuo padre…
è ancora…vivo”
Cosa? Papà, vivo?
L’uomo che aveva creduto morto per tutto questo tempo, vivo?
Non era possibile, stava delirando probabilmente, si, delirava in preda
alla febbre.
“Ma cosa stai dicendo, mamma?
Non è possibile” sussurrò la ragazza
decisa.
“Io ti ho
mentito…ma l’ho fatto per te,
credimi…non per cattiveria… Tuo padre
è vivo. Non so se vorrai mai vederlo…ma dovevi
sapere che almeno…che almeno era vivo”
Eppure non sembrava una persona che
parlare in preda al deliro della febbre, con frasi sconnesse e ochi
vacui. Era seria, le parlava seguendo un filo logico.
Ma non era possibile che ciò
che le stava dicendo corrispondesse alla verità.
Però...
“Mamma, come si chiama, ti
supplico, dimmi il suo nome!”
“è una
storia lunga…sul bancone al piano di sotto,
c’è una lettera, aprila…e
…troverai tutte…le informazioni. Oh, piccola mia,
perdonami, ti supplico...perdonami...Ti voglio tanto...tanto bene...e
te ne vorrò ...”
ma non riuscì a
concludere la frase.
“Mamma, NO! MAMMA!
No!!!!!!!”
Angela scoppiò a piangere a
dirotto e si accasciò a terra, priva di forze. Anche
Jhonatan pianse. Maggie corse a sostenere l’amica, ma appena
le fu vicino Angela si rialzò e corse fuori dalla camera.
Non poteva stare lì, voleva
scappare, correre lontano da tutto e tutti, però quando fu
al piano di sotto l’occhio le cadde irrimediabilmente dove la
madre le aveva detto che si trovava una lettera per lei. La prese e
ricominciò a correre.
Nemmeno lei sa per quanto tempo corse,
solo che quando cadde sfinita, ancora con il volto bagnato di lacrime,
si ritrovò sulla spiaggia, proprio mentre c’era il
tramonto e si fermò a contemplarlo. Era bello, molto bello,
ma ormai ogni cosa non aveva più senso.
Sua madre era morta, e ora era sola,
infinitamente sola. Non poteva crederci, era accaduto tutto troppo in
fretta. Solo quella mattina l'aveva salutata prima di uscire di casa e
stava bene. Oddio, stare bene non era corretto, stava male, come sempre
in quegli ultimi giorni, ma era viva, l'aveva salutata sorridendo.
E ora? Se ne era andata per sempre.
Non ci poteva credere. Sentiva un vuoto
incolmabile dentro. Adesso tutte le emozioni che poco prima avevano
preso possesso del suo cuore erano finite, non provava più
niente, era come se nulla avesse più un senso, tutto era
svanito in una nuovola di fumo, tutto se ne era andato insieme a lei,
insieme alla donna che per 16 anni l'aveva cresciuta e amata, l'unica
persona che aveva avuto dalla nascita.
Non le importava più di
niente, le sembrava di essere insensibile ad ogni cosa, probabilmente
se l'avessero presa e gettata in mare non se ne sarebbe nemmeno
accorta.
Poi si ricordò delle ultime
parole della madre e della lettera. Suo padre. Suo padre era vivo
secondo la donna.
Ma come era possibile? Lui era morto,
sua madre le aveva sempre raccontato che se n'era andato, e ora, sul
letto di morte, saltava su con il fatto che era ancora vivo? _ stava
delirando_ pensò la giovane, e questo effettivamente avrebbe
spiegato tutto, ma come esserne certi? Ora la risposta a tutte le sue
domande stava tra le sue mani, nella lettera che sua madre le aveva
lasciato. Da una parte voleva leggerla subito per scoprire la
verità, dall'altra però aveva paura, una paura
tremenda di ciò che avrebbe trovato scritto.
E se avesse scoperto che effettivamente
suo padre era ancora vivo? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasta
lì e avrebbe continuato la sua vita come se nulla fosse o
sarebbe andata a cercarlo?
In più non aveva neanche la
forza di leggerla, se avesse scoperto che sua madre diceva la
verità, non sapeva neanche se avrebbe retto ad un'altra
notizia del genere. Però la curiosità a volte
è più forte di tutto il resto.
basta
con i dubbi, ora la apro e leggo, devo sapere con la mano
tremante aprì la busta e inizò a leggere la
lettera che in ogni caso le avrebbe cambiato la vita. Era scritta con
una caligrafia minuta, la caligrafia di sua madre, precisa e piccola.
Iniziò a leggere con il cuore che le batteva a mille.