È
notte al
villaggio di Konoha.
Tutti
i
ninja dormono tranquilli nelle loro case, nonostante la giornata sia
stata
particolarmente pesante.
Petali
di
pesco si posano sul freddo marmo di una lapide.
Da
qualche
parte si ode un singhiozzo disperato, soffocato dal cuscino.
In
un'altra
casa, una ragazza versa lacrime silenziose.
Molti
altri,
nel sonno, si rivoltano mormorando un nome...
Ma
c’è
qualcuno che non dorme.
Qualcuno
che
non singhiozza, ma il cui cuore ha smesso di battere.
Qualcuno
che
non piange, ma che vorrebbe tanto farlo.
Qualcuno
che
non mormora, perché le sue labbra non possono più
pronunciare quel nome.
Qualcuno
che, sul tetto di un palazzo, fissa il villaggio senza vederlo,
poiché i suoi
occhi hanno smesso di vedere qualsiasi cosa.
Qualcuno
che
si definisce vivo solo per il fatto che il sangue continua a pulsargli
in
corpo.
Qualcuno
che
preferirebbe essere morto.
Gaara...
Gaara
ha il
petto oppresso dal dolore.
Non
riesce a
credere a quello che ha fatto.
Ha
paura a
ricordare i volti degli altri ninja, quando hanno appreso la notizia.
I
loro occhi
erano gonfi di odio, di tristezza, di rancore.
Avrebbero
voluto ucciderlo.
Lui
stesso
l’avrebbe voluto.
Tenten
gli
aveva urlato contro che era l’essere più
ripugnante che avesse mai visto, che
se non avesse avuto gli occhi appannati dalle lacrime lo avrebbe ucciso
con le
sue stesse mani. Sakura e Sasuke lo guardavano con disprezzo, persino
Naruto lo
aveva guardato con compassione mista a rabbia e gli aveva chiesto:
“Perché di
nuovo, Gaara?”
Gaara
aveva
ucciso ancora.
Gaara
aveva
ucciso l’unica persona che lo avesse mai accettato.
Gaara
aveva
ucciso Rock Lee.
Non
può
vivere tranquillo adesso.
Anzi,
non
può vivere.
Ma
non può
neanche morire. La sabbia glielo impedisce. I pugnali rimbalzano contro
la difesa assoluta.
La
voce
assassina dentro la sua testa ride.
Quello sta esultando.
“Non
posso
averlo fatto davvero.”
Invece sì. E ne hai anche goduto.
“Il
suo viso
era ricoperto di sangue...i suoi occhi mi fissavano...mi ha pregato
di...”
La vista del suo sangue ti ha fatto sentire
di nuovo vivo. I suoi occhi e le sue preghiere in realtà ti
facevano schifo!
“Non
posso
essere così crudele...”
Sì che lo sei! Tu non sei un essere
umano;
tu sei un mostro!
“Taci!
L’unico mostro qui sei tu!”
Tu sei solo un’arma. Persino tuo padre
non
ti ha mai considerato nient’altro che un’arma, un
esperimento finito male, una
tigre uscita dalla gabbia...una tigre affamata...
“No,
no, no!
È solo colpa tua se l’ho ammazzato!”
Forse. Però a chiudere il pugno sei
stato
tu. Io posso anche aver dichiarato la sentenza, ma sei stato tu ad
eseguire la
condanna.
“Non
è
vero!”
Neghi forse di aver ucciso Rock Lee con le
tue stesse mani?
“Non
lo
nego, però...”
Con le stesse mani con le quali hai
ammazzato senza pietà milioni di vite umani, colpevoli e
innocenti?
“Non
dico di
non averlo fatto! Dico solo che..”
Cosa?
“Lui
era...il mio unico amico...”
Non hai bisogno di amicizie. Le persone
veramente forti sono quelle che combattono solo per la propria
salvezza. Tu
vuoi essere forte, vero? Vuoi essere all’altezza della tua
carica eh, Kazekage?
“Aveva
detto
di amarmi...”
Mentiva! A lui facevi solo ribrezzo!
“Io...io
lo
amavo...”
Tu non sei capace di amare! Tu sei un mostro
che ama solo se stesso!
“E
invece
no.”
No?
“Stasera
ti
dimostrerò che in realtà sono io il
più forte tra i due...e sai perché?”
Perché?
“Perché
io
ho qualcuno da proteggere.”
Qualcuno da proteggere? Mi fai ridere! Lee
è
morto. Non l’hai salvato, non sei riuscito a fermare te
stesso, non hai
represso il tuo desiderio di sangue, l’impulso di uccidere...
“Forse
non
ho salvato Lee, ma sono ancora in tempo per salvare me
stesso.”
Umpf. Sei solo uno sciocco ragazzino instabile.
“Probabilmente
sì.”
A cosa serve sforzarti tanto? Lui non
tornerà in vita.
“Lo
so.”
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La
villa era
immensa.
Il
giardino
sembravano quasi un parco: c’erano aiuole ben curate con
fiori di mille colori,
alberi dalle chiome rigogliose e un vialetto fatto di ghiaia finissima.
Gaara
si
trova davanti alla porta.
Questa
volta
non aspetta che si apra.
Questa
volta
bussa prepotentemente, sperando che apra al più presto.
Passi
lenti,
trascinati.
Una
chiave
che gira pigramente nella toppa.
La
porta si
aprì e lui era lì, in piedi.
Non
portava
il pigiama.
I
capelli
erano perfettamente in ordine.
Gli
occhi
erano cerchiati da occhiaie scure e leggermente arrossati.
Non riusciva a dormire.
Neji
Hyuuga.
“Tu.”
Gaara
non
abbassò la testa. Sostenne lo sguardo carico di rancore di
Neji.
“Cosa
ci fai
qui?”
“Devo
parlarti.”
“Non
sei il
benvenuto; anzi, non entrare proprio. Parliamo qui fuori.”
“Va
bene.”
Neji
chiuse
la porta dietro di sé e si avviò verso
l’interno del giardino. Si fermò sotto
un pesco.
L’albero
aveva dei fiori meravigliosi ed emanava un profumo intenso.
Ma
non era
il momento di contemplare la natura.
Neji
fissava
Gaara. I suoi occhi bianchi esprimevano tutto l’odio che
provava verso l’altro.
Teneva le braccia conserte, in segno di ostilità.
“Cosa
vuoi?”
“Mi
dispiace...”
“Ah,
ti
dispiace? Prima lo ammazzi come una bestia e poi mi vieni a dire che ti
dispiace? Ma fammi il favore!”
“Io...”
“Tu
cosa? Tu
sei dispiaciuto? Tu ti sei reso conto di aver fatto una cazzata? Tu
vorresti
tornare indietro?”
“Non
volevo
dire...”
“Sono
tutte
cazzate! Vattene, te e le tue fottute scuse!”
L’espressione
di Neji si indurì. Un velo di malcelata malinconia
attraversò il suo sguardo.
Strinse i pugni. Non doveva mostrarsi debole, non doveva. Eppure era
così
difficile...
“Era
il mio
migliore amico...”
“Lo
so.”
“Allora
cosa
vuoi da me? Se vuoi il mio perdono, beh, sappi che non lo avrai
mai!”
“Non
esigo
il tuo perdono, vorrei solo che tu mi capissi.”
“Allora
spiegati!”
Gaara
sospirò e abbassò lo sguardo. Non riusciva a far
capire il suo dolore a Neji.Non
ci riusciva perché l’altro era accecato dal
proprio. Se solo avesse impedito
all’odio di appannare la sua mente, allora avrebbe scorto il
baratro della
disperazione, la morsa di rimorso che divorava l’anima di
Gaara.
Ma
non ci
riusciva.
Dagli
occhi
nivei del genio degli Hyuuga cominciarono a sgorgare delle lacrime.
Perché
l’altro non le vedesse, si girò, dandogli le
spalle.
Non doveva mostrarsi debole.
“Perché
l’hai fatto?”
Non sono stato io.
“Sono
stato
costretto.”
“Lui...lui
ti amava.”
“Sì...”
“Tu
lo
amavi?”
“Io
non
posso amare.”
“Tutti
possono amare.”
“È
per
questo che sono qui.”
Lo
Hyuuga si
voltò nuovamente verso il giovane Kazekage. Ora lo guardava
curioso.
“Neji,
lo so
che ti sembrerò sfrontato, ma mi serve un favore.”
“Cosa
vuoi?”
“Uccidimi.”
Neji
spalancò gli occhi dalla sorpresa.
Non
riusciva
a credere a quelle parole.
Gli
risuonavano nella mente come echi assordanti.
Ma
le aveva
davvero dette?
Mi serve un favore
Pensava
che
gli avrebbe chiesto di dimenticare, di perdonare.
Mi serve un favore
Invece
lui
gli stava chiedendo di ucciderlo.
Mi serve un favore
Ma
era
davvero un favore, quello?
Lo
avrebbe
ringraziato per aver troncato la sua esistenza?
Era
davvero
un favore quello?
Il
Kazekage,
intanto, lo fissava speranzoso.
Scrutò
i
suoi occhi di ghiaccio.
“Ma
perché
io?”
“Perché
sei
l’unico in grado di farlo.”
“L’unico?
Non capisco? Il Juken non è l’unica tecnica in
grado di eludere la difesa di
sabbia. Anche il Chidori dell’Uchiha ha questo potere,
perché non chiedi a
lui?”
“Non
intendevo questo.”
“E
allora perché?”
“Perché
tu
mi odi più di chiunque altro.”
************************************
“Va
bene.”
Attivò
il
Byakugan.
Le
sue mani
si illuminarono.
Il
flusso di
chakra era denso.
Guardò
Gaara
negli occhi.
Il
suo
penetrante sguardo sfondò i veli di odio che coprivano la
sua mente.
Fu
capace di
vederlo.
Riuscì
a
scrutare dentro di lui.
E
per la
prima volta scorse il profondo dolore che lo stava divorando.
E
si sentì
un egoista.
Raddoppiò
il
flusso di chakra scaturito dalle proprie mani.
Non
voleva
farlo soffrire ancora.
Mi serve un favore.
Il
Kazekage
rimase silenzioso.
Aspettava.
Per
la prima
volta nella sua vita aspettava che la voce di quello
comparisse nella sua testa.
Ma che cazzo stai facendo, Gaara?
Eccola.
Non ti rendi conto che morirai? Sei
impazzito?
Per
niente.
Non sono mai stato così consapevole.
Morirai, Gaara! E sarà per sempre! Non
potrai tornare più indietro!
Eh,
no.
Questa volta non mi convinci. Il tuo sussurro gelido è solo
una lontana eco,
oramai. Non ti ascolterò più.
Cosa stai dicendo? Dovresti, invece! Quello
ci ammazzerà!
Sì.
Tutti e
due.
Ti ha dato di volta il cervello? Digli che
c’hai ripensato!
No.
Non lo
farò.
Perché? Ma che ti è preso?
Moriremo
tutti e due. Questa volta faremo ciò che dico io. Questa
volta ti dimostrerò
che io sono il più forte. Questa volta mi
salverò...
Ma che dici? Morirai come una bestia e
nessuno proverà rimpianti!
...mi
salverò da te.
Da me? Sono l’unico che non ti abbia mai
fatto male!
Mi
salverò da
te. Libererò la mia mente dalla tua ripugnante presenza,
distruggerò ogni prova
della tua misera esistenza...
Ma io sono te. Se distruggerai me
distruggerai anche te stesso. Noi siamo uno solo. Indissolubili.
Non
più. Mi
spiace, Shukaku, ma ora ho capito. Tu non sei mia madre, non sei mio
fratello,
non sei mio amico. Non lo sei mai stato. Sei solo un disgustoso
parassita che
per anni ha infettato la mia mente. Hai ostacolato la mia esistenza, ti
sei
appropriato del mio corpo...ma adesso...
Adesso morirai, ingenuo Gaara. Non
c’è
libertà nella morte, solo silenzio.
Il
silenzio
è l’unica cosa che non ho mai sentito.
Non ci sarà alcun ritorno...per te. Io
ritornerò ad essere uno spirito libero e
sopravvivrò. Posso slegarmi dal corpo
che mi ospita se questo muore.
No.
No?
No,
ti ho
legato a me. Siamo indissolubili, l’hai detto tu?
Andrò all’aldilà, ma non
sarò
solo.
Bastardo!
Visto?
Sono
io il più forte. Perché adesso anche io...
Carogna! Infame!
...posso
amare.
Il
Juken
colpì il Kazekage in pieno petto.
La
scarica
di chakra fu potente.
Il
cuore di
Gaara si fermò.
La
voce di quello tacque.
Il
suo corpo
cadde a terra, inerme.
Gli
occhi si
spalancarono, fissando l’immensità della notte.
Le
stelle
non gli erano mai parse così vicine.
Un
ultimo
respiro affiorò sulle candide labbra, seguito da una parola.
Un’unica,
sola parola, sussurrata dolcemente.
“Grazie.”
Gli
occhi
continuavano a fissare le stelle, ma ormai non le vedevano
più.
Un
sorriso
illuminò il volto.
Il
primo
sorriso della sua vita.
Anche
l’ultimo.
Petali
di
pesco gli caddero sulle guance.
Lui
non
poteva più sentirmene la dolce leggerezza.
Ma
a sua
volta era diventato leggero.
Gaara
era
finalmente libero.
Rieccomi! Lo so che avete pregato perché
io
stessi lontana dalla tastiera per almeno un miliardo di anni, ma,
essendo
sadica di natura, sono tornata con un’altra ficcy. Come tutti
i sequel, anche
questo è venuto una schifezza...via, speriamo sia almeno
passabile. =.=
Dopotutto, mi dispiaceva farla finire così
male (Perché questa è finita
bene? Sono morto! è.é NdGaara) (Ma tesoro,
così raggiungi il tuo Lee! Questa
era una Shounen ai, ricordatelo! U.U NdAutrice) (Maledetta Autrice! T.T
NdGaara) e ho pensato di proseguire la storia! La mia cara Wiwo one-san
non
gradirà molto l’attaccamento di Neji a Lee
(Hyuugacest 4 ever! *_* NdWiwo) ma
era necessario!
Ah, scusate! Avrei dovuto modificare la
storia, ma per sbaglio l’ho cancellata! ^.^”
così l’ho dovuta postare daccapo!
(sono un po’ imbranata, lo ammetto9
P.S. (per BlackRoseImmortal)
“l’attesa
leniva la sofferenza” deve essere proprio così:
infatti Gaara non sentiva più
dolore, solitudine o freddo perché l’aspettare che
Lee, l’unico che gli voglia
bene, era un balsamo contro tutti i mali...forse l’avevo
spiegato un po’ male,
scusami! ^.^)
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