Le
mani della vita, il tocco della speranza
-
L’odore del lubrificante inebriava ancora le sue narici
ormai così abituate alla pesantezza del metallo fuso. Gli occhi azzurri come il
cielo d’estate scrutarono la stanza buia senza posarsi in nessun luogo e lasciarono
che gli attrezzi le rapissero la visuale, attraendola verso di loro come il
ferro con la calamita.
Un lampo: quella notte il cielo era impetuoso come la sua
anima. Gli abitanti di Rush Valley non erano abituati ai temporali, il caldo e
il sole splendente erano la normale routine da quelle parti; doversi trovare a
fronteggiare insolite raffiche di vento intermittenti, il cielo reso argentato
dal chiarore intenso della luna riflesso sulle nubi e gli improvvisi quanto violenti
bagliori, accompagnati dal brontolio dei tuoni, poteva perfino incutere una
certa paura.
Il signor Garfiel aveva sceso le scale di legno con la sua
caramellosa camicia da notte cosparsa di cuoricini e si era raccomandato con
Winry di serrare bene tutte le finestre ed infilarsi al sicuro sotto le
coperte. La ragazza gli aveva sorriso con la sua solita aria luminosa e l’aveva
rassicurato, dicendo che avrebbe seguito il consiglio non appena avesse
terminato il proprio lavoro con l’ultima delle sue creazioni: un auto-mail
ultraleggero per un povero anziano non in grado di sopportarne il peso.
Ma in realtà, tutto quello che fece, fu avvitare e svitare
la stessa vite fissando il telefono muto al suo fianco.
Non ne poteva più di quella stupida sensazione di angoscia,
e peggio ancora, non ne poteva più di sentire risuonare nella testa la voce di
Edward: « La prossima volta che ti farò
piangere, sta sicura che saranno lacrime di
gioia! »
Aveva tentato d dormire, si era gettata sul letto senza
nessuna grazia e aveva pregato perché il rumore della pioggia sopravvenisse
velocemente a scacciare il suono di quella promessa, lavando via tutti i suoi
pensieri.
Ma il sonno non si decideva a sciogliere le catene del mondo
onirico e così la giovane meccanica si avviò nuovamente giù per le scale che conducevano
nel soggiorno-officina.
Un lampo andò ad illuminare l’arto meccanico che stava
costruendo, lasciando che il suo bagliore fluttuasse nella stanza buia in una
corsa veloce, sfumata dal suono cupo e rombante del tuono.
Ancora in tenuta da lavoro, Winry si tolse la bandana e
l’abbandonò sul tavolo degli attrezzi, allungando la punta delle dita verso una
chiave inglese, sfiorandola come se fosse un antico cimelio.
Alla base dell’impugnatura c’era incisa una “W”, segno che
ne indicava l’appartenenza alla ragazza e ad una vita devota agli auto-mail e
alla meccanica. Quella era la chiave inglese che più preferiva tirare in fronte
a Ed e che adesso era così inutile senza quella bionda testa vuota a fare da
bersaglio…
« Stai bene? »
Le parole dell’amico d’infanzia gli risuonarono nella mente,
proprio nell’istante in cui accese la debole e calda luce della lampada sul
tavolo. Istintivamente strinse l’attrezzo nella mano, portandolo a sé. Il
contatto freddo del metallo sulla pelle nuda della pancia le provocò un brivido
elettrico, mentre un altro tuono annunciava la prima battuta di pioggia.
Winry si sorprese a sorridere quando, guardando fuori
dall’unico vetro non rimasto celato dalle sicure imposte di legno, ricordò la
sua reazione alla telefonata di Ed e alla sua preoccupazione.
« È successo qualcosa?
È già strano che mi chiami, poi mi chiedi anche come sto… penso che domani
nevicherà. »
Ovviamente lui si era arrabbiato e aveva bofonchiato parole
senza senso come un bambino imbronciato, ma dentro di sé Winry provò un grande
calore, una segreta stretta allo stomaco per le insolite attenzioni che Edward
le stava mostrando. Nonostante il suo tipico atteggiamento irresponsabile, quel
ragazzo stava cambiando.
La sua schiena non era più quella di un bambino: le sue
spalle erano diventate abbastanza larghe da poter proteggere gli altri.
I suoi occhi non erano più quelli di un piccolo che cerca
vendetta: adesso erano quelli di un ragazzo in cerca di risposte.
Le sue mani non erano più quelle paffute che per la prima volta
avevano tracciato un cerchio alchemico per donarle una bambola: ora erano le
mani di un Alchimista di Stato. Un’Arma Umana in grado di uccidere in un solo
colpo, o di salvare con un solo gesto. Erano le mani di un ragazzo che l’aveva
stretta nel momento di disperazione e le aveva fatto mollare la presa su quel
ferro freddo e al tempo stesso infuocato.
In quell’occasione Ed si era frapposto fra lei e Scar e le
aveva salvato la vita mettendo a repentaglio la propria con una determinazione
tale, da mettere in soggezione perfino gli adulti più esperti e maturi
nell’arte della guerra.
Vedeva ancora il suo cappotto rosso, aveva ancora davanti
agli occhi il simbolo che Ed aveva ereditato dalla sua maestra in Alchimia e
sentiva ancora il calore delle braccia che la consolavano.
« Vi prego, non
morite. »
« Non ci penso
nemmeno! »
Era stato difficile da ammettere, era stato difficile da
accettare. Ma era la realtà: non poteva fuggire da quei pensieri, non poteva
fuggire da Ed. Si era innamorata di
lui. Di quel piccoletto e del suo carattere così ribelle, egocentrico e
altruista.
Odiava doversi sentire così vulnerabile. Da quando erano
morti i suoi genitori le era rimasto solo nonna Pinako e quei due fratelli che facevano
di tutto per tirar fuori il suo punto debole. Non sapeva per quale motivo, ma
si sentiva inquieta e agitata: Al e Ed stavano intraprendendo un sentiero per
niente spianato e non era uno scherzo affermare che probabilmente le loro vite
erano poco più di un filo pronto a spezzarsi.
Ma questa era l’unica strada da percorrere. Al ne aveva
passate tante, troppe, e considerato il suo carattere, aveva nascosto tutto nel
fondo della sua fredda armatura per non dover gravare né su di lei, né su Ed.
Ma allora perché era così egoista da volerli lì con lei e da
nessun’altra parte?
Le gocce di pioggia scivolavano sul vetro come a rendere
fisiche le lacrime che non aveva il coraggio di versare. Era solo stanca, non
aveva voglia di piangere. Aveva finito tutte le sue lacrime a Central City e
non aveva intenzione di versarne altre: le donne della famiglia Rockbell non
erano così facili da abbattere. Non sarebbe stato funzionale a nessuno
comportarsi come una sciocca ragazzina e inoltre le sembrava quasi di essere di
peso a Ed, piangendo ancora.
Dannazione. Doveva toglierselo dalla testa. Non poteva
continuare così.
Un tuono rimbombò furente, mentre un altro lampo lo inseguì
poco dopo squarciando il cielo in un istante di luce.
La notte nera come la pece andò a brillare per un breve
secondo di una lucentezza quasi diamantina: tetti, imposte che sbattevano,
strade percorse da piccoli torrenti di pioggia impetuosa, l’oro dei capelli di
Ed.
Winry sospirò e poi decise di tornarsene al letto. Era già
molto tardi.
Fece per voltarsi, ma si fermò di scatto spiaccicandosi con
la fronte al vetro, facendosi quasi male per l’impatto.
L’oro dei capelli di
Ed??
Il cuore le saltò un battito, mentre socchiudeva gli occhi
cercando di scrutare attraverso il vetro e il nero della notte. Era così buio
da non riuscire a distinguere a un palmo dal naso.
Istintivamente si picchiettò la fronte con la chiave
inglese: « Stavolta sono io quella che se la merita in testa… » bofonchiò tra
sé.
Ma dopo un altro lampo, la ragazza notò che non era
impazzita: una figura incappucciata era ferma fuori dalla casa, proprio davanti
alla finestra.
E sotto il cappuccio rosso c’era il familiare ciuffo d’oro
ad antenna.
Winry non si rese nemmeno conto di quello che stava facendo,
agì assolutamente senza pensare, tanto che non si ricordò come la porta di casa
potesse essere stata spalancata e come lei potesse essere completamente fradicia
e immobile davanti a lui.
« Ehi, Win… » disse lui con un mezzo sorriso. La sua voce
soffice era quasi in contrasto con quegli occhi da volpe che brillavano dorati
nella penombra del cappuccio.
La giovane meccanica rimase ferma e stralunata. La pioggia
scivolava sui capelli, le bagnava i vestiti, la pelle nuda e le rimaneva
imprigionata tra le ciglia, tanto che non si rese conto se ciò che le
accarezzava il viso erano lacrime, o gocce di pioggia.
« Cavolo, me la sono fatta quasi tutta a piedi sotto questo
diluvio, fammi entrare, prest... AHIA!!! MA CHE DIAMINE FAI? SEI FORSE
IMPAZZITA?? »
Una chiave inglese era appena caduta a terra con un
tintinnio di metallo, mentre Winry fissava il giovane Alchimista di Stato
piegato su se stesso con le mani sulla fronte. Lo fissava tremando per il
freddo della pioggia e con un sorriso che stava quasi per essere soffocato
dalle lacrime.
Non appena lampi e stelline se ne andarono dalla visuale,
Edward si mise eretto, pronto a sbraitare contro la meccanica. Ma quello che
accadde fermò ogni sua azione: Winry gli si era gettata addosso, circondandogli
il collo con le braccia sottili e premendosi talmente forte addosso a lui da
schiacciarlo. Il contrasto del calore del viso di lei vicino alla sua guancia e
il freddo della pioggia sui capelli, gli fecero realizzare che non aveva più il
cappuccio a ripararlo, e successivamente… che Winry gli era completamente
addosso. Il viso del ragazzo avvampò, sentendo la vicinanza dell’amica
d’infanzia, e con fare incerto levò le braccia fino ad avvolgerle attorno alla
sua vita, tentando di tranquillizzarla. In realtà voleva assaporare quel
contatto che per lungo gli era stato negato, quella sensazione di pace e
sollievo che provava ogni volta che quei biondi capelli gli fluttuavano
intorno.
« Ed… sei tornato… »
Winry si sentì stringere con più forza da Ed, mentre la mano
non in auto-mail andava ad accarezzarle la testa. Poi, con un tocco gentile
l’allontanò da lui e la fissò dritta negli occhi, cercando di decifrare la sua
espressione. La ragazza vide come la pioggia continuava a scorrere su di loro e
di come Ed la ignorasse per concentrarsi su di lei. Le gocce che gli
scivolavano sul viso lo rendevano più grande, sembrava ben lontano dal
ragazzino confusionario con cui aveva passato l’infanzia, ma allo stesso tempo,
era sempre lui, la persona con cui aveva condiviso ogni tipo di momento.
« Winry… che c’è? » le chiese con tono preoccupato. I suoi
occhi sembravano quasi tristi a vederla così scossa, non voleva vederla
soffrire come a Central City. La osservò mentre si mordeva il labbro inferiore
e sfoggiava un sorriso di puro sollievo.
« Avevo paura… non lo so, sentivo che tu e Al eravate in
pericolo. Ma dov’è Al? » chiese nuovamente con aria angosciata.
« Tranquilla. Sta bene. » Ed guardò ancora una volta la
bella figura della ragazza, completamente bagnata e vestita solo del misero top
che usava per lavorare. Si tolse la giacca e la mise sulle sue spalle: «
Andiamo dentro. Stai tremando. »
Winry annuì, guardando il ragazzo chinarsi a raccogliere la
chiave inglese.
« Sarà meglio portare dentro anche lei » disse con un mezzo
sorriso.
Rientrarono giusto in tempo per lasciarsi alle spalle un
nuovo, folgorante lampo e un tuono minaccioso. Ed chiuse la porta dietro di sé
e notò Winry rannicchiarsi tremante nel suo cappotto ancora per qualche
secondo, poi si riscosse, mostrando nuovamente la sua maschera di allegria.
« Allora? Che diavolo hai combinato? Non dirmi che hai di
nuovo rotto l’auto-mail! »
Edward sorrise tra sé: quella ragazza aveva celato così bene
la propria solitudine in tutti quegli anni che nonostante fosse stato con lei
fin dall’infanzia, non si era mai accorto quanto potesse aver sofferto per la
perdita così brutale dei genitori.
Ed si era sempre aggrappato ad Al e il fratello aveva fatto
lo stesso con lui. Nonostante avessero bruciato la casa, c’era sempre un posto
che li attendeva. Winry c’era sempre.
Ma loro non c’erano quasi mai. Ogni volta partivano e lei se
l’era sempre cavata da sola. Sapeva che era una ragazza forte, ma adesso se ne
rendeva conto ancora di più. E si rendeva conto che voleva metter fine a quella
storia e fermarsi. Con lei.
Per una volta doveva essere lui a sostenerla.
« Devi proteggerla. »
Il tenente Hawkeye aveva ragione. Lui doveva proteggerla. Da
Scar, dal Comandante Supremo... da tutto quello che anche solo osava pensare di sfiorarla.
« Grazie… grazie per
avermi fermata. Ci sono persone che aspettano il mio ritorno. Ho rischiato di
non avere mai più il coraggio di guardarle in faccia. »
« Ehi! Ti ho chiesto se hai di nuovo rotto l’auto-mail! »
ripeté la domanda Winry, avvicinandosi minacciosamente a lui con uno strano
attrezzo.
Ed arretrò, agitando le mani davanti alla faccia, fino a
finire con le spalle al muro: « No-no! Come ti viene in mente che possa aver
rotto il tuo auto-mail? Non posso venire a trovare un’amica? »
Ma l’espressione della giovane meccanica non era ancora
convinta e l’attrezzo era ancora pericolosamente stretto nel suo pugno e levato
in aria: « Non dire cavolate, Edward. »
Era arrivato il momento di escogitare un piano per togliersi
da quella rischiosa situazione. Il ragazzo sfoderò il suo ventaglio da meschino
calcolatore e si avvicinò a Winry, celando la parte inferiore del viso e mostrando
solo i suoi furbi occhi da volpe, quasi come a camuffare ad un pubblico
invisibile l’informazione che doveva riferirle: « Ho un lavoretto per te… »
sussurrò all’orecchio di Winry, prendendola alle spalle. «Sono venuto dal
miglior meccanico di mia conoscenza » aggiunse con aria complice.
Il respiro caldo di Ed sul suo collo bagnato la fece
rabbrividire per un attimo, odiava quando si comportava così. Detestava amare
quel suo comportamento.
Si riscosse, sospirando pesantemente e facendo qualche passo
per allontanarsi da lui.
« Non vedo l’ora di conoscere i dettagli di questo
“lavoretto”, » si tolse il cappotto, iniziando a salire qualche gradino che
conduceva al piano superiore e lo appoggiò sul fondo della ringhiera di legno «
ma forse sarà meglio se prima ci asciughiamo. Non fare troppo rumore, il signor
Garfiel ha il sonno pesante, ma non si sa mai. »
Dopo un breve istante di esitazione, Ed salì le scale e seguì
la ragazza nella sua camera e rimase immobile al centro della stanza, mentre lei
rientrava lanciandogli addosso un asciugamano bianco. L’alchimista lo prese al
volo e rimase fermo ad osservare Winry sedersi sul letto frizionandosi i
capelli. Era come assorta in quel che faceva, per cui quando rialzò lo sguardo
e incontrò quello dell’amico si ricordò quel che doveva fare.
Si alzò in piedi e si avvicinò all’armadio: « Togliti quei
vestiti o ti prenderai un raffreddore. Dovrei avere qualcosa adatto a te. »
Ed avvampò di colpo e la ragazza, non udendo alcun
movimento, si affacciò dall’armadio: « Che c’è? Non dirmi che ti vergogni! »
rise, notando il rossore dell’altro. « Non è certo la prima volta che ti vedo
in mutande! »
Se possibile, il ragazzo diventò ancora più rosso e voltò la
testa di lato con un grugno: « Non è certo la stessa cosa! E poi non ho per
niente intenzione di mettermi i tuoi vestiti! »
Winry alzò gli occhi al cielo, come se avesse a che fare con
un bambino capriccioso. Lanciò addosso a Ed una maglietta bianca a maniche
corte e prese la sua camicia da notte, avviandosi verso la porta.
« Fa come ti pare, comunque quella dovrebbe essere abbastanza
larga, la uso per dormire » rimase ferma sulla soglia della stanza, incerta se
andare avanti col discorso o meno. « È una maglietta che hai lasciato a
Rezembool, spero non ti dispiaccia se l’ho usata come pigiama… era comoda. »
L’alchimista rimase sorpreso, non sapeva per quale motivo,
ma sapere che Winry usava una della sue magliette gli metteva addosso una
strana e piacevole agitazione.
« Non c’è problema, usala pure » le disse, ancora con una
certa sorpresa nel tono della voce. Poi vedendola uscire le domandò: « E ora
dove vai? »
« A fare un giro fuori. Vado in bagno a cambiarmi, stupido,
dove vuoi che vada? Così puoi fare lo stesso anche tu senza doverti vergognare.
»
Ed s’infervorò, punto nel vivo del proprio orgoglio: « E chi
si vergogna, cretina? Guarda che non ho nessun problema io. Per me, possiamo anche spogliarci in questa stanza! »
Gli occhi di Winry brillarono con fervore assassino. Una
chiave inglese roteò con la precisione di una stella ninja e sbatté
violentemente sulla testa di Ed.
« MAIALE! »
Detto questo la ragazza girò sui tacchi e si chiuse in
bagno, lasciando il povero Ed a trattenere le lacrime, premendosi l’enorme
bernoccolo con entrambe le mani: « Fortuna che il Signor Garfiel ha il sonno
pesante… »
***
Quando Winry rientrò in camera, indossava la sua solita
camicia da notte bianca ed aveva i capelli quasi completamente asciutti. Trovò
Ed steso sul suo letto con gli occhi chiusi. Aveva i capelli sciolti e indossava
la sua maglietta. In quel momento gli ricordò il giovane Ed che aveva assistito
giorno e notte dopo l’operazione al braccio e alla gamba.
Si avvicinò a lui tentando di non fare rumore, ma il ragazzo
sollevò la testa e la guardò aprendo un occhio solo: « Finalmente ti sei decisa
a uscire di lì. »
« Si vede che non sei cresciuto affatto, la maglietta ti sta
ancora bene. »
« Ehi! » Scattò a sedere lui « guarda che qui alle spalle mi
tira! Vedi? Sono cresciuto eccome! Ho fatto almeno tre centimetri! »
Winry fissò le sue spalle e poi i suoi occhi, lasciandosi
sfuggire un sorriso velatamente triste. Ma fu solo un breve attimo: i suoi
occhi si strinsero e le sue labbra si stirarono in un sorriso cinico. « Se vuoi
ti presto anche le mutande del Signor Garfiel. Sempre che ti piacciano i fiori,
s’intende! Le tue sono così… bianche
»
Un cuscino la colpì dritta in faccia e lei non poté fare a
meno di ridere.
« Rush Valley ha decisamente fatto bene al tuo senso
dell’umorismo » bofonchiò Ed.
Ancora col sorriso sulle labbra, Winry strinse il cuscino al
petto e chiese con tono serio: « Perché sei qui, Ed? È successo qualcosa? Avevi
promesso di raccontarmi tutto… »
Il ragazzo giocherellò con il suo orologio d’argento, giusto
per evitare di guardarla in faccia.
« Devi venire con me a Central City. Sono venuto a
prenderti, ho bisogno che tu costruisca un auto-mail ».
Dall’atteggiamento a cui aveva appena assistito, Winry
comprese che la situazione non doveva essersi evoluta per il meglio. Si
avvicinò a Edward e si sedette sul letto vicino a lui: « Avresti potuto
chiamare, sarei venuta da sola col treno. In fondo l’ho già fatto, no? »
Devi proteggerla.
Gli occhi di Ed continuarono a fissare l’orologio, rivelando
senza parole che quella non era proprio una soluzione accettabile.
« Edward… » una mano gentile si appoggiò sulla sua spalla.
Il ragazzo si voltò a fissare quei luminosi occhi azzurri che tanto aveva
sentito il bisogno di rivedere. « Che succede? »
Devi proteggerla.
Avevi promesso di
raccontarmi tutto.
L’alchimista iniziò a intrecciarsi i capelli, ma le sue dita
erano ancora intirizzite dal freddo della pioggia: « Il Comandante Supremo è un
homunculus, una persona malvagia. Si è servito di me e continua a farlo, senza
esitare a prendere di mira quelli che mi stanno intorno. »
« Il Comandante Supremo?? Com’è possibile? » Winry rimase
pietrificata. « Ho parlato a lungo con lui, mi sembrava una persona-- »
« Appunto. » Tagliò corto Ed.
La ragazza lo fissò. Adesso si spiegava tante cose: la
telefonata, l’improvviso arrivo notturno, il volerle fare da scorta fino a
Central City.
Edward era preoccupato per lei, voleva proteggerla.
Prese tra le mani le dita del compagno e le allontanò dai
capelli, iniziando a intrecciarli con calma e abilità.
Ed sentì le dita affusolate di lei scivolargli delicatamente
sulla nuca e per la prima volta dopo tanto tempo, iniziò a rilassarsi.
« Qualcuno si è fatto male, non è così? »
L’alchimista non rispose subito, attese che Winry finisse di
intrecciargli i capelli per poter godere appieno di quel momento di pace.
« Ricordi Ling? » le chiese infine.
« Certo! Il “principe” di Xin! » la ragazza riportò alla
mente l’immagine assurda di Ling in abiti regali e non poté fare a meno di
scoppiare a ridere. Ma quando si accorse che lo sguardo di Ed era rimasto serio
e puntato a terra, le risate gli morirono in gola, notando che oltretutto, il
ragazzo aveva un’espressione insolitamente triste.
Rimase muta e immobile, sperando che questo potesse
incentivarlo a continuare.
« La sua guardia del corpo… Lan Fan. Ha perso un braccio in
combattimento e adesso si è intestardita a volere subito un auto-mail per poter
ritornare in azione entro sei mesi. »
« Sei mesi? Ma è impossibile! Neanche tu… »
Ma gli occhi tristi di Ed gli cancellarono dalla mente ogni
tipo di contestazione.
« Sarebbe più facile costruirlo qui, ho tutto il necessario
a mia disposizione, ma immagino che lei non possa muoversi, no? »
Edward annuì.
« Bene. Allora dovrò iniziare a prepararmi. » Winry saltò
giù dal letto e aprì l’armadio, tirando fuori la sua borsa da viaggio e qualche
vestito. « Non sarà facile dire al signor Gafiel che devo nuovamente partire,
ma non c’è altra soluzione. »
Ed la fissò mentre sceglieva cosa portare in viaggio: le sue
braccia si affaccendavano fuori e dentro l’armadio, mentre la corta camicia da
notte lasciava scoperte le lunghe gambe affusolate sempre in movimento dal
letto al guardaroba.
Ti piace.
Le parole del tenente Hawkeye gli risuonarono in testa e
all’improvviso il ragazzo spalancò gli occhi, come se fosse consapevole solo
allora di quello che stava facendo. Si alzò di scatto dal letto e rimase
immobile in posizione rigida.
Winry si fermò, voltandosi verso di lui con aria confusa: «
Che ti prende? »
Il giovane iniziò a sudare freddo: « Niente! Ho sete, perchè
non ci facciamo un tè? » chiese con voce isterica.
« Ok… » rispose stupita l’altra, ma Ed aveva già iniziato a
scendere le scale, per cui lo seguì senza fare domande.
Entrati in cucina, lo prese per un braccio e lo costrinse a
fermarsi: « Aspetta un attimo… la fai la manutenzione con l’olio che ti
spedisco, vero? »
Edward guardò i suoi occhi pronti a infuocarsi, liberando
una risatina isterica e mentendo spudoratamente: « Ma certo! »
Winry strinse gli occhi, scrutandolo con la testa piegata di
lato. Il terrore di Ed raggiunse il picco massimo. Non aveva sudato così,
nemmeno nel momento in cui Envy aveva rivelato la sua vera forma… stava per
morire. Ne era sicuro.
Per fortuna, Winry decise di credere alle sue parole: « Devo
aver sbagliato qualcosa, allora. La tua gamba fa uno strano cigolio »
« Ma che dici? Io non sento nessun cigolio, hai fatto un
ottimo lavoro! » tentò di adulare Ed.
« Zitto e siediti. » la ragazza lo spinse violentemente
all’indietro e lo fece sedere con un tonfo. Poi prese un’altra sedia per
appoggiarci sopra la gamba in auto-mail. Il suo nervosismo si percepiva in
tutta l’aria che li circondava, Winry odiava dover ammettere che qualcosa non
andava nelle sue creazioni, perciò Ed fece la cosa più saggia: rimase zitto e
immobile, mentre la meccanica srotolava sul tavolo una fascia piena di strani
attrezzi e iniziava a ficcare cacciaviti lungo tutto l’arto meccanico.
Mentre Winry era assorta completamente nel suo lavoro, Ed
non poteva fare altro che rimanere lì a guardarla: una ragazza dai lunghi
capelli biondi, in camicia da notte, che invece di dormire, armeggiava con la
sua gamba. Le dita sottili gli sfiorarono impercettibilmente la parte superiore
dell’arto non in auto-mail.
Ti piace.
I capelli di Ed gli si rizzarono tutti in testa, mentre il suo
busto s’irrigidiva impettito sulla sedia.
La ragazza continuò incurante la manutenzione, mentre il
giovane Alchimista di Stato iniziò a scuotere la testa come uno psicopatico,
rovesciandola infine all’indietro e coprendosi gli occhi con le mani, in piena
disperazione.
Devi proteggerla. Ti
piace. Ti piace…TipiaceTipiaceTipiaceTipiace…
Ignara della lotta che avveniva dentro Ed, Winry alzò lo
sguardo su di lui con aria perplessa.
« Siamo amici! »
Ed era balzato eretto sulla sedia: « Siamo amici, no? » domandò
di nuovo, come a cancellare l’imperativo che aveva gridato qualche istante
prima.
La ragazza lo guardò come se fosse impazzito.
« Certo che siamo amici… sei sicuro di non avere la febbre,
Ed? »
L’altro non rispose, si grattò la nuca con l’aria di chi vorrebbe
essere un chilometro lontano.
« Comunque, » continuò lei con tono di rimprovero « faresti
meglio a fare la manutenzione. Come ogni volta, inutilmente, ti raccomando di fare. Fammi vedere anche il braccio »
ordinò con un sospiro.
« Eh? »
« Cos’è? Oltre ad essere impazzito sei anche sordo? Fammi
dare un’occhiata. La tua gamba era mezza ammaccata » rispose seria l’altra,
mentre gli voltava le spalle per cercare il ferro adatto alla revisione.
Edward capì che Winry era in pensiero per quello che gli era
successo. Si sfilò velocemente la maglia e appoggiò docilmente il suo braccio
meccanico sul tavolo.
« Ogni volta che ci vediamo finisco in mutande… » grugnì,
voltando la testa di lato.
La sentì ridere, mentre prendeva gli ultimi attrezzi. Ma
all’improvviso l’atmosfera si congelò: percepì Winry trattenere il respiro e le
sue dita fresche sfiorargli il ventre, proprio sulla cicatrice riportata
nell’ultima battaglia.
Ed voltò la testa di scatto e vide la ragazza alzare lo
sguardo su di lui, gli occhi che iniziavano a diventare lucidi.
Winry si alzò di scatto e si avviò verso i fornelli: « Forse
è meglio fare prima il tè, ho la gola secca… » disse, tentando di apparire
tranquilla.
Prese una teiera dalla credenza, e iniziò a riempirla con
dell’acqua, ma la sua mano sembrava tremare.
Sentì Edward fermarsi dietro di lei e le sue dita avvolgersi
delicatamente attorno al polso, costringendola a lasciar perdere qualsiasi cosa
stesse facendo. Winry tentò di ricacciare indietro l’umido che sentiva salirle
a bagnare gli occhi. Non voleva piangere ancora di fronte a lui. Non voleva
essere così pateticamente debole. Ma vedere Edward ogni volta con una cicatrice
diversa, la spingeva inesorabilmente a ricordare l’ultima immagine dei suoi
genitori.
Riuscì a ricomporsi quel tanto che bastava da poter guardare
Ed negli occhi senza mostrare segni di lacrime. Sicuramente ora lui le avrebbe
detto di stare tranquilla, che avrebbe trovato il modo di riavere indietro il
corpo di Al, che tutto si sarebbe sistemato…
Ma in realtà quello che accadde fu ben diverso. Ed era un
ragazzo impulsivo, non ci sapeva fare troppo con i bei discorsi.
Winry sentì le dita dell’amico strette attorno al suo polso
rafforzare la presa e tirarla verso di lui senza pronunciar parola. Le labbra
di Ed andarono a posarsi delicatamente sulle sue, mentre la mano in auto-mail
le sfiorava i capelli con dolcezza.
Dopo un momento di esitazione, la ragazza capì che quel
gesto era meglio di qualsiasi parola. Chiuse gli occhi e lasciò che i sensi
percepissero la vicinanza di Ed e del suo braccio avvolto attorno alla vita con
fare delicato ma allo stesso tempo possessivo, proprio come le labbra che la
stavano baciando.
Si aggrappò alle spalle calde del ragazzo, ricambiando il
bacio e sentì il freddo dell’auto-mail sotto il palmo della mano rendere quel
momento più vivido, nonostante la confusione che le ronzava nella testa vuota.
« Ma che succede qui? »
I due ragazzi si separarono, saltando di lato come se
fossero stati morsi da una tarantola.
Davanti a loro apparve il Signor Garfiel con tanto di
camicia da notte rosa.
« Signor Garfiel! » esclamò istericamente Winry, mostrando
in faccia ogni tipo di tonalità di rosso. « Si ricorda di Edward Elric?
L’Alchimista di St-- »
« Il bel piccoletto Alchimista di Stato! Certo che mi ricordo!
» disse con aria sognante il proprietario dell’officina.
« PICCOLETTO A CHI, BRUTTO CONFETTO CON LA BARBA!!! »
Winry sgranò gli occhi e tirò una gomitata nelle costole a
Ed.
« Impetuoso come al solito, eh? » disse il Signor Garfiel
con un sorriso adorante. « Come mai sei qui? Hai bisogno di manutenzione? »
chiese con aria speranzosa e lasciva.
Edward non riuscì a rispondere, dal momento che stava ancora
tentando di respirare dopo la gomitata di poco prima.
« Beh, ecco, in realtà Edward è venuto qui a chiederle il
permesso di farmi assentare per un po’».
L’uomo la guardò con aria sorpresa e triste, degna dei
migliori melodrammi teatrali: « Di nuovo? Ma sei appena tornata mia cara! I
clienti vogliono solo te! »
« Lo so, » disse l’altra con aria altrettanto drammatica «
ma una nostra amica sta molto male, ha bisogno immediato di un auto-mail come
si deve. Vero Ed? » aggiunse, tirandogli un’altra gomitata.
Il ragazzo annuì guardando il signor Garfiel tra le lacrime.
Winry l’aveva colpito proprio dove si era fatto male durante lo scontro con
Envy. Il “Padre” l’aveva guarito, ma alcuni lividi non in superficie erano
rimasti.
« E sia… se me lo chiede con quell’aria implorante… » disse
il Signor Garfiel, fraintendendo tutto. « Beh, domattina allora vi accompagnerò
alla stazione. Ora me ne torno a dormire, tanto ho notato che voi due avete da
fare. » disse con aria maliziosa.
I due ragazzi sgranarono gli occhi e avvamparono fino a
scoppiare, ma l’altro girò sui tacchi tranquillamente e riprese a salire le
scale.
Rimasti da soli, Ed e Winry incrociarono lo sguardo, per poi
volgerlo altrove, imbarazzati.
« Devo finire la manutenzione al braccio. » disse con voce
incerta lei.
« Certo » scattò fin troppo velocemente l’altro. Andò
nuovamente a sedersi vicino al tavolo e la meccanica lo raggiunse senza
parlare.
Rimasero in quella situazione per un po’: Winry continuava a
concentrarsi – fin troppo – sull’auto-mail e Edward non faceva niente per
rompere quel silenzio, preoccupato soltanto di guardare ogni punto che non comprendesse
lei.
Alla fine quella situazione dovette sembrargli fin troppo
pesante perché fu il primo ad aprire bocca: « sai, quello che ti ho detto
l’ultima volta è vero ».
La ragazza finalmente incontrò il suo sguardo pungente e sveglio
e lo interrogò senza parlare.
« Le tue mani non sono fatte per uccidere… ma per aiutare
gli altri a vivere. Sono sicuro che donerai un braccio meraviglioso a Lan Fan
».
La vide rimanere immobile a fissarlo, mentre lui si voltava
di lato, mostrando la sua solita aria corrucciata per celare l’imbarazzo. Il
ragazzo non sapeva quale fosse stata la sua reazione. Sentì soltanto la punta
di quelle familiari dita accarezzargli la guancia con dolcezza.
Le mani della vita.
Winry prese delicatamente il suo viso tra le mani e unì le
loro labbra in un gesto che voleva donargli tutta la forza e l’amore che aveva
dentro. Edward sorrise in fondo al suo cuore e avvicinò a sé quella ragazza che
era per lui come il vento tra le ali.
Il tocco della
speranza.
Fine
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Ciao! Sono tornata, con un po’ di cinismo in meno e un po’
di melassa-caria-denti in più. Spero che questa storia non abbia stravolto i
personaggi, ma Siyah aveva ragione, dopo aver letto il n°12 non sono riuscita a
trattenermi. Come al solito perdonate qualsiasi cavolata spazio-temporale o battuta
scorretta… non avevo con me il volume 14 :)
In realtà è già da un po’ di tempo che ho in mente una ff a
capitoli assolutamente schizzata su FMA. Un universo alternativo ovviamente per
gli amanti di Ed e Win e… Roy-Riza. Il problema è che ultimamente posso
scrivere solo nei ritagli di tempo, che sono molto “ritagliati”, per cui mi sa
che prima di dicembre-gennaio, non se ne fa niente (“ecchissenefrega” direte
voi x_X’). Comunque spero di ricevere qualche recensione per questa storia. Commenti
e critiche sono la miglior medicina per chi vuol scrivere!
Volevo anche ringraziare chi ha commentato precedentemente:
Faccina buffa: grazieGazieGRAZIE
per aver commentato “Carne, Mente, Anima”! Una storia che decisamente non era
tra gli ultimi arrivi. Non pensavo di poter ricevere altri pareri. Spero che
questa non ti sia risultata troppo stucchevole. Comunque l’AU che ho in mente è
decisamente molto più ironico!
Faith e Diablo: ormai
vi rispondo a coppia ;) Come potevo ignorare un personaggio come quello di
Izumi? Adoro tutte le sue contraddizioni interne. Mi è piaciuto molto mostrare
la dualità forte-fragile che Izumi sa mostrare con così tanta femminilità e so
che Faith sta annuendo come una povera scema (EHEHEHEH!!)
Elyxyx: mi hai
tolto un peso. Sono sempre stata convinta di non essere un granché, soprattutto
nelle descrizioni. Sapere che ti sono piaciute mi ha veramente reso contenta!!
E poi non pensavo davvero che qualcuno (a parte Faith, ihihihih!) potesse
mettermi tra i suoi autori preferiti! Sono commossaaaaa! Sniff!
Mao_chan91: Mi
hai veramente gasato dicendo che sono riuscita a “dire non a parole”. Secondo
me la psicologia e gli atteggiamenti dei personaggi sono molto importanti, per
cui… grazie!! Mi auguro che la tua brama di Ed-Win sia stata soddisfatta con
questa storia (spero davvero di non aver stravolto i personaggi. Odio quando
succede!)
Siyah: Che dire?
Potrei tranquillamente dedicarti questa storia. La tua è stata quasi una
premonizione…penso proprio che il numero
12 del manga ti ispirerà anch'esso. Mai, parole furono più veritiere ;)
Grazie davvero per i complimenti, ma devo assolutamente ricambiare! Io aspetto
una long-fic su Black Cat!!! L’hai promesso, eh?!
Onda: ad una
recensione così ben articolata e ben fatta non saprei proprio come rispondere.
Vorrei soltanto ringraziarti: è stato un piacere vedere la mia storia
analizzata così bene e così a fondo. Ti ringrazio davvero e ti chiedo, se mai commenterai
altre mie storie, di non risparmiarti mai anche i pareri negativi!