Mary
/ Pomeriggio freddo e nuvoloso.
Rumore di passi nelle
pozzanghere.
In testa solo delle immagini.
Ricordi assassini.
Le macerie di un letto.
Mani grandi e smaniose.
Troppo grandi e troppo smaniose
perché lei se ne liberasse.
Madre in pianto.
Anima che sanguina.
Gioventù bruciata.
Occhiali da sole nella pioggia.
Sirene ululanti.
La cercano.
Un mostro di ferro.
Treno verso il domani.
Un quadro imperfetto.
Sullo sfondo…solo un giorno
stropicciato. /
Il marmo è freddo e solitario nel verde acido di questa
giornata scura e piovigginosa. Sto parlando della lapide di tuo padre, Mary.
Già è morto, e sai cosa ti dico? Se non gli fosse venuto un colpo l’avrei
ammazzato io quel bastardo! Perché non sei qui? Il pomeriggio è grigio e triste
proprio come il giorno in cui tu te ne sei andata. Sei scomparsa nella ferrovia
mentre la polizia metteva a soqquadro la città per ritrovarti. Stronza che non
sei altro! Perché dovevi andartene in quel modo? Se volevi sul serio scappare
bastava che me lo dicessi e sarei venuto con te! Noi siamo sempre stati
insieme, no? Siamo cresciuti insieme, siamo sempre stati amici del cuore, io ti
avrei aiutata! Se solo tu me l’avessi permesso, se solo tu…Ma del resto sarebbe
stata la cosa più giusta? Avrei dovuto seguirti, avrei dovuto curarti, avrei
dovuto sollevarti, quando tu avevi solo bisogno d’imparare a vivere da sola in
quel mondo che hai scoperto troppo in fretta? No, dovevi trovare la tua strada
da sola, Mary, e spero che tu ci sia riuscita. Certo che ce l’ hai fatta. Sei
sempre stata una ragazza forte, anche se io l’ ho imparato troppo tardi. Io non
sapevo cosa ti era successo, io speravo di continuare a trovare in te la Mary
dolce e spensierata di un tempo.
Ti ho vista crescere, ti ho vista muovere i primi passi, ti
ho vista sorridere, ti ho vista cambiare.
E insieme a te sono sempre cambiato anch’io.
Chissà se tu adesso, ovunque tu sia, ripensi a quando
tornavamo correndo a casa da scuola, a quando ci passavamo di nascosto i
compiti, a quando piangevamo l’uno sulla spalla dell’altro dopo una sgridata, a
quando ci dicevamo “Sei grande!”. Ti ricordi di quando passavamo interi
pomeriggi correndo per i campi? Io ti superavo sempre e tu ti arrabbiavi, poi
ogni volta che tentavi di raggiungermi cadevi, allora io tornavo indietro e ti
facevo il solletico. Non sopportavo di vedere il tuo viso triste o arrabbiato.
Avrei fatto di tutto per farti sorridere. E ti ricordi di quando, alle
elementari, mi hanno sospeso poiché avevo picchiato pesantemente un bambino che
ti aveva fatto piangere? Quella notte eri venuta da me, ti eri arrampicata
sulla scala che mio padre aveva lasciato lì dopo aver messo l’antenna
parabolica, ed avevamo dormito insieme. Da quel momento abbiamo passato nello
stesso letto tutte le notti, rannicchiati sotto le coperte, con solo il canto
delle cicale a farci compagnia. Noi eravamo più che amici. Il nostro era un
rapporto che andava al di sopra di tutto e di tutti. Eravamo uniti da un
cordone ombelicale. E niente avrebbe potuto separarci, almeno era quello che
credevo io.
Ho visto il tuo corpo diventare quello di una donna, i tuoi
capelli assumere quelle strane sfumature tanto chiare da sembrare luce ma
troppo scure per dirsi bionde, le tue labbra sottili diventare turgide, la tua
voce abbassarsi. Adorava sentirle pronunciare il mio nome lentamente “Kazushi…”
con quel tono indefinibile. Dolce, innocente, lieve, curioso…Non saprei. La
verità è che non è possibile definirti in qualche modo. Io ti ho sempre voluto
bene per quella che eri. Buona o cattiva non m’importava. Mi bastava che fossi
con me, tu eri il mio sostegno morale.
Quando pensavo che non sarei mai riuscito a battere Mitsui tu mi spronavi, mi
abbracciavi, mi dicevi “Tu per me sarei sempre il migliore”. In realtà non è
che mi importasse veramente tanto battere Mitsui, volevo solo che tu fossi
fiera. Volevo che mi guardassi andare a canestro, volevo che mi corressi in
contro e mi dicessi sempre che per te ero l’unico. Già, te ne sei andata prima
che te lo dicessi. Tu sei sempre stata tutto per me.
Che strane le incomprensioni, vero?
Siamo diventati adulti insieme, abbiamo raggiunto i nostri
scopi sempre insieme. Io sono riuscito ad entrare nello Shoyo, mi sono
guadagnato l’assoluta stima di Fujima, sono riuscito a dare a tutti
l’impressione ideale di me : calmo, flemmatico, passivo…Solo a te ho sempre
mostrato la mia vera essenza. Come può esistere qualcosa di più importante per
me? Quando restavo delle notti intere ad allenarmi con me c’eri tu, quando ero
nervoso prima di una partita c’ eri tu, quando mi sentivo male c’eri tu, ma ora
mi resta solo una foto sbiadita. Due bambini giocano in riva alla spiaggia.
Mary sorride, il cappellino le nasconde gli occhi, ma ora non c’è più. Non ho
foto di te da grande, del resto non hai mai amato le foto. Cosa dicevi? Ah si,
che ti rubano l’anima. Comunque anche se ti avessi fotografata, dopo non avrei
rivisto Mary, ma solo un clone fatto male. Hai smesso presto di essere te
stessa, ma io non ho mai capito perché. Tu eri tutto per me, eppure non
riuscivo a capirti. Nonostante volessi aiutarti in tutti i modi, non potevo
fare niente.
È successo tutto da un giorno all’altro, in fretta, troppo
in fretta. Vidi i tuoi occhi come non li avevo mai visti prima, vuoti e vitrei,
dentro di loro solo qualcosa che non capivo…Il tuo volto improvvisamente si
fece pallido e smunto, le tue labbra inaridirono, e i lividi comparirono. Io li
associavo sempre e solo allo skating, lo sport che adoravi , io non potevo
immaginare…Da quel giorno hai cominciato a cambiare, non hai più sorriso, non hai
più vissuto, ma hai cominciato a farti del male. Non capivo cosa potesse essere
successo in un paio d’ore per cambiarti tanto e soprattutto perché quei segni
sui tuoi polsi? La notte piangevo e mi
chiedevo perché volessi lasciarmi, perché non potevo aiutarti. Non mi hai mai
detto niente, non hai mai fatto niente, non mi cercavi nemmeno più. Sembrava
non volessi più avere a che fare con me, sembrava che volessi solo stare da
sola a piangere. Tu ti sei sempre confessata con me, perché improvvisamente volevi
rinchiuderti in te stessa? Perché non me l’ hai detto subito?
Già, che dico…come
potevi parlare di una cosa del genere?
Che stupido!
Però, io ti avrei aiutata, in un modo o nell’altro ci avrei
provato. Avrei capito che eri solo tu
che potevi fare qualcosa per te, però ci avrei provato. Ho scoperto troppo
tardi che era stato chi ti aveva messo al mondo a rovinarti. Ho imparato troppo
tardi che tuo padre aveva messo le sue mani sporche su di te. Aveva toccato con
violenza le tue labbra ancora intoccate, aveva posseduto il tuo corpo troppo
debole per potersi difendere. Avrei voluto gridare di rabbia, ma riuscii solo a
pensare a quanto ti amavo, a quanto avrei voluto essere con te, a quanto avrei
voluto abbandonare questo mondo schifoso con te.
Hai paura Mary? Ti
senti sola? Perché?! Io ti avrei riscaldata, io ti avrei dato l’amore vero che
non avevi ricevuto. Chissà cos’ hai provato nel vedere tua madre ferma sulla
porta mentre tuo padre ti stuprava senza pietà. Io non posso saperlo, ma per
alleviare le tue sofferenze avrei voluto provare tutto quello su di me.
/ Respiro pesante.
Pioggia torrenziale.
Zaino vuoto.
Un portico clandestino.
Occhi carichi di dolore.
Ho paura.
Due parole.
Mi manchi.
Solo un sussurro.
Kazushi…/
Forse un giorno riuscirò a dimenticare le sirene urlanti
nella notte, forse mi toglierò dalla mente i tuoi occhi, gli occhi di una donna
divenuta donna troppo presto. Troppo. E le tue gote… se solo avessi saputo che
erano imporporate di vergogna avrei cercato di riscaldarle col mio amore. Non
me la sento nemmeno di dire che mi dispiace per quello che è successo, tanto a
che servirebbero le solite frasi di circostanza? Hai ancora paura Mary? Anche
ora che sono passati cinque anni? Dove sei stata tutto questo tempo? Hai
cambiato la tua vita? Hai conosciute nuove persone? Mi hai dimenticato? Hai
finalmente trovato il vero amore?
Tornerai Mary?
Ora lui è morto, non hai più niente da temere, non hai più
niente per cui piangere, non hai più niente che ti leghi a quel passato
scomodo. Io ti amo Mary. Io ti amo. Se vuoi tornare fallo, io ti accoglierò a
braccia aperte. Manchi a tutti in questo buco di paese. Ma soprattutto manchi a
me. Se invece sei arrabbiata con me perché non ho potuto aiutarti, beh…
Sai cosa mi sono ricordato?
Di quando giocavamo a nascondino al buio fra i garage. Ti
ricordi di quanto tempo impiegavamo per trovarci? Poi quando ti scoprivo
nascosta fra le macchine, col viso coperto dalle maniche lunghe del maglione
sentivo che tu saresti sempre stata con me, che non ci saremmo mai lasciati.
Mi ami Mary?
Tornerai.
So che tornerai.
/ Le sirene ululano nella notte.
I fari illuminano ogni angolo.
Una nascondiglio dove nessuno l’
avrebbe mai trovata.
Una prigione dalla quale non
sarebbe fuggita.
La ragazza fissa la sua immagine
nel piccolo specchio, ma sa che questa volta non gioca.
No, lei non gioca.
Questa volta, lei non gioca più.
/
Owari
Nota dell’autrice: Come qualcuno avrà già intuito questa ff
è stata ispirata dalla bellissima canzone dei Gemelli Diversi “Mary”. L’ ho
scoperta per caso, navigando in internet e me ne sono subito innamorata.
Consiglio a tutti di ascoltarla, poiché è bellissima. Vi starete chiedendo
perché ho scelto come protagonista Kazushi Hasegawa immagino. So che non è
molto conosciuto, e neanche molto rilevante, ma ho sempre pensato che dietro al
suo volto impassibile si nascondesse qualcosa di tragico ed ecco qua! Se volete
esprimermi il vostro parere (ve ne sarei grata) per favore scrivete al mio
indirizzo, così potremo chiacchierarne un po’ e magari fare amicizia. Spero che
vi sia piaciuta, ma sappiate che non lascerò i due soli soletti…eh, eh…ci sarà
un seguito prestissimo!! Molto prestissimo…
Ci si vede.
Arigatou gozomashita.