Premetto che
è la prima volta che scrivo una FF, quindi sarete liberi di
vomitare, sbiancare, arretrare, spaventarvi e tutto ciò che
volete, ma siate buoni nel lasciarmi le recensioni (sempre se a qualche
anima buona vanga la brillante idea di farlo xD). In caso proverete
questi sintomi vi autorizzo a prendervela con Noemi (StellaPolare) che
mi ha convinta a scrivere nonostante io sia incapace -.-' xD Il primo
capitolo è piuttosto breve perchè è
una presentazione della protagonista...
Naturalmente i Tokio
Hotel non sono di mia proprietà (-.-'), non ho nessuno scopo
di lucro e ho inventato tutto io...Purtroppo T_T
Spero vi
piaccia...Tscüss!
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Era tutto
buio…Eppure erano solo le 10 di un mattino autunnale
piuttosto tempestoso. Una ragazza correva nonostante la pioggia
incessante che si abbatteva su di lei…Sotto il cappuccio di
una felpa troppo grande, si intravedevano degli occhi grandi e delle
belle labbra da cui proveniva uno scintillio, che le era costato una
continua lotta contro i suoi genitori…una
banalità per assomigliare un po’ a Lui, sperando
di sentirsi un po’ più vicina al suo sogno.
Inutile. Banale. Ma non era pentita, anzi; continuava a sperare, per
quanto gli altri potessero considerarla infantile e stupida, che un
giorno potesse ottenere quello per cui lottava da anni ormai. Proprio
quello che le fece scendere una lacrima sul viso pallido. Una lacrima
nera, per la rabbia o forse per il troppo trucco. La ragazza si
fermò un attimo ed estrasse dalla tasca un iPod. Le sue
lunghe dita decorate da unghie nere con tanto di french, si fermarono
sulla celebre Monsoon. “Running through the monsoon, beyond
the world to the end of time…”.
Sembrava fatta per lei, quella canzone. Come le altre
d’altronde…Proprio per questo li amava
così tanto, perché sembravano conoscere tutto di
lei. Ma era solo un’impressione, dato che non si
sarebbero mai accorta di una persona simile, timida e introversa, dalle
mille preoccupazioni…Era proprio per questo che si sentiva
abbandonata. Non solo non aveva Loro, ma la persona più
importante per lei era distante chilometri e chilometri. L’
unica. Ma non per sua scelta…Vanessa è una
ragazza simpatica, alla mano…ma riesce ad esserlo solamente
con le persone che la capiscono a fondo. Non quelle che ti escludono a
priori per il tuo aspetto, per i tuoi gusti musicali o
perché non ti vesti alla moda. Era proprio stanca di gente
del genere; e più le detestava, più se ne
ritrovava intorno. Per fortuna c’era lei…Ginevra.
La sua migliore amica…Si era dovuta trasferire da Milano
all’eta di 8 anni, ma nonostante tutto l’amicizia
tra lei e Vanessa aveva resistito e si era rafforzata più
che mai. Erano cresciute insieme e anche se vivevano in contesti
sociali diversi, avevano sviluppato insieme la loro
personalità; raccontandosi tutto, affrontando insieme le
paure, confidandosi le speranze e i pensieri più
nascosti…condividendo passioni. E tra queste, più
di ogni altra, i Tokio Hotel. Quel gruppo che seguivano da due anni in
silenzio; quello che le faceva correre nel negozio di dischi
dall’altra parte della città appena usciva un
nuovo cd, quello che le spingeva a precipitarsi in edicola appena
veniva pubblicato uno speciale, o a non dormire la notte per vedere 4
minuti di video che passavano alla tv. Ma la cosa che più le
legava era la loro capacità di sognare. Di passare ore ed
ore al telefono pensando ai “Gemelli Kaulitz” e
sperando che i loro desideri si realizzassero. In effetti, quelli di
Ginevra si sarebbero avverati…Sarebbe andata al Loro
concerto, l’indomani. A Milano. Unica data italiana del tour.
E lei, Vanessa, sarebbe rimasta a casa, a guardare il suo sogno
attraverso uno schermo. Che schifo. Bill, Georg, Gustav erano a qualche
chilometro da casa sua. E lei non poteva vederli. Non poteva vedere
Lui. Tom. Il chitarrista
più bravo del mondo. Il più sexy. Il
più…Il più…Basta. Non
c’erano aggettivi per descriverlo. Non sarebbero bastati
tutti i superlativi di questo mondo.
Dopo una corsa
estenuante entrò nel parco e si sedette ai piedi del suo
albero preferito, il luogo in cui si rifugiava sempre quando era triste
e si sentiva sola. SEMPRE.
Perché lì riusciva a ritrovare la forza che aveva
perso, poteva rilassarsi e ritrovare perlomeno un po’ di
tranquillità. Ma non in questo caso. Qui aveva bisogno di
una cosa sola e ormai non poteva averla. E dentro di se
l’odio contro tutti cresceva…era consapevole di
vivere in una società di merda, dominata
dall’egoismo e la superficialità. Sentimenti
contro i quali aveva lottato da sempre, inizialmente piangendo in
classe, poi rispondendo a tono e pian piano imparando e
ignorarli…ma non a conviverci. Soprattutto quando persone
simili sono proprio i tuoi genitori. Se così si possono
definire… era stata adottata a 4 anni, dalla Germania. I
suoi veri genitori erano morti in un incidente aereo, e lei era rimasta
sola. Troppe esperienze l’avevano fatta crescere e l'avevano resa troppo
matura e responsabile. Ma il troppo non è mai buono,
soprattutto per una ragazza di sedici anni. La paura di scappare via si
era impossessata di lei tantissime volte, ma aveva preferito tacere e
continuare il conto alla rovescia fino ai suoi 18 anni, alla sua parte
di libertà. Giunti a questo punto, però, non ne
poteva davvero più; le avevano negato la cosa che aveva
più a cuore e quando aveva trovato la forza di ribellarsi,
ormai era troppo tardi. Biglietti finiti in appena due giorni.
Si era fatto
tardi, si alzò e si incamminò verso casa, con un
vuoto ed una rabbia dentro indescrivibili.
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