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L'Unico Punto Debole
E' lei il mio unico punto
debole.
Tony sospirò sistemandosi la tracolla del borsone sulla
spalla.
Un trolley sarebbe stato più comodo, ma odiava il suono
delle
rotelle sull'asfalto. Si appoggiò un'ultima volto contro la
sua
vecchia Volkswagen Golf, prima di avanzare lungo il vialetto di casa
sua. Bussò alla porta di quella che per molto tempo aveva
chiamato casa, ma che ora gli sembrava solo un posto estraneo.
Quando la porta si aprì davanti a lui, trovò che
sua
madre era esattamente come era l'ultima volta che l'aveva vista. Troppo
finta bionda, troppo truccata, con un sigaretta in mano e
l'aria triste
sul viso.
"Tony!"
Il diretto interessato non mosse un muscolo del viso, limitandosi ad un
saluto. "Ciao, mamma."
Anthea si fece da parte, facendo entrare il figlio. "Non mi aspettavo
che tornassi."
Sua madre non aveva mai capito. Non avrebbe mai capito.
"Il ragazzo di mia sorella è stato ucciso e il suo ex ha
picchiato con una mazza l'assassino, che guarda caso era anche lo
psichiatra di Effy. In più ha già provato a
tagliarsi le
vene mentre io non c'ero perchè stava troppo male per andare
avanti. E' ovvio
che io sia tornato."
E' lei il mio unico punto debole.
Posò il bagaglio a terra, occhieggiando al piano superiore.
"E' nella mia vecchia camera, giusto?"
"Sì," rispose, aggiungendo dopo qualche secondo, "Il
funerale è domani alle dieci."
"Lo so," replicò secco.
"Tu sapevi sempre dove trovarla, quando da piccola giocava a
nascondino. Io non ci riuscivo mai," disse Anthea.
Tony sentì un'ondata di pietà verso sua madre.
Sapeva che
lei avrebbe voluto essere davvero vicina ai suoi figli, ma non c'era
mai riuscita. In parte anche per colpa loro, riconobbe Tony,
senza sentire nemmeno un minuscolo senso di colpa. Fin da piccoli lui
ed Effy si erano chiusi in un mondo tutto loro ed era sempre stato
così, sarebbe sempre stato così. Si
sforzò di fare
a sua madre un sorriso, uno di quelli in cui gli altri cadevano sempre,
credendo che fosse un sorriso vero. Anthea rispose al sorriso e fece
cenno al figlio di salire le scale, sentendosi lievemente
più
serena.
Entrò nella sua ex-camera da letto senza nemmeno bussare,
trovando Effy addormentata, le finestre della bovindo tirate ad
oscurare il sole. Si sfilò le scarpe e si tolse i vestiti,
restando in boxer e maglietta. Si infilò nel letto e
abbracciò Effy da dietro, posandole un bacio leggero sulla
nuca.
Sua sorella reagì un leggero mugolio, ma non si
svegliò, probabilmente troppo sopraffatta dagli avvenimenti
per
sfuggire al sonno. Povera
Effs. Mai avuto fortuna con gli uomini.
Continuò a tenere stretta sua sorella, come quando era
piccola e Effy andava a dormire con lui perchè le facevano
paura i temporali. Allora lui le accarezzava i capelli, cercando di
calmarla dai tremori causati dai tuoni e dai lampi. Era davvero tutto
molto innocente, all'epoca. Erano piccoli, erano solo bambini.
Come quando Tony si prestava ai giochi di sua sorella, davvero senza
alcuna ombra morbosa dietro. Effy si presentava da lui con una
coroncina di plastica e una gonna della madre come vestito e gli
chiedeva di giocare a principe
e principessa. E lui semplicemente non poteva dirle di no.
In parte perchè lei aveva solo cinque anni, in parte
perchè l'unico desiderio di Tony era di amarla e di farla
felice. Aveva provato a suggerirle di giocare con Pandora a principe e principessa, ma
Effy lo guardava con il visetto tutto serio e gli rispondeva
semplicemente "Pandora
è una femmina, non può essere il principe". Poi gli
sorrideva e gli porgeva un mantello di un vecchio costume di carnevale.
E Tony giocava.
E' lei il
mio unico punto debole.
Anthea era
salita al piano di sopra circa un'ora più tardi, preoccupata
dalla totale assenza di rumori, e li aveva trovati addormentati nello
stesso letto, stretti uno contro l'altro, i visi molto più
sereni di quando erano svegli.
C'era qualcosa nello sguardo dei suoi figli che le era sempre sfuggito,
come una luce che veniva coperta da una tenda appena la si scorgeva. E
sapeva, cielo, Anthea lo sapeva benissimo, che le uniche persone che
capissero i suoi figli erano loro stessi.
Effy e Tony avevano entrambi la capacità di far fare
qualunque cosa a chiunque, si rigiravano le persone tra le dita,
cercando sempre di accontentare loro stessi a discapito degli altri.
Era un atteggiamento che avevano con tutti, persino con lei, riconobbe,
tranne che tra loro due. Anzi, tra loro si proteggevano, si
ascoltavano, si capivano. Se non fosse stata la loro madre e li avesse
incrociati per strada, li avrebbe scambiati per una coppia.
Tony si svegliò con la qualcosa caldo e tiepido
contro il suo torso e la bizzarra sensazione di vibrazioni che gli
entravano nel petto. Aprì gli occhi e trovò Effy
con la testa posata su di lui, un braccio intorno alla vita del
fratello. Le vibrazioni erano la sua voce che cantava piano contro la
sua pancia. Rimase in silenzio alcuni istanti, riconoscendo la canzone
che lui stesso le cantava per farla addormentare dopo un incubo. "Te la
ricordi ancora?" le chiese. Effy alzò la testa e
incrociò il suo sguardo, rivolgendogli un pallido sorriso.
"Come ti senti?"
"Bene, credo."
"Elizabeth," la rimproverò.
"E va bene. Mi sento una merda, contento?"
"No, certo che no, ma non devi nasconderti dietro te stessa. Mi sembra
che avessimo già chiarito questo punto."
Effy lo tenne ancora più stretto, nascondendo il viso contro
il suo stomaco. Tony le abbracciò le spalle, rispondendo a
quella muta richiesta di conforto.
E' lei il mio unico punto
debole.
Le lacrime di Effy, calde e silenziose, iniziarono a
bagnare la maglietta di Tony. Pianse a lungo, fino ad addormentarsi di
nuovo, coccolata dalle carezze del fratello tra i suoi capelli.
Tony rimase a lungo a contemplare il soffitto. Non avrebbe mai dovuto
lasciarla, mai. Perchè era evidente che se lui riusciva a
vivere in maniera abbastanza decente senza di lei, Effy andava in
pezzi. Non erano due facce della stessa moneta. Erano entrambi una
faccia sola.
Allungò un braccio, afferrando un lembo della coperta e
tirandola verso di lui, facendo in modo che Effy fosse bene al caldo.
Tony aprì gli occhi un paio di ore dopo, scosso piano da sua
madre per la spalla.
"Tesoro, vuoi mangiare qualcosa?"
Tony guardò sua sorella, trovandola ancora addormentata,
raggomitolata in posizione fetale. Fece un cenno d'assenso a sua madre
e si portò un dito alle labbra, facendo capire ad Anthea di
non fare rumore per non svegliare Effy. Scesero in silenzio fino in
cucina e Tony si sedette al tavolo, lasciando che sua madre gli
mettesse davanti la cena. "Tu non mangi?" le chiese.
Anthea scosse la testa, "Ho già mangiato. Ho preparato
della zuppa al pomodoro, la preferita di Effy. Dopo gliene vuoi portare
un po'?"
"Come vuoi."
Sua madre sospirò scuotendo la testa, restando
però in silenzio per alcuni minuti. "Con te ha parlato?" gli
chiese. Vedendo lo sguardo perplesso di suo figlio aggiunse, "Ha smesso
di nuovo di parlare, come prima. Allora tu eri l'unica persona con cui
parlasse. Ho pensato che..."
"Mi ha parlato," la interruppe Tony. "Sta male, ma si
rimetterà."
Il viso di Anthea si rilassò visibilmente. "Bene,
l'importante è che parli con qualcuno. Adesso
mangia, poi porta la zuppa a tua sorella."
Si affrettò a finire la sua cena, poi preparò il
vassoio da portare di sopra. Si sarebbe preso cura di Effy
finché non si fosse ristabilita del tutto, poi se fosse
servito, o anche se non fosse stato necessario, avrebbe cambiato
college o avrebbe fatto iscrivere lei al suo. Non aveva
ancora deciso.
E' lei il mio unico punto
debole.
Prima di salire di sopra guardò di nuovo sua madre,
trovandola tremendamente triste. Le voleva bene, anche se in un
modo contorto che includeva bugie e manipolazione, e non la
voleva vedere distrutta. "Starà bene, mamma. Alla fine si
aggiusterà tutto. Lo prometto."
Anthea sorrise riconoscente. "So che che ce la farai." Tony aveva
già salito i primi due scalini quando sua madre lo
richiamò. "Tony?"
"Sì?"
"Ti voglio bene."
"Anche io." E nonostante la faccia di Tony non fosse particolarmente
affettuosa, lo intendeva davvero.
Posò il vassoio sul letto e svegliò dolcemente
Effy, sistemandole i cuscini per farla stare seduta più
comoda. Le sorrise, scansandole i capelli dal viso, e sua sorella
ricambiò, sollevando appena gli angoli della bocca.
Effy si lasciò imboccare, docile, lasciando che fosse Tony a
prendersi cura di lei, finché non si sentì sazia
e fermò la mano di Tony con la sua. "Basta così."
"Come va?"
"Un pochino meglio. Credo."
Tony si accomodò meglio sul letto, in modo che Effy potesse
posargli la testa sulla spalla. Intrecciò una mano tra le
lunghezze dei suoi capelli e lei gli si abbandonò contro,
circondandogli la vita con un braccio. "Mi dispiace tanto, Effs."
"E' colpa mia," mormorò Effy.
"No. Non è colpa tua."
"Sì invece se io non avessi incominciato a uscire con Cook,
poi con Freddie...se fossi stata onesta con me stessa, se fossi stata
sincera, io non avrei mai tentato di uccidermi. Non sarei mai andata da
quell'uomo e ora Freddie sarebbe vivo e Cook non dovrebbe subire un
processo. E' colpa mia."
Tony la guardò stupefatto. "Lo pensi sul serio?"
"Sì. E' colpa mia. Non sono una bella persona."
La costrinse ad alzare la testa e a guardarlo negli occhi.
Continuò a tenere una mano intorno alla sua guancia,
accarezzandole piano lo zigomo. "Tu sei una persona meravigliosa."
Effy si strofinò contro la sua mano, "Lo dici solo
perchè sei mio fratello."
E' lei il mio unico punto
debole.
"A volte vorrei non esserlo."
"Lo vorrei anche io," replicò Effy. "A volte fantastico di
vivere in un mondo dove noi due non siamo fratelli. Sto cominciando a
diventare troppo grande per fare finta che le cose non stiano come stanno in realtà."
Tony sospirò sfiorandole i capelli con il respiro, "E' per
questo che me ne sono andato, per permetterti di vivere la tua vita."
"Io non la so vivere la mia vita, se non ci sei tu."
Si sfiorarono per un attimo con le labbra, prima che Effy ritornasse
con la testa nell'incavo del suo collo.
"Non avrei dovuto lasciarti. E' mia la colpa di tutto questo casino. Ma
giuro che non ti lascerò di nuovo da sola,"
mormorò Tony contro i suoi capelli. "pensavo che
allontanandomi da te ti avrei lasciata libera, invece ho incasinato
tutto ancora di
più."
"Non è colpa tua, Tony."
"Invece sì. Sono più vecchio, non avrei mai
dovuto trascinarti in basso con me."
Effy gli si strinse ancora di più addosso, avvertendo un
brivido lungo la schiena. "Mi stai dicendo che ti penti di noi due?"
E' lei il mio unico punto
debole.
"No, Effs, no. Sei la cosa più bella della mia vita."
Sua sorella sorrise, rassicurata. Rimasero in silenzio per un po',
mentre Tony osservava Effy. Non gli era mai sembrata così
piccola e fragile, così ad un passo dall'andare
definitamente in pezzi. "Devi ricominciare a parlare con le persone,
Effs."
"No, non devo."
"Sì invece. Non puoi pensare che se non parli starai meglio.
Sei intelligente, lo sai che questo non ti aiuterà affatto.
Devi affrontare quello che è successo, quello che senti. Non
parlare, non confrontarti con gli altri, non ti farà stare
meglio."
Le lacrime ricominciarono a rotolare sulle guance di Effy, in totale
silenzio. Era come se avesse una riserva infinita di dolore. "Domani,
al funerale, dovrò affrontare Karen e il signor
McClair...come gli spiego che Freddie è morto per colpa mia?
Io volevo bene a Freddie, gliene volevo davvero."
"Non è colpa tua. Non. E'. Colpa. Tua. Mi hai capito? E' la
vita che è un totale casino."
"Io...io..." balbettò Effy.
Tony prese il viso di sua sorella tra le mani, affogando lo sguardo
nelle sue lacrime. Dio, Effy era bellissima anche quando piangeva. "Io
ti resterò accanto in ogni momento. Se avrai bisogno di me,
io sarò lì per sorreggerti." Continuò
a tenerla stretta finché non si addormentò
sfinita per le lacrime. Probabilmente il loro rapporto era sbagliato, sicuramente era
sbagliato, ma fino al punto in cui loro due stavano insieme Effy era
stata abbastanza bene. Non era mai stata una ragazza semplice, ma
almeno non era mai arrivata a quel punto. E qualunque cosa fosse stata
necessaria per salvarla, lui l'avrebbe fatta.
E' lei il mio unico punto
debole.
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