Liquido
Il liquido bollente scendeva in gola,
infiammando la lingua.
Scuro come la notte, come il vestito della donna lì accanto
che leggeva senza sosta il dossier del caso che aveva accettato e ora
doveva
risolvere.
“Gattina, non stancarti troppo. Per
oggi hai fatto
abbastanza.”
Mia alzò lo sguardo su di lui e affilò appena le
unghie. Era
nervosa, Diego Armando la capiva benissimo. E la trovava adorabile
quando
faceva così.
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Godot ora non
era più nello stesso studio di una volta e, in
veste di procuratore, controllava la lista di prove in possesso della
Polizia.
Sorseggiava una tazza di caffè.
Aveva sempre amato il caffè, ma mai quanto aveva amato Mia.
Avrebbe voluto assaggiare il suo liquido,
la sua pelle, toccare i suoi capelli.
Ma prima che potesse farlo era caduto vittima del veleno che
lo aveva separato per sempre da lei.
Mentre fissava la sostanza quasi nera della tazza n. 107…
rivide l’immagine della donna amata, ma morta. E lui, che non
poteva vedere il
rosso del sangue nemmeno dentro la sua testa, fece del liquido che
scorreva dal
petto di lei del buon caffè.
Bevette in
fretta l’ultimo sorso. Aveva il sapore di
un’amara nostalgia.
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