finalm
Finalmente
con speranza
La
camera devastata di Jace era un perfetto esempio della battaglia
appena conclusa: dove aveva sempre regnato un ordine ossessivo e
quasi maniacale, ora c'era solo un enorme caos da sistemare. L'intero
Istituto portava i segni della guerra contro Sebastian ed i suoi
alleati: metà dell'edificio era stato distrutto, costringendo i
Lightwood a cercare momentaneamente un'altra sistemazione.
Suo
fratello era immobile in mezzo alle macerie con uno sguardo di muta
disperazione.
-Tutto
a posto?- gli chiese Alec, avvicinandosi e posandogli una mano sulla
spalla. Tutti stavano soffrendo, ciascuno a suo modo, ciascuno per un
motivo diverso: una casa perduta, un fratello scomparso, un amore
finito...
-Sì...
sì, certo. Stavo solo prendendo alcune cose prima di andare da
Clary.
-Ricordati
che sarai sotto lo stesso tetto di Jocelyn- continuò con l'ombra
di
un sorriso.
-Ogni
donna pagherebbe qualsiasi cifra per avere questo onore.
Il
suo parabatai scosse la testa, abituato allo smisurato ego
dell'amico. La sua attenzione venne però catturata da qualcosa
abbandonato sul pavimento, coperto di calcinacci. Era un libro, uno
dei tanti che Jace teneva sul comodino.
Guidato
da una volontà sconosciuta, Alec si mosse in quella direzione e
lo
raccolse, pulendo con la manica la copertina di pelle; il titolo
emerse dalla polvere a lettere dorate: “Storia
di due città”.
Aveva
un aspetto antico e quando lo Shadowhunter lo aprì,
scoprì una
lunga dedica che il tempo aveva reso illeggibile, ma la firma era
chiara e limpida ai suoi occhi: “Finalmente
con speranza, William Herondale”.
-Non
sapevo ti piacesse Dickens.
Il
compagno sbatté le palpebre, emergendo quasi da un sogno che,
per un
attimo, lo aveva trasportato lontano da lì.
-Posso
prenderlo?- Lo domandò istintivamente, lasciando del tutto
spiazzato
Jace.
-Certo...
ma se vuoi riconquistare Magnus, non è la lettura adatta.
-Non
c'è nulla da riconquistare- rispose, mordendosi un labbro prima
di
abbandonare la stanza.
Bastava
fare il suo nome perché lo travolgesse un intenso dolore al
petto,
accompagnato dal ricordo di quella notte in cui aveva perso tutto
ciò
che avesse un senso. La guerra, gli amici, il conto dei danni e delle
perdite... era questo che lo teneva ancorato ad una sorta di
normalità.
Una
normalità che poteva crollare più facilmente di un
castello di
carte.
Quando
varcò il cancello della Città Silente, Alec non aveva
ancora idea
di cose stesse realmente cercando.
Risposte?
No,
nel suo caso non servivano a niente.
Verità?
No,
perché la verità aveva troppe sfaccettature, non era una
sola
valida per tutti.
Cosa
ti porta qui, giovane Shadowhunter?
La
voce irruppe nei suoi pensieri precedendo la comparsa di due Fratelli
Silenti avvolti nelle loro tuniche color pergamena.
L'ingresso
ti è precluso se non sei stato convocato da noi. Serviamo il
Conclave, non i Nephilim.
-Sono
qui per parlare con Fratello Zaccaria- affermò, stringendo al
petto
il libro. -Non è una questione che riguarda il Conclave.
Un
lungo silenzio seguì le sue parole, poi rimase solo con uno
degli
uomini
Alexander
Gideon Lightwood, cosa desideri da me?
Quel
tono, anche se privo di suono, anche se arrivava dalla sua mente e
non dalle sue orecchie, era inconfondibile.
-Fratello
Zaccaria. Io... immagino che questo sia tuo- disse, porgendogli il
romanzo ancora caldo per il contatto con il suo corpo. -O sbaglio...
William?
L'uomo
di fronte a lui non si mosse né parlò, eppure il
Cacciatore intuì
in qualche modo che stava sorridendo tra le ombre del cappuccio, come
se la situazione lo divertisse. Fratello Zaccaria allungò una
mano,
prendendo il libro e sfiorando la copertina quasi con affetto.
“Storia
di due città” di Dickens. Lo lessi molto tempo fa, prima
di
entrare nella Confraternita.
-Quindi...
sei davvero William Herondale- mormorò incredulo. Era lì,
il
fantasma che aveva gettato in un abisso la sua storia con Magnus. Era
lì, in carne ed ossa.
Porti
il nome di Gideon Lightwood, ma somigli più a suo fratello
Gabriel.
Anche lui faceva sempre le domande sbagliate sugli argomenti più
futili rispose,
e la sua voce assunse una nota critica. Ha
davvero importanza sapere chi sono stato?
-Se
lo fossi, potrei chiederti delle cose che...
Cose
su Magnus Bane? Sul suo passato?
-Sì...
anzi, no. Non è per questo che sono qui. Vorrei solo capire
perché
non ne ha mai voluto parlare con me.
L'eternità
è lunga ed infinita, Alec Lightwood. E i ricordi, belli o brutti
che
siano, sono sempre dolorosi per un immortale.
-Dolorosi?
Alec
non capiva: i bei ricordi non potevano essere dolorosi, altrimenti
non sarebbero stati belli.
Appartengono
a un tempo che non tornerà, sono momenti che non si ripeteranno
mai
più. I ricordi sono un'arma a doppio taglio, giovane Nephilim.
Te ne
accorgerai invecchiando.
Il
ragazzo annuì, comprendendo: in effetti, rammentare i giorni
più
felici della sua relazione con lo stregone gli stringeva lo stomaco
in una morsa e lo svuotava di ogni energia. Non ci aveva mai
riflettuto, ma Fratello Zaccaria aveva ragione: la capacità di
ricordare era una sorta di sadico scherzo che il Creatore aveva fatto
loro.
Un
modo in più per farsi male da soli.
-Ho
commesso un grave errore. Ho avuto la presunzione di voler decidere
la fine della sua immortalità. Di essere l'ultimo che avrebbe
amato.
Quando
si ama veramente qualcuno, si desidera sempre essere l'ultimo. O
l'unico. Non stai parlando di cose a me sconosciute: tutti
commettiamo degli sbagli quando siamo innamorati.
-Ma
non era giusto che fossi io a decretarlo senza nemmeno parlarne con
lui. Sono stato uno stupido. E l'ho perso per sempre.
Niente
è perduto per sempre.
-Io
non ho un sempre. Ho rifiutato d'essere immortale, eppure ho
riflettuto sulla proposta di Camille. Ed ora non so neppure
perché
sono venuto in cerca di un fantasma... Non ho bisogno dei consigli di
nessuno, ormai.
Non
ne hai mai avuto bisogno, in verità.
-Sì,
ora me ne rendo conto.
Allora
puoi lasciare questo luogo e seguire il tuo cuore
concluse, restituendogli il libro e indugiando un istante sulla
copertina con un gesto strano. Finalmente
con speranza.
Alec
riconobbe quelle tre parole, le stesse scritte nella dedica vergata
da William nella sua grafia elegante di un altro secolo. Fece per
ribattere, ma Fratello Zaccaria stava già rientrando nella
Città
Silente e allora scosse il capo, abbandonando quel pensiero.
Dopotutto,
non aveva davvero importanza scoprire se fosse William Herondale o
meno. Non sarebbe cambiato nulla.
Avrebbe
anche potuto incontrare tutti gli amanti di Magnus e le persone che
gli erano state care, ma non avrebbe otenuto altro che parole. Ora lo
aveva capito.
Non
erano le storie di altri, il loro passato, ciò che bramava.
Lui
voleva la sua storia, il suo presente, qualsiasi fosse la fine:
voleva dire a Magnus la verità, riuscire a spiegargli tutto
senza
balbettare incapace di mettere insieme due parole. Voleva una
possibilità anche se forse non la meritava.
E
sperava che Raziel gliela concedesse.
La
chiave girò senza sforzo, sorprendendolo: credeva che nel
frattempo
Magnus avesse cambiato la serratura. Forse si fidava ed era convinto
non avesse un'altra copia.
Forse
lo sapeva e lo stava aspettando.
Tra
le due, Alec si affidò alla seconda, aprendo la porta pronto a
tutto. L'appartamento era uguale a quando l'aveva lasciato, dettaglio
insolito dato che lo stregone lo variava almeno una volta alla
settimana.
Il
Nephilim avanzò verso il salotto e posò le chiavi sul
tavolino in
un gesto abitudinario, scoprendo che c'era già un mazzo di
chiavi
abbandonato sulla superficie rossa: erano le sue, quelle che aveva
lasciato il pomeriggio in cui se n'era andato. Erano ancora lì,
coperte da un velo di polvere. Tutto era stato abbandonato alla
polvere.
Un
senso di panico gli tolse il respiro: era accaduto qualcosa a Magnus?
Era stato ferito? Era disperso? Era...
No,
non voleva nemmeno pensarci: il figlio di Lilith non era un eroe,
glielo aveva ripetuto più volte. Probabilmente non aveva neppure
partecipato alla guerra, limitandosi a guardarla da lontano,
accarezzando pigramente il suo gatto.
Alec
doveva solo sedersi e aspettare: la battaglia era finita e nella casa
c'erano ancora tutti gli oggetti dello stregone.
I
libri di magia, la tabacchiera di Scott, quel vecchio baule che non
veniva mai aperto ma che era una sorta di oggetto sacro: sarebbe
tornato a riprenderseli, ne era sicuro.
Gli
occhi azzurri si fermarono proprio sul baule: fino a poco tempo prima
non avrebbe esitato ad aprirlo, approfittando dell'assenza del
padrone di casa. Ora lo osservava con distacco, sapendo che conteneva
solo stralci di un passato di cui era difficile liberarsi,
perché
per quanto si guardasse avanti e si tentasse di ignorarlo, era
qualcosa con cui si doveva sempre fare i conti.
Ed
il ragazzo aveva capito che se solo avesse messo da parte la gelosia
e gli avesse chiesto di parlarne, Magnus gli avrebbe detto quasi ogni
cosa. Forse non proprio tutto, ma ognuno aveva i suoi segreti.
Per
comprenderlo aveva dovuto ferire la persona più importante della
sua
vita.
Un
rumore alla sue spalle ridestò i suoi sensi da Shadowhunter e in
un
instante aveva già estratto una spada angelica e la stava
puntando
alla gola di...
-Magnus?!
-La
nostra storia è finita male, ma non credevo così male-
commentò,
passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
-Io...
oh, sai... l'abitudine- incespicò, riponendo l'arma con un po'
d'impaccio.
-Bene.
Credevo avessi deciso fosse meglio togliermi la vita invece di
limitarti ad accorciarmela- ribatté amareggiato. -La tua
presenza
qui potrebbe essere definita in molti modi tra cui violazione di
proprietà privata e stupida testardaggine. Ma per questa volta
mi
limiterò a chiederti di andartene e non farti più vedere.
Alec
strinse le mani a pugno e raccolse tutta la sua determinazione.
-No,
non me ne vado se prima non mi lasci spiegare.
-Spiegare
cosa, Alexander? È tutto molto chiaro, mi sembra.
-No,
non lo è. E dato che sei immortale puoi anche sprecare qualche
minuto per ascoltarmi. Dopo potrai buttarmi fuori o trasformarmi in
qualcosa di orrendo.
-Allora
parla, stupido Nephilim.
E
il Cacciatore parlò. Confessò ogni cosa, ogni sua
sensazione, ogni
suo pensiero; lo fece con sincerità, senza paura di sembrare
infantile o sciocco, perché sapeva già di esserlo.
Raccontò come
si fosse sentito di fronte alla proposta di Camille, perché
fosse
andato a trovarla e perfino la sua visita a Fratello Zaccaria.
-Questo
è tutto. Ora me ne vado intanto che posso farlo sulle mie gambe.
Si
voltò, incamminandosi verso la porta con l'animo in qualche modo
più
sereno: aveva fatto del suo meglio e ora si affidava alla bontà
dell'Angelo.
-Aspetta-
lo bloccò Magnus. -Ho anch'io le mie colpe in quello che
è
successo. Tu hai fatto una scemenza, ma in qualche modo è stato
il
mio atteggiamento a spingerti a farla.
-Magnus...
-Credevo
che il passato non contasse, che bastasse amare una persona e vedere
in lei il proprio futuro. Ma amare qualcuno significa anche
condividere sé stessi e io con te ho condiviso solo il presente-
proseguì. -Certo, non che tu rendessi la cosa molto facile con i
tuoi scatti d'ira.
-Già,
sono stato abbastanza insopportabile.
-Abbastanza?!-
ripeté l'altro, scoppiando poi a ridere. -Sei stato un vero
tormento. Ci mancava solo che fossi geloso di Chairmain Meow, anche
se per la cronaca non sono mai stato con il mio gatto.
-Questo
mi consola molto, grazie. Sono contento di sapere che non sei così
perverso.
-Non
so neppure cosa significhi questa parola. Io sono disinibito, non
perverso.
Alec
alzò gli occhi al soffitto, sospirando: certe cose, dopotutto,
non
cambiavano mai.
-Quello
del Titanic non fu un piccolo incidente, ma a causarlo fu
l'incapacità degli stregoni a bordo- affermò serio, con
un tono che
sfoderava unicamente nelle grandi occasioni. Non in quelle disperate
o critiche, quando erano ad un passo dalla morte: no, per quelle
usava la sua ironia, come Jace.
-E
quindi?- domandò il Cacciatore, senza capire.
-E
quindi io non voglio essere come loro, io la mia barca voglio cercare
di salvarla e non farla colare a picco alla prima avversità. Io
ti
amo, Alexander.
-Alec-
lo corresse, fissandolo con una luce di speranza nello sguardo.
-Alec,
d'accordo. Mi ero ripromesso di non farmi più coinvolgere dai
Nephilim, dalle loro esistenze così brevi eppure così
intense.
Invece ci sono ricaduto e stavolta è diverso da qualsiasi cosa
abbia
mai provato prima- disse, guardando ciò che lo circondava. I
ricordi
di mille vite. -Pensavo di conoscere tutto, invece ho dovuto arrivare
ad oggi per innamorarmi e decidere che l'idea di invecchiare non
è
poi così spaventosa se ci sei tu al mio fianco.
-Magnus,
tu non devi farlo... Non voglio che... - iniziò lo Shadowhunter.
Non
doveva sentirsi costretto a cambiare a causa sua, non aveva mai
voluto questo.
-Ah,
sei davvero incontentabile- sbuffò divertito. -Prima vuoi che
diventi mortale, poi non lo vuoi più... Dovresti essere un po'
meno
volubile, fiorellino- aggiunse con un sorriso. -Non lo faccio
per te, Alec, ma per noi, perché tu sei l'ultimo e l'unico con
cui
voglio passare i miei giorni. E non ci saranno più segreti, di
nessun tipo.
-Sì,
non ti nasconderò nulla- accettò il ragazzo, incredulo di
fronte a
quella svolta della sua vita.
-Bene,
ed ora baciami o non rispondo delle mie azioni.
Alec
non se lo fece ripetere e colmò in pochi passi la distanza che
lo
separava dalle labbra del suo amato: lo baciò con tutta la gioia
che
gli esplodeva nel petto e sostituiva la disperazione di quegli ultimi
tempi. L'Angelo era stato magnanimo, gli aveva dato una seconda
occasione per essere felice.
-Avevo
dimenticato che sapore avessero i tuoi baci- mormorò euforico.
-E
di cosa sanno?
-Di
felicità.
E
di speranza
pensò, perché anche lui, come William Herondale
centotrenta anni
addietro, poteva scrivere le prime parole di un nuovo capitolo della
sua vita. Un capitolo che iniziava nello stesso modo in cui si era
concluso il suo.
Finalmente
con speranza.
NdA
Dopo
recenti avvenimenti, scrivere le note è diventato quasi
più
difficile che scrivere la storia...
Allora...
una lunghissima one-shot sulla mia coppia preferita di TMI
nell'attesa che tutti scoprano la vera identità di Fratello
Zaccaria
e decidano se sia il caso o meno di cadere in un'eterna depressione.
La
dedica completa che Jace e Clary trovano sul libro di Dickens potete
leggerla QUI,
io ho usato solo la conclusione e ho lavorato di fantasia.
Nella
storia l'identità del Fratello Silente resta un mistero che
ognuno
può interpretare come vuole perché Alec alla fine decide
di non
volerlo sapere.
E
con questo mi ritiro a creare nuovi deliri ed esperimenti
fallimentari, sperando come sempre di avervi piacevolmente
intrattenuti.
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