Secret Whispers

di LilyGranger
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PROLOGO

Denise non sapeva cosa stesse facendo o dove stesse andando.
Sapeva solo che qualcuno o qualcosa la stava spingendo verso un posto in cui - se lo sentiva- non sarebbe successo nulla di buono.
Il bosco era buio e silenzioso. Talmente oscuro  che non riusciva a distinguere le sue scarpe dal solido terreno tappezzato da foglie morte. Così laconico che i rari rumori che sentiva di tanto in tanto- un ramo spezzato, un frusciare di foglie, un richiamo di un animale- la facevano sobbalzare. L'aria gelida era piena di tensione e la nebbia cominciava ad alzarsi fra gli alberi.
Un urlo la fece voltare.
Alle sue spalle un'ombra si mosse veloce.
Denise cominciò a correre. Si muoveva rapida, schivava gli alberi e saltava quelle poche radici che riusciva a distinguere nell'oscurità. A quelle che non riusciva ad evitare imprecava sotto voce e veloce si rialzava.
Correva a perdifiato. Correva lontano da quella presenza, lontana dal pericolo, lontana dalla morte.
Poi, la sua corsa si bloccò.
La terra spariva e il cielo imponeva la sua presenza. Era uscita dal bosco e si trovava davanti ad un precipizio.
La presenza avanzava e il cuore di Denise cominciava a colmarsi di un senso di disperazione talmente grande, talmente opprimente, che le sembrò di non riuscire a respirare senza massacrarsi la gola.
Braccata da entrambi i lati le rimaneva solo una scelta.
Un urlo si levò nel cuore della notte mentre saltava giù dal precipizio e la mano fredda e sanguinosa di un uomo l'afferrava.
 
Johnny aprì gli occhi e scattò a sedere. Ansimava ed era sudato. Il letto era ridotto ad un copri-materasso umido e le coperte erano stese sul pavimento di parquet.
Disorientato guardò la stanza, come per assicurarsi di non trovare nessun albero o tronco. Nessun uomo e nessun precipizio. Era tutto in regola. La sicurezza della realtà lo circondava.
Ma il sogno gli si impose nella mente e nel cuore, tanto da farlo scoppiare in un pianto disperato.
-Johnny farai tardi a scuola !-
La voce triste e fredda della madre lo chiamava dal piano di sotto, probabilmente dalla cucina. Il ragazzo, asciugandosi le umide e salate lacrime dal volto leggermente addormentato, si guardò intorno e, facendo un grosso respiro, si costrinse a scendere dal letto e prepararsi per un altra giornata di tortura scolastica.





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