NON
È COSA FACILE
Mettere
fuori gioco il grande Jiraiya non era cosa facile. Lui stesso aveva
ammesso di aver visto la morte in faccia solo due volte nell'arco di
tutta la sua vita, ma mai durante una missione. Persino Orochimaru
non c'era riuscito (anche se bisogna concedergli delle attenuanti,
viste le condizioni!), e questo dice tutto.
Allora
come è possibile che per colpa di un piccolo, minuscolo,
insignificante insetto abbia perso così facilmente la vita?
Shizune
raggiunse l'ufficio di Tsunade con una tazza di tè fumante tra
le mani.
“Madamigella
Tsunade, le ho portato il tè. Però deve aspettare un
po', è ancora bollente.”
“Grazie.”
L' Hokage si tirò su dal tavolo, dove si era quasi
addormentata prima che Shizune entrasse e prese la tazza che le stava
offrendo. Shizune si accorse che l'altra era un po' sovrappensiero,
ma non capiva quale potesse essere il motivo; poi le venne in mente
della missione di Jiraya e sorrise, pensando che, a dispetto di
quanto si potesse pensare, Tsunade gli voleva bene e si preoccupava
per lui.
“Non
c'è bisogno che si dia pena per Jiraiya, Madamigella Tsunade:
sono sicura che non avrà alcun problema a tornare sano e
salvo.”
“Normalmente
la penserei così, ma... forse sarebbe stato meglio se fossi
andata anch'io con lui... o perlomeno qualcuno che conosce il posto:
anche per lui, o per me, può rivelarsi rischiosissima una
missione in un luogo completamente sconosciuto... perché stai
sorridendo, ora?” chiese, notando l'espressione allegra
dell'amica.
“Niente,
è solo che non l'avevo mai vista preoccuparsi tanto per
Jiraiya.”
Tsunade
arrossì leggermente, probabilmente senza accorgersene. Poi
incrociò le braccia.
“È
ovvio che mi preoccupo: è stato pur sempre il mio compagno di
squadra.”
“Siete
sicura che sia solo per questo?” chiese Shizune con sguardo
malizioso: adorava veder nascere le storie d'amore. Tsunade inarcò
un sopracciglio.
“Non
ricominciare con questa storia! Ti ho già detto come la penso
su di lui almeno venti volte, quindi non c'è bisogno di
parlarne ancora... Ahi!” esclamò, tirando via di scatto
le mani dalla tazza di tè. “Ma quanto ci mette questa
cosa a raffreddarsi?!”
Qualcuno
bussò alla porta proprio in quel momento e, sempre nello
stesso istante, Tsunade fece cadere per errore la tazza: quelli non
erano felici presagi.
“Cosa
c'è?” domandò irritata. Un chunin dai capelli
neri attraversò la stanza con un rotolo in mano e lo porse
all'Hokage.
“È
un messaggio da uno dei jonin del gruppo di Jiraiya” disse,
l'espressione seria. Tsunade lo prese e cominciò a leggere.
Sembrava
che nella stanza del quinto Hokage fosse passato un tornado. I
cassetti erano stati completamente estratti dai loro vani e gettati
per terra insieme agli abiti; la scrivania era un completo disastro,
piena com'era di fogli svolazzanti, libri e piccoli strani aggeggi in
metallo; la finestra era stata lasciata aperta, perciò le cose
più leggere, come la carta, venivano sballottati da una parte
all'altra della stanza.
Il
messaggio non era stato chiarissimo, ma a Tsunade era bastato per
decidere al volo di prendere gli strumenti a lei necessari e di
partire subito per il porto. La missione di Jiraiya e degli altri tre
jonin che erano con lui si svolgeva in un isolotto in mezzo al mare;
consisteva, in sostanza, nel catturare un gruppo di traditori del
villaggio della Sabbia che vi si erano rifugiati da un po' di tempo
ed era stato richiesto l'aiuto di Jiraiya perché conosceva
bene due dei ricercati ed era per questo decisamente avvantaggiato.
Era scontato specificare che lo avrebbero pagato profumatamente.
Tsunade
lo aveva detto che sarebbe stato meglio chiamare un Ninja che
conoscesse il luogo, ma nessuno le aveva dato retta, nemmeno Jiraiya,
e questi erano i risultati. Avevano detto – Stai tranquilla,
non ci sarà nessun problema in questo modo – e –
ti preoccupi per nulla, Tsunade! Il vecchio Jiraiya può
cavarsela in ogni situazione. –
Beh,
si era visto! In un'altra occasione si sarebbe fatta quattro risate,
ci avrebbe scherzato sopra; lo avrebbe mandato al diavolo, dicendogli
che era uno stupido e che così avrebbe imparato a non
vantarsi; lo avrebbe anche picchiato, magari, in un'altra
occasione... si, certo, un'altra... se non l'avessero trovato
moribondo in mezzo alla foresta.
Era
strano trovare quella specie di insetti su un'isola dal clima così
freddo; era tipica delle regioni calde, con temperature sempre estive
anche in inverno e nessuno riusciva a spiegarsi la sua presenza in un
posto del genere. Stava di fatto, comunque, che quell'insetto era tra
i più piccoli e velenosi del mondo. Stava di fatto che aveva
puntato dritto dritto contro Jiraiya un paio di sere prima, mentre
combatteva con due Ninja. Stava di fatto che Jiraya era concentrato
su altro e non si era accorto di quell'essere infido che gli si
avvicinava silenzioso e rapido. Stava di fatto che nessuno conosceva
l'antidoto a quel veleno.
Tsunade
avrebbe controllato la situazione, avrebbe cercato di fare il suo
meglio per salvarlo da una morte lenta e dolorosa... ma, in realtà,
nemmeno lei sapeva come avrebbe fatto.
Si
ripeté frasi per darsi coraggio tante di quelle volte che ci
aveva trascorso il viaggio e ora le doleva terribilmente la testa. Si
fece preparare una tisana da Shizune, che era partita con lei e le
consigliò di mettersi a riposare nella sua cabina,
sottocoperta.
Ma
come poteva dormire? Come poteva anche solo averglielo proposto,
accidenti! Doveva pensare ad una soluzione, ad una medicina per
guarirlo. Si era portata da casa alcuni libri sul veleno degli
insetti e ci si era buttata a capofitto, nella speranza di trovare
qualcosa che potesse tornarle utile. Sapeva da quello che le avevano
riferito nella lettera che il veleno aveva agito all'istante, nel
momento stesso in cui l'insetto aveva punto Jiraiya sul collo;
avevano ceduto per prime le braccia e le mani, poi le gambe e infine
i piedi; aveva cominciato a tossire sempre di più e ad avere
un'emicrania spaventosa che non lo abbandonava un solo istante.
Questo
due giorni prima che il messaggio arrivasse al villaggio. Tsunade era
in viaggio già da un giorno e ce ne avrebbe messo un altro per
arrivare e per raggiungere la foresta dove il Sennin e un jonin –
uno, perché gli altri due avevano fatto una misera fine –
la stavano aspettando; non poteva essere mosso, per precauzione, per
non peggiorare quella situazione già disastrosa.
Sempre
che non fosse già peggiorata...
E
un giorno ci mise, Tsunade, a raggiungere la foresta. Ormai non
pensava più. Si era obbligata a non farlo, a non immaginarsi
il peggio per non perdere quella lucidità che le era rimasta.
Non poteva nemmeno pensare di perdere anche lui. No! Nella maniera
più assoluta non se lo sarebbe fatta portar via. Aveva già
perso due delle persone a lei più care, nei modi più
orribili... lui non si sarebbe aggiunto alla sua collezione di foto
sull'altarino di preghiera. Non lo avrebbe permesso.
Ma
poi arrivò nel luogo dell'accaduto, e scoprì che quelle
frasi che si era ripetuta non sarebbero servite a niente... proprio a
niente. Non era come se lo sarebbe aspettata, era peggio. Molto
peggio. Uno dei Ninja contro cui stava combattendo aveva approfittato
del suo malore e lo aveva colpito, con una lama, al petto.
Jiraya
era immobile, per terra, con gli occhi socchiusi e il sangue che
scorreva ovunque addosso a lui.
Lo
vide e si sentì mancare. Non poteva essere già... no!
Non poteva, non doveva! Non poteva farle questo! Senza che lei
potesse fare nulla! Lasciandola sola, in mezzo a tutti i suoi sensi
di colpa. Non lo avrebbe mai perdonato!
“Madamigella!
Faccia qualcosa! Si riprenda!”
La
voce di Shizune era lontana, come un' eco. Perché le diceva di
muoversi? Perché non la lasciava soffrire in pace? Tanto
lui... non c'era più.
No...
no! C'era! Era ancora tra loro! Poteva ancora fare qualcosa.
Si
avvicinò ancora di più a lui. Lo sentiva, il suo cuore
batteva ancora. Lo guardò. Guardò le ferite. Guardò
la puntura dietro al collo. Guardò i suoi occhi.
Le
sembrava di aver già visto una scena del genere, di conoscere
gli effetti di quel veleno. Forse, quando era molto più
giovane. Ma non ricordava quale fosse! Non ricordava come avessero
agito per bloccarlo, con che antidoto!
Era
un insetto delle zone calde e lei solo alcune volte era stata in
posti del genere. Una volta durante una missione e... si, forse
proprio lì... un ragazzino moribondo, paralizzato... coperto
di sangue... e una puntura sul collo. Era lì, certo!
E
forse avevano usato un'erba del posto, una pianta... ma lì non
c'erano le stesse! C'era la neve, e il ghiaccio... si, il ghiaccio!
chakra e ghiaccio, era la cura!
Tutto
quel ragionamento, tutti quei pensieri, nel giro di pochi secondi.
Tsunade ordinò a Shizune di recuperare tutto il ghiaccio che
poteva, mentre lei strappava la giacca ormai distrutta di Jiraiya.
Ora il cuore le batteva sempre più forte. Aveva paura... paura
di non riuscire a salvarlo, di fargli ancora più del male. E
vederlo così, col petto squarciato, non la faceva sentire più
sicura.
Arrivò
il ghiaccio e ne prese un po' con le mani. Vi trasferì il
chakra, ne fece una sfera e la fece entrare nel petto di Jiraya.
L'uomo si mosse, ebbe uno scatto: ma non si svegliava. Tsunade
continuò così, a trasferirgli il chakra freddo, ma non
sembrava ottenere nessun effetto. Era sempre pallido, immobile...
possibile che non servisse a niente? Perché? Perché non
si riprendeva? Non poteva morire così... non poteva!
“Ti
prego! Ti prego! Svegliati!” urlò. Passò altro
chakra, e altro ancora. Ma non si muoveva.
“Jiraya,
maledizione! Non puoi lasciarmi così! Non te ne puoi andare
anche tu!” strillava, e passava il chakra. Ancora, per chissà
quanto tempo.
“Maledetto
veleno! Perché non te ne vai?!” Stava piangendo, senza
accorgersene. “ Vattene! Vattene! VATTENE! Vattene... via...
Jiraiya... non puoi... lasciarmi...” si chinò su di lui,
si appoggiò al suo petto. Ma non smetteva di dargli il suo
chakra. “Ti scongiuro... non andartene, non abbandonarmi
così... anche tu.”
Al
pianto si aggiunsero anche i singhiozzi ed iniziò a tremare.
Gli parlò ancora, la voce più acuta e tremante.
“Perché
vuoi farmi questo?! Perché non ti svegli? Vuoi lasciarmi da
sola anche tu! Ma io senza di te... non posso stare senza di te,
stupido!” gridò. “Sei tornato a cercarmi, mi hai
fatta diventare Hokage! E ora pensi di andartene via così?
COSÌ?! Non riesco a salvarti... non riesco... ti prego!”
Ora premeva con grande forza il chakra sul suo petto, e piangeva
senza ritegno.
“Se
ti salvi... te lo dirò! Te lo dirò! Che ti amo, e che
non te ne sei mai accorto! Però devi salvarti, maledizione!”
Non
si muoveva.
Tsunade
rimase immobile, la testa sul suo petto, le mani ancora piene di
chakra. E piangeva. Non le importava che gli altri la vedessero, che
la criticassero. Voleva solo piangere, disperarsi, incolparsi. Perché
non gli aveva mai detto che lo amava? Perché si era ridotta a
gridarglielo in una situazione così penosa, quando lui ormai
non poteva più sentirla? Perché non aveva mai accettato
di stare con lui? Ora che lo aveva perso, lo desiderava... voleva
stare con lui, ma non poteva più. Era troppo tardi.
Che
stupida... che stupida... che stupida.
Era
completamente fuori di sé. Non riusciva a pensare, a parlare;
rimaneva ferma lì, immobile, con la testa poggiata sul petto
di Jiraiya. Perché, si chiedeva. Perché se n'era
andato? Perché l'aveva abbandonata anche lui? Forse era suo
destino rimanere sola...
L'unica
cosa che riusciva a sentire era un lieve rumore, ritmato, che si
ripeteva. Non capiva cosa fosse e non le importava. Le sembrava però
di conoscerlo, quel rumore... lo aveva già sentito, da qualche
parte... che fosse un cuore? No, non era possibile. Non c'erano cuori
che battevano, lì vicino...
Alzò
la testa di scatto. Era il suo cuore
che batteva! Era vivo! Era vivo! Non l'aveva abbandonata.
Qualcuno
la spinse di lato, mettendosi vicino al sennin ferito. Erano due
jonin che non aveva mai visto; diedero un'occhiata a Jiraiya,
controllarono le sue ferite e se lo caricarono sulle spalle, in due,
per portarlo via. Uno di loro lanciò un'occhiata a Tsunade e
le sorrise, come per rassicurarla. Shizune si avvicinò a lei,
coprendola con la giacca che aveva perso quando era arrivata e cercò
di farla alzare.
“Madamigella
Tsunade, è stata fantastica! È riuscita a salvarlo!”
“Si...”
“Dobbiamo
andare, però: qui tra poco si mette a grandinare.”
Tsunade si mise in piedi e si accorse di tremare leggermente. Non
riusciva ancora a capacitarsi di essere riuscita a salvarlo, che
fosse ancora vivo. Stava succedendo tutto troppo in fretta.
Si
riprese a poco a poco, mentre si dirigevano, scortati da un altro
ninja, al villaggio più vicino alla foresta per raggiungere
Jiraiya. Riuscì di nuovo a pensare con lucidità e
ripercorse tutta la scena con la mente; si vergognava un po' per la
scenata che aveva fatto e per essere scoppiata a piangere davanti a
quelle persone: non era proprio da lei un comportamento del genere.
Però si era rivista davanti agli occhi una scena che ormai
conosceva fin troppo bene ed era stata assalita dal terrore.
“Shizune”
disse, guardando davanti a sé.
“Cosa
c'è?”
“Non
devi parlare con nessuno di questa storia, nemmeno per sbaglio. È
chiaro?”
“Certo”
rispose, ma dentro di sé sorrise compiaciuta: aveva ottenuto
la sua storia d'amore, alla fine.
Tsunade
visitò alcune volte Jiraiya durante tutto il giorno
successivo. Il sennin non si era ancora svegliato, ma stava
sostanzialmente bene e si avviava ad una lenta guarigione. Il secondo
giorno, Tsunade volle rimanere un po' di più accanto a lui,
sperando di potergli finalmente parlare. Ci aveva riflettuto per
tutta la notte, tanto che non aveva praticamente chiuso occhio ed
aveva deciso di dirgli quello che provava; doveva farlo
assolutamente, non poteva permettere di perderlo senza averglielo
detto nemmeno una volta. Pensò che forse l'avrebbe mandata al
diavolo; l'avrebbe ringraziata, ma era anche vero che lei, per
quarant'anni, aveva sempre dimostrato di non voler avere niente a che
fare con lui in 'quel' senso; probabilmente non la trovava più
tanto bella e avrebbe preferito dedicarsi ad altre donne, magari più
giovani. Beh, non è per niente atipico che una donna si
accorga di un uomo dopo un po' di tempo, ma cinquant'anni sono molti!
Più che accorgersene, non ci aveva mai pensato seriamente,
quando le aveva chiesto più volte di stare con lui.
“Non
ti avevo mai vista così pensierosa, Tsunade” disse
Jiraiya con voce bassa e roca. Tsunade si voltò verso di lui.
“Mi
hai fatta spaventare, stupido... pensavo che fossi morto.”
“Macché!
Io non posso mica morire così facilmente e non adesso, di
sicuro: prima ho un sacco di cose da fare!”
“Vedo
che ti è tornata la parlantina, quindi devo dedurne che stai
veramente meglio.”
“Sei
stata tu a curarmi, no? Non c'è da stupirsi se sono vivo e sto
bene... anche se credo di essere morto per un po'... forse per
qualche secondo. È una cosa strana, non riesco a
spiegartela... però ho fatto un sogno.” Tsunade, che
distolse lo sguardo, gli chiese che tipo di sogno fosse. “Mi
prenderesti a pugni, se te lo raccontassi!”
“Con
la fatica che ho fatto per salvarti? Fossi matta!” Jiraiya
rise.
“Allora
mi fido. In realtà non era proprio un sogno... penso che fosse
quello che stava succedendo veramente, perché mi stavi
salvando. Però è strano... non riuscivi a curarmi ed
eri triste. Sei persino scoppiata a piangere! Questo di sicuro non
era vero, eh eh! Tsunade...? Perché non mi guardi? Ehi...”
Riuscì, non senza difficoltà, a mettersi a sedere e
cercò di guardarla negli occhi.
“Non
ti sarai spaventata fino a questo punto” disse. Lei si girò
verso di lui e lo guardò finalmente in faccia.
“E
vorrei vedere!” esclamò, scaldandosi. “Ho già
visto una scena del genere due volte e non ho la minima intenzione di
rimanere definitivamente sola! Se tu... fossi morto... io...” e
si sciolse nuovamente in lacrime. Dannazione! Possibile che non
riuscisse più a trattenersi? Jiraiya le prese il viso con una
mano e la costrinse a guardarlo dritto negli occhi. Era diventato
improvvisamente serio.
“Da
quando sono diventato così importante per te?”
“...
lo sei... sempre stato... sempre...”
“E
non me l'hai mai detto. Perché?” Tsunade non rispose. Si
abbandonò contro la sua mano calda, così grande... non
si era mai accorta che fosse così grande.
“Io
non... me n'ero mai accorta...” Le passò le braccia
dietro la schiena e la strinse forte a sé.
“Forse
non è troppo tardi, adesso. Cosa ne dici, Tsunade?” Lei
alzò la testa e lo guardò, sorridendo.
“Baciami,
stupido...”
“Ti
amo...”
Far
spaventare Madamigella Tsunade fino al punto di impedirle di muoversi
e pensare non era cosa facile. Lei stessa aveva ammesso di essersi
lasciata andare così solo con due persone, ed entrambe erano
le più importanti della sua vita. Persino la morte del terzo
Hokage non aveva avuto lo stesso effetto, e lui era stato il suo
maestro per anni.
Ma
non è mai troppo tardi per accorgersi di avere un posto
libero, nel cuore, per una persona veramente speciale. Qualcuno per
cui vale la pena mostrare la parte più debole, per non essere
mai soli. E per sentirsi amati.
NdA.
E questo era il commovente finale della mia prima one-shot su Naruto!
Davvero, io l'ho trovato commovente. Quella di Tsunade/Jiraiya è
una delle mie coppie preferite e dovevo assolutamente scriverne una;
l'ho buttata giù tutta d'un fiato e spero che non risulti un
po' noiosa in certi punti. Mi sembra che Tsunade sia abbastanza
simile all'originale; in effetti non è la prima volta che si
mette a piangere davanti agli altri e che si dispera perché
non riesce a salvare qualcuno. Mi sono accorta che stava diventando
leggermente OOC, quindi l'ho fatta un po' vergognare e ho preferito
mettere quel 'stupido' nella battuta finale. Per Jiraiya non c'è
molto da dire, visto che non ha avuto modo di parlare (eh eh! Questa
volta ha sofferto parecchio). E spero di averla fatta disperare
abbastanza!
Le
mie one -shot non hanno molto successo, a quanto pare (Vacanze di
Natale, in origine, doveva essere una di queste, ma alla fine ho
fatto un casino ed è uscita una storia unica), mentre invece
Viaggio nel presente è abbastanza recensita per i miei
standard. Quindi vi prego, recensitemi! Fate aumentare la mia
autostima e lasciate un commentino (però non siate cattivi, o
la mia autostima crolla! Please! *.*). Grazie mille e buon... si può
augurare un buon rientro a scuola?^^
|