Di teorie sul destino, in quel tempo in cui aveva viaggiato con i mocciosi,
il mago e la polpettina, ne aveva sentite a bizzeffe.
E non credeva in
nessuna.
O forse, molto più semplicemente, lui non credeva al
destino.
Aveva forse un senso farlo?
Per un guerriero che deve essere
vigile anche di fronte ad un abitante del suo stesso paese, per cui ogni
fendente di spada assume il duplice significato di "vita" e "morte" nello stesso
istante, credere nel destino portava solo un nome.
Follia.
Gli avvenimenti
futuri, sono solo le conseguenze di scelte fatte in quel presente che ogni
individuo è certo di poter controllare, questo credeva.
Il suo futuro, il
proprio "destino", lui se lo sarebbe scelto da solo.
Volse lo sguardo fuori
dalla finestra: lì a Tokyo forse avrebbe presto piovuto di
nuovo.
-Kurogane-san?- si sentì chiamare, voltandosi e riconoscendo il
moccioso.
No.
Non era il moccioso, quello.
Anche se erano
uguali.
-Mh.- si limitò a dire, mentre Shaoran si avvicinava, posando lo
sguardo su Fay, disteso sul letto, ancora privo di sensi: -Fay-san…- iniziò a
dire, interrotto dal ninja: -La strega ha detto che non morirà, no?- disse come
se non ci fosse nient’altro da aggiungere.
Il castano lo osservò,
tacendo.
-E in ogni caso, non c’è niente che tu debba fare. Hai la
principessa da proteggere, no?- aggiunse, lo sguardo rivolto fuori dalla
finestra.
Quello… poteva considerarlo il moccioso?
O qualcuno di molto
simile a lui…
-Sì…- lo sentì rispondere, mentre portava lo sguardo su di
lui.
Sì, poteva considerarlo tale.
Non aveva scelta.
Perché quella era
una delle sue certezze.
-E allora non è di lui che devi preoccuparti.- disse
il ninja, accennando a Fay, ancora disteso sul letto e placidamente
addormentato.
Vide Shaoran annuire senza aggiungere altro prima di
allontanarsi dalla stanza.
Quello stupido di un mago.
Sapeva a cosa andava
in contro, fin dall’inizio e come sempre se ne era fregato, perché i suoi
desideri, i suoi pensieri erano sempre importanti e di quello che credevano gli
altri, dei sentimenti altrui, se ne fregava!
Quella dannata maschera… se solo
avesse potuto, gliel’avrebbe fatta calare a suon di pugni.
Ma ormai, non
importava.
Ora non l’avrebbe fatto.
Era vivo.
Era vivo.
Dio, era
vivo…
La mancina, meccanicamente, andò a scostargli una ciocca bionda che
infastidiva il volto all’altezza dell’occhio non ferito, portandola al lato del
viso, ottenendo involontariamente il risultato di addolcire maggiormente i
lineamenti del mago.
Sospirò, lo sguardo su di lui.
Voleva
davvero…morire…?
-Che idiozia.- mormorò, ritraendo la mano.
Già, a
qual’era la vera idiozia? L’ostinazione di quell’idiota di un mago nel voler a
tutti i costi arrendersi alla morte ogni volta che si presentava l’occasione, o
il suo continuare imperterrito a dire che quello che riguardava il mago non era
affar suo per poi cercare in ogni modo possibile di salvarlo o proteggerlo,
arrivando persino a diventare di propria spontanea volontà il suo "E"?
Il
suo "E".
Il…
-Già, proprio un’idiozia.- asserì, quasi a convincere
sé stesso, allontanando lo sguardo dalla figura del biondo.
Voleva
morire.
Era pronto a farlo e l’avrebbe fatto.
E lui l’aveva fermato, senza
rispettare né il suo volere né i suoi desideri, ma solo la propria, egoistica
voglia di vederlo ancora vivere.
Anche se era un insopportabile bugiardo per
la maggior parte del tempo.
Anche se continuava a chiamarlo con quei
nomignoli osceni… a cui si era abituato.
Un movimento proveniente dal letto
distolse la sua attenzione da quei pensieri e da qualsiasi altra cosa, mentre lo
sguardo si posava di nuovo – cos’era, la centesima volta o qualcuna in più? –
sul biondo che accennava i primi, lievi movimenti tipici del risveglio.
In
silenzio, senza dire nulla, lo osservò aprire l’unico occhio che gli era
rimasto, di quel celeste così bello…
E lui si alza a sedere, Kurogane, ed hai paura, ammettilo.
Non vuoi
incrociare il suo sguardo ma lo devi fare.
Non vuoi parlargli, ma lo devi
fare.
Respiri solo perché è ancora vivo, vero?
Il mago si voltò, incrociando lo sguardo del ninja.
Un attimo, un secondo…
o molto di più? Non avrebbero saputo dirlo, nessuno dei due.
Poi un sorriso,
come poche ore prima che accadesse tutto quello.
Fai sorrise, rivolto al
moro, prima di parlare: -Buongiorno, Kurogane.-
Fa male, vero?
Ti chiama Kurogane…
Come non ti ha mai chiamato, come
gli avevi sempre detto di chiamarti.
Con un odio nascosto dietro la
gentilezza, un rancore dietro il sorriso e… disprezzo?
Voleva morire e l’hai
fatto vivere.
Che ti aspettavi, Kurogane?
Il biondo fece per alzarsi, bloccato dal ninja che non si era nemmeno curato
di rispondere a quello parole.
-Non ho intenzione di scappare.- lo rassicurò
Fai, osservandolo con quel sorriso che aveva sempre. Vide Kurogane soppesare la
cosa, prima di bloccarlo dicendo qualcosa che forse nemmeno sentì completamente,
prima di allontanarsi.
***
E fuori piove, anche quel giorno, su Tokyo.
E il ninja se ne stava in
piedi, in silenzio, lo sguardo a metà fra l’osservare davanti a sé e l’osservare
il cielo piovoso.
Kamui lo fissò in silenzio per diversi minuti, poggiato ad
una delle colonne del palazzo, prima di parlare: -Si è svegliato?- chiese.
Il
ninja annuì, limitando a quello la propria risposta, ma prima che Kamui potesse
aggiungere qualcosa, la voce dell’altro vampiro, Subaru, lo colse alla
sprovvista estremamente vicino.
-Sta bene, Kurogane-san?- chiese, guardando
nella stessa direzione del ninja.
-È vivo.- rispose quello, il tono burbero
che aveva sempre avuto e che probabilmente sarebbe sempre rimasto lo
stesso.
Subaru tacque diversi istanti, l’espressione del viso placida, resa
ancor più tranquilla dai lineamenti dolci.
Solo quando Kamui diede segno di
rientrare, restando comunque in silenzio, Subaru attirò l’attenzione sua e del
ninja, rivolgendosi a quest’ultimo: -In questo luogo, questa pioggia continua a
cadere da molto tempo. È una pioggia acida che ha corroso molti luoghi e molti
edifici, finché in piedi non ne sono rimasti solamente due…- disse, iniziando
quella che in altre circostanze avrebbe liquidato definendola "una spiegazione
inutile che non voleva ascoltare".
Ma il ninja rimase in silenzio, di
nuovo.
-La pioggia, non è sempre un male, di per sé.- continuò, concedendosi
una pausa troppo breve perché Kurogane replicasse, anche volendo, -trovo che sia
qualcosa che dobbiamo ringraziare che esista. Il pianto del cielo… è capace di
cancellare molte cose, fra cui anche il dolore degli altri. Anche i brutti
ricordi, anche le paure, anche le lacrime.- disse, allontanandosi poi senza
preavviso, dapprima raggiungendo Kamui e poi rientrando lasciando il ninja
fuori, da solo.
La pioggia cancellava tutto…
Anche le ferite.
Anche il dolore o i
brutti ricordi.
Anche le paure.
Buongiorno, Kurogane.
Già.
Anche le lacrime…